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Autore: Alaire94    20/06/2011    1 recensioni
Si dice che le sirene anneghino i marinai trascinandoli nell’oscurità degli abissi. Si dice che basti uno sguardo per innamorarsi di una sirena, uno sguardo color del mare che porta con sé un legame eterno e indissolubile.
Eppure si dice anche che siano solo le leggende di un piccolo paesino carico di misteri, dove la luce di un faro illumina le acque cristalline della baia…
Era proprio bella quella baia: l’aria sapeva di antichità, delle lunghe battaglie in mare del passato e della salsedine delle reti dei pescatori.
Sembrava quasi di sentire ancora le urla dei mercanti sul molo e dei marinai sulle navi piene d’oro che si accingevano ad ormeggiare.
Aveva vissuto tempi di splendore, mentre ora non era altro che una baia dimenticata dall’uomo dove la natura brulla aveva avuto il sopravvento sulle attività umane.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

Il paese era vicino. Dovevo incontrare una persona, forse il sindaco o qualcuno che teneva una copia delle chiavi del faro.

Procedetti per il viottolo immerso nel verde, mentre qualche uccellino cantava appoggiato su un albero non lontano.

Feci qualche altro passo e incontrai un piccolo cartello impolverato che indicava il nome del paese. “Campielli” vi era scritto. Mi parve un nome solare, tipico del sud, e che già ti spingeva a giungere al paese con un bel sorriso soddisfatto, pensando forse di trovare una cordiale accoglienza.

Mi fermai qualche secondo e tirai fuori dalla valigia la lettera. Era tutta spiegazzata, con gli angoli consunti – probabilmente come me aveva risentito del viaggio – e sul retro una calligrafia disordinata recava un nome e un indirizzo.

Mi avviai lungo la via principale del paese su cui si affacciavano palazzi di media altezza dagli scuri in legno e fiori colorati sul davanzale.  

Sembrava davvero un luogo dimenticato dal tempo. Le vie erano strette, acciottolate e pareva quasi di vedere ancora arrivare i carri carichi di pesce fresco dal porto.

La gente conservava le proprie tradizioni e abitudini: i panni stesi in fila sopra le vie, le signore che si salutavano a gran voce.

Guardai in giro un po’ spaesato, in cerca di via dei Cedri. Vi era un gruppo di signore corpulente che passeggiava proprio lì di fianco. Mi lanciarono uno sguardo malevolo che mi fece sentire a disagio: mi pareva d’essere fuori posto in quel piccolo paese dove tutti si conoscevano. Io ero uno straniero e capii fin da subito che non sarei stato il benvenuto.

Ad ogni modo decisi che per riuscire a trovare via dei Cedri in quel groviglio di vicoli necessitavo dell’aiuto di qualcuno.

- Signore! – esclamai avvicinandomi.

Queste si voltarono controvoglia, evidentemente contrariate per dover interrompere i loro discorsi.

- Scusate, sapreste dirmi dove si trova via dei Cedri? –

Una delle donne si sistemò il vestito a fiori sui fianchi e storse la bocca dal rossetto sbavato. – E’ là, sulla destra – rispose indicando lontano col bastone da passeggio.

Ringraziai e procedetti lungo la via.

Attraversai il sacrato di una chiesa. Era appena stata ristrutturata, eppure il loggiato pareva sul punto di crollare e le statue, col loro portamento solenne e il viso segnato da dolore o misericordia, erano prive di arti e scurite dal tempo.

Dopo aver gettato un breve sguardo, passai oltre e mi misi alla ricerca dell’imboccatura della via, tentando di leggere il nome dei vicoli sebbene le lettere fossero in parte sbiadite.

Finalmente la individuai e subito la imboccai. Si trattava di una stradina dismessa, cosparsa di buche dove dominava il buio: erano infatti gli alti palazzi che gettavano un’ombra oscura, vinta soltanto da uno spiraglio di luce che illuminava un carretto arrugginito posizionato lungo la parete destra.

Mi addentrai nel vicolo, nonostante fossi leggermente suggestionato da quell’oscura atmosfera, resa ancora più inquietante dallo scuro di un palazzo che sbatteva per il vento.

Avanzai lentamente, cercando di guardare di fronte a me o concentrandomi sui numeri civici e dopo qualche minuto raggiunsi il numero 22. Con mia sorpresa si trattava di un negozio, una macelleria per la precisione.

Titubante aprii la porta a vetri. – E’ permesso? – domandai.

L’ambiente era in armonia con l’atmosfera che si respirava fuori dal negozio: le pareti erano ricoperte da teste imbalsamate di cinghiali e cervi. Dal soffitto pendevano grosse corde a cui erano appesi prosciutti e altri salumi insieme a coltelli dal manico di legno e lama sporca di sangue rappreso.

L’aria invece era satura di un odore acre che mi accorsi provenire da un cesto pieno di spezie poggiato sul bancone.

Mentre osservavo il negozio un uomo corpulento spuntò da una porta dietro il bancone. – Buongiorno, cosa desideri? – chiese pulendosi le mani con uno strofinaccio.

- Sono Alex Alfieri, il guardiano del faro era mio zio, mi è arrivata una lettera e io dovrei sostituirlo…

Il macellaio sollevò le folte sopracciglia e si strofinò la barba grigia, nella quale – come notai con non poco disgusto – erano intrappolati residui non ben identificati.

Dopodiché mi porse una mano. – Piacere, Graziano Gualtieri…

Fissai qualche secondo la sua mano tesa davanti a me, restio ad afferrarla viste le tracce di sangue sulle dita. Cercai comunque di sorridere mentre la stringevo. – Piacere mio.

L’uomo si sfilò il grembiule e mi fece segno di seguirlo mentre usciva dal negozio dopo aver appeso alla porta un cartello con scritto “chiuso”.

 

Il faro era una costruzione più grande di quanto mi aspettassi. Faticavo a vederne la sommità, dove si trovava la luce che illuminava il percorso dei marinai.

Sembrava veramente voler giungere fino al cielo, dove nuvole candide erano disseminate in quell’azzurro così vivido.

Mentre Graziano apriva la porticina alla base della struttura, restai qualche secondo in più ad osservare quella che presto sarebbe divenuta la mia nuova casa.

L’edera che si arrampicava sui muri sporchi di muffa, le piccole finestre dalle tende bianche e in sottofondo il tenue e regolare suono che producevano le onde contro la scogliera.

Era un luogo davvero suggestivo: dal picco si potevano intravedere le figure sfocate delle isole vicino alla costa, le barche dei pescatori che lentamente si spostavano sulla linea dell’orizzonte, il luccichio dell’acqua accarezzata dai raggi del sole e i gabbiani che col loro verso stridulo accompagnavano il volo.

- Ehi! – mi chiamò il macellaio, vedendomi particolarmente assorto nell’osservare il paesaggio.

Si avvicinò, mettendosi a guardare con me le onde del mare.

- Davvero un bel panorama, non credi? – osservò.

- Assolutamente sì, mozzafiato.

Graziano ondeggiò, facendo scuotere la pancia tonda e rivolgendo all’orizzonte un sorriso compiaciuto.

- Beh, penso sarai contento di sapere che sarà la tua nuova casa.

Annuii.  – Posso vedere l’interno? – domandai ritornando verso l’entrata.

Il macellaio aprì la porticina. Cigolava un po’, ma non sarebbe stato un problema: avrei passato qualche giorno nel compiere alcuni lavoretti domestici.

Mi fece segno d’entrare e io oltrepassai la soglia titubante. Non vi era altro che una porticina sulla destra e un corridoio che conduceva alle scale.

Graziano aprì la porta, facendomi vedere una stanza piena di cianfrusaglie: scarpe, valigie, vasi di fiori, vestiti ed elettrodomestici erano accatastati uno sull’altro e ricoperti di ragnatele.

Il macellaio ridacchiò leggermente. – Tuo zio non era una persona molto ordinata, penso dovrai dare una sistemata.

Sospirai, un po’ infastidito da una tale confusione: io amavo l’ordine. Mi piaceva vivere in un luogo dove tutto aveva un proprio posto ben preciso: mi dava un piacevole senso di tranquillità e libertà. Era infatti più rilassante per me distendermi sul divano e vedere i libri ben ordinati sulla mensola, il vaso di fiori nell’angolo e le pantofole sul tappeto.

Proprio per questo quella stanza era un insulto per i miei occhi.

- Vieni su per le scale – disse Graziano invitandomi  con cenno della mano a dirigermi verso la scalinata.

Facendo scorrere la mano sulla ringhiera e salendo i ripidi gradini della scala a chiocciola, arrivai fino al salotto. Come misi piede in quella stanza storsi immediatamente il naso: sapevo che i miei gusti erano difficili, ma quel salotto sapeva terribilmente di vecchio. Il divano di pelle proprio al centro, una sedia a dondolo foderata di stoffa verde, un tappeto sbiadito, un vecchio televisore impolverato e i mobili di legno scuro creavano un’atmosfera adatta soltanto a persone anziane. Per non parlare poi della puzza di chiuso che mi dava l’impressione di soffocare sotto metri di polvere.

Mentre mi sedevo sul divano, constatando che era sfondato, Graziano aprì tutte le finestre, facendo entrare un po’ d’aria di mare nella stanza e dandomi un po’ di sollievo.

- Il signor Corsi teneva sempre le finestre chiuse: aveva paura d’ammalarsi – spiegò Graziano aprendo l’ultima finestra.

Per un attimo mi incupii. – Come è morto mio zio? –

Graziano sospirò.  – A dire il vero non si sa con esattezza… lo abbiamo trovato in mare dopo qualche giorno. Non sono riusciti a capire le cause della morte –

- lei lo conosceva bene? – chiesi.

Il macellaio si sistemò a fianco a me sul divano e si toccò la barba grigia. – Sì, eravamo amici, per questo ho le chiavi del faro, anche se negli ultimi tempi non lo vedevo spesso… se ne stava sempre qui e di rado veniva in paese – rispose Graziano mentre il suo sguardo si perdeva nel quadro sopra la televisione.

Passò qualche secondo di silenzio. Mi pareva davvero strana la tragica fine dello zio: ogni tanto gli avevo fatto visita quando ancora non era guardiano del faro, ma abitava in un paese più a nord ed era un vecchietto arzillo, di quelli sempre attivi. Amava tenere un orticello e pescare. Prendeva la sua barchetta la mattina presto e se ne andava in mezzo al mare, là dove le onde scintillavano come piccole lucciole. Com’era possibile che negli ultimi tempi si fosse chiuso tanto in se stesso? Doveva essere accaduto qualcosa d’importante…   qualcosa che aveva a che fare con la sua morte così misteriosa.

- Cosa ti inquieta, ragazzo? – domandò Graziano, distogliendomi dai miei pensieri.

- Perché negli ultimi tempi lo zio se ne stava qui? – chiesi invece io, dando voce alle mie inquietudini.

- Non lo so esattamente… cominciò a non fidarsi di nessuno e piano piano si allontanò, si rinchiuse qui in solitudine.

Il silenzio calò, ma capii che Graziano non aveva concluso il suo discorso: sembrava proprio sul punto di aggiungere altro.

- Vedi, il signor Corsi amava la natura, il suo faro. Per lui il bosco e le onde del mare erano sacri. Stava ore seduto sugli scogli soltanto ad osservare il paesaggio. Penso che ciò lo abbia allontanato dalla civiltà – continuò.

Annuii. Probabilmente il macellaio aveva ragione, eppure ero convinto che ci fosse dell’altro di cui forse pochi erano a conoscenza.

Graziano diede uno sguardo all’orologio che aveva al polso, alzando un sopracciglio. – E’ proprio ora che vada – annunciò.

Si alzò in piedi e insieme scendemmo le scale, fino a giungere alla porta d’entrata.

- Se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiamarmi, mi puoi trovare alla macelleria – disse Graziano sorridendo e scoprendo così una fila di denti gialli.

- Grazie mille – risposi, sorridendo a mia volta.

Graziano stava già per uscire, quando si voltò, guardandomi negli occhi. Si era incupito; lo sguardo grave, le labbra strette. – Fai attenzione: qui al paese non avrai vita facile: la gente non vede di buon occhio gli estranei.

Annuii, ancor più inquieto di prima. In fondo già lo immaginavo, ma sentirsi confermare i propri presentimenti non lascia mai del tutto tranquilli.

Graziano uscì e io chiusi la porta dietro di lui.

Angolo autrice: 

grazie a Khristh per la scorsa recensione... spero che anche questo capitolo ti piaccia, anche se non è che l'inizio... 

Io sono solita fare capitoli piuttosto corti per permettere una più facile lettura, se preferite che siano più lunghi fatemelo sapere e provvederò :) 

Beh, grazie a tutti coloro che hanno letto e che hanno aggiunto la storia alle seguite o ricordate. Mi raccomando, non siate timidi! Se passate a leggere, esprimete un vostro parere tramite le recensioni, che sia positivo, critico o neutro! 

   
 
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