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Autore: Lily Inuzuka    21/06/2011    3 recensioni
Arrivata quarta e vincitrice del premio Speedy al contest "In memoriam (contest sul ricordo dei ninja deceduti)" di Dreamwolf91.
Akamaru è morto per via di un agguato, Kiba si perde nei ricordi.
Non mi sembra di essere scesa nell'OOC per Kiba, non avendolo mai visto star male, ma nel caso fosse successo vi prego di segnalarmelo così lo metto fra gli avvertimenti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kiba Inuzuka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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That the river carries away.
Akamaru era il mio migliore amico, quando ero piccolo gli altri bambini mi prendevano in giro, ero sempre con lui e non ci separavamo mai, ai loro occhi poteva sembrar patetico giocare solo con un cane ma quel semplice cucciolo (perchè allora era ancora piccolo, niente a che vedere con la belva che mi accompagnava fino a due mesi fa) riusciva a capire me, i miei pensieri, i miei sentimenti e le mie emozioni meglio di chiunque altro.

Ricordo quando a nove anni mamma era rientrata in ritardo da una missione, io avevo temuto il peggio, mi ero seduto sul prato, la schiena appoggiata ad un grande albero, ed ero scoppiato in lacrime involontariamente, mia sorella era dentro, occupata a leggere e nessuno, a parte Akamaru, era lì a consolarmi o a dirmi che sarebbe andato tutto bene, come si fa ai bambini quando hanno paura di qualcosa.

Mi era venuto vicino ed aveva iniziato a leccarmi la faccia, giocava, si rotolava a terra, era solo un cucciolo e gli altri probabilmente avrebbero pensato che lui avesse fatto tutto ciò inconscio del mio umore, ma io sapevo che lui l'aveva fatto per me, per farmi sorridere, Akamaru c'era sempre stato.

Avevo molti amici, ero sempre stato socievole sin dall'Accademia Ninja, ma per loro non avevo mai trascurato il mio cane che, anno dopo anno, diventava sempre più importante.

 

Pensavo che lui sarebbe stato al mio fianco per tutta la vita, ma, qualche mese fa, il 22 Giugno precisamente, le mie speranze svanirono.

Quel giorno che poi si sarebbe rivelato maledetto era iniziato normalmente, io e Akamaru ci stavamo dirigendo verso una pianura, scoperta poco prima, il cui fiume, al tramonto, forniva un magnifico spettacolo di colori.

Finito l'allenamento aspettammo che il Sole calasse, dando così via ai fasci di luce tipici di quella distesa d'erba sconosciuta a tutto il resto del mondo.

Erano strani quei colori, era strano il modo in cui la luce formasse dei fasci colorati attorno ad un punto preciso, era tutto indescrivibile, surreale.

Ci distendemmo sul prato, guardando il cielo ed accadde tutto.

Io venni immobilizzato da un Jonin della Nebbia e lo stesso fece un suo compagno ad Akamaru, intendevano ucciderci, colui che mi aveva bloccato estrasse un kunai, pronto a pugnalarmi con esso ma riuscii non so come a liberarmi dalla sua morsa, risultando quasi illeso se non fosse stato per quel taglio, poi diventato una cicatrice a forma di onda, sul mio braccio.

Riuscii a scaraventare il nemico sulla sponda del fiume e mi avventai su di lui poco dopo, riuscendo ad ucciderlo anche se con alcune difficoltà; l'altro Jonin teneva ancora saldo Akamaru, ma mentre accorrevo a salvare il mio fedele compagno qualcuno mi scaraventò addosso ad un albero: un altro nemico.

Vidi Akamaru liberarsi dalla ferrea presa del ninja e correre verso di me con uno sguardo implorante, sembrava quasi che stesse pregando il mio avversario di non uccidermi, stava saltando il fiume quando venne colpito da uno shuriken, esattamente nel punto equivalente al cuore, e cadde nell'acqua cristallina.

Inconsciamente scoppiai in lacrime e, scoprendo in me una forza improvvisa, mi liberai del Jonin che mi bloccava, che si ritirò assieme al suo compagno.

Mi tuffai all'istante nelle acque ormai tintesi di rosso cremisi, recuperando così il grande corpo del mio migliore amico, solo in quell'istante notai che lui si trovava esattamente al centro dei fasci di luce che disegnavano il contorno di esso.

Mi sedetti accanto al corpo di Akamaru sulla riva del fiume e piansi, continuai a farlo per tutta la giornata, ogni lacrima faceva più male di una pugnalata dritta al cuore, Akamaru non c'era più.

Il mio migliore amico e l'unico che mi capisse era morto, per salvare me, si era sacrificato per concedermi quei pochi istanti che mi avevano permesso di liberarmi.

Il fiume l'aveva portato via.

 

Ora sono qui, sulla riva di quello stesso corso d'acqua che mi ha rubato una delle cose più importanti di tutta la mia vita, ho gli occhi rossi e gonfi, che imporano pietà alle lacrime, sono passati due mesi e non c'è stato un giorno in cui non ho pianto per lui.

Sessantuno giorni in cui il Kiba allegro e spontaneo si è rinchiuso in se stesso dando luce alla parte della sua personalità più cupa e dolorante.

Sono stanco, mi sdraio esattamente nel punto in cui avevo depositato il corpo inerme di Akamaru, lì l'erba è più calda, come se il mio bel cagnolone fosse stato lì fino a pochi secondi prima.

Dicono che le persone morte continuano a vivere accanto a noi pure se non le vediamo, forse è per quello che ogni giorno, dai fasci del fiume, dal calore di luoghi in cui lui era solito stare, mi arrivano segni della compagnia di Akamaru.

Si dice anche che le persone restino vive nei ricordi, che quelli non svaniscano, quindi mi basterà solo aspettare che qualcuno costruisca una macchina capace di entrare in essi per rivederlo.

Mi manca Akamaru e non mi basta avere la sua compagnia solo nel cuore, rivoglio il mio cane, rivoglio lui e il mio sorriso, desidero riavere tutto ciò che quel maledetto fiume ha portato via.

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