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Autore: Val    21/06/2011    1 recensioni
"Per starsene un po’ più tranquilli, si erano presi un paio di giorni, forse tre, per fare un giro tra Northumberland e Yorkshire.
Era quasi aprile, c’erano già belle giornate.
Sìle stava attraversando il suo sesto mese di gravidanza con coraggio, perché era sì curiosa e piena di domande che a volte la spaventavano, ma anche con serenità, perché non aveva nulla di cui preoccuparsi, glielo dicevano tutti, e aveva vicini Dorcas, Ceday, Jane, Charlie e Una, Morgan. Perfino George a volte.
E aveva Liam."
Avevo promesso delle appendici a chi ha amato la storia di Liam e Sìle, così ecco qua la prima :)
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's Something Magic'
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Appendice – 1:

L’abitudine alla rilettura più attenta in momenti successivi, non verrà mai meno e...ci sono dei dialoghi in Manx non brevissimi(spero di aver scritto tutto bene, mi ostino a usare le lingue perché mi piace sempre sottolineare la differenza idiomatica), ma credo di averne spiegato il senso in ogni caso. ;)


Il viaggio da casa a Liverpool, la traversata in traghetto fino a Douglas e il viaggio fino a Peel, diedero a Liam una momentanea illusione di totale normalità: Sìle aveva perfino detto "Menomale che andiamo in traghetto, l’aereo mi darebbe un senso di asfissia in questo stato!"
Erano quelle piccole ricompense al suo spirito di adattamento che lo rifocillavano e lo facevano sentire in qualche modo meno inutile.
Sentire che anche Sìle, Ceday, Dorcas più di loro, avevano qualche remora verso cose ormai universalmente note all’uomo, gli dava la possibilità di sentirsi in minima parte un autorevole e affidabile capobranco la cui parola diventava fonte di fiducia e conforto per il gineceo che lo circondava, cosa che ad ogni uomo avrebbe fatto bene.
Le streghe del ventunesimo secolo accettavano ancora l’ipotesi di volare su una scopa, se fosse stato possibile, ma l’inscatolamento di un aereo no, le angosciava.
Sìle aveva riso e scherzato fino ad un certo punto del tragitto, più o meno fino a quando avevano lasciato le banchine del porto di Liverpool, poi si era chiusa in un silenzio meditativo, come in cerca di un autocontrollo che non era sicura di poter mantenere se non ne avesse accumulato a sufficienza prima di arrivare a destinazione.
Si tenne stretta a Liam quasi per tutto il viaggio in mare e mentre erano in auto, gli stringeva la mano quando lui non doveva averla libera per il cambio.
Arrivarono in una giornata in cui il sole si nascondeva spesso tra le nubi, ma quando ne sgusciava fuori era quasi abbagliante e i colori intorno, in quel paesaggio di declivi gentili, senza asperità di alcun tipo ma non così monotono da essere noioso, erano vivi e penetranti.
Mentre viaggiavano attraverso l’isola però, Sìle si fingeva molto impegnata nella consultazione di una mappa dell’isola, presissima dal constatare quante cose erano cambiate, quante ne erano spuntate di nuove, quante non c’erano più.
- Posso chiederti una cosa? Anzi due visto che una l’ho già chiesta…- fece lui.
Sìle annuì sempre con gli occhi abbassati sulle gambe, una mano sulla pancia in cui sentiva una specie di maremoto in atto, come sempre la bambina percepiva tutta la sua agitazione e reagiva di conseguenza.
- Facciamo tre: mi guardi in faccia per favore? E’ la seconda…-
Sìle sollevò lo sguardo come chiedendosi che cosa avesse fatto di male.
- Hai intenzione di rimanere in quest’auto, con gli occhi piantati sul tappetino fino a che non riprenderemo quel traghetto? E’ la terza…-
Sìle non rispondeva.
- E’ bellissima quest’isola, non ci credo che tu non le sia neppure un po’ affezionata, legata…che tu la detesti così tanto -
- Non la detesto…- dissentì lei scuotendo il capo – ma non l’ho vista bella la mattina in cui sono partita…ho visto solo grigio, freddo e pioggia…solitudine -
Liam riprese a guardare la strada, ma le posò una mano su un ginocchio e le diede una stretta incoraggiante.
- Beh se hai paura che sia stata quella l’impressione giusta, forse dovresti darti un’occhiata intorno e rinfrescarti la memoria…se ti fidi un po’ di me…e poi se non guardi dove andiamo, come fai a dirmi dove girare?-
Comunque da lì in poi, strappato che ebbe il sorriso che voleva, non la stuzzicò più e notò con piacere che piano, piano lei si era decisa a guardare dal finestrino.
Gli indicò anche alcuni posti che frequentava da ragazzina.
- Ecco siamo arrivati…è lungo la strada per Niarbyl…- indicò con un tono strano, come se sentisse un urgente richiamo provenire da quella direzione.
Liam si rallegrò nel vedere che sua figlia sarebbe stata l’erede di un altro bel cottage isolano. Con tanto di alcuni tetti impagliati appesantiti dai classici ciottoli pendenti
La casa in cui Sìle era nata era, a prima vista, un complesso di tre basse strutture piramidali di intonaco candido col tetto di ardesia, che spuntava basso al lato della strada, a ridosso di un terrapieno su cui si snodava una deviazione asfaltata larga un paio di metri e si perdeva tra i pascoli verdi.
Aveva vicino un altro cottage dello stesso tipo, bianco, basso e lungo, meno articolato nella pianta e come decorazione, al congiungersi delle due strade, sorgeva un grazioso lampione stradale in ferro battuto.
- Non funziona se non c’è Una…- gli disse Sìle strizzandogli l’occhio, poi gli indicò il cancello da cui potevano entrare.
Una volta varcato quello, un vialetto scendeva di un paio di metri e allora la casa acquistava una dimensione più proporzionata a chi doveva entrarci, anche se si sviluppava su un unico piano.
D’estate doveva essere tutto circondato da fiori e piante odorose, ma in quel momento erano fioriti solo alcuni narcisi gialli, immancabili in quella stagione.
Pareva non esserci nessuno intorno.
Sìle rimase seduta in auto, ma quella volta lo fece quasi per gioco, inducendo Liam ad andarla a tirare fuori dall’auto, infatti uscì, si stiracchiò, la cercò con lo sguardo e quando si accorse che era rimasta lì, fece il giro e andò ad aprire lui il suo sportello.
- Vieni subito fuori di lì…- ordinò appoggiandosi allo sportello.
Sìle sorrise e mise le gambe fuori dall’abitacolo, ma si fermò. Si fermò ad annusare l’aria, ad ascoltare il vento, a ripercorrere dopo tanto tempo il profilo dei prati che si interrompevano d’improvviso in un ripido scalino di sabbia che digradava sulle spiagge. Però non si vedeva, si vedevano solo erba e mare da lì.
Chiuse gli occhi e vedendola così, col viso in pieno sole, Liam si chinò su di lei.
- Scusa, solo un momento…- bisbigliò prima di baciarla sulle labbra, ma senza irruenza.
Lei rise, ma rimase con gli occhi chiusi e seduta fino a che non lo sentì parlare con qualcuno.
- Siamo arrivati adesso…sì, benissimo -
Si girò a guardare e vide Una all’altezza dello stomaco di Liam: allungò una mano a pizzicargli la pancia.
- Troppo magro…- sentenziò, quindi gli diede una pacca dove l’aveva pizzicato e andò verso l’auto – e tu non ti nasconderai mica lì per sempre no?- domandò di seguito a Sìle.
La seguiva un gruppetto di gatti tra cui tre immancabili Manx, senza traccia di coda, che appena videro Liam iniziarono ad annusarlo furiosamente e senza molta discrezione, inalando ogni singola nota sconosciuta avvertissero sulla sua persona.
Sìle uscì dall’auto per andare incontro alla nonna che trovò vestita con una sgargiante scamiciata sui toni di verde e giallo, molto africana, capelli corti coperti da una cuffietta all’uncinetto nera, verde e rosa fosforescenti.
La pipa la teneva in una borsetta di pelle che portava appesa alla cintura.
Sìle si chinò per abbracciarla e Una le fece subito una carezza sui capelli stringendola a sé per darle un bacio.
- Lhiannoo! Kys t’ou ?- si informò.
- Feer vie, mwarree, as oo hene?- rispose la ragazza.
Stava bene sì, meglio di quanto si sarebbe aspettata.
Una la rassicurò sul suo di stato e quando si staccarono una dall’altra le posò una mano sulla pancia con un gesto affettuoso e le sorrise tra le rughe con gioia, senza sorpresa. Con soddisfazione però.
- Uh-uh…caillin doo! By loo ben obbee! - sghignazzò indovinando anche lei che nella pancia di Sìle c’era una bimba, la più piccola strega, come disse - Vel oo maynrey? -
Sìle annuì con decisione.
Una fu contenta della risposta e poi le indicò Liam con aria consapevole e improvvisamente seria, quasi severa.
-T’eh feer maynrey - lui è felice dichiarò guardandolo fare, neanche a dirlo, grande amicizia con tutti i gatti.
Stabilì che Liam era felice senza alcun timore di venire contraddetta, gli leggeva dentro con una facilità tale che niente le sarebbe rimasto ignoto di quell’uomo. Ed era buon segno, l’aveva pensato dal primo momento, perché significava che non aveva paura di sé stesso.
Sìle rise appena vedendolo così e fece segno di sì anche lei con la testa.
- Shen my varel hene …- convenne.
Liam non era abituato a sentire Sìle parlare quella lingua così lontana, lui sapeva riconoscere l’irlandese o lo scozzese, il gallese, ma nessuno della sua famiglia, nella vita quotidiana, parlava il gaelico da secoli, come per larga parte della popolazione britannica del resto. Il manx poi era davvero una lingua che pochi usavano ormai, era affascinante ascoltarla.
Una e Morgan tra loro la usavano, come se questo rendesse più intime e segrete le loro conversazioni, una lingua più antica e magica in qualche modo, così Sìle da bambina, era cresciuta con quei suoni e quelle parole, le usava quotidianamente, non le servì nessun bisogno di acclimatamento prima di riprendere a usarle.
Mentre accarezzava uno dei gatti senza coda che gli mostrava la pancia privo di ogni ritegno o diffidenza, ascoltò il breve scambio di convenevoli tra nonna e nipote. Almeno che si stavano chiedendo come stai? e cose simili riusciva a capirlo.
- C’raad t’an moir?- domandò Sìle guardandosi intorno senza avvertire la presenza di sua madre.
Un’altra cosa che Liam aveva imparato, dopo aver chiesto a Sìle il significato di alcune parole che la sentiva usare più spesso, era che le streghe di uno stesso ceppo familiare, tra loro si rapportavano in modo antico.
Una per Morgan e Morgan per Sìle non erano mummig, mamma, erano moir , Madre.
Era un appellativo di rispetto, di devozione, riservato alla strega di cui erano figlie che veniva del tutto a mancare tra nonna e nipote, le quali invece si parlavano in toni molto informali e affettuosi. Si capiva che per le streghe, quelle di un certo tipo almeno, il concetto di madre era qualcosa da trattare con la deferenza dovuta a una portatrice di vita, quasi una scala gerarchica che si saliva, trovava il suo culmine nel ruolo della maternità e poi si concludeva in un ruolo collaterale e intermedio, tra la nuova Madre e la fanciulla nata o in arrivo, altrettanto importante, dovuto alla sua saggezza e conoscenza.
Una guardò verso la distesa verde che declinava verso il mare e indicò lungo la strada.
- T’ee çheet er e heyirt - stava arrivando secondo Una che poi si rivolse ad entrambi – entriamo…- li invitò.
Liam si alzò e si spolverò i pantaloni dove era rimasto attaccato qualche ciuffo di peli di varie tonalità e tigrature, poi seguì Sìle e Una sulla porta di casa.
Sìle si soffermò un istante sui mici che si strofinavano su Liam, su lei, sullo stipite della porta e quando riprese a camminare, la strega nonna che precedeva il gruppo, senza neppure voltarsi, sollevò un ditino e indicò in alto.
- La testa…- ammonì, ma Liam si era distratto per non pestare uno dei gatti che gli girellavano intorno ai piedi e non fece in tempo ad evitare di sbattere la fronte contro lo stipite costituito da una robusta asse di legno.
- Lo dicevo io…-
- E lei giochi più d’anticipo la prossima volta!- rispose lui tenendosi una mano sulla fronte e pensando tra sé: sarà esattamente come con Dorcas.
- Attento allora…-
- A cosa?-
Altra testata sulla seconda trave, troppo vicina alla prima perché quello scambio di battute con Una gli desse il tempo di notarla ed evitarla.
Sarebbe stato esattamente come con Dorcas.
- Ahu! Ma è tutta così questa casa?- protestò Liam portandosi anche l’altra mano sulla fronte.
Sìle si mise a ridere, tornò indietro e gli prese le mani per portarlo dentro.
- Poi ti ci metto il balsamo che fa mia nonna, è un vero miracolo per i bernoccoli…-
- Sì ma preferirei non farmeli i bernoccoli, mi sento idiota…-
Sìle rise di nuovo, lo baciò sulle labbra sollevandosi in punta di piedi e scosse la testa.
- Non sei idiota…basta che ti ricordi che questo cottage è molto vecchio, è sempre stato abitato da persone molto più basse di te e che le porte d’ingresso ad ogni stanza, sono più basse dei soffitti, come in ogni casa. Ora andiamo?- lo esortò tirandoselo dietro.
In fondo qualche volta, poteva anche concedergli d’essere lui il bimbo di casa ancora, se lo meritava…quello che non si spiegava, era il motivo per cui ne sentisse il bisogno: con la vita che faceva da prima di conoscerla e anche dopo aver conosciuto tutte loro!
Lo guidò all’interno di stanze basse, ma in cui almeno riusciva a rimanere eretto, intonacate di bianco, con infissi in legno scuro e vecchio. Le finestre quadrate e profonde, si aprivano nelle pareti lasciando entrare la luce intensa del giorno e tra una e l’altra, ripiani di tutte le dimensioni si incuneavano nel muro adornati di antichi utensili, fiori, mazzi di piante odorose lasciate a seccare, ciottoli che il mare aveva modellato in strane forme e, a testimonianza che la passione per la manipolazione Sìle l’aveva sempre avuta, piccole sculturine di animali qua e là. C’era odore di mura antiche insieme a una nota vellutata, come di spezie, cannella, timo forse…
Il pavimento era di pietra grigia, tagliata in grandi blocchi quadrangolari e delle stessa pietra era fatto un grande camino che troneggiava in fondo alla stanza circondato di piatti di ceramica appesi alle pareti, tazze e pinte, questo some in molte altre case.
Oltre il camino si apriva una porticina abbastanza stretta e lì spiegò Sìle, dove una volta c’era una grande dispensa era stata spostata la cucina e la dispensa era slittata oltre, dove era il ricovero per gli animali che ormai si limitavano a qualche gallina, qualche adozione passeggera di animali feriti o malati o troppo piccoli per essere autosufficienti, una coppia di pecore e una di mucche che erano simpatiche a sua nonna e avevano trovato posto in una piccola capanna all’esterno dell’altra ala della casa.
Una raccontò che proprio quella notte erano nati anche due vitelli, uno da ciascuna delle due giovenche, entrambi neri e lo disse con un tono che a Liam, insieme all’espressione di consapevolezza che vide dipinta sul viso di Sìle, fece pensare che c’era qualcosa di troppo familiare in quegli scambi di mezze parole e sguardi.
Seguirono Una sul retro della casa, in una serra che poi dave su un giardino soleggiato.
Lì, dove la donnina doveva essere impegnata in una intensa seduta di giardinaggio e orticoltura, su un poderoso tavolo di pietra sostenuto da un robusto scheletro di legno invecchiato, era disposta un’ordinata distesa di vasetti: c'erano piantine costellate di tenui fiorellini lilla, altre che emanavano profumo se toccate e altre ancora che erano state accuratamente potate e quello che era stato tagliato, era stato raccolto in mazzetti simili a quelli che avevano già visto nel resto della casa.
Li fece sedere su due comode poltrone di vimini.
- Allora? Come ti sembra questo posto?- domandò a Liam dopo che ebbe servito loro un profumatissimo infuso al tiglio che a lui non andava, ma siccome si rendeva conto che non gli andava più per il fatto che gli venisse spontaneo considerare le tisane roba da femmine, di quelle cose che piacevano tanto loro, che le facevano sentire coccolate, accettò di assaggiare l’infuso e quando ne sentì il delicatissimo ma intenso profumo, decise che poteva assaggiarlo.
Capì ben presto che gli piaceva di più l’odore, il sapore era troppo tenue.
Interrogato da Una, si guardò intorno e osservò la casa.
- Mi aspettavo qualcosa di simile devo dire, qualcosa di vecchio e di accogliente. Ma non pensavo a questo…- rispose, poi guardò Sìle – tu sei cresciuta in un posto da cartolina e non me lo dici? Taci una cosa simile ad un fotografo?-
Una guardò Sìle inarcando le sopracciglia e rivelando, visto che le palpebre rugose pesavano meno, delle lunghe ciglia nere e dei luminosissimi occhi scuri, proprio come Sìle e Morgan.
Liam per la prima volta non la vide come una donnina piccola e simpatica, anzi pensò che doveva essere stata molto simile alla figlia e alla nipote in gioventù, quindi davvero bella.
- Non gli hai mai parlato di questo posto?- domandò quella alla nipote.
- Non è mai capitato…- rispose Sìle scuotendo il capo prima di nascondersi dietro la tazza con l’infuso, ma non ci volevano le doti intuitive di Una per capire che non lo aveva fatto per lo stesso motivo per cui non alzava neppure lo sguardo sul paesaggio mentre andavano là o non pensava mai di tornare a casa.
I ricordi dolorosi le rendevano difficile l’idea di tornare e ancor più sofferta la nostalgia di quel luogo cui, si percepiva abbastanza bene, sapeva e sentiva benissimo di appartenere.
- E’ una casa molto vecchia…- disse allora Una raccontando a Liam - la forma attuale non è neppure l’originaria. La parte più antica è quella della cucina, risale alla mia tris-tris nonna…-
Liam che stava osservando la struttura solida, ma storta e tremolante nei contorni a causa del tempo, si voltò a guardarla.
- Quindi al…diciottesimo secolo?- chiese.
- No, credo al diciassettesimo. Ben cheauit shenn shenn voir Dorrin…- suggerì Sìle alla nonna che con un buffo cenno della manina, le diede ragione.
- Shen eh!- esclamò, giusto! E riprese a spiegare – era la trisavola Dorrin…all’epoca di Ny h’Ollanee, William terzo d’Inghilterra…-
- D’Orange?- domandò Liam.
- Eh già…tra loro lo chiamano “L’Olandese”…- spiegò Sìle: parlava senz’altro della nonna, ma chi fossero le altre loro, non era dato sapere. Liam pensò alle streghe più anziane o alle famiglie più antiche – e l’altra parte, quella più recente, è stata iniziata nel 1771. Però qui intorno c’erano tracce di costruzioni molto più antiche, vero mwarree?-
Una annuì.
- Su quest’isola le tracce più antiche dell’uomo sono ormai molto poche e difficili da trovare, ma ci sono…- rispose.
- E tracce di donne?- domandò Liam – Dorcas, e anche Morgan, mi hanno parlato dell’antica schiatta di streghe che viveva qui…-
Una sembrò lusingata dall’interesse che lui dimostrava per qualcosa che, con una certa chiarezza, sentiva molto importante. Confermò la cosa con un cenno del capo e indicò Sìle.
- Che vivono qui…- specificò – anche tua figlia sarà una di noi…-
Liam non risentì neanche un po’ della lunga occhiata di esame che la donna gli rivolse, quasi non la notò, si strinse nelle spalle e sospirò.
- Basta che non si appassioni alla cucina troppo alternativa e non pretenda di farmi assaggiare occhi di tritone fritti e che si copra bene prima di volare in giro per il mondo ad Halloween…-
Mentre Sìle si alzava come presa da un’idea improvvisa, Una fece una risata che sembrò davvero quella della Perfida Strega dell’Ovest, Liam provò un leggero senso di disagio, gli parve meno innocua di quelle che le aveva sentito fare altre volte…e poi non sapeva spiegarselo, ma in qualche modo in lei, avvertiva qualcosa di più forte…
E non riusciva ad evitare di sentirsela curiosare dentro.
- Ogni strega è più forte nel suo nido…- gli disse – ognuna di noi tre…- aggiunse indicando la porta da cui Sìle era appena uscita.
Liam guardò in quella direzione, poi con la coda dell’occhio sano, vide la figura di Sìle che passava davanti alla finestra della stanza in cui si trovavano.
Una fermò Liam: Morgan era arrivata e Sìle l’aveva sentita.
- Torneranno presto…- aggiunse vedendo la nipote che apriva l’auto e ne estraeva un giacca più pesante.


Sìle stava lì seduta con Liam e sua nonna, sentiva la bambina che si era immobilizzata da quando erano arrivati sull’isola, ma non era un’immobilità allarmante, era come se, da dentro il corpo della madre, stesse compiendo un’attenta operazione di studio di ciò che di diverso sentiva intorno a sé.
Sìle avvertiva i piccoli segnali dei suoi sensi inesperti ma allertati come se si trovasse in un campo elettrico, la sentiva cercare la sua voce, quella di Liam, reagire ad esse come dovendo misurare con molta cautela una distanza da percorrere, sporgendosi verso l’appiglio più prossimo per curiosità di vedere, ma senza il coraggio di lasciare quello che si è rivelato saldo all’ultimo passo compiuto.
Quando Sìle aveva inalato l’odore familiare di erba grassa e fiori e vento marino, la piccola aveva gradito la sensazione che la madre le infondeva; quando invece Una si era avvicinata, si era di nuovo immobilizzata, come aspettando di capire le intenzioni di quella presenza, ma quando la nonna aveva parlato, si era mosso come sotto un solletico giocoso e simpatico, almeno questo Sìle aveva sentito, e anche Una forse.
Mentre erano seduti insieme, Liam non aveva un contatto fisico con Sìle perché le due poltrone erano troppo lontane, ma non appena lo sentiva parlare, la piccola si rotolava delicatamente nel suo rifugio liquido quasi che la voce del padre la spingesse in qualunque modo e cercare di richiamarne l’attenzione.
Risultato?
Dopo un mese e mezzo che non aveva più accenni di nausea, Sìle ebbe paura di doversi chiudere in bagno e ritornare ai vecchi tempi…la trattenne solo il pensiero che forse la piccola avrebbe potuto prenderla male, sentire spento il suo tentativo sperimentale in utero.
Per fortuna quel pensiero la fece ridere e la nausea passò.
Poi la piccola si era immobilizzata di nuovo, ma forse perché anche Sìle avvertiva qualcosa. Qualcosa di forte, come un richiamo intimo, di una voce mentale senza suono.
Era stato allora che si era alzata ed era uscita, già sapendo dove sarebbe andata.
Nella sua testa era anche convinta di aver detto a Liam qualcosa che non lo facesse preoccupare, ma la confusione e l’attenzione attratta da qualunque angolo e suono, non era solo quella della piccola, era più che altro la sua.
Era presa da un sacco di suggerimenti sensoriali che la sua memoria le rimandava di continuo, tra sé richiamava alla mente riferimenti e nozioni di quei luoghi che non faceva in tempo ad afferrare perché venivano sommersi da altri, avrebbe saputo dire perfino di quali macchie di colore si sarebbero macchiati i prati una volta che i fiori selvatici fossero sbocciati come li vedesse sotto i suoi occhi.
Avrebbe saputo indicare con certezza e senza paura di sbagliare ogni singolo cambiamento avvenuto, ogni albero tagliato, ogni casa cui fosse stato cambiato il colore degli infissi…
Ripercorse nella sua testa un sentiero che portava su una cresta un po’ più alta della scogliera verso cui stava camminando, portava ad un vecchio e grande cespuglio piegato dal vento fin quasi a toccare il suolo che cresceva vicino ad una piccola quercia, in mezzo ad un giardinetto naturale di rocce ed erba.
Del sentiero non rimaneva più traccia, c’era ricresciuta l’erba, ma d’istinto lo intraprese, camminando a passi prudenti, attenta e non inciampare o a non finire in mezzo a qualche acquitrino, stringendosi nel pesante giaccone di lana nera che ancora, specie quando ci si avvicinava al mare e se ne sentiva il vento sferzante, serviva a non soffrire freddo.
Quando arrivò ai piedi del terrapieno, perché non era opera della natura quell’innalzamento della terra verso gli scogli anche se nessuno lo sapeva a parte la loro famiglia, sentì che quel richiamo mentale si era interrotto e rimaneva in un silenzio di attesa.
Risalì la parete erbosa lì dove era meno scoscesa e vide Morgan, seduta sulla lunga pietra basaltica che una volta era stata eretta verso il cielo, di cui tra le radici di una vecchia quercia abbattuta, rimaneva forse una compagna. E forse le altre intorno un tempo avevano costituito un cerchio che poi era diventato un indistinto agglomerato di massi consumati da salsedine evento.
Senza parlare andò a sedersi vicina a lei.
Non si parlarono, non ne avevano bisogno, si sorrisero, si guardarono per qualche attimo, poi si misero insieme a guardare il mare increspato dal vento, ispirato forse per una bella tempesta primaverile.
Arrivava un buon profumo di acqua salata, che invitava a respirare più a fondo.
Lì Morgan andava a ricercare tracce di sua figlia negli anni di separazione, perché Sìle aveva eletto quel posto come suo rifugio segreto, senza neppure bisogno di sapere che era stato qualcosa di sacro un tempo. Quando poi lo aveva saputo, per lei non era cambiato, anzi: aveva iniziato a portarci piccole ghirlande intrecciate di erbe odorose e rametti fioriti, piccoli nastri che lasciava appesi o legati alla piccola quercia o al cespuglio prima di rintanarsi tra le grandi radici dell’albero che era stato tagliato a leggere o a giocare chissà con chi.
Aveva sempre avuto un contatto molto forte con il mondo degli Sìdhe, loro la avvicinavano con molta facilità quando era bambina, e quando era arrivata nel Lake District ormai era una cosa del tutto normale per lei, non la sottolineava neppure più.
La bambina le fece avvertire la sua presenza con un tenue rotolamento, quasi un trovare una posizione più comoda ora che la mamma si era fermata, allora Morgan guardò Sìle sorridendo e la figlia ricambiò il sorriso.
- Nane elley vooinjer, dy jeeragh er-chee goaill toshiaght…- commentò,un altro cerchio sta per iniziare ,quindi tornò con lo sguardo sul mare e annuì tra sé.
- As shenn?- chiese Sìle, e il vecchio?.
Morgan le portò una mano dietro la schiena e Sìle le appoggiò la testa sulla spalla, allora lei le accarezzò i capelli.
Geddyn ny hrooid reesht…-
Attraverserà il tempo una volta ancora.
Passò qualche altro minuto, poi Morgan le strinse una spalla con una mano.
- Vel oo fakin e? - chiese riguardo la bambina, la vedi?
Sìle rispose di no, poi rise…
- Ta mee gennaghtyn e…t’ee bloberey!- scherzò: la sento, è una brontolona!
Morgan rise di rimando, la guardò bene e le indicò la pancia rigonfia.
- V’ou bloberey...- le rivelò, tu eri una brontolona , poi abbassò lo sguardo fingendo di spolverare qualcosa sullo scialle - ma non è qualcosa che hai preso da tuo padre…- aggiunse.
Era finito il dialogo nella lingua magica, ora di si parlava di qualcosa che non rientrava nel suo mondo e quindi Morgan la affrontava con un distacco diverso e una lingua diversa.
Più profana quasi.
E poi per una volta, stava ammettendo un suo difetto, l’incontentabilità, ma Sìle questo non lo rimarcò. Sospirò e si chinò ad appoggiare i gomiti sulle ginocchia.
- Credo che lei somigli a entrambi noi…- rispose Sìle pensando a Liam – quando Liam è lontano è più inquieta…e quando lui è arrabbiato o turbato, è nervosa…non credevo che sarebbe stato così facile per lei avere provare stati d’animo così diversi…-
- Lei non li riconosce ancora. Sei tu che li interpreti perché sai farlo, sei adulta…ed è davvero un bene che abbia questo legame con suo padre -
- Lo penso anche io…-
Il vento si alzò un po’ più forte e le investì accompagnato da qualche leggero spruzzo salato, ma non si mossero.
- Tuo padre potrebbe avere un’altra famiglia…- le disse Morgan.
Sìle si strinse nelle spalle, non era turbata.
- Lo immagino bene…lo spero per lui anzi!-
Ma Morgan era dubbiosa su quella tranquillità della figlia.
- Io non so cosa abbia fatto in questi anni…-
- Non mi aspettavo che lo sapessi. Anzi ti sono grata per non aver tentato di dissuadermi…-
- Non lo faccio solo perché so che sei brava a capire quali limiti non devi passare con gli altri…sei molto più brava di me in questo…-
Morgan le circondò di nuovo la schiena e Sìle le appoggiò ancora il capo sulla spalla, ma stavolta la madre le accarezzò il viso, le baciò i capelli.
L’ultima volta che era successo, Sìle aveva quattordici anni ma ancora non capiva come in sua madre funzionassero gli slanci d’affetto. Si limitò a godersi quello prima di tornare verso casa, convinta che se non avesse colto l’occasione, chissà quando ne avrebbe avuta un’altra.

   
 
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