Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: despicableandri    21/06/2011    4 recensioni
Sono Justin Bieber, un ragazzo di diciassette anni da poco compiuti, costretto a vivere con una ragazza che non sopporto e qui inizia la mia storia. No, non quella che conoscono tutti. Questa è solo mia, mia e sua, e basta.
Ebbene si, un'altra storia su Justin Bieber.
Se vi ho incuriosito, mi farebbe piacere un vostro parere. :'3
#withlove, An.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 6 – Primo ringraziamento.


L’aiutai a portare le cose da casa sua a casa mia e a sistemarle nella stanza degli ospiti.
“Come mai Selena Mi-stai-rovinando-la-scena non c’è a casa?” chiese, quando ebbe girato per tutta casa e non trovò nessuna traccia della ragazza. Quasi scoppiai a ridere per come l’aveva chiamata.
“Si è presa una vacanza, finalmente, non la sopportavo più” confessai, sospirando e posando l’ennesimo suo libro nella libreria. Ma quanto diamine leggeva questa ragazza?
“Come non la sopportavi? È la tua ragazza, no?” chiese, dubbiosa.
“No, non lo è” le dissi. Quasi non scoppiò a ridere.
“E tu mi vorresti dire che non state insieme, dopo tutte le foto che girano su internet, ma soprattutto dopo i baci che ho visto con i miei occhi alla spiaggia?” chiese, incredula. Non seppi mai perché, ma decisi di raccontarle tutto e di mandare letteralmente a puttane mesi di recita.
“Si, noi non stiamo insieme, è tutta una finzione. Iniziò tutto una sera, è una storia lunga” le mormorai, rabbrividendo al ricordo. Capì che non volevo più parlarne e cambiò discorso raccontandomi il riassunto dei suoi libri preferiti, Harry Potter.
Non ci andavo pazzo, ma l’avrei ascoltata parlare di maghi oscuri, scuole di magia e oggetti magici per ore. Per pranzo ordinammo qualcosa dal ristorante cinese dietro l’angolo, e mangiammo quasi in silenzio. Non era una ragazza da molte chiacchiere, come Selena. Rispondeva senza giri di parole e decisa. Durante il pomeriggio continuammo il trasloco, svaligiando anche il suo frigo per cena – c’erano solo una bottiglia di cocacola e un avanzo di lasagne.
“Allora, prima avevi detto che dovevi andare a lavoro” dissi, quando avemmo finito di mangiare e ci sedemmo sull’enorme divano in pelle nera nel mio soggiorno a guardare la tv.
“Mh mh” mormorò lei, intenta a fissare lo schermo che occupava metà della parete di fronte, stavamo vedendo un film d’azione che aveva portato lei.
“Che lavoro fai?” le chiesi. Voltò lo sguardo su di me, e anche nella semi oscurità della stanza notai il rossore che le si era dipinto sulle guancie. Amavo farle quell’effetto. Lei mi faceva arrossire ogni volta che mi sorrideva, ogni volta che si riavviava i capelli, ogni volta che mi guardava..
“Io n-niente” balbettò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Oh, avanti. Puoi fidarti di me”le dissi, sorridendole per incoraggiarla. Parve pensarci su, poi confessò.
“Io, allora. Io ballo e-e canto in un locale. Sia chiaro, non faccio la spogliarellista ma, è solo per mantenermi qui,cioè. Io… Dio, mi sento una puttana” quasi urlò l’ultima parte e poi si portò le mani in viso, come a volersi nascondere.
Ma cosa stava dicendo. Lei non era una puttana, no, non lo era. Ballare e cantare in un locare non significava dover fare per forza qualcosa di sporco.
“Hei, non lo sei” le sussurrai e parve calmarsi, ma tornò a fissare lo schermo. ‘No, ti prego, continuiamo a parlare’ le avrei voluto urlare, ma avrei contemporaneamente buttato tutta la mia dignità nel gabinetto.
“Allora, canti?” le chiesi, per distrarla. Con mio grande piacere, riportò lo sguardo su di me e abbassò il volume della tv.
“Oh si canto da quand’ero piccola. Mi è sempre piaciuto, ma non sono poi così brava” mi rispose.
“Lascia me giudicare, no?” le dissi, sorridendole. Mi guardò interrogativa, e poi cominciò a scuotere la testa.
“No no, e poi no. Non canterò ora” commentò.
“Ti prego, una specie di duetto” la supplicai. Scosse di nuovo la testa e prese il telecomando. Glielo levai di mano e mi guardò quasi furiosa.
“ Sei in debito con me, Adele, me lo devi” le mormorai, maligno.
“Ecco perché ti odio, Bieber” sussurrò, arrendendosi.
La feci alzare prendendole di nuovo la mano – altri brividi mi attraversarono, e l’accompagnai al pianoforte che avevo nella stanza affianco.
Era una stanza piena di mensole, sulle quali mia madre sistemava tutti i miei premi, che andavano da quelli che vinsi da piccolo per l’Hockey a quelli che avevo vinto poche settimane prima; poi al centro c’erano la mia chitarra e il mio pianoforte.
Mi sedetti al piano e la feci accomodare su uno sgabello, accanto a me.
“Inizia tu, è Overboard, conosci le parole?” le chiesi e annui. Forse la sua migliore amica gliela faceva ascoltare a ripetizione, essendo una mia fan.
Iniziai a suonare.

It Feels Like Weve Been Out At Sea
So Back and forth thats how it seems
And when I wanna talk u say to me
That if its meant to be it will be


Intonò. Aveva una voce stupenda, ma che dico, molto di più.

So crazy its this thing we call love
And now that weve got it we just cant give up
I’m reaching out for you
Got you out here in the water and im


Continuò. Era bellissima mentre cantava. Aveva gli occhi chiusi e accompagnava le parole con gesti semplici delle mani. La sua voce riempii la stanza e la mia mente, ma soprattutto il mio cuore.

Im overboard
And I need your love to pull me up
I cant swim on my own
Its too much
Feels like im drownin without your love
So throw yourself out to me
My life saver


Continuammo, insieme. Anche io avevo chiuso gli occhi per cantare, e quando li riaprii trovai i suoi puntati nei miei.
Lei, era il mio salvagente. Mi aveva riportato a galla dal mio mare di solitudine e falsità, lei era vera.

I never understood you wen you say
Wanted me to meet you half way
I felt like I was doing my part
You kept thinkin you were cummin up short
Its funny how things change how I feel


Cantai, continuando a tenere vivo l’incontro dei nostri occhi.
“Se vuoi, possiamo fermarci qua” disse, quando anch’io notai che avevo smesso di suonare.
“Okay” mormorai. Non solo la sua voce era magnifica, ma procurava in me sensazioni che prima non avevo mai provato. Quella ragazza mi stava facendo impazzire, impazzire come nessun altro era riuscito a fare prima.
“Hai una voce stupenda” le confessai, arrossendo. Non ce la facevo a trattenermi. La vidi sorridere e riavviarsi i capelli dietro l’orecchio.
“Grazie Justin, anche tu sei bravo” disse, tranquilla. Justin, mi aveva chiamato Justin.
Forse il mio mondo si stava rovesciando, o forse tutto s’era capovolto. Mi aveva appena fatto un complimento, e mi aveva chiamato Justin.
Quella giornata iniziata bene, finì ancora meglio.



Note d’autore.
Hallo gente. :3
Come vedete questo capitolo è molto dolce, ma non aspettatevi niente. e.e
è ancora troppo presto. u-u
e non dirò altro. :3
Come al solito ringrazio tutti e le trecento e passa visualizzazioni. :3
Grazie mille, davvero.
Baci, #withlove.

An.

(:

P.s.: Solo per farvi un'idea, Adele somiglia tanto a questa ragazza. :3
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