Ehm...Salve xD
Mi scuso per l'immenso ritardo con cui arriva questo capitolo, ma gli
esami mi stanno uccidendo! Non dico nulla, i commenti alla fine.
Voglio solo consigliarvi di leggere questo capitolo con in sottofondo Set fire
to the rain, di Adele che mi ha ispirata. Ora vado a
nascondermi per evitare linciaggio di massa xD
C a p i t o l o 12
Set fire to the rain
Mi appropriai per un'ultima
volta delle
sue labbra, prima che si allontanassero da me forse per sempre. Avevo
desiderato ed atteso a lungo quel bacio, immaginandolo come la scena
più romantica di un film d'amore. E invece non era stato
affatto
sentimentale, solo triste e malinconico, bagnato dalla pioggia
battente e da lacrime dal sapore amaro.
Ci guardammo intensamente negli occhi,
entrambi con la convinzione che quel bacio non aveva significato, che
lo avremmo dimenticato ben presto, sepolto da altri innumerevoli
ricordi.
«Scu-scusa» mormorò «Non avrei
dovuto
baciarti»
Abbassai lo sguardo, incapace di
sostenere anche per un misero istante i suoi occhi, intimorita di
affogare in quel mare nero di emozioni. Annaspai, prendendo fiato,
senza però riuscire a dire nulla. Dario percepì
la mia tensione e
il mio disagio, così si morse un labbro e mi
superò rientrando in
casa. Rimasi per un attimo da sola su quel balcone a fissare la
pioggia che, incessante e furibonda, sferzava la città. Solo
in quel
momento mi accorsi di avere freddo e che stavo tremando. Tra le
braccia di Dario sembrava tutto così dannatamente perfetto,
nemmeno
il gelo era riuscito a scalfirmi. Ma dopo che era entrato in casa,
ero stata catapultata nuovamente in quella realtà imperfetta
in cui
nulla sembrava aver senso.
Scossi la testa per cacciare via quei
pensieri. Dovevo smetterla di pensare a lui quasi ne fossi
innamorata, anche se la paura che qualcosa stava nascendo verso di
lui mi attanagliava. Rientrai in quella casa che sapeva di lui e nel
buio delle stanze, tornai in camera da letto, illuminata solo dalla
flebile luce di una abatjoure. Dario era davanti all'armadio, quasi
del tutto nascosto dall'anta, che cercava qualcosa in quel labirinto
di stoffa. Poco dopo ne tirò fuori una maglietta bianca e un
paio di
pantaloni di una vecchia tuta e li lanciò sul letto.
«Sono per te» disse distaccato «Ti
andranno un po' larghi, ma sempre meglio che niente»
«Grazie» sussurrai, rimanendo ferma
sulla porta ad osservarlo nella speranza di incontrare i suoi occhi.
Ma la sua attenzione era tutta dedicata all'armadio di ciliegio
chiaro. Aprì un cassetto dal quale tirò fuori un plaid blu
scuro e
finalmente richiuse le ante. Fece il giro del letto, passandomi
davanti, senza però degnarmi della benché minima
attenzione. La sua
indifferenza fu inaspettata ed amara, era come se mi avesse
calpestata senza ritegno. Prese i cuscini e, con loro, il plaid blu
prima di passarmi accanto per uscire dalla stanza.
«Cosa stai facendo?» gli domandai
ingenuamente.
«Vado a dormire sul divano» rispose
freddo «Buonanotte» aggiunse e non attese nemmeno
la mia risposta,
che già si era allontanato da me.
Mi morsi un labbro e dopo essere rimasta
imbambolata per alcuni secondi su quella dannata porta, entrai
definitivamente nella camera da letto di Dario. Mi cambiai
rapidamente con i suoi vestiti che mi andavano leggermente larghi,
spensi la lampada e mi infilai sotto le coperte con la speranza che
quella dormita portasse via con sé non solo i miei sogni ma
anche la
malinconia di quella serata.
Nonostante cercassi di chiudere gli occhi
e dormire, non riuscivo a prendere sonno, forse per la tensione di
quella nottata o forse per l'assenza di Dario in quella stanza. Mi
voltai verso il letto vuoto e accarezzai la coperta, illudendomi che
lì accanto a me ci fosse lui, che la mia mano stesse
sfiorando il
suo corpo. Ero stata una stupida a urlargli contro di uscire dalla
mia vita. Solo non saperlo vicino a me in quel momento era un
tormento. Ma ormai ero sicura che non si potesse correggere quello
sbaglio, premere il tasto rewind e sistemare tutto. Potevo solo
alleviare la mia tristezza godendo appieno di quelle poche ore che ci
rimanevano. Scansai bruscamente le lenzuola e mi alzai dal letto,
dirigendomi silenziosa verso il salotto. Dario era sdraiato sul
divano, rannicchiato in quella coperta e chiuso in un abbraccio.
Sembrava un bambino così, tenero ed indifeso. Mi
inginocchiai
davanti a lui e deglutii a vuoto prima di parlare.
«Stai già dormendo?» mormorai.
Dario non rispose e non sapevo se perché
fosse già tra le braccia di Morfeo oppure mi stesse
ignorando
completamente. Rimasi a fissarlo qualche istante, incantata dal suo
respiro regolare e dal suo viso che aveva perso qualsiasi parvenza di
sensualità e che mostrava tutta la sua dolcezza. Sorrisi
teneramente
e gli accarezzai una guancia delicatamente per non rischiare di
svegliarlo, semmai stesse dormendo. Mi rialzai e mi voltai per
tornare in camera da letto, quando Dario mi prese un braccio.
«Non stavo dormendo» disse, aprendo un
occhio «Ci stavo provando, però»
«Scusa, non volevo disturbarti»
mormorai imbarazzata.
«Tranquilla» rispose «Tanto non
riuscivo ad addormentarmi»
«Nemmeno io» ammisi, sorridendo.
«Il letto è scomodo?» si
preoccupò.
«No, assolutamente!» risposi subito
«È
che...insomma» esitai intimidita, arrossendo e ringraziai il
buio
che nascondeva il mio imbarazzo «Beh non so. È
meglio se torno di
là» risi nervosamente.
«Non andare via Alice»
Il mio cuore si fermò per qualche
istante dopo quelle parole, riprendendo poi con una folle corsa
irregolare. Sorrisi e mi voltai verso di lui che, intanto, si era
seduto sul divano.
«Vuoi che ti canti una ninna nanna?»
domandai sarcastica.
«Perché no» ridacchiò.
«Sono affari tuoi se poi avrai danni
irreversibili all'udito» sorrisi.
«Allora meglio di no» ribatté
sghignazzando.
Mi morsi un labbro e congiunsi le mani
sotto il ventre, dondolandomi avanti e indietro come una bambina
imbarazzata. Schioccai la lingua e sorrisi di nuovo.
«Co-cosa dovrei fare qui, allora?»
domandai.
Dario non rispose, allungò solo un
braccio verso di me spingendomi verso il divano e costringendomi a
sedermi. Mi accarezzò la guancia con il dorso della mano,
imprigionandomi in quella rete di petrolio che erano i suoi occhi.
Cercavo di liberarmi da quella stretta astratta, ma le mie iridi
erano state letteralmente soggiogate da quelle di Dario. Mi morsi un
labbro, assaporandolo in cerca del gusto del bacio che ci eravamo
scambiati sul balcone. Dario sfiorò i miei capelli, prima di
affondarci la mano e spingermi delicatamente verso di lui, verso il
suo petto e il battito del suo cuore.
«Resta con me» sussurrò,
abbracciandomi.
Affondai nella maestosità del suo petto,
stringendo la sua felpa e inebriandomi di quel suo odore che, ormai,
era entrato a far parte di me. Guidata dal suo profumo e dal mio
istinto che aveva ancora fame di Dario, alzai il viso incontrando il
suo sorriso che mi incantò e che cancellò
qualsiasi mia lucidità.
Chiusi gli occhi e mi allungai verso di lui, lambendo e assaporando
la pelle del suo collo. Al contatto con le mie labbra, la stretta di
Dario si fece più intensa, spingendomi sempre di
più verso il suo
corpo. Accarezzai con la mia bocca ogni millimetro di quella pelle
vellutata che bruciava più del fuoco.
«Che co-cosa stai fa-cendo, A-Alice?»
domandò incredulo, con la voce incrinata da alcuni sospiri.
Abbandonai il suo collo e lo guardai a
lungo negli occhi, perdendomi ancora una volta in quel mare di
petrolio e dal quale non volevo più uscirne. Gli posai
l'indice
sulle labbra, per impedirgli di dire qualsiasi altra cosa, per
impedirgli di distruggere quel momento.
«Non dire nulla» mormorai.
Inaspettata, mi impossessai delle sue
labbra, bramosa di quella bocca e del suo sapore che mi aveva resa
quasi insaziabile. Dario rimase stupito dalla mia intraprendenza,
tanto che sgranò gli occhi, incredulo. Mi strinse le spalle
come se
volesse spingermi via e frenare quel mio momento di folle passione.
Affondai le mani tra i suoi capelli per godere un unico breve istante
ancora di lui, prima di essere allontanata dall'oggetto del mio
desiderio. Ma, contrariamente alle mie aspettative, Dario
allentò la
presa e si lasciò trascinare dal mio bacio. Le sue mani
scivolarono
rapide lungo la mia schiena, lasciandosi dietro brividi di piacere
che si propagarono lungo tutto il mio corpo, e fermandosi sui
fianchi. La sua lingua s'insinuò nella mia bocca alla
ricerca della
mia per poterla sfiorare, accarezzare. La malinconia che ci aveva
colto sul balcone sembrava essere sparita, cancellata da quella
irruenta passione che infiammava la stanza. Avrei dovuto essere
spaventata in quel momento, perché non erano state le
lacrime e la
malinconia a far nascere quel bacio, ma ero stata io
a
volerlo, a desiderarlo così ardentemente. Avrei dovuto
sentirmi in
colpa nei confronti di Davide e, per quello, avrei dovuto tirarmi
indietro, combattere quella brama. Ma mi risultava impossibile
allontanarmi da Dario, sottrarmi alle sue labbra e al suo corpo che
ardevano all'unisono con me.
Senza mai interrompere il nostro bacio,
Dario mi fece stendere delicatamente sul divano e lui sopra di me,
accolto dalle mie gambe. Sapevo che stavo sbagliando, che stavo
correndo troppo velocemente e che se lo avessimo fatto mi sarei
pentita. Mi ritrovai sospesa tra il rimorso e il rimpianto, obbligata
da me stessa a dover scegliere una via davanti a quel bivio.
La mano ruvida di Dario s'intrufolò
rapida sotto la mia felpa, andando ad accarezzarmi il ventre e
facendomi fremere ad ogni suo delicato tocco. Si fermò
appena sotto
il seno, forse intimorito di quello che stava accadendo, da quello
che sarebbe potuto accadere dopo quella notte. Infilai una mano sotto
la mia maglietta e andai ad accarezzare la sua, stringendola poi e
accompagnandola verso il mio seno. Le sue dita indugiarono spaventate
e il suo bacio si affievolì come se volesse interrompere
quel
momento. Glielo impedii, stringendogli il viso tra le mani e
costringendolo quasi a non smettere di baciarmi. Accolse quel mio
bisogno di lui, mordendomi un labbro e stringendomi il seno,
strappandomi un gemito che si infranse nella sua bocca.
Afferrai i lembi della sua felpa e la
sollevai quel tanto che bastava per fargli capire che volevo disfarmi
di lei. Abbandonò per un istante le mie labbra e si
levò
quell'ingombrante indumento, mostrandomi il suo fisico asciutto che
avevo visto soltanto nelle fotografie del suo profilo.
«Alice, non credo che...» tentò di
dire, ma non m'interessava sentire il resto della frase.
Lo attirai verso di me, lambendo
nuovamente le sue labbra e facendolo aderire completamente a me. Ogni
centimetro del suo corpo combaciava perfettamente con il mio. Il suo
bacino si mosse, strofinando contro il mio inguine e facendomi
sentire quanto mi stesse desiderando in quel momento. Mi sentii
avvampare e la parte razionale di me urlava di smettere prima che
fosse troppo tardi, ma l'intero mio corpo aveva deciso di non
ascoltare il cervello, ma di farsi trasportare da quel turbine di
strane e nuove sensazioni.
Si staccò dalle mie labbra e mi guardò
profondamente negli occhi, con un sorriso sghembo da bambino pronto a
fare una marachella. Si leccò un labbro, prima di sollevarmi
leggermente a felpa e succhiare il mio ventre, mentre la sua mano
superava l'ostacolo reggiseno e stuzzicava un capezzolo. Ansimai e mi
inarcai leggermente colta dal piacere. Non immaginavo che un semplice
tocco potesse farmi godere e capii in quel momento perché
Benedetta
era una specie di ninfomane. La sensazione che si provava a fremere
sotto delle dita esperte non era paragonabile a nulla e, ad ogni suo
bacio, cresceva in me la voglia del tanto temuto sesso.
Decisi di liberarmi anche io della
maglietta, vergognandomi di mostrargli quel seno quasi inesistente.
Dario alzò lo sguardo malandrino verso di me e sorrise
malizioso,
abbandonando il ventre e scagliandosi voglioso verso il mio petto.
Sollevò il reggiseno e lambì un capezzolo,
solleticandolo con la
lingua, quasi lo stesse assaporando. Ormai la mia bocca era
indipendente e si lasciava andare a gemiti di piacere.
Ad un tratto, puntò le mani accanto al
mio viso e si sollevò per guardarmi negli occhi, senza
nessuna
traccia del bambino monello, ma solo con un viso apprensivo.
«Alice, non voglio che la tua» deglutì
«prima volta sia con me»
«Dario» esitai «non farti
desiderare»
Lui sorrise sghembo, ritrovando la sua
precedente malizia. Tornò a percorrere il mio corpo con una
scia di
baci roventi fermandosi poco sotto l'ombelico. Esitò qualche
secondo
prima di afferrare il lembo dei pantaloni per abbassarli.
Sollevò un
attimo il suo sguardo verso di me e sorrise.
«Sei pronta?»
Annuii, anche se non avevo la benché
minima idea di quello che voleva fare. Baciò un'ultima volta
il mio
ventre e scese ancora di più, affamato di me. Lentamente
abbassò il
mio orribile paio di slip e in quel momento sprofondai nella
vergogna. Forse non avrei dovuto arrivare a quel punto, forse avrei
dovuto rimanere nella sua camera da letto. Se avessi detto qualcosa
magari si sarebbe fermato, ma qualsiasi parola mi morì in
gola. Mi
coprii il viso con le mani, per nascondere anche a me stessa il mio
imbarazzo. Dopo poco, sentii il suo fiato sulle mie nocche e un bacio
a fior di labbra.
«Hai paura, piccola?»
Tolsi le mani dal viso per poterlo
guardare e gli sorrisi, mordendomi un labbro. Sentivo che c'era
qualcosa nei pantaloni di Dario che continuava a crescere e che mi
incuteva anche un certo timore. Stando alla biologia che avevo
studiato, era pronto all'accoppiamento. Ormai mi ero spinta troppo
oltre e non potevo tirarmi indietro.
«Un pochino» risposi con voce tremante.
Dario sorrise dolcemente e mi accarezzò.
Cercò nel mio sguardo l'assenso a continuare e il mio
sorriso gli
diede il via libera per le sue porcherie. Scivolò ancora
verso il
mio inguine e mi solleticò con la lingua e piccoli baci.
Subito,
sobbalzai dal piacere, da quella nuova sensazione che mi
spiazzò per
la sua irruenza. Sentivo il mio corpo surriscaldarsi e strane scosse
partire dal basso ventre e propagarsi in tutti i miei anfratti,
facendomi perdere il controllo su di me. Mi mordevo un labbro per
cercare di smorzare dei mugolii che volevano uscire troppo intensi
perché mi vergognavo, non volevo urlare per paura che gli
altri mi
sentissero, che mi sentisse Dario. Quando, però, la sua
lingua
sfiorò più in profondità la mia
intimità, nulla riuscì a
trattenere un ansimo. Il respiro cominciò a farsi sempre
più
affannoso e l'ossigeno sembrava essere sparito d'un tratto, quasi
stessi scalando il monte Everest. Tremavo e non sapevo che cosa fare,
come muovermi, impaurita di fare qualcosa di sbagliato. E intanto il
mio piacere cresceva insieme al ritmo della bocca di Dario,
così
come i miei ansimi incontrollati.
Mi strinse forte le cosce e approfondì
quel rapporto, mandandomi completamente in estasi. Chiusi gli occhi,
facendomi travolgere da quella passione e affondai entrambe la mani
tra i suoi capelli, stringendoli sempre più forte ad ogni
spasmo. La
stanza sembrava che stesse andando a fuoco e l'adrenalina di cui
aveva parlato Dario mi disorientò e sconvolse ogni parte del
mio
corpo. Ogni muscolo si contraeva al tocco di quella lingua esperta.
Arcuai la schiena e piegai la testa, lasciandomi sfuggire il suo nome
strozzato da quel godimento. Qualsiasi cosa intorno a me perse
fisionomia e mi ritrovai come sbalzata in un'altra dimensione in cui
c'eravamo solo io e Dario, lontano perfino dal ricordo delle persone
e dei luoghi della nostra vita. Era come se la memoria fosse stata
spazzata via, come se fossimo esistiti sempre e solo noi due, in uno
spazio indefinito e in un tempo inesistente.
Mi assaporò ancora, provocando ancora
quella dolce e piacevole agonia chiamata piacere, prima di percorrere
tutto il mio corpo con leggeri e sensuali baci, fino ad incontrare le
mie labbra. Strinsi il suo viso tra le mani e lo baciai ardentemente,
ansimando di tanto in tanto per lo sfiorarsi dei nostri bacini.
Sentivo il desiderio pulsante di lui espandersi dalla mia
intimità e
riempirmi, nonostante la sua bramosia crescente continuasse a
incutermi un certo timore. Scattò in piedi qualche istante e
un
sorriso tirato, quasi dolorante si dipinse sul suo volto.
«Spero non ti dispiaccia» mormorò
quasi imbarazzato calandosi pantaloni e boxer nello stesso istante.
Scossi la testa, nonostante vederlo nudo
ed eccitato mi fece sprofondare nell'imbarazzo più totale.
Tornò a
sdraiarsi su di me e riprese a baciarmi con la stessa
intensità di
poco prima, sfiorandomi con la sua eccitazione, facendomi tremare
nuovamente e ansimare nella sua bocca. Non mi sarei mai immaginata
nulla di tutto quello che stava accadendo, sia psicologicamente che
fisicamente. Ad ogni suo tocco mi contorcevo, ma quella sensazione
era la migliore che avessi mai provato, nonostante la vergogna e
l'imbarazzo.
Mentre lo sentivo muoversi sinuoso sopra
di me, non sapevo cosa fare per quello che gli stava succedendo.
Avevo il terrore che qualsiasi mio movimento fosse sbagliato, di fare
qualche sciocchezza. Fece perno su una mano e si staccò
della mie
labbra per guardarmi con quegli occhi che anche nell'ombra di quella
stanza, brillavano come diamanti preziosi e mi accarezzò
dolcemente.
Forse voleva dirmi qualcosa ma non aveva il coraggio, sembrava quasi
imbarazzato. Deglutii a vuoto e con la mano percorsi la sua schiena,
fermandomi all'altezza dell'anca, per poi proseguire verso il suo
desiderio. Appena lo sfiorai, un gemito uscì dalle sue
labbra e la
sua espressione si rilassò. Ormai ogni oggetto in quella
stanza
aveva preso fuoco, soprattutto quel divano che scottava più
della
lava. Lo sfiorai di nuovo, prima di essere più
intraprendente e
stringere quella libidine. Dario ansimò di nuovo e il
braccio su cui
si reggeva cominciò a tremare. Seppur con un certo
imbarazzo, mossi
lentamente la mano, senza nemmeno sapere che cosa stessi facendo.
Sapevo solo che lui stava gradendo ed ogni mio gesto, da quel
momento, divenne così naturale da spaventarmi. Mi muovevo
lenta,
strappandogli qualche sfuggente mugolio di piacere. Quando
intensificai il ritmo, i suoi gemiti si fecero sempre più
lunghi e
sospirati, il suo fiato si fece più pesante e il braccio
stava per
cedere sotto al peso di quel piacere che lo stava facendo godere.
Cedette quando il movimento della mia mano si fece più
deciso e
serrato e si appoggiò con un gomito, mentre strizzava gli
occhi e
ansimava intensamente
«Scusami» arrancò, tra uno spasmo e
l'altro.
Mi baciò a fior di labbra, prima di
scattare in piedi e fiondarsi fuori dal salotto. Mi misi a sedere per
guardare la porta dalla quale era uscito, sicura di aver commesso
qualche sciocchezza e di averlo fatto scappare. Sentivo qualche
ansimo ovattato e strozzato, ma non riuscivo a capire che cosa stesse
succedendo. Poi la sua voce fu sostituita da un lieve getto d'acqua,
come se si stesse facendo una doccia. Tornai a stendermi, nuda, su
quel divano e solamente in quel momento realizzai ciò che
avevo
fatto e il pensiero di Davide tornò a bussare con prepotenza
nella
mia mente. Avevo tradito il mio ragazzo solo dopo ventiquattro ore
che eravamo insieme e mi sentivo una schifezza.
Dopo poco, Dario ritornò in salotto con
i capelli ancora gocciolanti e un paio di boxer puliti. Appena lo
vidi entrare, scattai in piedi e sistemai il reggiseno, tirando su
anche slip e pantaloni, colta da un'improvvisa vergogna di mostrarmi
nuda. Dario abbassò lo sguardo e si torturò il
labbro inferiore.
«Scusami» mormorò «Avrei
dovuto
fermarmi prima. Ma non ci sono riuscito. So-sono uno schifoso
pervertito» ringhiò, mettendosi le mani tra i
capelli.
Mi avvicinai a lui e gli accarezzai una
guancia, sorridendogli.
«Non prenderti tutta la colpa. C'ero
anche io e se non avessi voluto ti avrei fermato» dissi
«Non so
cosa mi sia preso» arrancai, fuggendo con lo sguardo
«Non avrei
dovuto. Mi, mi sento...»
«Una schifezza» completò per me Dario.
Annuii. Gli occhi cominciarono a pungere
e, poco dopo, scoppiarono in lacrime. Cercai di non farmi vedere da
lui, di smorzare i singhiozzi in gola ma, come se Dario avesse
percepito la mia tristezza, mi trascinò verso di lui e mi
strinse
forte a sé. Affondai il viso nel suo petto, mentre lui mi
accarezzava la schiena amorevolmente.
«Mi sono spinto troppo oltre» mormorò.
«Ci siamo spinti troppo oltre»
lo corressi.
«No, Alice. La colpa è mia. Sapevo cosa
stavo facendo, sapevo che stavo sbagliando eppure ho continuato. Tu
sei stata spinta da me a fare quello che hai fatto»
ribatté «Dio
mio, faccio schifo!» ringhiò e mi
allontanò da lui, sedendosi poi
sul divano.
«Dario» mormorai, con le lacrime che
ancora mi solcavano il volto e mi misi vicino a lui.
«Mi è sembrato di tornare indietro nel
tempo in quella cazzo di casetta degli attrezzi. Se solo penso a
quanta sofferenza ho seminato attorno a me, mi verrebbe voglia di
picchiarmi da solo» sibilò.
Non capii a quale casetta degli attrezzi
si stesse riferendo, ma quelle parole mi avevano smosso il cuore. Non
avrei mai pensato che Dario fosse così fragile e che
soffrisse così
tanto. Lo avevo sempre visto forte e sicuro di sé e, invece,
in quel
momento aveva abbassato quel muro di spocchia che aveva costruito
attorno a lui.
«Hai fatto bene a dirmi addio» riprese
«Se avessimo continuato a frequentarci avrei fatto soffrire
anche
te. Già stai piangendo a causa mia»
Cercavo di dire qualcosa, ma il mio
cervello non riusciva a formulare una frase di senso compiuto.
Sembrava quasi avesse staccato la spina e smesso di funzionare in
quel momento, non permettendomi né di parlare né
di muovermi.
«Vai a dormire e cerchiamo di
dimenticarci questo piccolo particolare»
Chiamalo piccolo!
Di piccolo non c'era nulla, né quello
che era successo tra di noi e nemmeno il pitone di Dario. Capivo
perché aveva cominciato a fare il gigolò.
No, ok, con calma Alice, che pensieri
stai facendo?!
Mi asciugai velocemente le lacrime e
cercai di non pensare più a lui nudo sopra di me e alla mia
mano che
lo aveva toccato. Che vergogna, santo cielo! Non poteva
essere
solo uno stupido sogno?! Ancora mi sembrava di sentire la sua bocca
lì dove non batteva il sole. Si rivestì
velocemente e si stese
nuovamente su quel divano che era stato complice di quel nostro
momento di passione. Si accucciò sotto il plaid e chiuse gli
occhi,
il viso ancora amareggiato. Perché avrei dovuto dimenticare
tutto?
Non era come diceva Dario, io sapevo benissimo quello che stavo
facendo e mi era anche piaciuto. Era stata una delle cose
più
emozionanti della mia vita e non volevo, non dovevo dimenticare.
«Posso dormire con te?» gli domandai,
con un leggero imbarazzo.
Dario aprì un occhio, per richiuderlo
subito dopo e darmi la sicurezza che quello fosse un no. Si
rannicchiò contro lo schienale e batté a fianco a
sé. Sorrisi come
una scema e non esitai ad accettare quell'invito, stendendomi subito
vicino a lui.
Ci coprì con il plaid e subito mi
abbracciò, stringendomi forte contro il suo corpo. Avvampai
nel
sentirlo così vicino a me, nel sentire il suo fiato
infrangersi
sulla mia pelle e nel ricordare il suo corpo sul mio.
«Buonanotte» sussurrò.
«Bu-buonanotte» risposi.
Sentii parlottare, delle voci
che
sembravano venire da un'altra dimensione. Non riuscivo a capire se
stessi sognando o se quello che sentivo era reale. Aprii gli occhi
con la convinzione e la speranza di ritrovarmi nella mia stanza, che
quello che era successo la sera prima era stato frutto della mia
fantasia, ma i raggi mattutini del sole mi mostrarono il salotto
moderno di Dario. Mi misi a sedere e mi stropicciai gli occhi,
sbadigliando e stiracchiandomi come un gatto. Mi voltai, notando che
lui non era più accanto a me. Avrei potuto andare a
raccattare i
miei vestiti e sgattaiolare via da quella casa, troppo imbarazzata
per poterlo guardare in faccia. Ma volevo vederlo, salutarlo, sapere
chi c'era lì con lui. Mi diressi in cucina, da dove
provenivano le
voci, tentennante.
«Dario?!» esitai, rimanendo sulla
porta.
Lui mi guardò e sorrise intimidito,
mentre tre paia di occhi sospettosi mi perforarono. A capotavola
sedeva una bella donna austera e con l'aria da snob sofisticata,
tutta impettita che mi squadrava dall'alto al basso. Sul lato lungo
del tavolo stava un uomo che era la copia di Dario, se non fosse
stato per gli occhi azzurri e, subito accanto a lui, il mio caro
gigolò. Appoggiato al muro, un ragazzo alto e dalla bellezza
statuaria con degli occhi glaciali. La donna, appena mi vide
comparire, si stizzì e assunse un'aria quasi disgustata,
mentre
l'uomo si era portato una mano sulla fronte e scuoteva la testa.
«Pensavo avessi smesso» sussurrò,
rivolto a Dario.
«Non è come credi»
«Nuova città, vecchie abitudini eh,
Dario?!» ridacchiò il ragazzo dagli occhi di
ghiaccio.
«Smettila idiota» sibilò.
«Ti ricordi almeno come si chiama la tua
nuova preda?» lo provocò nuovamente.
«Fottiti, 'Ma!» ringhiò Dario, che
assumeva sempre più un'aria incupita.
«Sei incorreggibile» intervenne la
donna, stizzita più che mai.
Il mio gigolò mi morse il labbro
inferiore, abbassando lo sguardo in difficoltà, martoriato
da quella
raffica di accuse a cui non sapeva come rispondere e dal ricordo
della notte precedente. Una stretta si impossessò del mio
cuore nel
vederlo così e, d'istinto, feci un passo avanti sorridendo a
quegli
sconosciuti.
«A-Alice, piacere» mi presentai. Poi
esitai qualche istante «La fidanzata di Dario»
Mi avvicinai a lui e mi sedetti sulle sue
gambe, baciandolo a fior di labbra, assaporandole ancora una volta e
sentendolo ancora fremere sopra di me. Gli sfiorai per un solo attimo
la lingua, prima di tornare a guardare quegli sconosciuti che mi
osservavano dubbiosi. Dario scoppiò a ridere nervosamente e
mi
strinse a sé.
«Eh già» ridacchiò
«Surprise!»
La donna e quello che sembrava Dario,
sorrisero increduli mentre il ragazzo dagli occhi di ghiaccio era
rimasto senza parole, basito con la bocca semi-dischiusa.
«Non ce lo avevi detto» esclamò felice
la donna.
«Volevo farvi una sorpresa» rispose
Dario, teso come una corda di violino.
«Da un estremo all'altro» osservò il
ragazzo appoggiato al muro «Prima un rinoceronte e adesso un
manico
di scopa» ghignò.
«Sei un bastardo, 'Ma» esclamò Dario
indispettito.
«Sei sempre il solito bambino. Quando
non sai cosa rispondere, offendi» ribatté
«Vedi di crescere. Hai
23 anni, dovresti aver attivato il cervello da qualche anno
ormai»
«Perché non te ne sei rimasto in Congo
o dove cazzo eri tu? Magari ti beccavi la malaria e ci rimanevi
secco» borbottò.
«Ti sarebbe piaciuto eh, che fossi
crepato?» lo provocò «You're a
bod bad guy, Dario»
ridacchiò «E, data la tua ignoranza, significa che
sei proprio un
cattivo ragazzo»
Dario si umettò le labbra e contrasse la
mascella, visibilmente irritato dall'antipatia di quel ragazzo.
Sembrava quasi sul punto di scattare in piedi e prenderlo a botte.
Così, gli accarezzai la guancia e lo baciai leggermente per
cercare
di tranquillizzarlo. Lui mi guardò negli occhi e
sospirò stizzito,
regalandomi poi un sorriso tirato.
«Da quanto tempo state insieme?»
domandò la donna, a disagio, come se volesse cambiare
discorso.
«Due mesi»
«Tre mesi» mi fece eco Dario.
Ci guardammo confusi e leggermente
spaventati, poi tornammo a sorridere alla donna.
«Due mesi» «Tre mesi»
esclamammo
insieme.
La signora ci guardò perplessa e
cominciai a ridere nervosamente insieme a Dario, che aveva un
colorito che spaziava dal bianco latte al rosso paonazzo.
«Sì, insomma» annaspai «Due o
tre
mesi» tagliai corto.
Lei e quello che doveva essere suo marito
annuirono con poca convinzione e un certo sospetto negli occhi.
Sorrisi come una deficiente e baciai di nuovo Dario a fior di labbra,
stringendolo poi stretto al mio seno, lasciandolo letteralmente
basito. Mi guardava stranito, come se volesse spedirmi in un ospedale
psichiatrico.
«E quanti anni hai Alice?» domandò
l'uomo.
«Diciassette» risposi.
La donna sgranò gli occhi e quasi si
strozzò con il caffè che stava bevendo, mentre lo
sguardo di suo
marito rimbalzava stupito da me a Dario. Il ragazzo dagli occhi di
ghiaccio sghignazzò e si staccò dal muro per
sedersi sull'unica
sedia disponibile.
«Carne fresca» ironizzò.
«In realtà ne ho praticamente diciotto»
risi «Tra un mese sarò maggiorenne»
La signora guardò in modo truce Dario,
che continuava a muoversi sotto di me come se la sua sedia fosse
stata piena di spilli. Era teso e nervoso, completamente a disagio e
non sapevo perché. Lei stava per aprire di nuovo bocca, ma
il mio
gigolò la interruppe prima che parlasse, terrorizzato da
altre
eventuali domande.
«Alice, non ti ho presentato la mia
famiglia» sorrise «Lei è mia madre,
Nicoletta» e le strinsi la
mano «Mio padre Salvatore. E lui è Mauro»
Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio mi
sorrise e mi guardò con superiorità.
«Il dottor Mauro Vitrano» puntualizzò,
lanciando un'occhiataccia al fratello.
Dio mio quanto era antipatico quel tipo!
Se avesse insultato solo un'altra volta il mio
Dario lo avrei
preso a sediate sulla schiena. Nicoletta s'illuminò d'un
tratto e
sorrise compiaciuta a sentire quelle parole.
«Eh già, io mio Mauro fa il medico,
come noi due» cominciò «Centodieci e
lode! Non sai che
soddisfazione alla sua laurea. Ha preso una specializzazione in
cardiochirurgia e adesso ha deciso di fare il medico volontario in Somalia. BlaBlaBla»
Mamma che noia! Non mi interessava
assolutamente nulla di Mauro e della sua biografia. Le sorrisi ed
annuii, fingendo di ascoltare le sue lodi, nonostante mi venisse da
sbadigliare e a fatica non mi trasformai in un ippopotamo. Guardai di
sottecchi Dario che aveva cambiato espressione, incupendosi e che
guardava il tavolo amareggiato. Non sapevo perché
s'intristì così
d'improvviso, ma mi venne naturale sorridere a Nicoletta e
interrompere il suo discorso.
«Dario è un ragazzo davvero speciale,
sa? Sembra un duro, ma in realtà è un cucciolo
indifeso. Non sarà
medico, ma almeno non è Mr. Antipatia dell'anno. Ha un sacco
di
qualità e non ha bisogno di sventolare una laurea per essere
speciale» dissi e fulminai Mauro con lo sguardo.
Dario mi guardò stupito, con un mezzo
sorriso incredulo ed io lo abbracciai forte.
«S-sì» tentennò lei
«È un ragazzo
meraviglioso» disse non del tutto convinta.
Dopo le mie parole, calò come un pesante
sipario il silenzio su di noi. Nessuno incrociava gli occhi degli
altri e nessuno sembrava voler sollevare quel manto che ci aveva
sorpresi.
«Allora» la voce di Salvatore riempì
la stanza «Come va il negozio?» domandò
rivolto a Dario.
Negozio?!
Di che diavolo stava parlando? Il mio
gigolò sorrise nervosamente e boccheggiò,
torturandosi il labbro
inferiore e passandosi una mano sulla barba.
«Abbastanza bene, direi» rispose con
voce tremante.
«Gli affari?»
«Buoni»
Domande rapide e risposte ancora più
lapidarie. Nella famiglia di Dario non ci doveva mai essere stata una
grande armonia. Sembravano più che altro degli estranei
più che
parenti. E mi domandavo perché, se quei due erano medici,
quindi con
un sacco di soldi in banca, Dario facevo il gigolò.
Mauro scattò in piedi all'improvviso e
si picchiettò il polso, indicando l'orologio.
«Tra poco inizia il convegno, medici»
I due controllarono l'ora e annuirono.
Con distacco salutarono sia me che loro figlio, mentre il ragazzo
dagli occhi di ghiaccio non lo calcolò nemmeno. Quando Dario
si
richiuse la porta alle spalle, tirò un sospiro di sollievo e
mi
sorrise.
«Grazie per quella bugia. Mi hai salvato
le chiappe!» ridacchiò.
«Nulla» dissi in un soffio.
«Vado a cambiarmi e ti riporto a casa»
Prima che se ne andasse, lo fermai e lo
invitai a sedersi sul divano. Lui, titubante, accettò quella
richiesta. Mi morsi un labbro e respirai a fondo per prepararmi a
quel terzo grado che, ero sicura, lo avrebbe messo in
difficoltà.
«Di qu-quale negozio parlava?»
Prima domanda fatta.
Dario scosse la testa e abbassò lo
sguardo verso il tappeto. Tamburellò nervosamente un piede e
credevo
mi avesse mandata a quel paese, aggiungendo un Non sono affari
tuoi.
«È ovviamente una cazzata»
ridacchiò
nervoso «Non potevo di certo dir loro che faccio il
gigolò. Già mi
odiano, figurati se scoprissero che mi prostituisco»
«Odiano?» ripetei, curiosa e intimorita
di ferirlo allo stesso tempo.
«Già» soffiò «Io
sono la vergogna
della famiglia Vitrano. Mi odiavano già prima che
nascessi» esitò
«Vuoi sapere tutta la verità?»
Annuii e mi persi nel petrolio liquido
dei suoi occhi.
«Loro non mi volevano. Un figlio bastava
per loro e farne un secondo significava sottrarre tempo al loro
lavoro. Avrai capito anche tu che sono molto legati a camice bianco e
stetoscopio» ridacchiò «Solo che una
sera hanno alzato u po'
troppo il gomito ed ecco il risultato»
Gran bell'errore, mi ritrovai a
pensare.
«Mio fratello si è visto togliere la
sua unicità. Non c'era più solo lui, ma anche un
bambino che ha
iniziato ad odiare piano piano. I miei genitori non sono mai stati
presenti con me e forse è per quello che con l'adolescenza
sono
diventato una testa calda. Certo, non tutta la colpa è loro,
alcune
cazzate potevo risparmiarle. Finché uscivo la sera e tornavo
tardi,
mi beccavo una strigliata e fine della storia. Ma quando ho iniziato
a infangare il nome dei Vitrano, la mia condizione in quella famiglia
è precipitata.
«Ho scopato con la nipote del primario
del reparto in cui lavorava mio padre. Fin lì, amen.
Purtroppo non
sono stato molto attento e quindi, fregati! Lei è rimasta
incinta e
ha rivelato tutto alla sua famiglia. Subito si è diffusa la
voce che
il figlio di Vitrano era un pervertito e il primario non si
è
risparmiato con mio padre, ovviamente»
«E lei?» domandai incredula.
«Ha abortito e l'hanno fatta andare a
studiare in un collegio» scosse la testa, prima di riprendere
il
discorso «Così tutta la famiglia Vitrano ha
cominciato ad odiarmi e
quando ho detto loro che sarei partito, subito dopo la
maturità e
che non avrei studiato Medicina mi hanno voltato le spalle. Cazzo, io
non volevo stare seduto dietro una scrivania, io volevo essere
famoso! Ero troppo bello per rimanere chiuso in uno studio.
«Ho preso i soldi che i miei avevano
depositato per pagarmi l'Università e mi sono pagato i vari
viaggi
alla ricerca dei più disparati provini per trasmissioni
televisive e
film. Ho provato a fare l'attore, il valletto, il presentatore, ma
non mi hanno preso da nessuna parte.
«Allora sono venuto qui, a Milano, con
quei pochi soldi che mi hanno permesso di prendere questa casa in
affitto. Ma avevo bisogno di un lavoro per potermi pagare le bollette
e tutto il resto. Ho fatto il cameriere per diverso periodo, ma lo
stipendio era una miseria e arrivavo a fine mese mangiando pane e
formaggio.
«Così ho mollato quel lavoro e ho
usufruito del mio talento con il sesso, facendone un lavoro»
«E quello pseudonimo?» domandai.
«È stato il primo nome che mi è venuto
in mente, Blaine. Non volevo che le donne
urlassero il mio
nome vero e non volevo che qualcuno che conosco scoprisse questo mio
segreto. Immaginati solo la vergogna della mia famiglia. Già
per
loro è abbastanza umiliante quello che ho fatto, sapere
anche che un
Vitrano si prostituisce li farebbe crollare e io sarei
definitivamente morto per loro. Sono scappato da loro e dico di
odiarli, ma non è così. Sono sempre la mia
famiglia e non la posso
rinnegare»
Dopo quel racconto non fui più in grado
di dire una sola parola. Tutto quel discorso mi aveva congelato. Non
avrei mai immaginato nulla di quello che era uscito dalle sue labbra
e ancora non riuscivo a capire come una famiglia potesse odiare un
figlio, quando poi il figlio in questione era una persona fantastica
come Dario.
«Ti ho lasciata senza parole» osservò
con un sorriso tirato.
«Non, non me lo aspettavo» risposi
scossa.
«Sono stato un incosciente. Ho fatto
delle cazzate senza nemmeno pensare alla conseguenze»
soffiò «Ormai
è inutile piangere sul latte versato»
Mi guardò e sorrise amaramente. Gli
accarezzai una guancia con il pollice e lo attirai verso di me,
abbracciandolo e facendomi inebriare ancora una volta dal suo
profumo. Sentirlo così vicino a me richiamava alla mente
tutti i
ricordi della sera precedente, quel piacere che sentivo nel sentire
le sue labbra e il suo corpo sul mio.
«Sarà meglio che ti riporti a casa»
sussurrò nel mio orecchio.
Annuii e mi allontanai da lui a
malincuore. Ormai era come se fossi legata a lui sia psicologicamente
che fisicamente, come se ci appartenessimo a vicenda. Ma dovevo
scontrami con il duro destino. Una volta uscita da quella casa, da
quel salotto che racchiudeva i nostri ricordi e i nostri gemiti, lui
mi avrebbe accompagnata a casa e ci saremmo detti addio, mentre io,
come una scema e con le lacrime agli occhi, avrei guardato per
l'ultima volta la sua macchina che lo allontanava da me.
«La camera è a tua disposizione per
cambiarti» disse, comparendo nel salotto mentre si stava
infilando
un maglione «I miei vestiti lasciali pure sul letto»
«Ok» risposi flebilmente.
Senza nemmeno guardarlo, raggiunsi la sua
stanza a passo svelto. I miei vestiti erano accuratamente piegati e
adagiati sulla coperta. Mi spogliai rapidamente e indossai maglione e
felpa, piegando alla carlona gli indumenti di Dario. Mi sedetti
qualche istante sul letto ed accarezzai la coperta, sorridendo
amaramente mentre sentivo le lacrime pulsare. Afferrai il suo cuscino
e lo annusai, riempiendomi i polmoni del suo odore, per non
dimenticarlo mai più. Presi un respiro profondo e sistemai
il
cuscino, prima di abbandonare per sempre quella camera. Dario mi
aspettava seduto sul divano già con la giacca indosso.
«Andiamo» soffiai.
Lui si limitò ad annuire.
Quando sentii la porta chiudersi dietro
di me realizzai che era tutto finito tra noi due, che non ci
sarebbero stati più sguardi intensi né il tocco
della sua mano. Le
scene dei giorni passate assieme sfilarono davanti ai miei occhi,
come se fosse un film. Il nostro primo incontro e la prima volta che
mi aveva abbracciata a lui, che mi aveva fatto sentire il suo odore.
Le nostre chiacchierate e la sua risata all'unisono con la mia. I
nostri litigi e le nostre urla. Non ci sarebbe stato più
nulla di
tutto ciò, non ci sarebbe più stato Dario.
Salii sulla Mito, sentendo rimbombare
nella testa le mie parole urlate con tanta rabbia, come se fossero
rimaste racchiuse in quella macchina tutta la notte. Nessuno dei due
parlava, entrambi non sapevamo che cosa dire. Attendevamo solo il
momento in cui l'auto si fosse fermata sotto casa mia, il momento in
cui la mia paura di perderlo si sarebbe concretizzata. Ero ancora in
tempo per rimediare, chiedergli scusa e recuperare tutto ciò
che si
era costruito tra di noi.
Avanti dì qualcosa Alice!
Lo
guardai di sottecchi, concentrato sulla strada, così bello
da essere
quasi perfetto. Boccheggiai in cerca di ossigeno e di qualcosa di
sensato da dire. Ma dalla mia bocca usciro solo dei sospiri senza
senso.
Sei ancora in tempo per sistemare le
cose.
Entrammo nel paese e soli pochi metri ci
separavano da casa mia. Dario rallentò, come se nemmeno lui
volesse
che la nostra rottura definitiva giungesse, come se stesse aspettando
che gli dicessi qualcosa. Svoltò nella mia via, i secondi
per
sistemare tutto e ammettere il mio sbaglio diminuivano, mentre il
cuore iniziò a pompare sangue irregolarmente.
Parla Alice! Sennò sarai costretta a
dirgli...
«Addio» soffia, non appena la macchina
si fermò davanti al portone.
Non ero riuscita a rimediare. Avevo
cercato di convincermi a parlare, ma la mia bocca era rimasta
sigillata, forse perché mi sentivo in colpa per quello che
era
successo quella notte, perché avevo tradito Davide e
allontanarmi da
lui era la soluzione migliore.
«Addio» rispose distaccato, senza
nemmeno regalarmi per l'ultima volta il piacere di annegare nei suoi
occhi.
Fu in quel momento che sentii il cuore
stringersi in una morsa troppo stretta, un dolore che dal petto si
espanse in tutto il corpo. Le lacrime mi annebbiarono la vista, ma
cercai di non piangere, non davanti a lui. Cercai per l'ultima volta
il suo sguardo, ma non lo trovai. Così, scesi dalla Mito e
rimasi
ferma davanti al portone con la speranza che lui mi raggiungesse per
non farmi scappare da lui. Non avvenne nulla di tutto ciò.
Il motore
ruggì e poi la macchina si allontanò,
così come avevo immaginato,
portandosi via con sé Dario.
____________________________________
Ed
eccoci alla fine di questo capitolo.
Ve lo aspettavate così? Io, sinceramente, no. La parte
iniziale
doveva essere molto diversa, ossia niente zozzerie. Ma non ho saputo
resister! Era il momento adatto per farli andare al sodo
>.< Mi
sono contenuta, nei limiti del possibile e non li ho fatti copulare,
almeno quello! Solo un piccolo assaggio per la nostra Alice del sesso.
Spero che non via abbia deluso e che non vi abbia scosso in qualche
modo, ma mi è uscito davvero di getto.
Alice, diciamo, che non si è comportata proprio benissimo
nei
confronti di Davide. Certo, non la biasimo perché anche io
avrei
ceduto con Dario, però si è fatta trasporatre
troppo,
diciamo. E la svestizione metaforica di Dario continua. Lo stiamo
conoscendo sempre di più nella sua dolcezza e
fragilità.
Addirittura in questo capitolo è intervenuta la sua famiglia
che, chi sta leggendo Mistake, avrà già imparato
a
conoscere. Avete avuto un assaggio della vita del nostro Dario e un
tuffo nel suo passato e la motivazione per la quale fa il
gigolò.
Non so davvero cosa aggiungere, sono anche io senza parole xD
Quindi
direi di passare subito ai ringraziamenti.
GRAZIE alle 12 persone che hanno recensito lo scorso capitolo (mi scuso
se non ho risposto a tutti. Lo farò a breve
ç__ç)
GRAZIE alle 16 persone che hanno inserito la storia nelle ricordate.
GRAZIE alle 49 che l'hanno aggiunta tra le preferite.
GRAZIE alle 111 persone che hanno deciso di seguirla.
Siete la mia forza, davvero :') come farei senza il vostro sostegno?
Poi, un GRAZIE immenso alla Lover. IoNarrante
che legge i capitoli in anteprima e li corregge, mi consiglia e
sopporta le mie cagate giornaliere. Ti lovvo ♥
Ricordatevi,
se volete aggiornamenti, spoilers o semplicemente conoscermi:
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In più, due storielle che ho sto scrivendo a quattro mani
con la mia Lover.
Una è dedicata all'adolescenza di Dario ♥
Come in un Sogno
You're
a mistake I'm willing to take.
Un bacio a tutti, Manu ♥