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Autore: Just a riddle    22/06/2011    2 recensioni
Remus smise di correre. Luci e rumori intorno a lui scomparvero quando i suoi occhi riconobbero Lei che sapeva a casa , al sicuro , lontana da ogni pericolo.
Dimenticò dove si trovava. La bacchetta gli scivolò di mano ma non se ne accorse.Voleva raggiungerla , chiamarla , avvertirla , ma il suo corpo non rispondeva ai suoi desideri.
Pietrificato , in piedi sulla collina , osservò la bacchetta di Bellatrix sferzare velocemente l'aria , come in un filmato al rallentatore quell'attimo gli sembrò infinito , sapeva già cosa sarebbe successo , aveva già visto molte , troppe , volte quel lampo rosso nel corso di quella notte.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Famiglia Weasley, Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Qualcuno si chinò su di lui ; un volto amico , conosciuto , ma in quel momento Remus non riuscì a ricollegarlo a un nome.
Intorno a lui , ovunque , la ghiaia e le macerie scricchiolavano sotto i passi di coloro che erano rimasti 'incolumi'.
Vicini , poi sempre più lontani , li udiva chiamare e poteva sentire l’ansia nella loro voce quando qualcuno non rispondeva subito al proprio nome.
Lì , dove il buio era stato illuminato da luci così forti da far apparire cupe le più splendenti giornate d’estate , ora regnava l’oscurità.
Non più boati , non più esplosioni , niente urla o grida , solo un silenzio che neppure gli abitanti della foresta osavano rompere.
Era finita ; la battaglia era finalmente terminata.
Una folata di vento gelido gli sferzò il viso facendolo gelare.
Non sarebbe mai stato un buon padre.
Questo pensiero si fece strada nella sua mente .
Non sapeva come comportarsi con i bambini. Temeva di far cadere Ted prendendolo in braccio. Non sapeva come farlo addormentare quando si svegliava nel cuore della notte.
Chiunque altro avrebbe saputo crescere suo figlio meglio di lui , tenerlo lontano dai pericoli mentre lui…


La bottiglia del latte s’infranse con uno schianto sul pavimento.Ted seduto sul suo seggiolone iniziò a piangere , spaventato da quel rumore terrorizzante.
La mano ancora stretta come a tenere la bottiglia , le labbra ancora socchiuse , bloccate a formare l’ultima sillaba che aveva pronunciato , Tonks lasciò il frigorifero aperto e , ignorando quel pianto , corse fuori dalla stanza inseguendo quel lembo di mantello nero che, con la coda dell’occhio, aveva intravisto oltrepassare la porta.
Il fiato corto come avesse corso per chilometri invece di aver percorso solo pochi metri. “Dove vai?”chiese , pur temendo di conoscere già la risposta.
Remus rimase di spalle , immobile , in silenzio per alcuni secondi , che le sembrarono trascorrere lenti come ore , prima di riprendere il suo cammino verso la porta. Aveva mosso solo due passi quando gli bloccò la strada.“Vengo con te.” Non era una proposta o una domanda , semplicemente un’affermazione.
Non era stato abbastanza veloce , non abbastanza silenzioso. “ Ted sta piangendo” replicò Lupin , come se fosse possibile non udire quelle urla , “Va da lui” aggiunse , quasi un comando. Evitava di guardarla , impassibile e freddo come se il bambino che stava piangendo non fosse anche suo figlio.
Lo sguardo della ragazza si spostò oltre le sue spalle , in direzione della cucina da cui provenivano grida sempre più forti. Il suo istinto le diceva di correre nell’altra stanza e far calmare Ted , ma sapeva che appena avesse voltato le spalle Remus sarebbe scomparso.
Tornò a guardare lui che evitava il suo sguardo, troppo pallido persino in confronto alla mattina dopo la luna piena. Determinata , portò la mano destra alla tasca dei pantaloni e controllò che la bacchetta fosse al suo posto, facile da prendere all’occorrenza. “ Io voglio combattere.” disse decisa costringendolo a guardarla “Devo farlo , Remus , capisci?”



Fu come risvegliarsi da un incubo , come riprendere fiato dopo aver passato ore intere in apnea.
La prima cosa che Tonks avvertì fu l’odore dell’erba , il sapore della terra , e capì che doveva avere il volto contro il terreno.
Mosse piano le mani , poi i piedi , e si sentì sollevata nel costatare che era ancora tutta intera.
Tentò di alzarsi , ma appena provò a muoversi si pentì anche solo di aver fatto un simile pensiero.
Rimase immobile , la bocca schiacciata contro l’erba , respirando aria e polvere, finché le luci bianche che danzavano davanti ai suoi occhi non scomparvero.
Socchiuse le palpebre ma scorse solo un tenue bagliore in lontananza, offuscato come se stesse guardando attraverso un vetro sporco. Sentiva il terreno sassoso tremare appena contro il palmo della sua mano , scosso da decine di passi di corsa , ma non udiva alcun rumore. Una prima lacrima le solcò la guancia sporca di terra.
Ted si sarebbe svegliato , avrebbe pianto per la fame, ma lei non sarebbe corsa da lui.
Sua madre probabilmente aveva già capito che non era più in casa.
Lei avrebbe saputo prendersi cura di Ted molto meglio di lei. Aveva esperienza con i bambini , non rischiava di incendiare casa quasi ogni volta che cucinava , riusciva a farlo mangiare anche quando faceva i capricci , non lasciava oggetti “pericolosi” a portata di bambino.
Provò a sorridere ma sul suo volto apparve solo una strana smorfia. Andromeda non gli avrebbe mai fatto mancare nulla e lui era così piccolo che avrebbe conservato solo un ricordo sfuocato della sua mamma.
Stanca chiuse gli occhi , ormai il dolore era solo una presenza pulsante sull’orlo dell’incoscienza.
Aveva solo un rimpianto: essere andata via senza aver baciato un ultima volta suo figlio.




Maledizioni e incantesimi illuminavano a giorno il parco; mura e vetrate della scuola esplodevano con fragore assordante. Ovunque si vedevano i segni della battaglia , corpi privi di vita , sangue e macerie ricoprivano il terreno come un tetro tappeto.
Nessuno faceva più caso alle urla , i gruppi si erano separati e ormai ognuno combatteva per se stesso , con l’unico obiettivo di uccidere o schiantare prima di essere colpito.
La situazione era peggiore di quanto i membri dell’Ordine avessero immaginato.
Un paio di ragazzi intenti a duellare apparvero nel suo campo visivo .
Studenti inesperti ecco il nostro esercito, si disse Lupin scavalcando il corpo steso a terra del Mangiamorte e avanzando verso il cuore della battaglia.
Una risata folle echeggiò nell’aria superando il frastuono. Avrebbe riconosciuto quella risata tra milioni. Quel suono sgraziato lo aveva perseguitato giorno e notte popolando i suoi incubi e alimentando i sensi di colpa. Ora l’avrebbe fatta tacere per sempre.
Si chinò appena in tempo per evitare una maledizione e , invece di affrontare il suo avversario , scattò verso la direzione da cui provenivano quelle risate. Corse senza prestare attenzione a dove metteva i piedi , inciampando e riuscendo a rimanere in piedi , evitando incantesimi senza neppure vederli , finché finalmente , nella penombra sulla riva del lago , scorse Bellatrix Lestrange. L’avrebbe riconosciuta ovunque.
Il vento che le agitava i capelli e le sue risate la facevano sembrare più folle di quanto forse in realtà non fosse.
Remus smise di correre. Luci e rumori intorno a lui scomparvero quando i suoi occhi riconobbero Lei che sapeva a casa , al sicuro , lontana da ogni pericolo.
Dimenticò dove si trovava. La bacchetta gli scivolò di mano ma non se ne accorse.Voleva raggiungerla , chiamarla , avvertirla , ma il suo corpo non rispondeva ai suoi desideri.
Pietrificato , in piedi sulla collina , osservò la bacchetta di Bellatrix sferzare velocemente l'aria , come in un filmato al rallentatore quell'attimo gli sembrò infinito , sapeva già cosa sarebbe successo , aveva già visto molte , troppe volte , quel lampo rosso nel corso di quella notte.
Il fragore di un’esplosione lo riscosse da quella forma di torpore ."NOOOOOOOOOO!" urlò disperato , correndo verso il lago , ma era troppo tardi .


Andromeda non si stupì minimamente quando , bussato più volte alla porta , non ottenne nessuna risposta.
Conosceva bene sua figlia e sapeva che Ninfadora non sarebbe mai rimasta in casa quella notte. Ci aveva sperato ma era stata solo una speranza.
Aveva capito cosa stava succedendo quando aveva visto il Patronus consegnare il messaggio a Lupin e , egoisticamente , aveva pregato perché lui andasse via senza che Tonks se ne accorgesse. Non era fiera di questo suo comportamento ma lo aveva fatto e ne sarebbe stata capace di nuovo.
Aveva temuto il peggio osservandoli discutere sull’uscio di casa.
La sua Dora era sempre stata troppo impetuosa , troppo testarda , convinta di dover cambiare il mondo in prima persona e non avrebbe mai creduto che suo genero sarebbe riuscito a tenerle testa , ma per una volta , la prima , era rimasta profondamente colpita da lui.
Aveva tirato un sospiro di sollievo quando Tonks era tornata mestamente in cucina. Aveva pensato che fosse meglio lasciarla riflettere sulle sue attuali priorità almeno per un po’.
Si era illusa, vedendola giocare con Ted, che avesse accettato l’idea di dover pensare a suo figlio prima che agli ideali , alla vendetta o a qualsiasi altra cosa , ma quando , un’ora dopo , aveva aperto la porta della stanza da letto si era resa conto di aver sbagliato a lasciarla sola.

Per sua fortuna , ringraziando Merlino , era entrata al San Mungo solo un paio di volte e , una di questa volte , in occasione della nascita di Ninfadora.
Il San Mungo era un ospedale molto grande , ma non credeva vi lavorassero così tanti guaritori. Ovunque il suo sguardo riuscisse a spaziare camici verdi , blu , arancioni , secondo i vari reparti , apparivano davanti ai suoi occhi.
Le ci volle un po’ di tempo prima di riuscire a fermare qualcuno e farsi dare le informazioni che voleva.
Percorse il luminoso atrio quasi a rallentatore , salì i due piani di scale come in sogno , con una freddezza anormale quasi lei non fosse veramente lì , ma si trattasse solo di un incubo.
Imboccò il corridoio di destra e si fermò dopo pochi passi , improvvisamente troppo stanca per muovere un altro passo. Teddy dormiva tranquillo e inconsapevole , la testa contro il suo petto , ma lei sapeva cosa l’attendeva dietro quelle porte e vederlo con i propri occhi avrebbe significato doversi arrendere ad una realtà che non accettava.
Quando finalmente si decise ad ammettere che rimanere in corridoio non sarebbe servito a nulla si avviò spedita verso la stanza numero otto. Vi entrò a passi decisi e pesanti , carichi della sua rabbia. Ignorando i pochi presenti seduti vicino a tre dei quattro letti nella stanza , si fermò ai piedi dell’unico letto con le tende ancora tirate.
Non le era mai piaciuto quell’uomo , se uomo poteva definirsi.
Era troppo vecchio per la sua bambina , povero , sfigurato e soprattutto con un enorme problema mensile.
La tenda finalmente si aprì ed un guaritore dall’aria provata si allontanò dal letto seguito da un ragazzo intento a scrivere su una cartelletta ogni parola che l’altro diceva.
Aspettò che i medici uscissero dalla stanza e , assicuratasi che nessuno avrebbe prestato la minima attenzione a lei , estrasse dalla tasca la bacchetta.

Per Remus fu una sorpresa vedere Andromeda vicino al proprio letto tanto quanto vedere che gli puntava contro la bacchetta.
Fino a poche ore prima la sua più grande paura era stata quella di morire ma ora non gli importava più , anzi non aveva mai desiderato nient’altro così ardentemente.
La mano in cui Andromeda stringeva la bacchetta tremò.Era entrata in quella stanza desiderando vendetta. Aveva pensato di attaccarlo , inveire contro di lui , scuoterlo , colpirlo , vederlo soffrire e quel desiderio l’aveva fatta sentire bene , le aveva dato un briciolo d’illusoria felicità.
Lupin non aveva ferite visibili , se non fosse stato per la spalla fasciata , si sarebbe potuto pensare stesse bene , ma il suo sguardo le gelò il sangue nelle vene.
Era vivo , il suo cuore batteva ancora , ma era come se fosse morto. I suoi occhi la fissavano ma sembrava non vederla nemmeno. Il suo sguardo era spento , lo sguardo di chi si è arreso e non ha più nessun motivo per continuare a vivere. Aveva voluto farlo soffrire , ma si rese conto che mai avrebbe potuto fargli provare un dolore più grande di quello che lo affliggeva in quel momento.
“Andromeda” la chiamò l’uomo , supplicandola perché ponesse fine al suo tormento.
La donna lasciò immediatamente la presa , quasi scottata dal contatto con la bacchetta , quando il suo sguardo incrociò quello di Remus.
“Non se ne accorgerà nessuno” parlò nuovamente il licantropo quasi a volerla rassicurare , osservando la bacchetta fermarsi accanto al piede del letto "Ti basterà solo un secondo"continuò ,cercando , invano , di raccogliere la bacchetta dal pavimento “Ti prego” aggiunse , ma quelle parole sembravano dirle- So che lo vuoi anche tu-
La donna fissò la bacchetta ed indietreggiò istintivamente di un passo , stringendo al petto Ted “No” mormorò scuotendo appena la testa.Si guardò intorno in cerca di aiuto , ma nessuno prestava loro attenzione. Era stata pronta a tutto , ma non a quella richiesta. Non aveva mai pensato di poter provare tanta pietà per lui.
Era spaventata , indecisa o meno se chiamare il guaritore. Ma a cosa sarebbe servito il guaritore? La sua non era una malattia che potevano guarire con incantesimi e pozioni.
Tra le sue braccia Ted si mosse nel sonno attirando la sua attenzione e mentre lo osservava sognare le venne un'idea. Forse non una buona idea , ma sentiva che era quello che sua figlia avrebbe voluto. Mal volentieri si avvicinò nuovamente al letto  e , stretto un’ultima volta il nipotino tra le braccia , lo adagiò sul petto dell’uomo prima che questi si rendesse conto di cosa stava accadendo.
“Che fai? “ domandò Lupin sorpreso guardando il bimbo accoccolarsi sul suo petto senza svegliarsi“Andromeda!” chiamò vedendola raccogliere la bacchetta ed allontanarsi “Andromeda, riprenditelo!”
“E’ tuo figlio Remus” gli ricordò la donna dalla soglia dalla porta.
“Non lo voglio!” gridò , con quanto fiato aveva contro la porta che si chiudeva , ignorando gli sguardi che stava attirando su di sé.
Una manina calda e morbida gli sfiorò la guancia reclamando la sua attenzione.
Le urla lo avevano svegliato e ora Ted lo guardava spaventato , sul punto di piangere.
Abbassò lo sguardo su di lui , accigliato , infastidito da quel piccolo peso che gli gravava sul petto.
Non lo voleva , non lo aveva mai voluto , era stata Ninfadora a desiderare un figlio non lui.
Ninfadora sarebbe dovuta rimanere a casa a giocare con Ted invece di andare in cerca di guai , ma lei era insensata , impulsiva lei era…
Lei era.
La consapevolezza di quel verbo al passato rischiava di farlo impazzire. La sua espressione accigliata sembrò tremare , i muscoli della mascella si contrassero ancora una volta prima di rilassarsi. “Mi spiace” mormorò al bambino che lo fissava con i grandi occhi neri così simili a quelli della madre da rendere difficile a Remus anche il solo guardarli “mi dispiace” mormorò nuovamente stringendo quella mano nella sua , sorridendogli nel tentativo di tranquillizzarlo “va tutto bene” sussurrò un ultima volta stringendolo forte a sé , respirando il suo dolce profumo mentre si diceva che non era in quel modo chesarebbero dovute andare 
le cose .


  
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