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Autore: Xecestel    22/06/2011    1 recensioni
Nella città di Tartatà scoppia il caos, quando un assassino sconosciuto comincia a fare stragi di dipendenti di varie multinazionali. Così due curiosi personaggi, l'ispettore Giovanni Rossi e il capitano Giacomo Bianchi, si mettono sulle tracce del colpevole, tra mistero e comicità.
Genere: Comico, Demenziale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO VII: BLOODY CARNIVAL

 

Suona il citofono, rispondo.

“Gianni? Vieni dobbiamo andare!”

È il capitano.

“Non so… ho un brutto presentimento, come se anche stavolta qualcosa andrà storto… Molto storto… Un incontro diretto con il nostro nemico…”

“Gianni, questa sarà probabilmente la battaglia finale, non possiamo mancare!”

“Hmmm… va bene, mi dia il tempo di prepararmi”

Quando mezz’ora dopo scendo, trovo il capitano vestito da Babbo Natale che urla: “Ohohoh! Buon Natale!”

“Capitano, non è Natale, ma Carnevale”

“Davvero?”

“Già…”

“Ah, pensavo fosse Natale… Ho anche comprato al mio nipotino l’xbox che mi aveva chiesto…”

“Vabbé, in fondo è pur sempre un travestimento, ciò che conta è questo”

Il capitano annuisce, poi mi squadra un po’ incuriosito.

“Tu invece da cosa sei vestito, Gianni?”

“Da Coniglio Pasquale”

“Ah… a proposito, come faremo a riconoscere Robin Hood se sarà mascherato?”

“Be’, lui lo è sempre, se è per questo!”

“Non mi sembra una cosa positiva”

“Escogiteremo un modo, intanto andiamo”

Detto questo ci dirigiamo verso la folla festeggiante, vestiti da mascotte di festività che non c’entrano nulla col Carnevale.

Tra la gente c’è molta allegria, aiutata anche dai continui ‘Buon Natale’ detti dal capitano, ma di Hood nessuna traccia. E io continuo ad avere un certo timore all’idea di fronteggiarmi con lui.

“Dobbiamo proprio?” chiedo al capitano con un tono che tradisce la mia preoccupazione.

“Sì, Gianni, è il nostro lavoro” mi risponde il capitano fiero.

La sua sicurezza riesce a risollevarmi un po’, ma nulla mi è possibile fare per evitare il divorzio tra il mio tono e la mia preoccupazione.

D’un tratto sentiamo un grido squarciare e uccidere l’aria e cominciamo a soffocare. Quando riusciamo a rialzarci, corriamo verso la fonte dell’urlo, ma troviamo solo un cadavere.

È il presidente della multinazionale ‘Facciamo vestiti di Carnevale e controlliamo se i CD sono digeribili’.

Anzi, è il suo cadavere.

E ha una freccia conficcata sul collo.

Cominciamo a guardarci intorno alla ricerca di Hood, ma le persone mascherate ci confondono, impedendoci di capire chi sia il colpevole.

D’un tratto vedo un uomo con una faretra allacciata alla schiena e grido subito: “Capitano, guardi quell’uomo!”

“Chi?”

“Quello vestito da Pesce d’Aprile!”

“Ha una faretra! E le frecce sono di un colore orribile! È sicuramente Robin Hood!

L’uomo, al sentire quelle parole, si volta di scatto, ci vede e comincia a scappare.

Io e il capitano ci muoviamo in un rocambolesco e difficile inseguimento tra persone e bancarelle, cercando disperatamente di raggiungere il Pesce d’Aprile. La fiera si svolge in una piazza, ma l’uomo potrebbe anche decidere di uscirne, complicando la mia situazione (non del capitano che si è stancato e seduto dopo 10 metri di corsa).

È strano… perché scappa quando potrebbe ucciderci? L’ultima volta non è fuggito, è riuscito a costringere alla fuga me!

Come volevasi dimostrare, l’uomo esce dalla piazza per non avere più la folla tra i piedi e si precipita attraverso delle strette viuzze, nel vano tentativo di seminarmi. Non sono Gino, ma non sono comunque lento!

D’un tratto l’uomo tenta di inoltrarsi in un altro gruppo di persone dove nascondersi da me, magari togliendosi il costume, ma sono più veloce e telefono subito a Gino.

Hood non ha il tempo di girare l’angolo che si trova davanti la Ferrari del mio sottoposto ed è costretto a proseguire dritto.

Continuiamo a correre verso una struttura abbandonata. La sede cittadina della multinazionale ‘Maltratta & Co’.

Ma certo, come abbiamo potuto non pensarci prima! Hood non aveva un rifugio quando ha compiuto la prima strage e ha sfruttato la struttura abbandonata per nascondersi finora!

Il Pesce cerca di entrare nell’edificio, ma da un cespuglio sbuca fuori Babbo Natale che si avvinghia a lui e lo blocca urlando: “Ohohoh! Buon Natale!”.

“Grazie, capitano!” esclamo quasi senza fiato appena lo raggiungo.

“Di nulla, Gianni”

“Ma come sapeva che si sarebbe diretto qui?”

“Durante il mio riposino pomeridiano ho avuto modo di riflettere e ho capito che il rifugio era sicuramente questo”

“E non mi ha detto nulla?”

“Tu mi hai svegliato, ero arrabbiato con te!”

Si volta dall’altra parte con le braccia conserte e il broncio, mentre io sollevo il fuggiasco da terra e lo ammanetto. Il caso è finalmente risolto.

Chiamo Gino per farci venire a prendere e mi muovo con il capitano verso la strada.

Appena un attimo prima di raggiungerla, accade una cosa inaspettata.

Robin Hood cade a terra.

Morto.

Con una freccia nel collo.

Io e il capitano prendiamo le pistole e cominciamo a guardarci intorno.

D’un tratto il capitano nota qualcosa, punta rapidamente l’arma, ma la vecchiaia lo rende lento.

Anche lui cade a terra.

Con una freccia nel collo.

Mi volto subito verso la provenienza della freccia e lo vedo: Robin Hood.

“Non si preoccupi, ispettore, è ancora vivo” mi dice con tono innocente “Ho anche evitato di prendere la trachea, così che possa parlare, scambiando parole*”

Mi avvicino barcollando al corpo del capitano, con le lacrime che mi rigano il viso.

Mi chino su di lui e lo osservo, poi mi volto verso Hood gridando con la voce rotta dal pianto: “Ora ucciderai anche me?!”

Robin ride come riderebbe un pazzo omicida. E lui È un pazzo omicida.

“No, con te voglio ancora divertirmi un po’” mi risponde sorridente “Quell’uomo sapeva troppo, come la mia esca vestita da Pesce d’Aprile. Tu non sai nulla”

Prendo la pistola e faccio per puntargliela, ma lui salta via, lontano dalla mia visuale e non torna indietro.

“C… capitano…” sussurro in lacrime.

“Gianni…” mi risponde lentamente e con difficoltà.

“Mi dispiace… Non sono riuscito a salvarla…”

“Non preoccuparti, Gianni… Era giunta la mia ora… è giusto così… non è colpa tua…”

“Non si affatichi, capitano”

“Gianni… ho bisogno di un ultimo favore…”

“Qualunque cosa!”

Il mio capo trascina vicino a sé il pacco dei doni allegato al costume, ne tira fuori un pacco e me lo porge, sussurrandomi: “Dai questo… al mio nipotino… e auguragli buon Natale da parte mia… è la sua xbox…”

Scoppio in lacrime e il capitano cerca di confortarmi perché io non pianga nel momento della consegna.

Lui non lascia cadere neanche una lacrima.

Se ne va così, fiero e coraggioso, come un vero poliziotto, l’unico uomo che abbia mai ammirato veramente durante tutta la mia vita.

 

Mi faccio accompagnare a casa del figlio del capitano da Gino e busso alla porta. Mi sono vestito da Babbo Natale, usando il costume del capitano, che abbiamo pensato bene di vestire in modo più consono all’ultimo viaggio.

Anche perché conoscendo la sua velocità sarà un viaggio moooolto lungo.

Busso alla porta e mi viene ad aprire il nipotino del capo.

“Ciao, piccolo, buon Natale” gli dico porgendogli il pacco.

Mi raggiungono i suoi genitori e mi guardano con faccia allibita.

“Ma oggi non è Natale” dice il figlio del capitano.

Il bambino intanto è andato nella stanza accanto a scartare il regalo. Appena i genitori sentono di che si tratta, capiscono.

“Mio suocero…” comincia la donna “È da parte sua quel regalo, vero?”

Annuisco silenziosamente.

“Come mai non è venuto lui?” chiede l’uomo.

“Non… non è potuto venire…” rispondo a testa china.

“Quel vestito l’ho cucito io per lui” afferma la donna “Ci sono le sue iniziali cucite sopra!”

In quel momento il degno figlio di suo padre capisce.

“Quando è morto?” mi chiede

“Un… Un’ora fa… circa…” rispondo trattenendo le lacrime a fatica.

“Perdonatemi…” dice l’uomo, allontanandosi in fretta.

Chiunque sarebbe distrutto alla notizia della morte del proprio padre.

“Lei è l’ispettore Rossi?” mi chiede la donna

“Come… come fa a saperlo…?”

“Mio suocero parlava sempre di lei, nutriva molta stima, tanto che Stima ha dovuto seguire una dieta, poverina! Immaginavo che un uomo che venisse qui annunciando la sua morte e trattenendo le lacrime a fatica potesse essere solo lei”

Comincio a piangere a dirotto e mi getto sulla donna, che mi abbraccia e cerca di confortarmi.

Finito lo sfogo mi congedo, dicendo un’ultima frase: “Vendicherò il capitano Bianchi. Lo giuro”

La donna sorride e chiude la porta, io salgo nella macchina di Gino. Anche lui è distrutto al pensiero della morte del grande capitano di polizia Giacomo Bianchi.

“Andiamo, Gino, torniamo in centrale” dico subito “Dobbiamo lavorare”

“Posso aiutarla nelle indagini, ispettore?”

“Sì, Gino, ho bisogno di un aiutante”

Lui sorride e torniamo verso casa.

Il giorno dopo si tiene il funerale, con tutto il corpo di polizia. Lo stesso giorno vengo promosso a capitano, secondo le ultime volontà del defunto Giacomo Bianchi, promosso a questore, pertanto Gino diventa ufficialmente ispettore e mio braccio destro.

Seguendo le stesse volontà, il questore Bianchi viene seppellito con un aderente vestito da motociclista anni ’50.

 

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*citazione Iliade

 

   
 
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