23/06/2011
4 recensioniQuesti personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro
Un incontro... esplosivo
Temari si stava annoiando.
La mamma dormiva, perché il lungo viaggio l’aveva stancata molto e nelle sue condizioni, come diceva suo padre, era meglio si riposasse.
Kankuro dormiva a sua volta, abbracciato alla mamma, e svegliarlo era stato impossibile. Non che non ci avesse provato, ma quello si era rigirato sull’altro lato a godersi l’abbraccio materno, in barba a lei e alle sue proposte di gioco.
“Tanto quando nascerà quell’altro non ci saranno più coccole neanche per te!” gli aveva detto Temari stizzita, per poi cercare qualcos’altro da fare.
Era sola, in una stanza che non conosceva, e i suoi famigliari dormivano tutti. Nessuno che avesse mai un minuto per lei. Non aveva frignato però, no, perché sapeva che i bambini grandi come lei non dovevano fare certe cose, ma comunque era riuscita ad essere abbastanza insopportabile, tanto che suo padre, il quarto kazekage, aveva optato per portarla con sé al lavoro.
Più precisamente l’aveva lasciata in un parchetto brulicante di bambini pestiferi, che lui diceva essere vicino al palazzo dell’Hokage, e aveva chiesto a Baki di tenerla d’occhio.
Con lo sguardo imbronciato e le mani sui fianchi, quel soldo di cacio alto poco più di un metro aveva comunque detto la sua in proposito “Va bene, giocherò con Baki allora, se proprio tu non puoi, papà”.
Ma Baki non era esattamente della stessa idea. L’aveva mollata su un’altalena, osservandola da lontano, mentre lui si leggeva l’ultimo capitolo del suo best sellers preferito.
Temari allora cominciò a guardarsi attorno. Gli altri bambini grandi come lei erano tutti in compagnia, e anche quelli più piccoli. Un gruppo di mocciosette l’aveva addirittura allontanata da loro, che, tra le altre cose, si stavano divertendo con dei giochi veramente stupidi.
A quel punto gli occhi di Temari cominciarono ad inumidirsi, ma in quel momento si accorse di un altro bambino. Era solo anche lui ed era un tipo strano. Un tipo strano, ma che attirava la sua attenzione. Per giunta era più piccolo, ma questo le avrebbe permesso di comandarlo meglio.
Allora si avvicinò a lui, che stava steso sull’erba, e lo guardo dall’alto in basso.
“Come mai sei qui?”
Il bambino, però, invece che rispondergli si girò su un lato ignorandola.
“Ehi tu! Ti ho chiesto come mai sei qui! Vuoi giocare con me?” chiese dandogli un calcetto più o meno innocuo sulla spalla.
“Lasciami stare. Io non gioco con le femmine”
Temari però non demorse. “Cosa?”
“Io non gioco con gli altri bambini perché poi mi stanco. E non gioco con le femmine perché sono noiose. E anche tu sei noiosa. E poi, se continui a stare lì sopra, io ti vedo le mutandine e questa cosa non va per niente bene. Mia mamma dice che solo le bambine cattive fanno vedere le mutandine”
Temari allora non riuscì più a trattenersi. Raccolse tutte le sue forze e diede un bel calcio a quel marmocchio insolente che aveva osato insultarla, poi, dopo il calcio, lo prese di peso da terra e gli arrivò anche un pugno, ma a quel punto lui fu abbastanza veloce e furbo da scappare via a gambe levate.
Quella sera, a casa Nara, Yoshino aveva sbraitato contro il marito che non era stato neanche capace di riportargli a casa suo figlio illeso, ma Shikaku si era limitato a uscire in giardino sbattendo la porta dietro di sé. Fu lì che trovò Shikamaru e non riuscì proprio a trattenersi da fargli quell’unica domanda che gli ronzava nel cervello da quando aveva sentito il figlio raccontare l’avvenuto alla madre: “Di un po’, ma non è vero che è stata una femmina a ridurti così?”