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Autore: _hurricane    24/06/2011    12 recensioni
C’era una volta un giovane fanciullo dalla pelle chiara, così chiara che tutti lo chiamavano Porcellana. La sua matrigna, la regina Sue Sylvester, lo costringeva a vestirsi di stracci e lavare i pavimenti del suo palazzo. Porcellana aveva un grande sogno: incontrare un bellissimo principe che lo avrebbe salvato per portarlo al suo castello e sposarlo, proprio come nelle favole che leggeva da piccolo. Ma si sa, i sogni non sempre si avverano: certe volte, la vita è anche meglio.
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“No, non devi scusarti,” – disse Porcellana, tirando su con il naso, - “io voglio farlo. Voglio che tu sappia tutto di me, Blaine. Tu…”. Alzò il viso e lo guardò. Ormai doveva dirlo. “Tu sei il mio principe” concluse, arrossendo lievemente.
“Il tuo principe?” chiese l’altro, incuriosito ma in fondo vagamente affascinato dal modo in cui suonava quella frase.
“Sì, proprio come quelli dei libri. Lo so che io non sono una principessa, però… ho sempre aspettato. E alla fine sei arrivato. Non ti sei nemmeno preoccupato del fatto che fossi soltanto un servo, mi hai salvato e basta, come nelle favole. Tu sei il mio principe, Blaine”.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sue Sylvester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IV – Once upon a time, savior

 

La pioggia forte ma di breve durata aveva impregnato le foglie degli alberi, così come i prati e i fiori, ora leggermente abbattuti a causa delle gocce taglienti di poche ore prima. Anche l’aria era ancora umida, tanto da lasciare uno strato di brina sulla pelle. Il sole era uscito nuovamente da dietro le nuvole, illuminando il paesaggio con la sua flebile luce invernale.

Porcellana osservava tutto come un bambino appena nato, sorprendendosi di come le farfalle volassero di fiore in fiore con aria indifferente, o di come piccoli ruscelli scorressero indisturbati tra le rocce. Le piante del giardino del castello, che lui amava tanto curare, non potevano essere paragonate allo spettacolo della natura selvatica. Attraversando vari prati e piccole radure, si ricordò delle gite che faceva da piccolo con i suoi genitori. Erano ricordi molto vaghi in realtà, ma era più che sicuro di aver rincorso un pettirosso una volta, o di aver cercato di catturare una rana che gli saltellava intorno, mentre sua madre rideva divertita dei suoi vani tentativi.

Dopo più o meno venti minuti, lo stalliere che camminava accanto a lui si fermò.

“Che succede? Hai già trovato la pianta che ti serviva?” chiese allora Porcellana, guardandosi intorno per vedere se riusciva ad indovinare quale fosse.

“No…” – rispose Howard, lo sguardo perso nel vuoto, – “…volevo solo fermarmi un po’. Ti va?”

“Certo! Ne approfitterò per raccogliere dei fiori!” disse Porcellana senza pensarci due volte, iniziando a saltellare per la gioia. Sorrise allegro verso l’uomo dalla pelle scura, poi si voltò e con passo leggiadro cominciò a cercare dei bei fiori per creare un mazzo profumato. Pensò che forse, creando il giusto abbinamento, avrebbe potuto dimenticare il profumo del collo del suo principe. Saltellando da un lato all’altro della piccola e umida radura, iniziò a canticchiare, prima imitando solo la melodia e poi accennando le parole: “Come with me, and you’ll be… in a world of pure imagination…”

Bamboo, seduto su una roccia poco distante, stette ad osservarlo per un po’, non potendo fare a meno di essere ammaliato da quella voce. Sapeva di non essere in grado di distinguere una persona stonata da una intonata, però pensò che di certo quella non era una voce stridula come aveva detto la Regina. Forse era un po’ bambinesca, un po’ troppo per l’età che Porcellana doveva avere, ma a lui sembrò molto bella. Sospirò e chiuse gli occhi, tastando il pugnale che aveva tenuto nascosto dentro una manica. Lentamente lo uscì e se lo mise dietro la schiena, accertandosi che il ragazzo non se ne accorgesse. Poi si alzò dalla roccia, e a passo lento si diresse verso di lui.

“If you want to view Paradise, simply look around and-“

Porcellana si fermò, interrompendo il suo armonioso canto. I fiori così accuratamente raccolti gli caddero dalle mani, spargendosi sul prato bagnato.

“Howard… cosa stai facendo?” chiese, atterrito da quel pugnale sempre più vicino.

“Mi dispiace” rispose lo stalliere con tono addolorato, chiudendo gli occhi e accennando un affondo nella sua direzione. Anche Porcellana chiuse gli occhi, troppo spaventato per muovere un singolo muscolo. Istintivamente si coprì il viso con le mani, come se potesse servire a qualcosa.

Passarono più di dieci secondi, e lui era ancora lì, illeso. Intimorito, riaprì lentamente gli occhi, sperando che Howard fosse tornato in sé. Ma si trovò davanti qualcosa di completamente inaspettato.

Howard era ancora lì in piedi, il pugnale fermo a mezz’aria e un altro pugnale puntato alla gola da un’altra mano. Una mano che Porcellana aveva sfiorato quella stessa mattina.

Blaine stava stringendo l’uomo per il collo, da dietro. Premette il pugnale contro la pelle di Bamboo in modo così forte e deciso che quello lasciò cadere il suo al suolo, arrendendosi.

“Per favore, per favore!” – piagnucolò lo stalliere con le lacrime agli occhi, – “Io non lo avrei fatto, non avrei avuto il coraggio! Per favore!”

Blaine guardò in direzione di Kurt, aspettando un cenno da parte sua. Porcellana guardò Howard, poi si decise: “Lascialo andare”. Il principe, un po’ a malincuore, obbedì.

L’uomo cadde in ginocchio a terra, coprendosi il viso con le grosse mani per la vergogna. “E’ colpa della Regina, è lei… è lei che mi fa fare queste cose” sussurrava tra i singhiozzi.

Queste cose? Cioè ne hai fatte altre in passato?” chiese Kurt. Bamboo alzò per un attimo gli occhi lucidi su di lui, sperando che capisse senza il bisogno di doverlo per forza dire. Porcellana sgranò lentamente i suoi, avendo scoperto ciò che in fondo aveva sempre saputo… forse, non aveva mai avuto il coraggio sufficiente per arrivare a capirlo.

“Ora lei mi ucciderà, mi ucciderà!” riprese a piangere l’altro, tornando a coprirsi il viso.

“Menti” si intromise Blaine, ancora dietro di lui con il coltello in mano. “Dì che l’hai ucciso”.

“Non posso, lei vuole il suo cuore!” rispose Howard scoppiando in un pianto ancora più forte. Blaine e Porcellana si guardarono disgustati. Kurt in particolare deglutì, immaginando la sua matrigna con in mano uno dei suoi organi che ridacchiava felice. Il principe riflettè per un po’, portandosi la mano al mento e cercando di non farsi distrarre dal suono dei singhiozzi dello stalliere, poi esclamò: “Ho trovato! Portale il cuore di un animale!”.

Porcellana si voltò verso di lui, portandosi una mano al petto. Non voleva che una creatura innocente venisse sacrificata per lui. Fece un cenno di dissenso verso Blaine, che gli disse quasi sussurrandolo: “E’ l’unico modo”. Intanto, Howard Bamboo si asciugò lentamente le lacrime dal volto e guardò il principe sconosciuto che gli aveva impedito di sporcarsi le mani di sangue. “E’ una buona idea” – disse, accennando un sorriso sollevato, - “però lui che cosa farà?”

“Verrà con me” rispose Blaine con semplicità, come se la cosa fosse scontata. Porcellana lo guardò con gli occhi lucidi, improvvisamente commosso. Sì, Blaine era davvero il suo principe. Gli aveva salvato la vita e adesso voleva proteggerlo a qualunque costo, come se lui fosse una principessa in pericolo.

“V-va bene allora” disse l’uomo, iniziando ad alzarsi e a ricomporsi. Lentamente, riprese il pugnale da terra e se lo rimise nella manica. “Perdonami” disse poi rivolgendosi a Kurt. Tirò su con il naso, si voltò e si allontanò dalla radura.

Porcellana lo guardò andar via, provando una certa pena per lui. Sapeva che era una persona buona, in fondo. Glielo si poteva leggere in viso. Si sforzò di dargli la colpa della morte di suo padre, ma non ci riuscì: sapeva bene che la Regina lo aveva sicuramente costretto, minacciandolo. Era lei la causa di tutti i suoi dolori. Ma adesso, c’era Blaine.

“Grazie” disse fiondandosi verso di lui per abbracciarlo. Il principe si lasciò stringere, massaggiando la schiena di Porcellana per tranquillizzarlo dopo il grande spavento che aveva avuto. “Come hai fatto?” continuò il ragazzo dopo aver sciolto l’abbraccio.

“E’ stata una vera fortuna!” – rispose Blaine sorridendo, – “Stavo tornando al castello quando ho sentito la tua voce, di nuovo. L’ho seguita, ma quando sono arrivato dietro quei cespugli laggiù ho visto cosa stava succedendo. Poteva… poteva anche non andare così”. A quell’ultima frase, il ragazzo moro abbassò lo sguardo, amareggiato. Istintivamente Porcellana lo prese per mano.

“Ma non è successo” gli disse sorridendo, aspettando di vedere un sorriso anche sul volto del principe. Blaine ne accennò uno, ma quando Porcellana lo guardò alzando un sopracciglio si decise a farne uno più convincente, per accontentarlo. Ad entrambi sembrò strano: era come se si conoscessero da sempre, eppure non sapevano nulla l’uno dell’altro, se non i loro nomi e il loro comune talento per il canto.

“Se posso chiedere…” – accennò Blaine con aria dubbiosa, - “…perché la Regina ti vuole morto?”

Porcellana abbassò lo sguardo: era proprio una bella domanda. Sapeva di essere detestato dalla sua matrigna, ma se aveva deciso di tenerlo in vita fino a quel momento, perché aveva cambiato idea?

“Veramente non lo so” disse semplicemente, sorvolando sulla sua “parentela” con la Regina e sulla tragica storia della sua infanzia.

“Beh, qualunque sia il motivo, è meglio andare!” rispose il principe con tono troppo allegro, palesando l’intento di tirargli su il morale.

“Ma dov’è che mi porti?” chiese quindi Porcellana senza lasciare la mano del suo principe, curiosissimo di sapere se Blaine lo avrebbe finalmente condotto al suo castello. L’altro iniziò a camminare, facendogli cenno di imitarlo, poi rispose: “Mi sarebbe piaciuto portarti al mio palazzo, ma… non credo sia possibile”. Porcellana si fermò, costringendo Blaine a fare altrettanto.

“Come mai?” chiese senza preoccuparsi di sembrare impertinente o troppo curioso.

“Beh, ecco… è troppo rischioso. Se la Regina scoprisse la verità potrebbe mettere una taglia sulla tua testa, e qualche servitore al castello potrebbe approfittarne per arricchirsi” rispose il principe con aria stranita, sorpreso dall’espressione quasi inquisitoria dell’altro. Porcellana sospirò, contento di aver ricevuto una risposta più che logica e che soprattutto non avesse niente a che fare con il suo “non essere una principessa”. Si chiese se avrebbe mai avuto il coraggio di accennare a quell’argomento con Blaine, ma la prima parola che gli venne in mente fu un “no” secco.

“E allora dove?” chiese quindi, riprendendo a camminare come se niente fosse.

“Conosco un posto dove sarai al sicuro, con persone di cui ci si può fidare. Io verrò a vedere come stai, di tanto in tanto” rispose Blaine.

Porcellana non potè fare a meno di pensare a quanto la sua vita fosse cambiata, in un solo giorno. Aveva conosciuto un principe e adesso lo teneva per mano, come se fosse un’abitudine da sempre, e d’improvviso si ritrovava a dover vivere nascosto. Certo non gli mancava il castello né il suo lavoro da servitore tuttofare, ma si chiese cosa ne sarebbe stato di lui, con il passare degli anni. Blaine non si sarebbe stancato di fare avanti e indietro dal suo castello a quel posto sicuro di cui parlava? Ma si sforzò di non pensarci, mentre raggiungevano il cavallo bianco di Blaine legato ad un albero, intento a ruminare sottili fili d’erba.

Il principe lasciò la sua mano per accarezzare l’animale, che sembrava molto docile e ben ammaestrato, e liberò le briglie dal ramo. Con un unico, fluido movimento montò in sella.

“Prego” disse poi con fare galante, offrendogli nuovamente la mano per aiutarlo a salire. Anche quella era una cosa che Porcellana aveva dimenticato: come salire a cavallo. In realtà non era mai stato molto bravo; sarebbe stato un principe davvero impacciato. Alla fine ci riuscì, pur con qualche difficoltà e sicuramente in modo molto più goffo e sgraziato, per quanto un suo gesto potesse esserlo.

Blaine diede un lieve colpo di tallone al fianco dell’animale, che partì al galoppo verso la parte più interna del bosco, tra il fitto fogliame. Porcellana strinse le braccia intorno ai suoi fianchi per paura di cadere, o più probabilmente per il semplice ed egoistico desiderio di poter far aderire il petto alla sua schiena. Chiuse gli occhi, inspirando ancora una volta l'inconfondibile profumo del suo principe.

   
 
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