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Autore: Varekai    09/03/2006    4 recensioni
Nei miei 37 anni di vita, ho imparato a sfilare dal mio cuore ad una ad una tutte le qualità che ritenevo superflue, o dannose per la mia crescita di uomo. Con due ho dovuto lottare una vita per eliminarle, eppure non ci sono mai riuscito. Sono la capacità di amare e quella di ricordare.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE ETERNAL VOW

THE ETERNAL VOW

Nei miei 37 anni di vita, ho imparato a sfilare dal mio cuore ad una ad una tutte le qualità che ritenevo superflue, o dannose per la mia crescita di uomo. Mi sono sbagliato. Alcune sono certamente perdute, ma forse non tutte. Ce n’è qualcuna che credevo smarrita, distrutta, eppure ancora risiede nel mio animo. Con due, in particolare, ho dovuto lottare una vita per eliminarle, eppure non ci sono mai riuscito. La capacità di amare e quella di ricordare.

Narcissa, ti ho conosciuto quando eravamo bambini, ed ancora ero integro di tutte le qualità. Non ero un bambino solare, certamente, ma ero pur sempre un bambino, che voleva ridere, essere felice, giocare e fare amicizia.

Eravamo nella stessa Casa, nello stesso anno ed io ero innamorato delle tue trecce bionde.

Ti amavo come un bambino può amare una bambina della sua stessa età, in maniera così innocente che gli adulti non lo riescono a inserire nella loro visione dell’amore.

Amavo giocare con te; allora sapevo ancora farlo.

Non mi piaceva giocare alle principesse- il tuo passatempo preferito-, soprattutto quando ne dovevo interpretare una, ma mi andava bene, se potevo stare con te.

Anche a te piaceva stare con me, anche se ogni tanto approfittavi un po’ troppo della mia accondiscendenza.

La prima cosa che imparai a sfilare dal mio cuore fu la capacità di giocare, che persi quell’anno durante le vacanze di Pasqua, quando tornai a casa.

Non so perché ci andai, forse non mi ero abituato ancora alla lontananza dalla mia famiglia e mi mancava mia madre.

Durante quelle vacanze, assistetti a una scena che mi fece provare orrore, disgusto, odio e senso di impotenza. Nessuno può continuare a giocare spensierato, dopo averne vista una del genere.

I miei genitori litigavano da quando ero piccolissimo e gran parte della mia infanzia fu popolata dal ricordo delle loro urla nell’altra stanza, ma stavano piuttosto attenti a non farmi assistere ai loro bisticci: era successo solo una volta, e si erano riproposti di evitarlo.

La sera prima di Pasqua, mia madre non era riuscita a completare il piatto che aveva evidentemente promesso a mio padre, perché lui iniziò a rinfacciarle che era una pessima cuoca e una pessima moglie. Mio padre puzzava, quella sera, ma non capivo di che cosa: solo anni dopo capii che era odorava d’alcool.

Mia madre non era certo una che si faceva insultare e rimaneva a testa bassa, quindi iniziò ad urlare anche lei. Poi, presa da un momento di ira folle, lanciò addosso a mio padre il piatto da porzione.

Fu l’inizio della fine.

Mio padre iniziò a picchiare mia madre, che urlava, urlava, urlava… e io ero pietrificato dall’orrore e dalla terribile sensazione di non poter far nulla per aiutare mia madre o per far smettere mio padre. Solo piangere in un angolo della stanza.

Quando tornai a Hogwarts, mi arrabbiai molto quando mi proponesti di giocare alle principesse e non ti spiegai mai il perché. Ora lo sai. Ma continuavo ad amare le tue trecce, il tuo sorriso ed a essere felice quando stavamo insieme.

Dopo l’estate, ti scoprii cresciuta. Il tuo fisico si stava addolcendo, stava perdendo le fattezze di bambina per prendere quelle di piccola donna. Sotto l’uniforme un po’ larga potevo scorgere un accenno di seno e una vaga linea di fianchi. Guardavo estasiato il tuo corpo cambiare rapidamente, mentre il mio rimaneva quello quadrato e mingherlino di un bambino.

Lentamente, crescevi: mi chiedevi sempre più raramente di giocare a qualcosa, mentre riuscivamo a fare le nostre prime conversazioni che con molto orgoglio definivo “adulte”.

Eri stata una bella bambina e ti stavi trasformando in una bellissima donna.

A volte, a lezione, speravo che tu mi tenessi la mano. A volte riuscivo a prendere un po’ di coraggio ed ad afferrare la tua. Tu la lasciavi lì, senza ritrarla ma senza stringere la mia. In quei momenti, arrivavo al massimo della felicità.

Fino ad allora credevo che solo i ragazzi del sesto o del settimo anno potessero avere la ragazza, ma l’anno dopo capii di aver sbagliato. Avery girava sempre mano nella mano con una ragazzina di un anno più piccola, e Nott un giorno mi aveva chiesto se sapevo se era meglio prima baciare una ragazza e poi invitarla a Hogsmeade o il contrario.

Con te volevo fare io la prima mossa e dimostrarmi virile. L’avevo notato, sai? Che guardavi con occhi estasiati tutti quei ragazzotti del sesto e del settimo anno, che sembravano così uomini in confronto a noi del terzo, con le loro facce adulte e i loro corpi forti. Volevo che guardassi con quegli occhi estasiati anche me, anche se mi rendevo conto che fisicamente ero ancora poco più che un bambino.

E invece la prima mossa la facesti tu. Ci rimasi male. Per giorni avevo progettato tutto, dove vederti, a che ora, come dirtelo (avevo imparato a memoria un intero discorso). Avevo immaginato anche ogni tua possibile reazione, credo che sarei riuscito a sopportare anche un rifiuto. E invece no. Mi scombinasti tutto.

Sfilai dal mio cuore la voglia di essere bello ai tuoi occhi. Smisi di curare il mio aspetto.

Non so se ti ricordi di me quando avevo i capelli corti, perché decisi di lasciarmeli crescere allora.

In qualsiasi caso, uscimmo insieme. Mi dovetti trattenere per non baciarti. Negli ultimi tempi avevo avuto questa tentazione parecchie volte. Crescendo, le tue labbra erano diventate meravigliose. O forse ero cresciuto io e ora mi sembravano meravigliose.

Le baciai all’appuntamento successivo. Il mio primo bacio… forse anche il tuo. Fu decisamente diverso da come me l’ero immaginato. Goffo e umido. Sotto il cornicione di Madama Piedidiburro, dove eri voluta andare, e la pioggia (te lo ricordi, quanto pioveva?) che mi bagnava il sedere. Non mi sarei certo immaginato di pensare a quanto mi sarei bagnato, quando pensavo a come sarebbe stato il mio primo bacio.

Strano a dirsi, vero? Che io, proprio io, abbia pensato a come poteva essere un bacio. Ma credo che tu te lo ricordi no? Fino ad allora ero ancora un bambino quasi felice…

A quel bacio bagnato di pioggia ne seguirono altri, sempre meno goffi, per circa un mese e mezzo. Un bel mese e mezzo. Poi tu decidesti che ti eri stufata e con una scusa qualsiasi mi dicesti che era meglio rimanere amici.

Fu un colpo. Non pensavo che fosse tutto così difficile, che tutto poteva finire così all’improvviso. Nei libri non succedeva mai così: mai una coppia di innamorati si era semplicemente stancata di essere innamorata.

Sfilai dal mio cuore l’illusione della felicità duratura.

Gli anni passavano veloci. Vedevo di giorno in giorno il tuo sguardo cambiare. Non ti piacevo più, lo sapevo, ma avevo l’impressione che tu non mi volessi più neanche come amico. Non mi credevi più alla tua altezza.

Te ne stavi tutto il giorno a zonzo con i ragazzi più grandi, che facevano a gara per conquistarti.

Io ero geloso marcio, ma non te lo potevo dire. Il nostro rapporto si congelava ogni giorno di più: quando eravamo bambini le differenze non contavano, ma stavamo crescendo in maniera troppo diversa.

Tu eri bellissima e sapevi di esserlo, un po’ civetta e molto orgogliosa del nome che portavi: Narcissa BLACK. Quante persone possono andare fiere di un nome così importante?

Ed io? Io ero solo un ragazzo brutto, ossuto e senza un nome da esibire, che diventava ogni giorno più introverso, che si infuriava su ogni sciocchezza e che non lasciava copiare i compiti ai compagni, impopolare per la mia attrazione per le Arti Oscure.

Non certo degno di te.

Tra i tormenti che mi procuravi tu e quelli che mi procurava tuo cugino con la sua banda di disgraziati, riuscivo comunque a guadagnarmi un angolino di felicità, ricordando i nostri giochi e i nostri baci.

Quando fummo al sesto anno, iniziò a girare la voce che la tua famiglia ti avesse trovato un fidanzato. Non sapevo chi fosse, ma potevo immaginare che fosse purosangue, ricco e probabilmente anche bello.

Avevo perso la speranza che un giorno mi avresti amato.

Ma durante quell’anno, c’era un’altra ragazza che si interessava a me. Lily Evans di Grifondoro.

Mi sembrava strano essere attratto da una Grifondoro, ma lei era diversa da tanti altri della sua Casa, era sensibile, gentile, discreta.

Si sedeva spesso accanto a me durante le lezioni, ed era l’unica a cui passavo i compiti, se era in difficoltà. Prese per tutto l’anno il massimo dei voti in Pozioni grazie a me ed il professore non se ne accorse mai.

Io e lei ci scrivevamo lettere. Non lettere d’amore, solo delle lettere, normali lettere. Le dicevo tutto di me e lei mi diceva tutto di lei. Le rivelai, in quelle lettere, anche le parti più oscure del mio cuore e lei le seppe ascoltare.

Non le condivideva, ma riusciva a capirle. Era un’ottima ascoltatrice. Eravamo profondamente diversi, totalmente opposti direi, ma sapevamo capire le posizioni dell’altro. L’unico argomento su cui eravamo assolutamente d’accordo era ciò che pensavamo di James Potter: arrogante, spocchioso e crudele con chi gli era antipatico. Potter le faceva la corte da quasi un anno e si rodeva il fegato sapendo che io riuscivo a starle accanto senza essere mandato all’inferno e lui no.

Da Settembre del nostro ultimo anno a scuola, tu sfoggiavi una favolosa fedina di fidanzamento. Si diceva che tu e il tuo fidanzato vi sareste sposati subito dopo il tuo diploma, anche se a me 18 anni sembravano troppo pochi per sposarsi. In qualsiasi caso, sapevo di averti persa completamente; deciso a non abbattermi (il nostro legame si era troppo raggelato per esserne realmente infelice), mi dedicai più assiduamente al mio rapporto con la Evans.

La nostra era solamente amicizia. Pura, semplice, genuina amicizia. Dopo tanti anni, credo che Lily Evans sia l’unica persona che posso dire che mi sia stata amica. C’era un’intesa tra noi che andava oltre a quello che pensavamo di Magia Oscura e Purosangue, bastava uno sguardo e ci capivamo.

Quegli idioti dei nostri compagni non capivano. I Serpeverde continuavano a farmi battute da caserma sul fatto che stavo così tanto tempo con lei. Lily era una ragazza molto popolare e molti di loro avrebbero volentieri accantonato il loro orgoglio da Serpeverde purosangue per avere un appuntamento con lei. I Grifondoro, d’altra parte, non erano più gentili: erano totalmente convinti che io, innamorato di Lily, le avessi fatto un qualche incantesimo oscuro e perverso per costringerla a stare in mia compagnia.

E’ incredibile quanto può essere invadente la malizia della gente quando a essere amici sono un ragazzo e una ragazza. E’ vero, forse ci piacevamo un po’, ma a entrambi serviva un amico, non un’avventura di qualche settimana.

In qualsiasi caso, questa finì nel Gennaio del ’77, quello del nostro ultimo anno a Hogwarts. A Natale lei partì per raggiungere la sua famiglia, un po’ la invidiavo per quello, la sua famiglia sembrava felice, al contrario della mia. Aveva una sorella imbecille, ma sempre meglio di un padre violento!

Mi incrociò in un corridoio, ma aveva il respiro trafelato di chi ha corso parecchio, da che ne dedussi che mi aveva cercato in lungo e in largo per tutta Hogwarts.

Mi voleva salutare, mi disse. Mi chiese di promettere di scriverle, durante le vacanze, così da sentirci entrambi meno soli. Poi accadde qualcosa che non avevo programmato. Si avvicinò a me, sempre di più, e mi diede un bacio. Non un bacio romantico, con enormi abbracci e tenere carezze, non un bacio appassionato, con le mani che vanno ovunque e la mente che si ottenebra. Solo un bacio, così, leggero, a fior di labbra. Ma pur sempre un bacio.

Rimasi perplesso e non dissi nulla. Lei mi rivolse uno sguardo complice, bastò guardarmi intorno per capire il perché. Potter e la sua banda di delinquentelli da quattro soldi stava passando per quello stesso corridoio, con gli occhi sgranati su di noi.

Era una bella soddisfazione per entrambi vederli con quell’espressione di enorme sorpresa, quasi sembrava che gli fosse caduto un enorme masso in testa!

Lily mi prese per un braccio e mi trascinò via, sghignazzando tra sé e sé. Mi chiese scusa per quel bacio, ma aveva trovato troppo divertente l’idea di shockare Potter. Mi dovetti trattenere per non dirle che forse era meglio se non si scusava e stava zitta.

Il problema giunse quando lei partì. A Potter non era mai andata giù l’idea che Lily passasse il suo tempo con me e provava ribrezzo pensando che magari si era innamorata di me. Anzi no, nessuno si sarebbe mai innamorato di me, dovevo averla convinta in qualche maniera impropria, con qualche incantesimo o con la forza.

Me la fece pagare. Fui abbastanza sfortunato da incontrare Potter e Black, furiosi, quella sera stessa. Mi picchiarono. Oh, no, non usarono la magia, in quel campo ero migliorato parecchio, li avrei battuti. Ma loro erano alti e muscolosi e io no. Mi presero di peso e mi attaccarono al muro. E poi un paio di pugni ben assestati, per farmi capire chi comandava. Li guardai con odio, ma non potevo reagire. Mi dissero che se provavo a scrivere a Lily, mi avrebbero realmente fatto del male, oppure denunciato ai professori per i libri illegali di Arti Oscure che sapevano io possedevo.

Non mi importava di ricevere qualche pugno, ma di rovinarmi la reputazione con i professori, sì! Ero troppo Serpeverde per non tenere da morire alla mia futura carriera e alle mie ambizioni…

Non scrissi a Lily per tutte le vacanze natalizie. Non che potessi: Black aveva convinto il loro amico Minus a farmi la guardia, così che non mi avvicinassi mai alla Guferia.

Intanto quel bastardo di Potter si preparava al suo contrattacco. Lily era una tipa testarda e veramente salda di principi. Se era una promessa, era una promessa. Ci rimase notevolmente male che non le avessi scritto.

Mi disse che era rimasta delusa da me, che aveva passato giorni aspettando mie notizie che non erano arrivate. Mi chiesi perché tutto quel livore, quando non le avevo scritto solo per 15 giorni.

Dopo avermi urlato in faccia cose che spero non pensasse realmente di me, abbassò il tono e mi disse che le stavano cambiando le carte in tavola. Durante quei giorni Potter le aveva scritto, quel bastardo di Potter, l’odioso, arrogante Potter le aveva scritto lunghe lettere, meravigliose lettere d’amore. Insomma, stava uscendo con lui, il mio acerrimo nemico. Questo è alto tradimento, mi dissi.

Tra l’altro, come avevo immaginato, Potter non voleva che Lily frequentasse anche me. Lei mi assicurò che saremmo rimasti amici, che il suo fidanzamento con Potter non avrebbe influito e che non le importava se Potter non voleva che ci vedessimo. Ma nella realtà influì eccome! Stava sempre con lui ad amoreggiare da qualche parte, e piano piano ci allontanammo. Continuammo a chiacchierare di tanto intanto, ma la nostra amicizia finì così, scemando.

Ci fu però un risvolto positivo. C’erano state molte chiacchiere su di me e su Lily, un po’ per la nostra amicizia “trasgressiva” tra una Grifondoro e un Serpeverde, un po’ perché si pensava che stesse con me (quale persona voleva stare con uno che non si lavava neanche i capelli?), un po’ perché la gente non ha mai nulla da dire e spettegola sugli altri.

In qualsiasi caso, tu, Narcissa, avevi sentito tutte quelle dicerie e non mi consideravi più l’ultima ruota del carro.

La tua nuova considerazione per me riaccese il mio interesse per te.

Io ti guardavo a lezione. Ti guardavo sapendo che tu ne eri consapevole. Ti guardavo fissamente per metterti a disagio

Non ero più un bambino, Narcissa. Sapevo che prima o poi saresti caduta.

Chissà quali sono stati i tuoi pensieri, i tuoi tormenti, prima di quegli ultimi giorni a Hogwarts!

Io vedevo che toccavi convulsamente la fedina, quando ti fissavo. Forse ti chiedevi di chi era il tuo cuore, se mio o del tuo fidanzato.

Ogni giorno eri più nervosa, se ti guardavo. Pensai molte volte che ti saresti girata e avresti urlato “Smetti di fissarmi!” o qualche cosa del genere, ma tu non lo facesti mai.

Ma, come avevo previsto, crollasti.

Ultimo mese di scuola, prima degli esami, prima dell’ultimo ripasso, prima delle ultime giornate passate in giardino, a prendere finalmente un po’ di sole. Finale di Quidditch, Serpeverde contro Grifondoro. Nulla di più importante era accaduto fino ad allora, per noi tutti. Era il nostro ultimo anno e la nostra ultima occasione di vedere Serpeverde schiacciare Grifondoro. Avevamo una buona squadra e Goyle era un portiere così grosso che ci sembrava impossibile che qualcuno potesse fare qualche punto.

Non andò come ci aspettavamo. I Grifondoro riuscirono a fare i loro punti e Potter prese il boccino. Fu una bruciante sconfitta.

Te la ricordi, quella strana abitudine dei Serpeverde? Oscuravamo la nostra Sala Comune, quando perdevamo a Quidditch. Per me era un punto di vantaggio, durante quei momenti. Non amavo particolarmente il Quidditch e avere i compagni che, sconfitti, andavano a letto presto e la Sala Comune buia e vuota, mi assicurava che potevo studiare i miei manuali oscuri in santa pace. Quella volta era un po’ diverso, perchè la finale era pur sempre la finale, anche per me che non impazzivo per il Quidditch, e quindi non mi andava di studiare. Sì, lo posso dire, ero un po’ giù anch’io, più per non essere riusciti a schiacciare i Grifondoro che per la sconfitta in sé.

Così me ne stavo davanti al caminetto spento, nella penombra, rannicchiato sul divano, solo con i miei pensieri.

Entrasti allora. Ho sempre pensato che tu fossi arrivata per ultima nella Sala comune di proposito e che il nostro incontro, in quella circostanza così dannatamente perfetta, non fosse stato casuale.

Ma ora, a ripensarci mi sembra così assurdo che tu avessi programmato tutto. Semplicemente, stavi per crollare da parecchio tempo, e crollasti allora.

Io scattai in piedi, sentendo il tuo arrivo come una sorpresa. Ci guardammo negli occhi. Nell’oscurità giungeva solo, vaghissima, la luce della luna, che illuminava i nostri sguardi. Poi tu ti avvicinasti, con uno espressione che non lasciava fraintendimenti.

Ci baciammo freneticamente, appassionatamente, come se dovessimo morire quel giorno, avvinghiati l’uno all’altra. Nell’oscurità della stanza, scoprii il tuo corpo; tra le pesanti tende verdi, l’amai. Tu mi rubasti l’anima. Scoprii in quel momento di amarti: no, non più quel sentimento innocente da bambini, non più quella voglia di piacerti che avevo provato anni prima. Un nuovo sentimento si insinuava nel mio cuore, forte, fortissimo, sconvolgente. Mi turbava e mi faceva sentire confuso. Tremavo al contatto con le tue labbra, all’unione dei nostri corpi. Ti amavo, in tutte le sfumature che questo termine può avere e forse trovavo la parola “amore” alquanto restrittiva, incapace di esprimere quello che stavo provando in quel momento.

Quell’ultimo mese di scuola fu il più felice e il più disperato della mia vita.

Sentivo gli esami come una spada di Damocle, ma non era per l’ansia di non riuscire bene ai MAGO. Il problema era che ero totalmente e perdutamente innamorato di te e sapevo che, per una volta, tu corrispondevi almeno in parte i miei sentimenti. E sapevo anche che quello era l’ultimo mese che avevamo per noi e che poi tutto sarebbe cambiato: tu ti saresti sposata con il ragazzo che la tua famiglia aveva scelto, saresti tornata alla tua bella vita dorata e io sarei tornato ad essere il brutto, fosco Piton, il ragazzo intelligente ma infelice di sempre. Non era facile amarci, sapendo che in meno di un mese tutto sarebbe finito e non sarebbe rimasto nient’altro che un ricordo.

Anzi, dire che non fu facile è un eufemismo: per me fu terribile saperti mia ma solo per così poco tempo. Era come essere un condannato, che sa esattamente quando la sua vita finirà.

Non so cosa pensasti quando mi invitasti a passare le vacanze da te, nella tua bella villa, e dal tuo fidanzato. Forse volevi stare con me ancora un po’, forse volevi introdurmi a quella che sarebbe stata la tua nuova vita, innalzarmi a una specie di amico di famiglia.

Non so perché accettai, forse per i tuoi stessi motivi, forse con un po’ di terribile curiosità per chi avrebbe preso il mio posto accanto a te.

Fu una sorpresa scoprire che il tuo fidanzato era Lucius Malfoy. Non so perché, l’avevo immaginato facoltoso ma dannatamente stupido, e invece mi ero ritrovato davanti all’uomo dei sogni di numerose ragazze: intelligente, affascinante, ricco, nobile, carismatico, insolitamente gentile con te. Ti riempiva di regali, ti recitava poesie. Eri ovviamente il suo orgoglio più grande, una giovane ragazza bellissima e nobile.

Un matrimonio invidiabile. Feci ciò che forse ci aspettavamo sia io che te: divenni amico di Lucius. Forse amico è una parola forte, ma manca nella nostra lingua una parola per definire qualcuno che amico non è, ma a cui si è più legati che a un conoscente.

In qualsiasi caso, ero sempre un ospite gradito nella vostra casa, le mie parole erano sempre ascoltate, ogni mia richiesta era soddisfatta. Lucius mi aveva preso addirittura a confidente, mi aveva chiesto delle cose su come fare bella figura con te. In effetti, era un’amicizia, da parte sua.

Mi continuavo a domandare perché lo sposassi, mi chiedevo se, oltre alla convenienza, provavi qualcosa per lui o se amavi solo essere riverita e corteggiata da un uomo simile. Mi chiedevo perché non ti ribellassi. Perché avevi donato la tua verginità a me, se avresti sposato lui?

Sai, quando ci amammo tra le tende della Sala comune, rimasi un po’ sorpreso nel scoprirti ancora pura, incontaminata. Ti vedevo da anni fare stupide moine con molti ragazzi, eri la più corteggiata della scuola, ed eri fidanzata da molti mesi con un uomo qualche anno più grande di te. Avrei capito se ti fossi conservata per il tuo Lucius, per il tuo matrimonio, per fare la tua bella figura di ragazza bella e intatta. Ma per me? Perché me?

Le uniche risposte che ebbi, le ebbi da Lucius, che mi spiegò perché vi sposavate così in fretta.

La situazione di estrema tensione tra il Ministero e il gruppo che seguiva quel Lord Voldemort si stava ulteriormente aggravando, tutti sapevano che stava per scoppiare una vera e propria guerra. Secondo Lucius la cosa migliore da fare era sbrigarsi nella propria vita privata, trovarsi una donna e sposarsela in fretta - come lui stava facendo- e poi allearsi con il più forte.

Al vostro matrimonio feci da testimone a Lucius. Vederti sorridente vicino ad un altro- ma quanto era ipocrita quel tuo sorriso, Narcissa!- fu il colpo definitivo.

Sfilai dal mio cuore la capacità di amare e di ricordarmi quello che ero un tempo.

Diventai un Mangiamorte quella notte stessa, pensando a Lucius che si divertiva con te sotto le coperte del vostro letto a baldacchino.

Il resto della storia, la sai. Prima ho detto di essermi sbagliato, pensando di aver totalmente distrutto le capacità di ricordare e di amare.

Ricominciai a ricordare quando tuo figlio e Harry Potter arrivarono a Hogwarts. Durante quegli anni di insegnamento ero diventato l’ombra di me stesso, ormai solo una caricatura: l’odiato e tetro professore di Pozioni, che si diverte a tormentare i suoi studenti e che tenta da anni di ottenere il posto di Difesa contro le Arti Oscure. Odio dire questo, ma Potter mi riportò alla realtà: un tempo non ero quello che sono ora.

Ricominciai a ricordarmi di chi ero in realtà e di come ero arrivato a essere il fantasma di me stesso.

Quanto alla capacità di amare, sei stata tu a ridarmela..

Perché sei venuta da me? Perché mi hai chiesto quel Voto, quando sapevi che avrei fatto follie per tuo figlio? Perché mi hai stretto le mani tra le tue, perché le hai baciate? Perché non hai seguito i consigli di tua sorella? Perché mi hai guardato nuovamente con quegli occhi? Perché mi hai costretto di nuovo ad amarti?

Ho le mani sporche di sangue per colpa tua e non so più dove andare e non so più chi sono.

Aiutami a capire! Ti prego Narcissa, aiutami a scoprire chi sono…

Ti prego Narcissa, solo tu puoi

Mi sono dimenticata i ringraziamenti!! Quanto sono ingrata! Allora, devo ringraziare immensamente le mie beta, Ranessa , Angelee e Hermia (quante per una stupida FF di sole 5 pagine!!), che mi hanno aiutato con gli errori di grammatica (ecco a che serve rileggere il testo! :D), con le incongruenze e con le parti che non scorrevano! Grassie mille!!

Ida59: Quando ho letto il tuo commento, non ci potevo credere! La più grande esperta di Severus! Mi ha fatto strapiacere che ti è piaciuta la mia storia e che l’hai recensita così bene, tra l’altro! Comunque se ti riferisci a “Sogno di una vita” quando parli delle similitudini… confesso di averla letta (e che mi è piaciuta anche da sballo!)! Non mi piace copiare le idee agli altri, però era straordinariamente simile a quello che pensavo io di Narcissa e Severus che non potevo non rimanerne… come dire… ispirata!

Quando ho scritto questa storia non sapevo che avessero una differenza d’età di quasi 5 anni… dopo un momento di sconforto ho decretato che non me ne può fregar di meno e sto scrivendo un’altra storia in cui tengo presente di questa differenza…

Ah, comunque hai ragione… il VI libro ha portato nuove ammiratrici! Io ne sono l’esempio… ho iniziato ad adorare Piton DOPO aver letto il VI libro, pur sapendo che è un assassino e un Mangiamorte (forse) mai pentito!

Cauchemar: Grazie mille, davvero, per il tuo commento! Mi ha fatto molto piacere leggerlo! La critica che mi hai fatto credo sia più che giusta, ci avevo pensato anch’io, ma sono così incostante! Non mi andava più di rimettere mani su questa storia e ho deciso di lasciarla così!

  
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