L’Oscura Parvenza
-Capitolo 7-
Due Forestieri
Kay tornò dopo due ore, con tante cose tra le mani, ma un
grande sorriso sul viso. Si avvicinò alla grotta dove si era nascosto Reydhan,
e trasalì quando scoprì che lui non c’era. Aveva lasciato la faretra e l’arco
accanto alla barca, ma di lui non c’era traccia. Kay abbandonò frettolosamente
gli acquisti sulla sabbia e si mise a cercarlo urlando il suo nome.
-Avevi detto che facevi in fretta.- Disse una voce alle
sue spalle.
Kay si voltò con il cuore in gola, per trovarsi di fronte
un Rivelato, ma vestito nello stesso modo esotico di Reydhan, e il suo stesso
colore di occhi, solo che erano molto più piccoli; della misura normale. La sua
pelle non aveva il pallore dei Celati, anzi era abbronzata come quella di Kay.
Il codino aveva lasciato spazio ad un taglio spettinato e corto, come si usava
tra i Rivelati, e ora che sorrideva, il ragazzo mostrava una chiostra di denti
prefetti e quadrati. –Reydhan?!- Lo chiamò il Guerriero con un filo di voce.
Lo sconosciuto tornò nella zona d’ombra. –Non mi
riconosci?- Domandò. La sua voce lo tradiva: era proprio Reydhan.
-Sei tu?!- Si stupì Kay. –Ma mi somigli!-
Reydhan lo guardò comprensivo. –Sei l’unico Rivelato che
conosco. Non sapevo a chi “ispirarmi”, altrimenti.-
Kay cercò di trovare qualcosa su cui ridere. Era l’unico
modo che conosceva per non pensare male. –Bhè, sembri mio figlio.-
Reydhan decise che era giusto spiegargli. –Sono un mezzo
mago.-
Kay spalancò gli occhi, e lo guardò affascinato. Avrebbe
dovuto capirlo da come aveva guarito la sua gamba, ma non era riuscito a
metabolizzare la cosa.
-So fare alcune magie. L’ho imparato tra il mio Popolo.-
-E … e ora resterai così per quanto?-
Reydhan alzò le spalle. –L’incantesimo dura un paio di
giorni. Dopo devo farlo di nuovo, ma ci vogliono delle energie … Almeno non mi
guarderanno come un aborigeno.-
Kay ritrovò un po’ di sicurezza con quella spiegazione.
Perché erano comunque in territorio nemico, e viaggiare con un Celato non era
proprio la cosa migliore per passare inosservati.
-Cosa hai preso?- Ruppe il silenzio Reydhan buttandosi
curioso a guardare tra gli acquisti di Kay. –Principalmente provviste. E una
mappa. Poi dei vestiti per te, e un mantello.- Gli occhi di Reydhan persero un
poco del loro luccichio.
-Purtroppo niente armi, mi spiace.- Disse Kay. –Ma
dobbiamo andare in direzione del Grande Affluente, attraverso quelle montagne
che vedi laggiù.- Le indicò con un dito, alla loro sinistra. –E lungo il fiume
ci sono due città. Troveremo ad Esilhon l’armeria che cerchiamo.-
Reydhan si rialzò, dopo essersi infilato il paio di
pantaloni di tela che Kay gli aveva preso.
-Spiegami la strada.- Chiese, visto che non sapeva nulla
di quel luogo.
–E’ meglio seguire il corso del Grande Affluente, e poi
attraversare la Foresta Centrale.- Gli spiegò seguendo il percorso sulla mappa.
–E poi dovremmo raggiungere un Valico, che ci porterà dritti davanti al
palazzo.-
-Quanto ci vorrà?-
-Se partiamo subito, domani a quest’ora potremmo essere
ad Esilhon. Poi un altro giorno per Fhar, l’altra città sul corso del fiume.
Per attraversare la foresta ci servirà almeno una settimana per essere in vista
del palazzo almeno un altro giorno.-
–Forza, partiamo.- Disse Reydhan alla fine. -La tua
famiglia non ha molto tempo. E’ già da molti giorni che hai rubato il Pugnale,
e non sei ancora tornato al palazzo di Hira. Prima partiamo, e prima potrai
usare quell’arma.-
-Hai perfettamente ragione.- Annuì Kay. –Non vedo l’ora
di colpirla dritta al cuore. Però mettiti questo.- E gli porse un lungo
mantello di lana nera.
Come Kay aveva promesso, il giorno dopo erano ad Esilhon.
La città era poco più di un villaggio, perché la guerra con il Regno aveva
molto impoverito quella Terra, e si estendeva sulle due sponde del fiume, ma
nella parte a sud del Grande Affluente era praticamente disabitata, e molti
degli abitanti erano andati a vivere a Fhar, dove la vita costava meno.
Per Kay, comunque, fu come tornare finalmente alla civiltà.
Le case di legno con i tetti di paglia gli ricordavano la sua, e il mercato che
si allungava nella via principale era per lui incredibilmente familiare.
Per Reydhan invece era tutto nuovo: dai pantaloni che
indossava, alle nuvole che si muovevano veloci nel cielo azzurro. Seguiva Kay
distrattamente, continuando a guardare da una parte all’altra, curioso ed
affascinato.
Il Guerriero lo guidò lungo la via del mercato, l’unica dove
sembrava esserci un po’ di vita, verso un’armeria, posta all’angolo tra la via
principale e un vicolo secondario. Si fermarono sotto l’insegna, che mostrava
un’incudine e un martello molto sbiaditi.
-Facciamo così …- Decise Kay. –Io sono un mercante di
stoffe, e sono in queste terre per vedere se trovo degli acquirenti.- Reydhan
annuì. –Tu invece sei mio figlio. E stiamo cercano delle armi per te, d’accordo?-
Reydhan annuì ancora.
-Non dire mai il mio nome, però. Ho i miei motivi per
pensare che l’Oscura mi stia cercando.- Indicò con il mento un gruppo di
guardie che marciavano dall’altra parte della via.
Anche Reydhan le aveva notate, e istintivamente alzò il
cappuccio del mantello, come aveva fatto prima Kay. –Non possono controllare
ogni singola persona che entra o esce dalla città. E noi staremo attenti.-
Disse il Celato con sicurezza.
Kay non rispose ed entrò nell’armeria. Il proprietario li
accolse cordialmente, e Kay se ne stupì. Non si aspettava di certo
quell’allegria da parte di un armaiolo di un paese in guerra. –Benvenuti,
forestieri. Come posso aiutarvi?-
Kay sorrise cordialmente, e spinse avanti Reydhan.
–Cerchiamo delle frecce per il mio ragazzo, qui.- Lo indicò. –E anche una
spada, di quelle a due mani.- Spiegò, osservando con occhi critico ed esperto
le armi che il proprietario gli faceva vedere. Alla fine scelse una semplice
spada che costava poco, e se la legò in vita.
-E ora vediamo un po’ queste frecce.- Disse l’armaiolo
estraendone un paio dalla faretra di Reydhan. –Ma queste non sono adatte a te!-
disse, senza accorgersi della loro strana fattura.
Prese un paio di frecce, e ne poggiò una, dalla parte
della cocca, sul petto di Reydhan. –Allunga le mani.- Disse, e Reydhan eseguì,
ma la freccia era troppo corta per lui. Lo stesso gesto si ripeté con altre due
misure di frecce, ma poi trovarono quelle giuste.
Ne riempirono la faretra poi, soddisfatti, ripresero la
strada per Fhar.