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Autore: Ceci Princessofbooks    25/06/2011    5 recensioni
Le ossa sono ciò che sostiene i nostri corpi, e ci infonde il potere di compiere i nostri viaggi; sono ciò che protegge le nostre debolezze, e che ci consente di sollevare lo sguardo verso il cielo; le ossa sono dure, forti, rigide. Ma le ossa sono anche ciò che permette alle nostre mani di accarezzare, ai nostri volti di ridere, alle nostre braccia di stringere: e talvolta possono anche spezzarsi e scheggiarsi, perché affrontano ogni scossa e ogni colpo che tenti di ferirci, e a volte sono tutto ciò che ci impedisce di cadere.
Una raccolta di racconti sul Dottor Leonard McCoy, e sui legami che ha saputo intrecciare con i suoi compagni: perché tutti prima o poi scoprono che le ossa sono preziose, e insostituibili.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ebbene sì: dopo due mesi suonati di silenzio sono finalmente riuscita a compiere l'improba impresa di pubblicare il mio quinto capitolo:; mi scuso moltissimo per il mio ritardo, ma la prodigiosa capacità di maggio di prosciugare il tempo degli studenti mi ha duramente sconfitta. Passiamo però al mio racconto, argomento che ritengo decisamente più interessante delle improbabili angherie inflitte dai mesi. Il tema questa volta è azzardato, crudo, forse esagerato, ma non nasce per essere una provocazione: è una riflessione che ho maturato lentamente, scrupolosamente, e che reca in sé molto di ciò che riesce a strapparmi un fremito. Capisco che possa risultare conturbante in certe conclusioni, quindi, a costo di apparire prolissa, voglio assicurare che si tratta esclusivamente di giudizi personali, nel pieno rispetto di ogni convinzione e pensiero: mi taglierei una mano prima di offendere consapevolmente qualcuno.

Ultimo avviso: può darsi che nei mesi a venire i miei aggiornamenti diventino ancor più sporadici (ebbene sì, è fisicamente possibile), poiché, nel disprezzo di ogni ragionevolezza e di ogni buonsenso, mi sono imbarcata in un azzardato progetto letterario in inglese che dovrei finire in tempi relativamente brevi. Sappiate però che non abbandonerò i nostri ragazzi: ormai hanno scavato troppo a fondo nella mia anima e si sono ingarbugliati troppo intimamente alle mie ossa perché possa metterli da parte. Vi lascio ora alla mia storia, assicurandovi che ho convogliato sangue, fiducia e inchiostro nelle sue pagine, nella speranza di trarne fuori un grumo di armonia.

Buona lettura, e alla prossima, Ceci



Eppure è sempre l'antica umana razza, la stessa, dentro e fuori,

facce e cuori gli stessi, gli stessi sono affetti e desideri.

Lo stesso antico amore, e la bellezza, e il modo di usarne.”

Walt Whitman, da “Foglie d'erba”



Bones' Sanctuary



Nella sua vita, il Capitano Kirk aveva conosciuto solo sacerdoti del cielo.

Per prime c'erano state le ingenue, austere cerimonie della sua infanzia:ricordava la piccola chiesa di legno bianco sperduta nella ruvida campagna dell'Iowa, i canti di promesse e di luci celesti borbottati da schiere di uomini dalle camicie fragranti di bucato e di donne avvolte in vestiti a fiori, le scaglie di luce variopinta che piovevano dalle vetrate vivaci e chiassose nei giorni di sole, le mani del pastore che si slanciavano verso l'alto, verso il denso azzurro rovente al di là del soffitto di intonaco, come in un richiamo, come in una speranza. E dopo ricordava suo nonno, il medico e il grande sapiente della loro cittadina, che durante le lunghe notti dell'estate gli aveva svelato i segreti delle danze delle stelle e narrato le imprese con cui l'uomo li aveva conquistati, tendendo il dito verso i bagliori di stelle morte da eoni con la solenne meraviglia di un profeta. E anni più tardi, quando aveva cominciato a solcare i mari disumani dello spazio, c'erano stati i sacerdoti degli infiniti popoli che incontrava: tutte le creature che sollevavano le braccia verso cieli ignoti, che innalzavano templi e offrivano sacrifici a soli e lune incommensurabilmente lontani. Non aveva mai avuto tempo di conoscerli davvero: un capitano doveva affrontare gli insidiosi rituali della diplomazia e le grevi asprezze della guerra, ma raramente si avvicinava agli idoli di una civiltà, al cuore intimo e fragile di credenze e di miti che sorreggeva il suo spirito. I loro viaggi erano rapidi e densi di eventi e parole, lampi sfuggenti tra energie mai mescolate. Di solito nessuno, tra i suoi compagni, arrivava durante le loro visite a scorgere profondità tanto private, a penetrare tanto a fondo sotto la carne di una razza intera.

Nessuno, tranne Bones.

Nel corso degli anni, Leonard aveva conosciuto fedi di ogni genere, culti di qualunque entità; aveva guidato centinaia di creature ai loro dei, bisbigliato le promesse di innumerevoli aldilà, e aveva pregato qualunque spirito quando chi vi credeva non era più in grado di farlo. McCoy era quello che raccoglieva gli ultimi sussurri di un uomo, e che spesso ne scorgeva l'essenza, quando tutto il resto si era già dissolto: era quindi ovvio che fosse anche colui che aveva imparato più di tutti sulle religioni dei popoli in cui si imbattevano, che avesse scoperto quali ombre e quali luci ogni gente della galassia invocasse nei suoi ultimi respiri. Nessun uomo, secondo Bones, doveva affondare nel buio da solo: e se l'unico conforto che chiedevano era il sussurro di qualche nome remoto o l'augurio cantilenante di una lingua arcaica, Leonard non avrebbe mai potuto negarglielo. Così, se lo permettevano e lo desideravano, lui stesso recitava le formule rituali che voci spezzate gli mormoravano, accompagnandoli nelle tenebre con le parole della loro infanzia, guidandoli con le voci dei loro dei, qualunque volto avessero, qualunque potere reclamassero.

Jim lo aveva visto spesso, quando scendevano su pianeti divorati dalle piaghe, o quando le ferite dopo una battaglia erano troppo profonde, sedere sull'orlo delle brande da campo dei suoi pazienti, sussurrando le preghiere e i nomi di decine di fedi diverse, di centinaia di divinità differenti, senza mai condannare, senza mai denigrare. E per quanto quei culti potessero essere distanti dal suo modo di pensare e sentire, per quanto in qualsiasi altro momento li avrebbe contestati con tutto il suo polemico entusiasmo, in quelle occasioni ripeteva i loro dogmi e pronunciava le loro promesse:perché credeva di non avere nessun diritto di rifiutare un ultimo sollievo per principio, di scegliere per un altro le mani a cui affidarsi nell'abisso.

Nessuno di coloro che lo conoscevano davvero avrebbe potuto scambiare quei gesti per empietà: perché se McCoy non credeva in nessuno di quegli spiriti e in nessuna di quelle statue severe, credeva invece negli uomini, nell'amore, nella pietà nuda che colmava ogni volta i suoi occhi. Per Leonard, rinunciare all'immortalità, rinunciare all'aldilà e ad un'esistenza dopo il buio, non era stato troppo difficile: esistevano, in fondo, destini peggiori del disgregarsi in milioni di scintillii di vita, e rigenerare il mondo che si ha amato e vissuto in uno scorrere senza fine. Ma comprendeva quanto orrendo potesse essere per altri, e rispettava le speranze con cui lottavano contro quel terrore. E quindi ogni volta li seguiva silenziosamente nei loro ultimi rituali, supplicando per un istante inconsapevole di essersi sempre sbagliato; pregando le remote forze dell'universo di avere pietà per coloro che avevano levato canti per loro, e che sull'orlo della vita confidavano nel loro abbraccio.

Riguardo agli dei, Kirk si era sempre affidato all'istintiva, salda tolleranza che gli permetteva di lasciarsi sfiorare da esseri dalle menti vicine e i volti deformi e di non uccidere gli abitanti di mondi semplicemente troppo lontani per essere compresi: avanzava semplicemente, tra i prodigi di particelle invisibili e i miracoli di poteri mistici, senza giudizi e senza illusioni, disposto ad accettare l'arrivo di una rivelazione, ma in grado di vivere senza il suo conforto. Per Bones, lo sapeva, era diverso. Ne avevano discusso spesso, attorno al tavolo della sua cabina, mentre si concedevano qualche bicchiere del brutale brandy ambrato di McCoy e ascoltavano il mugghio gentile e profondo della nave: Leonard credeva nel sangue, nella carne e nelle ossa, nelle verità brutali dei corpi, nell'universo di meccanismi e materia e percezioni a cui il mondo si riduceva durante le operazioni. Aveva rifiutato, con una sorta di rabbiosa, inquieta ostinazione, ogni forma di certezza, ogni genere di dogma, che fosse incastonato nelle serene geometrie dei numeri o nei fulgori accecanti di un culto: perché dopo aver trattenuto tra le mani le viscere pulsanti di un uomo, gli aveva più volte ripetuto, ciò che ti permette di non fermarti, ciò che ti infonde la forza di stringere il tuo pugno di conoscenze e lottare, non sono gli ideali, ma le leggi violente della medicina, le coordinate chimiche e vive che non portano giudizio né perdono. Per questo, agli occhi di un estraneo le ultime premure che rivolgeva ai morenti avrebbero potuto apparire incongrue, e addirittura blasfeme:un inganno crudele, l'ultimo gesto di scherno verso gli illusi inconsapevoli di essere solo macchine di carne. Ma Jim conosceva il suo amico da troppo tempo, e sapeva vedere l'armonia dietro quei gesti.

Il Dottor McCoy custodiva in sé cicatrici slabbrate, e seguiva principi altrettanto aspri: e le une e gli altri, se rivelati troppo improvvisamente, troppo bruscamente, potevano sconvolgere, e incidere la pelle. Ma sotto tutto il suo sarcasmo, sotto tutto il suo disincanto, Leonard amava gli uomini: li amava di un amore sconfinato e invincibile, di una devozione incrollabile, intima come l'affetto, disinteressata come una fede, che trascendeva, senza ignorarle, tutte le ombre e di tutti gli orrori di cui erano capaci: una fiducia inestirpabile per cui sarebbe sempre stato disposto a combattere, e a morire. Amava i prodigi che erano capaci di plasmare con le mani e con le parole, amava le loro risate e le loro lacrime, amava la paura e il segreto coraggio con cui affrontavano le mostruose immensità dello spazio. E profondamente, dolorosamente, credeva anche che non ci fosse nessun volto a vegliare su di loro, e nessun nome a cui rivolgere preghiere, né oltre il sole, né oltre l' oscurità della terra; solo le forze immense ed elementari della natura, che aggregavano senza coscienza i loro corpi, e in cui alla fine sprofondavano di nuovo. Per Leonard, gli uomini erano soli. Era anche per questo, che ogni operazione riuscita sapeva sciogliere gli orli scabri del suo cuore, e riempire i suoi occhi della dolcezza stanca e viva della sua terra; era per questo, che ogni volta che uno di quei meccanismi di carne e ossa si spegneva, il dolore continuava a strappargli il respiro. E per questo, era così importante che fosse lui, un altro uomo, il calore comprensibile di una mano e una voce che sapevano sentire e cantare come la propria, l'ultima memoria del mondo di ognuno dei suoi pazienti: un sacerdote laico, per permettere ad ogni spirito di scivolare nelle tenebre con l'impronta di quel tepore. Ecco cos'era, aveva compreso Jim un giorno. Un sacerdote, vincolato da un giuramento pronunciato di fronte alle ossa ed al sangue e solenne quanto quelli rivolti al cielo, il ministro di un culto che viveva di bisturi e garze, e non pretendeva certezze.

Per questo, i riti di Bones erano tutti i riti dell'universo: perché con ogni rito celebrava gli uomini, la sua fede, accompagnando le suppliche cantilenanti di un vecchio, inviando donne sanguinanti ai grembi generosi di grandi dee antiche, invocando avi orgogliosi per un giovane guerriero caduto; e offrendo tutti i congedi possibili dall'esistenza, offriva anche il suo, quello di chi ha promesso di servire con dedizione e lealtà i fragili filari di luci degli uomini, quello del laico sacerdote dell'umanità. Per offrire il pianto e il ricordo dei suoi simili, e onorare l'estinguersi di una scintilla irripetibile.

E per concedere a tutti, se non il perdono degli dei, almeno quello degli uomini.


   
 
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