Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: ClaryMorgenstern    26/06/2011    3 recensioni
«Senti, Jace. » lo rimproverò con dolcezza. «Non lo sai che non bisogna giocare con i vetri rotti?»
Soffocò la risata che sentiva salire. Lei lo aveva salvato. In ogni modo in cui una persona può essere salvata. Lo aveva reso ciò che era adesso, lo aveva reso felice, per qualche strano motivo. Le gettò le braccia al collo, la strinse forte a sé e ripeté ancora il suo nome. Una, dieci, cento volte. All'infinito se possibile, come se quella lenta e dolce litania potesse salvarlo dal dolore per la perdita del primo vero amore della sua vita.
 
La città di Ossa, Vista dagli occhi di Jace. Hope you like it!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The Mortal instruments; La città di ossa - Jace Wayland.
 

Capitolo XXIII; La pioggia di cristalli

 
Cenere. Era tutto ciò che era rimasto. Tutto morto, sfiorito. Divorato dalle fiamme. Ha lasciato solo la cenere.
Sente un suono in quel momento. Era sordo ed umido. Il cuore che batte.
Piano piano ritorna anche la vista. Era nella sala da pranzo delle Rovine di Renwick. Le luci provenivano dalle candele bianche sul tavolo.  Suo padre era lì. Clary era lì.
E poi arrivò il dolore. Era sordo e bruciante e, anche se non era un dolore vero, minacciava di spezzargli il respiro. Lo sentiva al centro del petto. Bruciante come se gli avessero versato dell'acido. La testa gli scoppiava. Girava così velocemente. Vedeva tutto sfocato come se d'improvviso la nebbia fosse entrata nella stanza. Sentiva la mano che teneva il bicchiere fargli male. La ritrasse con violenza. Il bicchiere si rovesciò facendo cadere il vino. Cadde rosso sulla tavola, espandendosi come una macchia di sangue fresco. La mano era fredda e sbiancata. Vide suo padre aprire la bocca per dire qualcosa, ma le parole non arrivarono al suo cervello.
«Non è vero» Chissà con chi stesse parlando. Forse con suo padre, o con l'universo, o forse con quel Dio che continuava a prendersi gioco di lui.  «C'è stato un errore. Non può essere vero.»
Gli occhi di suo padre erano fissi nei suoi. «Pensavo che sarebbe stato un motivo per festeggiare» Eppure, neanche lui sembrava felice. «Ieri eri un orfano, Jonathan. E ora hai una padre, una madre e una sorella che non avevi mai saputo di avere...»
Sorella.
Quella parola si incise a fuoco sulla sua pelle, come fosse una runa. La runa più dolorosa e orribile che avesse mai toccato un Nephilim. Sorella, sorella, sorella, sorella.  Stesso sangue, stessi geni, stessi genitori. Sorella.
Aveva sempre voluto una sorella.
«Non è possibile» ripeté senza pensarci. «Clary non è mia sorella. Se lo fosse...»
«Cosa succederebbe?» chiese Valentine evidentemente allettato.
Silenzio.
Sono innamorato di lei.
Sentì un conato di vomito salire su per la gola. Una presa calda gli strinse la mano. «Jace...» La voce di Clary. La voce di sua sorella.
«No.» urlò togliendo la mano da quelle di lei e affondandole nel vino. Non avrebbe mai lavato lo schifo che sentiva addosso. Nulla avrebbe potuto. «Dimmi che non è vero» disse con disperazione. Perché era disperato, come mai in tutta la sua vita.
Clary abbassò gli occhi.  «Non posso.»
E Jace si sentì morire. Ascoltare quelle parole da Clary le fecero diventare immediatamente reali e vivide. Il dolore nel suo petto si estinse, la testa non girava più. Non sentiva niente. Solo le parole di suo padre ripetute all'infinito come da un registratore rotto: Clary è tua sorella.
Valentine sorrise trionfante. «Così ora ammetti che ho detto la verità?»
«No» disse Clary «Tu stai raccontando delle menzogne con solo qualche brandello di verità, ecco tutto.»
«Sto iniziando a stancarmi» disse Valentine, anche se la sua voce sembrava contenta, quasi allegra. A Jace venne un altro conato. «Se vuoi ascoltare la verità, Clarissa, questa è la verità. Tu hai sentito raccontare la Rivolta da Hodge, per cui pensi che io sia malvagio. È così?»
Nessuno disse nulla. Jace tacque. Se avesse aperto la bocca avrebbe vomitato. Così Valentine proseguì. «In realtà è molto semplice. La storia che ti ha raccontato era vera in alcune parti e non in altre... "menzogne con solo qualche brandello di verità", come hai detto tu. Il fatto è che Michael Wayland non è mai stato il padre di Jace. Wayland fu ucciso du-rante la Rivolta. Io assunsi il suo nome e il suo posto quando fuggii da Idris con mio figlio. Fu abbastanza facile: Wayland non aveva veri rapporti con nessuno, e i suoi amici più intimi, i Lightwood, erano in esilio. Anche lui era in disgrazia per la parte che aveva avuto nella Rivolta, così io mi presi la sua vita e vissi abbastanza tranquillamente con Jace nella tenuta dei Wayland. Leggevo i miei libri, crescevo mio figlio, passavo il tempo.»
Fece una pausa. Jace vedeva di nuovo tutto bianco. Sentirlo parlare del passato così tranquillamente gli faceva venire la nausea. Jace voleva essere senza passato, cancellarlo via con una gomma. Non voleva più essere il Jace Wayland che era stato finora. E decisamente non lo era più.
«Dopo dieci anni, ricevetti una lettera. Il mittente diceva che conosceva la mia vera identità e che se non fossi stato disposto a fare alcune cose l'a-vrebbe rivelata. Io non sapevo chi avesse scritto quella lettera, ma non aveva importanza. Non ero disposto a dare al suo autore quello che chiedeva. E poi sapevo che la mia sicurezza era compromessa e sarebbe rimasta tale, a meno che costui non mi credesse morto, immune alle sue minacce. Misi in scena la mia morte per la seconda volta con l'aiuto di Blackwell e Pangborn, e per il bene di Jace feci in modo che lui venisse mandato qui, sotto la protezione dei Lightwood.»
L' ho già sentita questa storia.
 «Così per tutti questi anni hai lasciato che Jace pensasse che eri morto? Che cosa meschina!» La voce di Clary era carica di odio.
Sollevò le mani a coprirsi il volto. C'era troppa luce e la sua testa non smetteva di girare. «No» disse. «No, Clary.»
«Jonathan doveva credere che io fossi morto. Doveva credere di essere fi-glio di Michael Wayland, o i Lightwood non l'avrebbero protetto come hanno fatto. Era con Michael che avevano un debito, non con me. È per Michael che gli hanno voluto bene, non per me.»
«Forse gliene hanno voluto per lui» disse Clary acida.
«Un'ammirevole interpretazione sentimentale» commentò Valentine acido a sua volta. «per quanto improbabile. Tu non conosci i Lightwood come li conoscevo io.»Jace trasalì sulla sedia. Gli bruciavano gli occhi per la disperazione.  «Ma alla fine ha poca importanza. I Lightwood dovevano essere una protezione per Jace, non una famiglia sostitutiva. Lui ha una famiglia. E ha un padre. Io.»
Famiglia. Che termine strano. Finora la sua unica vera famiglia erano stati i Lightwood. Suo padre era suo padre. Mentre Robert e Maryse erano stati dei genitori, Alec il migliore dei fratelli, Izzy la più rompiscatole delle sorelle.
Adesso era questa la sua famiglia. Si tolse le mani dal viso e si schiarì la gola.
«Mia madre...»
«Fuggì dopo la Rivolta» disse Valentine. «Io ero caduto in disgrazia, il Conclave mi avrebbe dato la caccia se avesse pensato che ero ancora vivo. Lei non sopportava di essere associata a me e scappò.» Sembrava ancora triste, eppure non si vedeva sul suo viso. «Io all'epoca non sapevo che fosse incinta. Di Clary.» Sorrise. Chissà a cosa pensava. «Ma il sangue non è acqua. Il fato ci ha riuniti tutti qui. La nostra famiglia, ancora in-sieme. Possiamo usare il Portale» disse guardando Jace. «Andare a Idris. Tornare alla nostra tenuta...»
Jace Rabbrividì. Un fato crudele, aggiungerei.
«Staremo insieme» disse Valentine. «Come dovrebbe essere.»
Jace dovette lottare contro se stesso per non ridere. Avere una famiglia vera era quello che aveva sempre voluto, eppure gli sembrava dannatamente ridicolo così. Come potevano stare tutti insieme ed essere felici? Jocelyn..Sua madre era in coma. Valentine e Clary si odiavano, ne era certo. E Jace…
Jace Non riusciva immaginare una famiglia in cui Clary era soltanto una sorella.  Voleva costruire una vita con lei, voleva arrivare a centodieci anni e morire tra le sue braccia, felice come il primo giorno. Non voleva essere soltanto un fratello.
«Io non vado da nessuna parte con te, e nemmeno mia madre.» Disse Clary furente
«Ha ragione lui, Clary» disse più a se stesso che a lei. Piegò le mani: le punte delle dita erano macchiate di rosso. «È l'unico posto in cui possiamo andare. Lì risolveremo tutto.»
«Non puoi parlare seriamente...»
Un grande boato li avvertì che la battaglia non era ancora finita. Dalla finestra arrivavano deboli e sommessi i guati dei lupi e le ringhia dei Dimenticati.  L'istinto reagì al posto del corpo di Jace. Si alzò di scatto ed impugnò una spada angelica. «Padre, hanno...»
«Hanno sfondato le porte.» Si alzò anche Valentine. Sembrava aspettare qualcosa in particolare. La porta alle loro spalle si spalancò ed un Lucian in forma umana coperto di sangue comparve sulla soglia.
Jace lo studiò con attenzione. Il suo viso aveva qualcosa di lupesco, il naso sembrava addirittura umido. Per il resto Jace non avrebbe mai capito che era un Licantropo.  Aveva alcune delle caratteristiche che i Nephilim si portavano dalla notte dei tempi. I tratti quasi aristocratici, la muscolatura forte non deteriorata dal tempo, decisamente eccessiva per un libraio. Tante cicatrici, piccole e bianche curate da uno stilo. Ma una era più rossa ed evidente, sulla spalla destra, e ricordava vagamente un morso.
«Clary» disse Lucian. La ragazza si alzò in piedi e gli corse incontro abbracciandolo forte Come avrebbe fatto una bambina che corre incontro a suo padre.
Quella vista gli strinse il cuore. Lucian la stringeva come un padre, anche se non lo era davvero. Le accarezzava la nuca con affetto, la stringeva. Quand'è stata l'ultima volta che suo padre lo aveva abbracciato? E anche che fosse, non lo aveva mai abbracciato così.
Jace si mise dietro suo padre. Infine, Lucian la scostò con delicatezza. «Sono coperto di sangue» disse Lucian. «Non preoccuparti... non è mio.»
«E allora di chi è?» chiese Valentine che aveva osservato la scena con uno sguardo di intensa curiosità negli occhi.
Lucian strinse la spalla di Clary con fare protettivo. Quasi inconsciamente Jace sfiorò la sua. «Di Pangborn» Rispose Lucian.
Valentine si passò una mano sul volto. Non sembrava troppo seccato di aver perso un collaboratore. «Capisco. Lo hai sgozzato con i denti?»
«A dire la verità» disse Lucian sorridendo. «l'ho ucciso con questo.» e Mostrò a Valentine un pugnale circasso simile a quello che aveva tramandato a lui. Ma al posto delle pietre rosse, c'erano delle piccole gemme azzurre. «Me lo desti diciassette anni fa e mi dicesti di usarlo per togliermi la vita»
Jace mise per istinto una mano sul suo di pugnale. «E io fui sul punto di farlo.» finì Lucian.
«Ti aspetti che lo neghi?» Jace quasi rabbrividì. Era dolore quello nella voce di suo padre? «Ho cercato di salvarti da te stesso, Lucian. Ho fatto un grave errore. Se solo avessi avuto la forza di ucciderti, avresti potuto morire da uomo.»
«Come te?»  Quello nella voce di Luke non era dolore, era odio. Puro e arcaico. Quel tipo di odio che nasce quando L'affetto viene tradito. «Un uomo che incatena la moglie priva di conoscenza a un letto nella speranza di estorcerle delle informazioni con la tortura quando si sarà svegliata? È questo il tuo coraggio?»
Jace guardava suo padre. Stava lottando internamente per non afferrare una spada e tranciare di netto la testa a Lucian. E poi il suo viso si rilassò e tornò freddo come prima.  «Non l'ho torturata» disse. «Ed è incatenata per la sua stessa sicurezza.»
«Da cosa?» Lucian si avvicinò a Valentine a grandi passi.  «L'unica cosa che la mette in pericolo sei tu. L'unica cosa che l'abbia mai messa in pericolo. Ha passato la sua vita a fuggire da te.»
«Io la amavo» disse Valentine e Jace sentì che era vero. La sua voce aveva la stessa disperazione della sua. Non si ha quella disperazione se non si è stati davvero innamorati.  «Non le avrei mai fatto del male. Sei stato tu a metterla contro di me.»
Lucian rise di gusto. «Non aveva bisogno di me per mettersi contro di te. Ha imparato da sola a odiarti.»
«Questa è una menzogna!» Ringhiò Valentine ed estrasse una spada nera dalla lama piatta, aveva un motivo di stelle argentee sulla lama. Jace trasalì. Quella spada era appartenuta al padre di Valentine. Non l'aveva mai sguainata, mai. Ed adesso la puntava al petto di quello che era stato il suo migliore amico.
Jace si avvicinò a Valentine. «Padre...»
«Jonathan, stai zitto!» Urlò Valentine.
Lentamente, il volto di Lucian fu pervaso dallo shock.  «Jonathan?» sussurrò fissandolo.
Jace fece una smorfia. Odiava quel nome. Lo odiava con tutto se stesso. Lui non era Jonathan. Era Jace.  Jace.  «Non chiamarmi così» ringhiò contro il lupo.  «Se mi chiami così ti uccido.»
Gli occhi di Lucian divennero lucidi. Perché lo guardava così? Aveva lo sguardo di chi ha appena ritrovato un figlio. E lo odiava. «Tua madre sarebbe fiera di te» disse piano.
Jace sentì il sangue ribbollirgli per la rabbia. Come si azzardava a nominare sua madre?  La donna che lo aveva abbandonato appena nato? «Io non ho una madre» sputò Jace. «La donna che mi ha partorito mi ha abbandonato prima che imparassi a ricordare il suo volto. Non ero niente per lei e lei non è niente per me.»
«Non è stata tua madre ad abbandonarti» disse Lucian con una calma che lo fece infuriare ancora di più. Guardò suo padre.
«Credevo che neppure uno come te potesse abbassarsi a usare come esca la tua carne e il tuo sangue. Ma immagino di essermi sbagliato.»
«Basta così.» Disse Valentine con gelida furia-  «Lascia mia figlia o ti ucciderò immediatamente.»
«Io non sono tua figlia» Clary guardò Valentine con lo sguardo carico di disgusto.
Lucian scostò Clary non troppo delicatamente. «Esci di qui. Mettiti al sicuro.» le disse. Aveva negli occhi uno strano calore, quasi di un affetto troppo grande per poterlo sopportare. Era naturale amare quella ragazza.
Clary lo guardò con uno sguardo di fuoco. «Io non ti lascio!» disse più seria di quanto Jace l'avesse mai sentita.
«Clary, non sto scherzando. Esci di qui!» Lucian sollevò il pugnale, gemello di quello che Jace portava alla cintura. «Questa non è la tua battaglia.»
Clary si allontanò barcollante verso la porta. Dalla finestra si potevano ancora sentire i ruggiti dei lupi e dei dimenticati. Sgranando gli occhi Jace corse a bloccarle l'uscita e Clary quasi sbattè contro di lui.  «Sei impazzita?»le  sibilò carico di una paura che non era da lui.  «Hanno sfondato la porta d'ingresso. Questo posto è pieno di Dimenticati.»
Lei tentò di spingerlo via, inutilmente. «Lasciami andare.» disse con fermezza.
Neanche morto. Le afferrò il polso più delicatamente e con fermezza possibile. «Perché possano farti a pezzi? Non ci penso neppure.»
Il rumore dello scontro fra Lucian e Valentine li fece rinsavire. Il cacciatore e il licantropo si lanciavano sguardi di puro odio mentre con affondi e colpi andati a segno oppure no decidevano chi dei due sarebbe sopravvissuto per raccontarlo.
«Oh, mio Dio» sussurrò Clary preoccupata. «Si uccideranno.»
Jace non riusciva a distogliere lo sguardo dalla scena. «Tu non capisci» disse. «È così che si fa...» non riuscì a finire la frase. Lucian era riuscito a superare la guardia di suo padre colpendolo alla spalla. La camicia bianca di Valentine divenne rosso cremisi.
Valentine gettò indietro la testa e cominciò a ridere. Jace, da parte sua, sussultò impercettibilmente. Lo sconvolgeva ancora la somiglianza con suo padre. Questi piccoli gesti che avevano in comune, come gettare indietro i capelli in quel modo, lo lasciavano sempre senza fiato.
«Bel colpo» disse Valentine. «Non credevo ne fossi ancora capace, Lucian.»
Lucian non abbassò la guardia, ma sorrise da dietro la lama ormai rossa. «Me l'hai insegnata tu, questa mossa.» 
«Ma è successo anni fa»disse Valentine con voce melliflua.  «e da allora non hai avuto molto bisogno di usare un'arma, giusto? Avevi artigli e zanne a disposizione.»
Il licantropo sorrise. «Li userò per strapparti il cuore.»
Suo padre scosse lentamente la testa. «Lo hai già fatto anni fa. Quando mi hai tradito e abbandonato. » e per la prima volta sembrò davvero triste. In fondo Lucian era stato il suo parabatai, e quello non è un legame da cui ci si separa facilmente. Jace pensò ad Alec, chiuso nell' infermeria dell'istituto a combattere contro la morte. Gli mancò il respiro. Se avesse perso il suo parabatai sarebbe stata un ecatombe.
Lucian provò un altro affondo che Valentine evitò. «Sei stato tu a mettere mia moglie contro la sua stessa gente. L'hai cercata quando era più debole. Io ero lontano, e lei ha pensato che tu la amassi. È stata una stupida.»
Jace si irrigidì. Stavano parlando di sua madre. Le lacrime lottarono per uscire ma lui le ricacciò dentro. Smettila. Si ordinò. L'unica madre che hai conosciuto è Maryse. E lei non era neanche la tua vera madre.
Clary si voltò verso di lui. «È di tua madre che Valentine sta parlando» gli disse secca.
«Mi ha abbandonato» le rispose acido. «Bella madre.»
«Pensava che fossi morto. E sai come faccio a saperlo? Perché teneva una scatola in camera sua. Sopra c'erano le tue iniziali, J.C.»
Jace ebbe una momentanea visione di sua madre seduta in una stanza da sola con lo sguardo triste. Eppure non riusciva a compatirla. «Dunque aveva una scatola. Un sacco di persone hanno delle scatole. Ci tengono dentro le cose. Mi dicono che va molto di moda.»
«Dentro c'era una ciocca dei tuoi capelli. Capelli di bambino. E una fo-tografia, forse due. Le tirava fuori una volta all'anno e piangeva. Piangeva a dirotto, come se avesse il cuore spezzato...»
Jace strinse il pugno contro il fianco della ragazza. «Smettila» sibilò.
«Di fare cosa? Di dirti la verità? Pensava che fossi morto... Non ti avrebbe mai lasciato se avesse saputo che eri vivo. Tu pensavi che tuo padre fosse morto...»
«Io l'ho visto morire!» Urlò con tutta la disperazione che aveva in corpo, nell'anima e nella voce. « Non l'ho solo... sentito dire, come lei!»
«Ha trovato le tue ossa carbonizzate» disse sottovoce Clary. «Tra le rovine di casa sua. Insieme a quelle di suo padre e sua madre.»
Dopo qualche secondo Jace la guardò. Non aveva motivo per mentirgli così, e dal suo sguardo si leggeva la sincerità. Come aveva potuto vivere in quelle bugie per tutti quegli anni? Anni in cui aveva voluto una madre che si prendesse cura di lui, che lo difendesse. Valentine gli aveva raccontato bugie su bugie. Sentì la fiducia che riponeva in suo padre  rompersi all'interno di sé.
«È ridicolo» disse infine sempre guardando la ragazza.  «Io non sono morto. Non potevano esserci delle ossa.»
«C'erano.»
«E allora era un incantesimo.» sibilò.
«Chiedi a tuo padre cosa è successo ai suoi suoceri» disse Clary. Alzò una mano come per accarezzarlo «Chiedigli se era un incantesimo anche quel-lo...»
Perché continuava a dirgli quelle cose? Era Troppo. Decisamente troppo. «Stai zitta!» urlò in preda alla disperazione voltandosi verso di lei. Già una volta gli aveva detto di stare zitta e allora l'aveva dovuta inseguire in un portale. Ma sembravano passati secoli da allora.
Un urlo di dolore lo fece voltare verso Valentine e Lucian. Suo padre era riuscito a colpirlo sotto la clavicola e ora sul petto del lupo c'era una grande chiazza rosso cremisi, i suoi occhi erano spalancati e il colorito terreo. Ridendo sommessamente Valentine tirò fuori l'arma dal petto di Lucian e lo colpì di nuovo. Il gemello del pugnale di Jace cadde a terra e Valentine gli diede un calcio facendolo sparire alla vista.
E Jace capì all'istante ciò che stava per accadere. L'avrebbe fatto anche lui, d'altronde. «Clary...» sussurrò nel vano tentativo di fermarla.
Ma lei era già sparita. Si gettò addosso a Lucian abbracciandolo con affetto e disperazione proprio mentre la lama di Valentine faceva la sua discesa mirando al cuore del licantropo.
E a quello di Clary.
Un nuovo istinto si mosse per Jace. Sfilò dalla cintura il pugnale dall'elsa rossa e senza neanche pensarci su lo scagliò verso la mano di Valentine. La spada dall'elsa ornata di Stelle e il pugnale volarono via, mentre la mano di Valentine si bagnava di rosso.
Era ancora con il braccio alzato quando capì di essere stato lui a colpire suo padre. E inorridì al pensiero di non aver esitato un istante nel farlo. «Padre, io...» disse implorante.
Sul volto di Valentine passò un istante di cieca ira, ma quando parlò la sua voce era piuttosto calma. «Ottimo lancio, Jace.»
 Jace guardò la mano sanguinante. «La tua mano... io volevo solo...»
«Non avrei fatto del male a tua sorella» rispose come fosse ovvio.
Ma Jace non gli credeva. E pensò che forse era la prima volta che non credeva a qualcosa detto da suo padre.
Valentine si chinò a raccogliere la sua spada ed il pugnale ormai macchiato di sangue che infilò alla cintura. «Avrei fermato il colpo. Comunque il tuo attaccamento alla famiglia è encomiabile.»
Jace si sentì disgustato.
«Mi servono delle bende» disse Clary facendolo tornare alla realtà. «Dei tovaglioli, qualsiasi cosa... Jace, il tuo stilo...»
Jace si avvicinò con la mano già sul risvolto della cintura che conteneva lo stilo ma suo padre lo fermò. «Fermo, Jonathan» disse con voce autoritaria. Si rivolse a Clary. «Clarissa» disse.  «quest'uomo è un nemico della nostra famiglia, un nemico del Conclave. Noi siamo Shadowhunters, e questo vuol dire che a volte dob-biamo uccidere. Certamente questo lo capisci.»
«Cacciatori di demoni» disse Clary. «Uccisori di demoni. Non assassini. È diverso.»
«Lui è un demone, Clarissa» replicò Valentine  con la stessa voce dolce.  «Un demone con un volto da uomo. Io so quanto possono essere ingannevoli questi mostri. Ricordi? Io stesso l'ho risparmiato una volta.»
«Mostri?» rise Clary. «Luke non è un mostro» disse con la voce divertita. «E nemmeno un assassino. Tu sì.»
«Clary!» urlò Jace ma lei lo ignorò e, nel complesso era una cosa ridicola in quel momento, lui si sentì leggermente offeso. La ragazza stava fissando i freddi occhi grigi di Valentine. «Tu hai ucciso i genitori di tua moglie, non in battaglia ma a sangue freddo» disse. «E scommetto che hai ucciso anche Michael Wayland e suo figlio e hai gettato i loro corpi insieme a quelli dei miei nonni, in modo che mia madre pensasse che tu e Jace eravate morti. Hai messo il tuo ciondolo al collo di Michael Wayland prima di bruciarlo, in modo che tutti pensas-sero che quelle ossa erano le tue. Dopo tutto il tuo parlare della purezza del sangue del Conclave, non hai pensato per un attimo al loro sangue e alla loro innocenza quando li hai uccisi, vero? Massacrare vecchi e bambini a sangue freddo, questo è mostruoso.»
Un altro istante d'ira percosse i lineamenti di suo padre «Basta così!» disse infuriato come lui non lo aveva mai visto, riprendendo la spada nera e puntandola dritta verso Clary. «Jonathan! Porta via tua sorella o per l'Angelo giuro che la ucciderò insieme al mostro che sta proteggendo!»
Ed eccolo di nuovo a dover scegliere da che parte stare. Se dalla parte di suo padre, armato e addestrato, o dalla parte di Clary, disarmata e in pericolo.  Gli sembrava una scelta già fatta, e già una volta aveva fatto la scelta sbagliata. «Certo, padre» si rassegnò infine.
Si avvicinò alla ragazza afferrandola per un braccio rimettendola in piedi e la allontanò dal licantropo. «Jace» sussurrò Clary sgomenta.
«No» disse Jace secco. Non sopportava più la voce della ragazza. Non ce la faceva. «Non parlarmi.» 
«Ma...»
«Ho detto di non parlare.» Le strinse il braccio senza tanti complimenti.  Tentò di portarla fuori ma era decisamente ostinata a rimanere lì e Jace di certo non voleva farle male.«Lascialo stare!» urlò Clary tentando inutilmente di liberarsi dalla sua stretta. Ma se Jace l'avesse lasciata andare, non era sicuro che suo padre si sarebbe fermato.
«Smettila» le sussurrò all'orecchio.  «Stai solo rendendo le cose più difficili. È meglio che non guardi.»
«Non guardare» Conficcò la lama nella schiena del dimenticato. Una grossa macchia rossa si espanse sotto i suoi piedi. Clary inorridì.
«Ti avevo detto di non guardare»
Era passata un' eternità.
«Come fai tu?» chiese Clary fredda. «Chiudere gli occhi e far finta che qualcosa non stia succedendo non serve a niente, Jace, dovresti saperlo bene...»
«Clary, basta.» la supplicò Jace. Perché lo tormentava così?
Valentine rise di gusto. «Se solo mi fosse venuto in mente di portare con me una spada d'argento, avrei potuto finirti come si fa con quelli della tua specie, Lucian.»
Lucian ringhiò un insulto.  Clary provò a divincolarsi ma scivolò. Jace la prese al volo e la riportò in piedi. Teneva le braccia strette intorno a lei, sulla sua schiena, sui suoi capelli. Come l'aveva già tenuta una volta. Avrebbe voluto stringerla così per sempre, non muoversi mai più.
«Almeno lasciami alzare» disse Lucian. «Concedimi di morire in piedi.»
Valentine scrollò le spalle dall'alto del suo piedistallo.  «Puoi morire sulla schiena o in ginocchio» disse. «Solo un uomo merita di morire in piedi, e tu non sei un uomo.»
«NO!» urlò Clary mentre Lucian si metteva lentamente in ginocchio.
«Perché devi rendere le cose così difficili?» le disse ma sembrava di parlare ad un muro. «Ti ho detto di non guardare.»
Clary ansimava.  «E tu perché devi mentire a te stesso?»
«Non sto mentendo!» urlò ancora. Strinse la presa anche se non si era mossa. «Voglio solo quel poco che c'è di buono nella mia vita.  mio padre. la mia famiglia. non posso perdere tutto un'altra volta!» Ignorò Lucian e Valentine, ignorò la battaglia che ancora ardeva nel cortile delle Rovine di Renwick. Si stava spezzando di nuovo, quel piccolo bozzolo di felicità che aveva provato era già distrutto. «Tu hai già una famiglia» disse Clary guardandolo negli occhi. «La tua famiglia sono le persone che ti vogliono bene. Come i Lightwood... Alec, Isabelle...»  La sua voce si fece più flebile. «La mia famiglia è Luke, e tu stai per farmi assistere alla sua morte come tu hai assistito a quella di tuo padre quando avevi dieci anni? È que-sto che vuoi, Jace? È questo il tipo di uomo che vuoi essere? Come...»
Si interruppe all'improvviso. E Jace finì al posto suo. Forse perché aveva ragione, forse perché pronunciare quelle parole le avrebbe finalmente rese vere. «Come mio padre»
E all'improvviso seppe ciò che doveva fare.
Spinse Clary da una parte e mentre Valentine stava per conficcare la lama nel petto di Luke, Jace lo tirò via. La lama si conficcò con un suono sordo sul pavimento di legno.  Ora stava davanti a suo padre. Lo guardava come non aveva mai fatto. Come il Diciassettenne abbandonato, non come il bambino di sei anni che voleva a tutti i costi fare contento suo padre. «Penso che dovresti andartene» disse secco.
Valentine guardò Jace incredulo, come se all'improvviso un cagnolino gli avesse detto di togliersi dai piedi. «Cosa hai detto?»
Allungò una mano sull'elsa nella spada conficcata nel pavimento accarezzandola leggermente. Aveva sempre voluto impugnare quella spada. «Penso che tu mi abbia sentito, Padre.»
Valentine digrignò i denti. «Jonathan Morgenstern...»
Jace staccò veloce la lama dal pavimento e la puntò verso la carotide di Valentine, lì dove il sangue scorreva veloce dalla rabbia. Chissà come doveva sentirsi, minacciato dalla lama che fino a qualche minuto prima teneva stretta. «Non è quello il mio nome» disse Jace, calmo. «Io mi chiamo Jace Wayland.»
Gli occhi di Valentine lo scrutavano ancora. Conosceva suo padre abbastanza per dire che era consapevole della spada alla gola, ma non se ne preoccupava.
«Wayland?» rise. «In te non scorre il sangue dei Wayland! Michael Wayland non è nessuno per te...»
«E neanche tu» Rispose con tranquillità. Ed era vero. La lama si spostò leggermente verso sinistra. «Allontanati da Luke.» ordinò.
Valentine scosse la testa sorridendo. «Mai. Non prenderò ordini da un ragazzino.»
Jace spinse la lama che arrivò a toccare la gola di Valentine. Riusciva a sentire il battito attraverso la lunga spada.  «Sono un ragazzino molto ben addestrato» disse. «Mi hai insegnato tu stesso la sottile arte di uccidere. Devo muovere solo due dita per tagliarti la gola, lo sai, vero?» sorrise. «Immagino di sì.»
Gli occhi di suo padre avevano una sfumatura di vittoria. Come se fosse lui a tenere Jace attaccato al muro con la spada alla gola. «Sei abbastanza abile» disse.  «Ma non riusciresti a uccidermi. Sei sempre stato un debole.»
«Forse lui non ci riuscirebbe.» Era Luke. Si era rialzato in piedi tenendosi il braccio che aveva smesso di sanguinare. «Ma io sì. E non sono del tutto sicuro che lui potrebbe fermarmi.»
Lo sguardo di Valentine passò da Luke a Jace. «Hai sentito il mostro minacciarmi, Jonathan» disse Valentine, la voce e lo sguardo carichi di disprezzo. «E tu ti schieri con questo animale?»
«Non ha torto» disse Jace con tranquillità. «Non sono sicuro che potrei fermarlo se volesse farti del male. I licantropi guariscono così in fretta.»
Il viso di Valentine si contrasse in una smorfia. «Così sei come tua madre, preferisci questa creatura, questo demone bastardo, al tuo sangue, alla tua famiglia?»
Jace tremò leggermente, la presa sulla mano era meno salda. Prese un gran respiro e controllò il tremito.  «Tu mi hai lasciato quando avevo dieci anni» disse con una voce misurata. «Mi hai fatto cre-dere che tu fossi morto e mi hai mandato a vivere con degli estranei. Non mi hai mai detto che avevo una madre e una sorella.» Tutto il veleno che sentiva dentro, tutto il dolore lo riverso in quelle parole sperando che lo facessero soffrire come aveva sofferto lui in tutti quegli anni. Ma suo padre era freddo, come sempre.   «Mi hai lasciato solo.»
«L'ho fatto per te... perché fossi al sicuro...» provò a dire Valentine. Clary lo interruppe- «Se ti fosse importato qualcosa di Jace, se ti fosse importato della tua famiglia, non avresti ucciso i suoi nonni. Tu hai assassinato degli innocenti...»
«Innocenti? In guerra non esistono innocenti! Si e-rano schierati con Jocelyn, contro di me! Avrebbero lasciato che lei mi portasse via mio figlio!» Urlò Valentine. Jace non lo aveva mai visto perdere il controllo così.
Sentì Luke sospirare. «Sapevi che ti avrebbe lasciato» disse. «Lo sapevi ancora prima della Rivolta?»
«Ma certo che lo sapevo!» urlò Valentine. Ogni facciata era crollata. «Ho fatto quello che do-vevo per proteggere ciò che era mio e alla fine ho dato loro più di quanto meritassero... la pira funebre riservata solo ai più grandi guerrieri del Conclave!»
«Li hai bruciati» sussurrò Clary inorridita.
«Sì» urlò Valentine. «Li ho bruciati.»
Jace emise un suono strozzato. Un'altra parte della sua famiglia che non avrebbe mai conosciuto. «I miei nonni...»
«Non li hai mai conosciuti» disse Valentine. «Non simulare un dolore che non provi.»
La punta della spada ora tremava con più forza. Sentì una mano salda sulla spalla, non era di Clary. «Calmati» Disse Luke.
Jace prese grandi respiri per calmare il battito accelerato del cuore.  Non smetteva di guardare suo padre. Voleva ucciderlo. Voleva farlo davvero.
«Jace.» Era Clary.  «abbiamo bisogno della Coppa. Oppure sai che cosa ne farà.»
Jace si morse le labbra. Clary aveva ragione. Come sempre. «La Coppa, padre. Dov'è?»
«A Idris» disse suo padre con fermezza. «Dove non la troverete mai.»
«Dimmi...» cominciò ma Luke lo interruppe. «Dammi la spada, Jonathan.»
Con tutto quello che stava succedendo, una cosa così semplice lo sconvolse.  «Cosa?»
Clary si avvicinò. «Dai la spada a Luke. Dagliela, Jace.»
Jace scosse la testa. Se Valentine doveva morire, voleva che fosse per mano sua. «Non posso.»
«Sì, puoi» La voce della ragazza era dolce, come quella notte nella serra. «Ti prego.»
Il battito di Jace era accelerato, ma annuì piano. Luke mise una mano sulla sua che teneva la spada. «Adesso puoi lasciarla, Jonathan» Jace si irrigidì nel sentire il suo nome.  «Jace.» si corresse dopo qualche istante.
Con lentezza, Jace si staccò dalla spada e si allontanò da suo padre, tenendo sempre gli occhi dissi su di lui.
«Avrei un suggerimento» disse Valentine con inaspettata calma.
«Fammi indovinare» rise Luke. «È "non uccidetemi", giusto?»
 Valentine rise di Gusto. «Non mi abbasserei certamente a pregarti.»
«Bene» disse Luke, accarezzando il collo di Valentine con la spada. «Non ti ucciderò, a meno che tu non mi costringa, Valentine. Non voglio ucciderti davanti a tuo fi-glio. Quello che voglio è la Coppa.»
I ruggiti dei lupi si erano fatti più forti. Clary si girò verso Luke ma lui la rassicurò.
«La Coppa è a Idris, ve l'ho già detto» disse Valentine.
Le spalle di Luke erano tese come le corde di violino, ma la voce era calma. «Se è a Idris, hai usato il Portale per arrivarci. Andremo insieme a riprenderla.»
Alzò la voce per farsi sentire sopra il casino che veniva dal corridoio. «Clary resta con tuo fratello. Dopo che saremo andati via, usate il Portale per andare in un posto sicuro.»
«Non ti lascio qui» disse Jace secco.
«E invece sì.» disse Luke e Jace si sentì per un secondo intontito. «Valentine, il Portale. Subito.»
Valentine allargò le braccia, come in segno di resa. «Come desideri.»
Fece un passo indietro e in quel preciso istante la porta esplose. Tutti si girarono verso l'ingresso, anche Luke con la spada ancora in mano.
Sulla porta era comparso un lupo, dalla pelliccia chiazzata di ferite e sangue. Jace impugnò Sansavi imprecando sottovoce.
Clary gli prese il polso con delicatezza. «No... è un amico.»
Jace la guardò sconvolto. Era un lupo, non un amico. Abbassò comunque l'arma.
«Alaric...» sussurrò Luke. Ti avevo detto di rimanere giù con gli altri. Sibilò nella lingua dei lupi. Jace ne fu colpito. Di solito i capibranco usano quelle lingua per dare ordini.
Il lupo si acquattò sul pavimento in segno di resa. Jace seguì il suo sguardo e capì che non stava guardando Luke, ne si stava arrendendo alle volontà del suo capobranco.
Si stava preparando a saltare.
«Luke!» urlò Jace, ma era troppo tardi. Valentine aveva sfilato il pugnale dall'elsa rossa dalla cintura e lo aveva lanciato contro La schiena di Luke.
E avrebbe di certo colpito il bersaglio se un enorme palla di pelo grigia non si fosse frapposta tra la lama d'argento e Luke.
Alaric cadde a terra. Dalla sua pelliccia color cenere sgorgava tanto sangue, che si riversò sul pavimento come un lago rosso. Il lupo sfiorò piano con le zampe il pugnale conficcato nel suo petto con le ultime forze.
Valentine scoppiò a ridere. «Ed è così che ripaghi la lealtà assoluta che hai comprato tanto a buon mercato, Lucian» disse arretrando piano. «Lasciandoli morire per te. »
Valentine continuava ad arretrare. Jace non capì perché. Luke era disarmato, ormai. Aveva lasciato cadere la spada quando si era chinato sul corpo del suo sottoposto. Dove voleva andare?
Dietro la schiena di suo padre, Jace vide brillare qualcosa alla pallida luce delle candele. Qualcosa di liscio e riflettente. Uno specchio.
Bastardo!  Jace imprecò dentro di se. «Resta qui, hai capito? Resta qui!» sussurrò a Clary. E si mise a correre contro suo padre, Sansavi stretta nella sua mano sinistra.
«Non ci pensare nemmeno.» sibilò a Valentine, era voltato verso il portale, lo guardava come un ancora di salvezza.
Alle sue parole si voltò verso Jace, con un sorriso trionfante.
Clary arrivò dietro di lui, ansante. Jace la vide attraverso lo specchio.  «Clary. Ti avevo detto di aspettare.»
«È come sua madre» disse Valentine tastando qualcosa con la mano dietro di se. «Non le piace obbedire.»
Jace tremava ancora, ma la presa sulla spada era salda. «Andrò con lui a Idris, Clary, e riporterò indietro la Coppa.»
Clary sgranò piano gli occhi verdi. «No, non puoi...»
«Hai un'idea migliore?»
«E Luke...»
 «Lucian» disse Valentine, evidentemente contento del nuovo piano.  «sta badando al suo commilitone caduto. Per quanto riguarda la Coppa, e Idris, non sono lontane. Oltre lo specchio, per così dire.»
Jace fece una smorfia. «Lo specchio è il Portale?»
Le labbra di suo padre si mossero nell'imitazione di un sorriso. Si spostò dallo specchio. Ora la superficie non rifletteva più l'immagine di Jace e Clary stanchi e sporchi, ma di Una valle assolata, e di una tenuta in pietra calda sotto il sole. Il cielo era dell'azzurro privo dell'inquinamento, Si sentivano le api ronzare e il canto sommesso degli uccellini che popolavano il luogo dove Jace era cresciuto.
Suo padre disse qualcosa, ma Jace non lo ascoltava. Era tornato con la mente a dieci anni prima. A quando un bambino dai riccioli dorati giocava con suo padre sull'erba verde e fresca che sapeva di primavera. A quando raccoglievano le mele dagli alberi, a quando facevano il bagno nel fiume. Jace sentì la sua bocca aprirsi i un sorriso.
«Puoi ancora tornare a casa» disse suo padre.
Casa.
No, quella non era più casa sua.
Non lo era da un bel po'.
E chissà perché, se ne accorse solo in quell'istante.
«Quella non è casa mia. Adesso è questa la mia casa.»
Il volto di Valentine si deformò dalla rabbia. Come quando disobbediva ai suoi ordini, come quando sbagliava a suonare, come quando gli aveva portato il falco addestrato.«Molto bene» disse Valentine. Mise un piede dentro il portale. Il piede di Valentine toccava l'erba verde di Idris. «Ah» disse. «Casa.»
Jace si avvicinò al portale fermandosi davanti alla cornice dorata, dove appoggiò la mano. Gli sarebbe bastato un passo, un piccolo movimento, e sarebbe tornato ad Idris.
E la voce di Clary lo riportò alla realtà. Non era più il bambino che era cresciuto lì. Era passato tanto tempo da allora. «No, Jace» disse Clary. «Non seguirlo.»
«Ma la Coppa...» Non riusciva più a controllare il tremito alla mano.  «Ci serve.»
«Lascia che la prenda il Conclave! Jace, ti prego.» urlò Clary dietro di lui. « Se attraversi quel Portale potresti non tornare più indietro. Valentine ti ucciderà. Tu non vuoi crederci, ma lo farà.»
«Tua sorella ha ragione.» Valentine era ad Idris. Parlavano attraverso due mondi completamente diversi.  «Credi davvero di poter vincere questa battaglia? Anche se tu hai una spada angelica e io sono disarmato? Non sono solo più forte di te, ma credo anche che tu non abbia il fegato per uccidermi. E dovrai uccidermi, Jonathan, prima che io ti dia la Coppa.»
Jace strinse la presa sulla lama. «Io posso...»
«No, non puoi.» Allungò le mani attraverso lo specchio, strinse il polso di Jace e lo tirò verso di se. La lama era a contatto con la sua carne. Ma non pensava a questo. Le sue mani erano a Idris. «Infilami dentro quella lama. Dieci centimetri, o anche di più...» strattonò ancora e la spada scintillante strappò il tessuto della sua camicia.
Una macchia rosso cremisi si espanse sul petto di Valentine. Era sangue. Ed era stata la sua lama a versarlo.
Jace inorridì. Si liberò della stretta di suo padre e barcollò indietro. Lontano dal portale, lontano da Idris.
«Come pensavo» sogghignò Valentine. «Troppo debole.» E tirò un pugno in direzione della sua mascella. Jace rimase un attimo confuso. Suo padre non era tipo da lotta a mani nude, preferiva le lame.
Solo dopo capì che non era diretto a lui quel colpo, ma alla superficie scintillante del portale.  A contatto con le nocche del Nephilim il vetro andò in mille pezzi producendo il rumore che avrebbe fatto un elefante in una cristalleria. Jace vide la tenuta di Idris sparire sotto il suo sguardo, e l'ultima cosa che vide fu la pioggia di cristalli distrutti cadergli intorno come una pioggia scintillante.
 
Solo quando la pioggia di Cristalli finì Jace ritrovò la forza di pensare.
Era finita. Valentine era scappato con la coppa mortale. Non era stato in grado di fermare il cattivo. Si sentì tremendamente giovane e vulnerabile, come se d'improvviso fosse tornato ad avere dieci anni.
E le ginocchia non lo ressero più. Si lasciò cadere, guardando i pezzi di un luminoso argento che fino a qualche momento prima gli avevano offerto di tornare ad Idris.
Jace vide un pezzo più grande di vetro frastagliato. Aveva catturato l'immagine di un cielo azzurro. Si intravedeva l'ombra delle foglie, sentiva quasi il caldo del sole sulla pelle. Lo rigirava tra le mani con lentezza, era tutto quello che poteva vedere di quella che era stata la sua casa per tanto tempo. Un pezzo di cielo, l'ombra delle foglie.
Sentì un rumore di vetri calpestati dietro di lui. «No.» Sussurrò Clary al suo fianco, mettendogli un braccio intorno alle spalle.  «Non c'era nient'altro che tu potessi fare.»
«Sì, c'era.» Guardava i pezzi di vetro davanti a lui, Come se potessero riunirsi e mostrargli ancora una volta quell'immagine, solo una volta. «Avrei potuto ucciderlo.» le mostrò la piccola scheggia di portale che teneva in mano.  «Guarda» disse.
Clary guardò la scheggia. Aveva gli occhi verdi spalancati e lucidi. Tristezza, o pietà verso di lui?  «Jace...»
«State bene?» era Luke. Ma Jace non si voltò ne disse alcunché
«Abbastanza». Rispose Clary senza alzarsi. «Alaric...?»
«È morto» tagliò corto Luke. La sua voce non era quella di un capobranco che perde un sottoposto. Era di una persona che perde un amico.
 «Mio padre è scappato» disse Jace. Non a Luke, non a Clary. Non a sé stesso. Ricapitolava come quando era bambino. «Con la Coppa. Gliela abbiamo praticamente consegnata noi. Abbiamo perso.»
Capì subito che era la mano di Luke a spazzolargli via dai capelli i pezzetti di vetro. Non per gli artigli da lupo, ma perché avrebbe riconosciuto il tocco di Clary in mezzo a mille altri.«Non abbiamo perso» disse Luke.
La ragazza di inginocchiò accanto a lui. Gli strinse una mano tra le sue e Jace lo trovò rincuorante, Ma non come ti rincuora una sorella. Di certo. «Va tutto bene» gli sussurrò piano. «Abbiamo ritrovato la mamma, abbiamo ritrovato te... abbiamo tutto ciò che conta. Non abbiamo perso. Non abbiamo affatto perso.»
Jace chiuse gli occhi.  «Aveva ragione lui. È per questo che non sono riuscito ad attraversare il Portale. Non potevo farlo. Non potevo ucciderlo.»
«Solo se tu l'avessi fatto» disse Clary «avremmo perso.»
«Clary.» sussurrò. E gli parve così vicina accanto a lui, poteva allungare una mano e sfiorarla. Ma sempre così lontana, chilometri e chilometri distante. La ragazza gli prese il pezzo di vetro tagliente dalle mani, lasciandola cadere in mezzo a tanti, piccoli altri pezzi di Idris.« Senti, Jace. » lo rimproverò con dolcezza. «Non lo sai che non bisogna giocare con i vetri rotti?»
Soffocò la risata che sentiva salire. Lei lo aveva salvato. In ogni modo in cui una persona può essere salvata. Lo aveva reso ciò che era adesso, lo aveva reso felice, per qualche strano motivo. Le gettò le braccia al collo, la strinse forte a sé e ripeté ancora il suo nome. Una, dieci, cento volte. All'infinito se possibile, come se quella lenta e dolce litania potesse salvarlo dal dolore per la perdita del primo vero amore della sua vita.
 
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: ClaryMorgenstern