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Autore: Scarlett Sakura    26/06/2011    1 recensioni
Mi ritrovo di fronte a quella piccola casetta malandata che ha contenuto tutti i miei sogni, le mie speranze e il mio amore.
La scatola dei sogni…
[4° classificata al contest "[Mini Original 1] Lo Yuri e... la Scatola" indetto da Eylis.]
Spin-off della fiction "Kikan no mura - l villaggio del tempo", ma può essere letta in maniera del tutto indipendente.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Spiriti...'
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Nick dell’autore: Koishan Sokujo.
Titolo:
La scatola dei sogni.
Tipologia:
one-shot.
Lunghezza:
4591.
Genere:
introspettivo, sentimentale, sovrannaturale.

Avvertimenti: shoujo-ai.
Rating:
giallo.
Credits:
nessuno.
Note dell'autore:
questa storia è uno spin-off di una short-fiction che ho scritto tempo addietro. Può essere tranquillamente letta in maniera indipendente in quanto, Izumi e Shigehito, non sono i protagonisti della storia. L’elemento sovrannaturale è tenue ma comunque presente.
Introduzione alla storia:
Mi ritrovo di fronte a quella piccola casetta malandata che ha contenuto tutti i miei sogni, le mie speranze e il mio amore.
La scatola dei sogni…

 

 

 

 

 

 

 

La scatola dei sogni

 

 

 

 

 

 

 

 

I petali iniziano a cadere lentamente, segno che la primavera è alle porte. E’ strano camminare sotto questa fitta pioggia confettata. Sembra quasi di trovarsi su un sentiero distaccato dal mondo esterno. Sa di magia ed è davvero molto bello. Quante volte ho percorso questa stessa strada, da ragazzina? Così tante volte che mi è impossibile ricordare. Il rumore dei miei tacchi che colpiscono qualcosa mi risveglia dal mio stato di trans. Una ghianda, ecco cosa ho pestato. Sorrido ripensando a cosa essa significhi per me. Riprendo tranquillamente la mia marcia, dando ogni tanto un’occhiata in giro. Non perché temi di veder sbucare un’animale selvatico, ma semplicemente voglio assicurarmi che nessuno sia nei paraggi del mio “posto segreto”.

Mi fermo all’improvviso e un sorriso nasce spontaneo dalle mie labbra. Sono arrivata. Anzi, sarebbe più corretto dire: sono “ritornata”.

Mi ritrovo di fronte a quella piccola cassetta malandata che ha contenuto tutti i miei sogni, le mie speranze ed il mio amore.

La scatola dei sogni…

 

 

 

 

16 Aprile, Anno 2001

 

 

 

 

Era la seconda settimana di aprile. La scuola era iniziata da soli quindici giorni e già non ne potevo più. Non ho mai avuto grandi aspettative dalla vita, né una vera voglia di stare su questa terra, semplicemente mi limitavo ad esistere. Per me, il mondo esterno non aveva senso. Era il mondo dei miei pensieri il vero centro della mia esistenza e in quanto tale vivevo solo per esso. Poco mi sarebbe importato se un meteorite fosse caduto ed avrebbe devastato la città. Non c’era niente per cui valesse la pena di vivere, nessuno.

Tutto cambiò quando incontrai Kaori.

Ero uscita prima e mi ero diretta sulla collina che affacciava sulla città. Non era particolarmente fertile per questo era semi abbandonata e poche persone ci andavano. In pratica, nessuno sapeva cosa esattamente ci fosse nascosto tra i suoi alberi. Meglio per me, nessuno avrebbe mai scoperto il mio segreto.

Camminavo lenta e tranquilla permettendo al vento di scuotere la treccia in cui avevo legato i miei capelli castano chiaro. Erano ricci e molto mossi, se per una ragazza era motivo di vanto, per me erano solo un fastidio. Tutti dicevano che i miei occhi erano un castano talmente chiaro da sembrare ambrati, che sciocchezza. Nel fisico ero nella media, non ero grassa ma neppure troppo magra. Pelle chiara ma non pallida. Una ragazza assolutamente ordinaria. Niente di speciale, ma io ero felice così. Essere fuori dagli schemi, per me, voleva dire attirare attenzioni che non avevo mai gradito.

Proseguii la mia consueta passeggiata quando udii una lieve risata. Mi bloccai sorpresa. Non vi era mai stata anima viva lì, da quel che ricordavo. Il riso proveniva dalla parte ovest del boschetto, vicino al fiume. Curiosa di sapere chi mai potesse essere, mi ci diressi senza alcuna fretta. Male che andava sarei ritornata sui miei passi. Giunsi vicino alla sponda destra del corso d’acqua, e fu allora che la vidi per la prima volta.

Ricordo i lunghi capelli neri lasciati sciolti vittime del vento. Stava giocando con non so cosa e, quando feci per avvicinarmi, calpestai una ghianda provocando un piccolo rumore che la portò a girarsi. Notai due grandi occhi castano scuro coperti da un paio d’occhiali ancor più grandi. La pelle era molto chiara, per non parlare delle braccia sottili, segno che non godeva di una buona salute. Rimanemmo a fissarci per non so quanto tempo, fino a quando lei non mi sorrise e mi parlò per la prima volta.

<< Vuoi aiutarmi? >> all’inizio non capii poi, quando indicò un punto preciso accanto a lei, vidi una piccola volpe bagnata. << E’ caduta in acqua ed ora sto cercando di asciugarla. Ti va di aiutarmi? >> non so ancora per quale motivo, ma scesi dal piccolo sentiero per andarle incontro. Mi accostai ai due e, mentre io tenevo a bada il piccolo animale, lei lo asciugava.

<< Cosa ci fai qui? >> non riuscii ad impedirmi di domandarle. Sapevo che era scortese da parte mia, ma non mi andava che qualcun altro bazzicasse in quel posto. Lei non sembrava essersela presa a male e continuando la sua opera mi rispose:

<< Stavo facendo una passeggiata e, per caso, ho sentito questa piccolina lamentarsi. Sono corsa qui e l’ho trovata aggrappata disperatamente ad un rametto. >> appena ebbe terminato accarezzò la testa dell’animale e con uno strano sorriso proseguì: << Lei vuole vivere, è evidente. >>

<< Capisco. >> fu tutto quello che riuscii a dire in quel momento. Non sapevo perché, ma quella sconosciuta mi provocava strane sensazioni. La cosa mi lasciava perplessa, anche perché l’avevo appena incontrata.

<< Io mi chiamo Kaori, Haruno Kaori. Piacere. >> allungò una mano sempre sorridente e, dopo qualche secondo d’indecisione, feci altrettanto.

<< Aki Kaze. >> le strinsi la sua e non potei fare a meno di notare quanto fosse delicata e pallida. Il suo polso sembrava veramente sottile. “Questa ragazza non sta affatto bene.”, fu l’unica cosa che pensai all’epoca. Non potevo nemmeno immaginare quanto avrei sofferto per questo. << Ora devo andare. >> non avevo voglia di trattenermi un minuto di più. Ero già abbastanza in ritardo coi tempi.

<< Te ne vai già? >> sembrava delusa, forse in cuor suo sperava che le facessi un po’ di compagnia. Peccato che allora fossi troppo egoista per preoccuparmi dei sentimenti altrui.

<< Si, ho da fare. >> mi alzai e feci dietrofront senza neppure aspettare una sua risposta, che comunque arrivò.

<< Domani sarò qui alla stessa ora. Mi piacerebbe rivederti. >>

<< Non credo di poter venire. >>

<< Allora dopodomani. >>

<< Non posso lo stesso. >>

<< Allora ti aspetterò ancora. >>

<< Fa come vuoi. >> le dissi più colpita dalla sua determinazione che per vero fastidio. Me la lasciai alle spalle diretta verso l’unico posto al mondo dove riuscissi a sentirmi davvero bene.

 

 

 

 

Il vento è davvero una benedizione in questa stagione. Mi permette di respirare appieno il profumo dei fiori, della terra, del cielo… il suo profumo.

La casetta ha un aspetto decisamente più umano rispetto a come la ricordo io. Ci sono più colori, meno legno marcio e decisamente più luce. Si, qualcuno deve essersi occupato di lei in questi anni…

 

 

 

 

21 Aprile, Anno 2001

 

 

 

 

Passarono cinque giorni dal nostro primo incontro e non mi presi mai la briga di scendere sino al fiume per vedere se quella ragazza fosse ancora lì ad aspettarmi. Semplicemente poco m’importava. Lasciai che le cose proseguissero da sole, almeno fino a sabato.

Era stato bel tempo tutta la settimana ma quel giorno decise di piovere. Essendo il week end ero uscita prima da scuola quindi mi trovavo nella mia scatola dei sogni già da prima di pranzo. Quando la pioggia iniziò a scendere stavo mettendo in rodine delle cose. Senza un vero motivo mi affacciai e, senza volerlo, pensai a Kaori. Quella ragazza non godeva chiaramente di buona salute, quindi era ovvio che non dovesse assolutamente stare tropo tempo al freddo. Pensai d’infischiarmene ma, quando la pioggia si trasformò in una tempesta, presi il mio ombrello e uscii senza pensare.

Qualcosa dentro di me mi diceva che era ancora li. E purtroppo non mi sbagliai. Si era rifugiata sotto un albero e stringeva le braccia al petto tremando per il freddo. Indossava un pesante capotto ma sotto di esso vi era solo una specie di camicia da notte.

<< Santo cielo, ma quale persona se ne va in giro in camicia da notte? >> corsi per i pochi metri che ancora ci separavano e quando lei mi vide sorrise raggiante.

<< Sei venuta! Finalmente, sono cinque giorni che aspetto. >>

<< Guarda che se non era per la pioggia non sarei mai venuta qui. Tieni. >> le diedi il mio ombrello e nel giro di dieci secondi ero completamente fradicia. Di portarla a casa mia non se ne parlava, quindi la condussi nell’unico posto possibile: la scatola dei sogni. La presi per mano e correndo ci avviamo per il sentiero. Kaori fece molta fatica a starmi dietro per cui fui costretta a rallentare inzuppandomi del tutto.

<< Che posto è? >> mi chiese poco prima che aprissi la porta e la facessi entrare.

<< La mia seconda e vera casa. >> si guardò attorno stupita mentre io mettevo su il tè e prendevo dei vestiti puliti. Le indicai il bagno dandole gli abiti asciutti. La stanza era provvista solo di un wc e un lavandino, ma fortunatamente non serviva altro.

<< E’ davvero bellissima. >> le sentii dire dall’altro lato della camera.

<< E’ la mia scatola dei sogni. Ritieniti onorata di essere qui, non ci ho mai portato nessuno. >> presi due tazzine dal mobiletto di legno accanto al fornello che fungeva anche da cucinino.

<< Ti sono molto grata di questo. >> disse dopo essere uscita dal bagno ed aver indossato la tuta che le avevo dato. Intanto continuava a guardarsi attorno. Non era una reggia e neppure una vera casa. Più che altro una stanza con svariate cianfrusaglie utili per vivere li un paio di giorni. La cosa che più saltava all’occhio era la parete destra interamente occupata da una libreria piena di libri vecchi. In un armadio a muro vi erano coperte per un futon e dei vestiti mai usati da nessuno. Al centro della stanza regnava un tavolino basso e, sulla parte ovest, un altro mobiletto con ogni sorta di oggetti. Era strano a dirsi, ma lì c’era tutto il mio mondo.

<< Questo è il mio mondo. >> sentii il bisogno di dare voce al mio pensiero e subito dopo me ne pentii. Come avrebbe potuto lei capire cosa provavo io? Probabilmente doveva essere cresciuta nell’affetto degli altri, non poteva essere altrimenti per una creatura così buona.

<< Ti capisco. >> mi disse invece, anche se io ne dubitai. << Ognuno di noi cerca a questo mondo un posto dove poter stare solo con se stesso. Qualcosa di unicamente tuo, dove puoi vivere come vuoi, con chi vuoi. >> mi guardò così intensamente negli occhi che mi ritrovai ad arrossire. << Sei molto fortunata ad averlo trovato. >>

<< Lo so. >> forse ero stata più scorbutica del dovuto ma era il solo modo che conoscevo per difendermi. << Vuoi dei biscotti? >> le chiesi quasi per scusarmi. Mi accomodai al tavolino aspettando che Kaori si decidesse a fare altrettanto.

<< Si, grazie. >> addentai una di quelle delizie al cioccolato e, dopo averla osservata di sottecchi per un po’, mi decisi a porle la domanda che da molto mi assillava.

<< Tu… >> alzò lo sguardo curioso verso di me. << Sei malata, non è vero? >> sussultò lievemente di fronte al quesito postole. Poggio il biscotto e si pulì le briciole che ancora erano sulle sue labbra. Rimasi quasi incanta di fronte a quel semplice gesto, chiedendomi se la sua bocca sapesse di cioccolato, ma soprattutto se fosse morbida come sembrava. Stranamente,, questo pensiero non mi scosse ne mi spaventò. Non mi ero mai reputata normale, ma nemmeno strana. Una coi gusti che vuole, insomma.

<< Hai indovinato. >> aveva ripreso a sorridere eppure vi era una certa tristezza nel suo sguardo. Era un misto di consapevolezza e rassegnazione. << Sono nata con un problema al cervello. Da piccola mi hanno sottoposto a svariate terapie e sembrava che la cosa funzionasse. Purtroppo, il mio fisico non risponde più alle cure. Il dottore ha detto che col passere del tempo il mio cervello inizierà a vacillare e quindi non sarò più in grado ne di intendere, ne di volere. In pratica, non riconoscerò nessuno. >>

<< Mi dispiace. >> le mie non erano solo parole di circostanza, mi dispiaceva davvero per lei. Pensai che doveva essere orribile non aver alcun controllo sul proprio futuro e su se stessi.

<< Ormai sono rassegnata alla mia sorte. Per questo ci tenevo a trascorrere un po’ di tempo con me stessa, memorizzando quei piccoli particolari della vita che mi sono sempre sfuggiti per colpa del mio male. >> bevve un sorso della bevanda in assoluta tranquillità, parlare del suo tragico futuro non la preoccupava più del dovuto. << Tu hai un sogno? >>

<< Eh? >> la domanda mi colse talmente di sorpresa che non capii cosa volesse da me. Un sogno… non ci avevo mai pensato con vera serietà. << Si e no. Tanti e nessuno. So cosa vorrei fare ma non ho la forza per combattere. >> ammisi in un moto di totale sincerità.

<< Davvero? >> era stupita, curiosa, ma non vi era alcuna ombra di compatimento nei suoi occhi. Gliene fui grata, non sopportavo di suscitare la pietà altrui. << Io ne ho uno preciso. Lo vuoi sapere? >> annui presa dalla sua foga. Doveva essere qualcosa di molto importante perché le sue guance da pallide che erano divennero rosate e gli occhi le brillarono di gioia. << Io voglio… >> un forte tuono scosse il cielo ma riuscii comunque a capire le sue parole.

<< Buon per te. >> rimasi incantata a rimirare la pioggia. Mi piaceva stare in silenzio e udire unicamente il ticchettio dell’acqua che scendeva rapida dal cielo. << Se vuoi, tu… >>

<< Si? >>

<< Puoi venire qui tutte le volte che vuoi. A patto che tu non lo dica a nessuno. >>

<< Davvero? Ti ringrazio! >> sembrava davvero felice, così come io ero stupita di me stessa. Avevo giurato che nessuno avrebbe mai varcato quella soglia, che nessuno avrebbe contagiato il mio mondo fatto di illusioni. Non era più così.

 

 

 

 

La vita è davvero strana. Per anni avevo vissuto nella convinzione che non mi sarei mossa da qui per nessun motivo. Che non mi sarei mai innamorata. Non sono mai stata un tipo che addita e giudica gli altri. Ognuno deve vivere la propria felicità come meglio crede, purché questo non significhi calpestare quella degli altri.

Le parole hanno tanti significati eppure noi ci limitiamo a vedere solo la superficie, mai a scavare a fondo.

 

 

 

 

4 Giugno, Anno 2001

 

 

 

 

Era il primo lunedì di Giugno. Quel pomeriggio ero andata a prendere Kaori giù al fiume, come al solito. In quel mese mi aveva raccontato tante cose. Di quando aveva iniziato a sentire i primi sintomi, dei suoi ricoveri, le sue innumerevoli operazioni, i suoi progetti. Sembrava incredibile eppure lei ne aveva tanti di sogni, proprio come me. Solo che, a differenza mia, lei combatteva per cercare di realizzarli. Io no. Mi limitavo a portarli nella mia scatola e cullarmi con essi al suo interno.

<< A cosa stai pensando? >> mi chiese mentre si girava verso di me. Eravamo entrambe stese per terra a contemplare il soffitto ed a mangiare granita. Vi era un bella frescura. Il calore del sole penetrava dalla finestra permettendo di riscaldare l’ambiente ma senza alcuna nota afosa. Una giornata perfetta, insomma.

<< A due miei compagni di classe. >>

<< Chi? >>

<< Un ragazzo di nome Murakami Shigehito e una ragazza, Kawazoe Izumi. Lei fa l’esorcista, lui invece lavora come suo assistente. Strana coppia. >>

<< Invece sono fantastici. >> la guardai senza capire.

<< Izumi è una mia vecchia amica, quindi conosco entrambi. >> mi disse rispondendo alla mia muta domanda.

<< Ah, ecco. Comunque li ho incontrati mentre stavo per uscire da scuola. >> era più corretto dire “scontrati”. << Stavo scendendo le scale quando ho messo un piede in fallo e sono scivolata. Qualcuno mi ha afferrato la mano e voltandomi ho visto Murakami davanti a me. Mi ha chiesto se stavo bene, ma la cosa che mi ha sorpreso è che sembrava sinceramente preoccupato. Appena mi sono allontanata da lui ho incontrato Izumi che mi ha chiesto la stessa cosa. Pensando che si riferisse alla storia delle scale gli ho risposto “bene”. Stranamente non aveva l’aria convinta. >>

<< Sono tuoi amici. >> esalò tutto d’un tratto.

<< Io non ho amici. >> specificai con più acidità del previsto. << A parte te. >> ci tenni a precisare.

<< E’ questo che sono? Un’amica? >> chiese quasi con una punta di delusione nella voce.

<< Credo di si. >> le rispose non capendo la domanda. Non era nelle mie intenzioni offenderla o rattristarla.

<< Posso baciarti? >> mi chiese di punto in bianco. Rimasi stupita per qualche secondo, poi annui convinta. Ben lontano dal sentirmi imbarazza oppure offesa. Ci sporgemmo entrambe contemporaneamente e le nostre labbra si toccarono dapprima dolcemente, poi la invitai a schiudere le sue per lasciar incontrare le nostre lingue. Fu strano percepire al tatto la sensazione della sua pelle contro la mia, ma non mi dispiacque affatto. Ad un certo punto ci staccammo e lei mi guardo negli occhi intensamente. Sembrava preda di qualche battaglia interiore, come se non sapesse cosa fare.

<< Cosa c’è? >> le accarezzai piano una guancia, la paura di farle male vinceva sempre su tutto.

<< Ascolta, io non potrò mai darti più di questo. Il mio corpo non me lo consente. >> cacciò tutto insieme e senza guardarmi più di tanto. Era veramente in imbarazzo. Io sorrisi dolcemente e proseguii nella mia carezza.

<< Non importa, a me basta. >> strofinai la mia fronte sulla sua in un gesto tenero. << Ti voglio bene. >> avrei voluto dirle “ti amo”, ma qualcosa di non ben definito me lo impedì. Sorridendoci con un certo imbarazzo riprendemmo a baciarci. Non so quanto tempo passammo a coccolarci e toccarci, so solo che fu uno dei momenti più belli della mia vita.

 

 

 

 

18 Giugno, Anno 2001

 

 

 

 

Avvertivo una spiacevole sensazione quel giorno. Kaori non era con me perché doveva sottoporsi ad un’operazione di routine. Tutto normale. Eppure ero stranamente inquieta. Lei non aveva voluto che la raggiungessi, per tanto aspettai una sua chiamata.  Il tempo era piuttosto instabile, pensavo fosse colpa del cambio di stagione tra primavera ed estate. Il cellulare squillò all’improvviso facendomi prendere un colpo. Avevo paura e non ne capivo il perché.

<< Pronto? >> risposi senza guardare il numero.

<< Kaze? Sono Shigehito. >> al suono della sua voce sussultai. Non era tranquillo come al solito, nemmeno impacciato. Sembrava triste, rassegnato.

<< Perché mi hai chiamato? >> gli domandai a bruciapelo. Non era accaduto nulla eppure sembrava essere successo di tutto.

<< C’è stato un problema, con l’operazione. Il cervello non ha risposto bene, però dicevano che non dovevamo preoccuparci. Cioè, era tutto sottocontrollo… >>

<< Che cosa è successo?! >> quasi lo gridai tant’era l’angoscia che avevo in corpo.

<< Kaori è morta! >> fu tutto quello che riuscii ad udire prima di accasciarmi al suolo. Non feci caso ai singhiozzi provenienti dall’altro lato della cornetta, il resto fu il nulla.

 

 

Pioveva.

Non ho idea di quanto tempo rimasi seduta per terra con le ginocchia al petto. Minuti, ore, o forse giorni… non lo so. Tutto ciò che ricordo è la finestra che continuai a fissare con insistenza, come se sperassi di veder comparire la persona che amavo da un momento all’altro. Ricevetti alcune chiamate ma non risposi neanche ad una di esse. Non volevo essere consolata, non volevo andare al suo funerale, non volevo lasciare la mia scatoletta dei sogni. Desideravo restare li per sempre e aspettare di scomparire per poter raggiungere la mia amata.

<< Kaze… >> mi sembrava di sentire la voce di Kaori. << Kaze… >> dovevo essere impazzita del tutto, addirittura la vedevo inginocchiata di fronte a me. Vedevo il suo sorriso triste e la sua mano allungarsi verso di me. Tentò di toccarmi ma non vi riuscì. Fu solo quando la porta si apri che mi resi conto di non avere le visioni. Lei era lì, davanti a me. Purtroppo non eravamo sole, Izumi e Shigehito erano arrivati senza invito. Mi focalizzai su di lui, ricordavo ancora la telefonata. Ma fu solo quando vidi la prima che capii ogni cosa. Lei era un’esorcista ed, in quanto tale, era venuta per esorcizzare l’anima di Kaori. L’avrebbero portata di nuovo via da me… per sempre. No, non potevo permetterglielo.

<< No! Non mi porterete via l’unica persona che abbia mai amato, che mi abbia mai amato. >> lo dissi con tutta l’energia che mi era ancora rimasta.

<< Non sono venuta qui per questo. >> Kawazoe si rivolse al fantasma dell’altra ragazza. << Dovrai pensarci tu. >>

<< Lo so. >> le rispose con estremo rammarico. Chiuse gli occhi per un istante prima di riaprili su di me, sulla mia figura accucciata davanti a lei. << Kaze, devi lasciarmi andare. Questo non è più il mio mondo, non riuscirai mai ad essere felice se io rimango qui. >>

<< No, no, no, no! >> ripetevo come una bambina che non voleva separasi dalle braccia materne.

<< Ti prego, non rendere tutto più difficile. >> anche se non era più in vita e non poteva più piangere percepivo il suo dolore, la sua angoscia e la disperazione.

<< Se tu te ne vai, io che cosa faccio? Che ne sarà di me? Ti prego, portami con te. >> ormai le lacrime scendevano senza alcun ritegno. Mi stavo comportando come una sciocca immatura ma Kaori era stata la cosa più bella che mi fosse capitata nella vita. << Io ti amo. >> le dissi soltanto in un ultimo disperato tentativo di trattenerla lì.

<< Anche io ti amo e ti amerò per sempre. Ma proprio per questo ognuno deve restare nel mondo che le appartiene, tu devi vivere per te, per me e per tutte quelle persone che ti vogliono bene. >>

<< No. >> scossi la testa con forza mista a rabbia. << Nessuno mi vuole bene. Nessuno mi ha mai cercato quando sparivo di pomeriggio, nessuno mi ha mai chiesto cos’avessi, nessuno. >> conclusi in preda ai singhiozzi. Non ce la facevo più. Quello era tutto il dolore che avevo accumulato negli anni, colpa di due genitori inesistenti e un carattere troppo chiuso per esprimere al meglio i miei sentimenti. Percepii qualcuno avvicinarsi a me. Alzai lo sguardo senza alcuna voglia di starlo a sentire. Era Shigehito.

<< Io e Izumi siamo venuti qui, per te. >> allungò una mano invitandomi ad afferrarla, e in quel momenti ricordai una cosa importante. Quando stavo per cadere e lui aveva stretto la mia mano, mi aveva chiesto se stavo bene. Anche Izumi aveva fatto altrettanto. Non temevano che mi fossi fatta male perché sapevano che non era così, erano preoccupati per me. Sapevano che c’era qualcosa che non andava. Quando ci ripensai mi resi conto che, ogni volta che entravo e uscivo dalla classe, loro mi salutavano sempre. Erano gli unici a farlo. E sapevano che ero lì.

<< Come sapevate che… >>

<< Ti abbiamo seguita. >> mi disse semplicemente l’esorcista. << L’anno scorso hai preso l’abitudine di sparire spesso. Visto che non parlavi con nessuno abbiamo deciso di seguirti e, una volta accertati che stessi bene, abbiamo deciso di lasciarti in pace. Se mai avessi voluto, noi ti avremmo aiutato, come stiamo facendo adesso. >>

<< Hai visto? >> Kaori sorrideva felice, poteva andarsene sapendo che non sarei mai stata più sola. Adesso c’era qualcun’altro accanto a me. << Tu non sei mai stata sola. Avrai sempre una spalla al tuo fianco, anche se non sarà la mia. Perciò va avanti e vivi la tua vita, la nostra vita. >> era ora. Non potevo più rimandare. Mi alzai con le ultime esigue forze che mi erano rimaste in corpo e la guardai con tutto l’amore che un ragazza di sedici anni può provare.

<< Ti amo, ti ho amato e ti amerò per tutta la vita. Non so se un giorno riuscirò ad incontrare un’altra persona capace di farmi innamorare nuovamente, ma non smetterò mai di pensarti. Ci sarà sempre un posto per te nel mio cuore. >>

<< Lo so. >> mi rivolse il suo ultimo e più dolce sorriso. << Anche se non mi vedrai, anche se non potrai toccarmi, sarò sempre con te. >> voltò lo sguardo per incrociare quello di Kawazoe. << Posso darle un ultimo bacio? >>

<< Certo. >> non capii subito cosa stavano per fare, vidi solo loro due avvicinarsi e la mia amata sparire per un attimo nel corpo dell’altra. Vidi l’esorcista pronunciare delle strane frasi e allungare le mani verso di me. L’immagina di Kaori si sovrappose alla sua. L’abbracciai senza pensarci un secondo. La guardai negli occhi per un istante che mi sembrò durare una vita intera. La baciai, poggiai le mie labbra sopra le sue in un bacio che sapeva di amore, tristezza e passione. Le nostre lingue si amarono come i nostri corpi non avevano mai potuto fare. Non fu un semplice scambio di liquidi, ma di emozioni e di pensieri. Quando mi staccai trovai lo guardo della sua proprietaria che diceva tutto. Kaori se n’era andata per sempre.

<< Kaori. >> feci l’unica cosa che mi era rimasta da fare. Caddi in ginocchio abbracciando la vita della ragazza e piangendo tutto il dolore che avevo dentro. Da una piccola parte di me stessa vedi Shige togliersi gli occhiali e asciugarsi una lacrima mentre Izumi mi tenne stretta a se senza cercare di consolarmi, senza dire una parola. Gliene fui infinitamente grata. Non avevo bisogno di pietà o parole vuote, solo di un paio di braccia e di un gran silenzio.

 

 

 

 

Non ho mai cercato di dimenticare Kaori, ne ci sono effettivamente riuscita. Oggi, a distanza di sette anni, riesco a pensare a lei con un moto di nostalgia mista a malinconia. Mi manca sempre terribilmente eppure riesco a vederla come il più dolce dei ricordi, ma non con vera tristezza. Sono strana, lo so.

Subito dopo aver smesso di piangere, il giorno del nostro addio, ho lasciato la mia scatola dei sogni per gettarmi nel mondo reale e vivere quella vita che ho sempre rinnegato. Chissà perché le persone si rifugiano in una scatola. Me lo sono chiesto tante volte e credo di aver trovato una risposta, alla fine. Perché siamo anime troppo innocenti per vivere in un mondo così sporco.

Io, Izumi e Shigehito siamo rimasti buoni amici, questi due si sono addirittura sposati. Alla fine ho realizzato il sogno di Kaori, che è anche il mio: diventare un’insegnate.

Specchiandomi nel vetro della finestra della casetta vedo una donna con lunghi capelli castani, sciolti in morbide onde, con un tailleur viola e scarpe col tacco. Sette anni fa non avrei scommesso uno yen su un mio così drastico cambiamento. Adoro il mio lavoro e adoro i bambini, per tanto farò di tutto perché ognuno di loro possa trovare il suo posto nel mondo. Intanto, la mia scatola dei sogni, rimarrà tale per sempre. Probabilmente appartiene già a qualcun altro, chi può dirlo. Dopo la morte di Kaori non ci sono più tornata. Era ora che abbandonassi il mio mondo fittizio per gettarmi in quello reale. Il tuffo non è stato così male.

Vedo due ragazze avvicinarsi tutte sorridenti. Si fermano per un attimo guardando me e sembra quasi vedano un nemico. Le capisco perfettamente. Mi viene da ridere ripensando alla me stessa del passato. Credo sia il caso di levare le tende. Sono tornata oggi, il giorno dell’anniversario della sua scomparsa, solo per dirle che sono felice.

<< Sto bene, Kaori. >> mi sembra quasi di vederla annuire mentre sorride felice. Forse non è solo un’illusione. Mi volto per tornare sui miei passi e senza provare alcuna voglia di entrare nella scatola dei sogni.

 

A Izumi e Shigehtio dico grazie…

 

A te Kaori addio…

 

E a tutti quelli che cercano una scatola dei sogni,  buona fortuna.

 

 

 

 

Fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Banner quarta classificata:

 

 

 

 

Koishan Sokujo - La scatola dei sogni

Grammatica, sintassi, ortografia e lessico: 6,5 / 10
Sviluppo della trama: 10 / 10
Caratterizzazione dei personaggi: 9,5 / 10
Espressività: 9,5 / 10
Originalità: 7 / 10
Attinenza al tema e ai parametri posti: 10 / 10 

Valutazione finale: 8,75 / 10
A livello di forma il testo contiene molti errori, di diverso tipo, anche se rimane comunque scorrevole e piacevole alla lettura. Una buona rilettura è necessaria.
A livello di contenuto ho trovato la storia davvero dolce ed espressiva, l’unica nota che posso fare su questo punto è che il passaggio in cui intervengono i due esorcisti risulta un po’ “stitico”, meno fluente, i due personaggi non sono ben chiari. La trama si sviluppa comunque molto bene, con la giusta attenzione ad ogni passaggio, e i flashback sono utilizzati in modo egregio. Non ho trovato il racconto particolarmente originale ma si tratta comunque di una storia coinvolgente, soprattutto per la prima parte.
Temi e parametri sono stati rispettati ben rispettati, molto interessante l’uso del tema “scatola”.

   
 
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