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Autore: Neal C_    26/06/2011    4 recensioni
Virginia Foster si trasferisce in una cittadina anonima, Rodeo, in California. Abituata ad essere sempre la prima della classe neppure alla Pinole Valley High School si smentisce e così non può rifiutare una richiesta della cordinatrice del suo corso: aiutare un compagno di classe particolarmente refrattario allo studio, con la testa perennemente nella musica, spesso assente e in continuo conflitto con i professori a cui si rivolge con linguaggio piuttosto colorito, contestando tutto.
Saprà rimettergli la testa a posto o verrà trascinata nel suo mondo di insoddisfazione, di ribellione e continuo rifiuto?
Ha solo cinque mesi per convincerlo* che la scuola non è tutta da buttare, lei che nei libri e nella cultura ci naviga fin da bambina.
*(Armstrong abbandonerà il liceo il 16 febbraio 1990, il giorno prima di compiere diciott'anni.)
[Rating Giallo: linguaggio colorito]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Virginia Foster 1989-2004'
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Novembre
fracasso d’inferno

Diciamo che niente è andato come avevo previsto, come avevo sperato, insomma, come doveva andare.
Sono andata dalla Carson per chiederle di cambiare “allievo”.
Lei mi ha ricevuto nel suo piccolo ufficio stipato di roba; gli armadi minacciavano di far saltare lo spago che era stato messo per reggere la capienza. Poi ho scoperto che, oltre alla sua roba, là dentro c’era tutto l’archivio di certe pratiche di registrazione di non so cosa.
Beh, diciamo che non mi interessava più di tanto, quello che mi importava e che mi ha strappato il primo sorriso della giornata è stato scoprire che Mrs. “prima donna” doveva dividere l’ufficio con chili e chili di cartacce inutili e doveva arrangiarsi con un cassettone!
Se ci ripenso faccio i salti di gioia!
Vabbè, senza esagerare adesso…
Lei mi ha ricevuto con la solita espressione annoiata e arcigna e quando le ho presentato la mia richiesta mi ha scrutato con quegli occhi da aquila predatrice e ha domandato  “perché?”
Era da un secolo che mi scervellavo per trovare una scusa ragionevole ma alla fine mi ero risolta a dire la verità, sperando che, nonostante l’ostilità reciproca, mi capisse.

“Perché in quella casa sono turbolenti e…maneschi e io non mi sento sicura”

Si, le ho detto proprio questo.
Lei mi ha guardato e poi si è messa a ridere.
E ti pareva. Dovevo aspettarmelo. Non concluderò niente.
In effetti non ho concluso un bel niente, nel senso che mi ha rimandato in classe sostenendo che qualche schiaffo non era “essere maneschi” ma “assennati e attenti nel ruolo di genitori”, che” gente sfaticata come Armstrong se lo meritava” e che io ero solo “una bambina impaurita perché i miei mi tenevano sotto una campana di vetro, perché ero una femminuccia di quelle obbedienti che cucinano e fanno le pulizie”.
Inutile dire che ci ho rinunciato. Quando uno è stupido è stupido.
Poi se è anche stronzo non vale proprio la pena di parlarci. Si rischia solo di farsi il sangue amaro.
L’unica manovra che ho adottato è  stata quella di evitare Armstrong come la peste.
Tanto so bene che se non mi muovo io, lui certo non mi viene a cercare.
Peccato che non mi sia riuscito più di tanto.
Proprio oggi, a pranzo, mentre ero seduta con Mike, vedo Armstrong che cammina spaesato per la mensa.
A pensarci bene non l’ho mai visto sedersi a mangiare, in questi due mesi di scuola.
Lo intravedo con la coda nell’occhio, lui si guarda intorno come se cercasse qualcuno e nel frattempo si muove come un emigrato in terra straniera.
-Magari ignorarlo funzionerà-  ho pensato.
Come al solito ho pensato male.
Intanto cerco di ascoltare le concitate spiegazioni di Mike che vuole assolutamente convertirmi ai “Jefferson” *

“Allora George si incazza un sacco con il figlio Lionel, hai presente? Quello di prima…”
“Uhm…si, si, certo…”
 “Perché George non può sopportare i bianchi e che fa il figlio? Va a fidanzarsi con una bianca, la figlia del vicino che lui non sopporta!
Ehi Vig…mi segui?”
“Si, certo Mike! Quello che si è sposato con quella nera…”
“Helen”
“Già bravo, Helen”
“Uhm…ok, in tutto questo Flo ne combina un’altra delle sue!”
“Mhm…chi è Flo?”
“La cameriera, quella pettegola e scansafatiche…”
“Si…e che fa?”
“Beh, il bastian contrario come al solito! Pensa che…”

Non ci credo. Cerca me.

“...e lo va a raccontare a tutta Manhattan”
“Chi?”
“Vig, stiamo parlando di Flo!”
 “Si, scusa è che mi sto confondendo”
“No, Vig!  è diverso! Non mi stai ascoltando!”

Mike mi guarda male e sbuffa come un cavallo, mentre dietro di lui compare Armstrong.
Non riesco più ad ignorarlo e gli lancio uno sguardo incuriosito, una tacita domanda.

“Viiiig...!”
“Ehi, ragazzina. Ti sei già rassegnata con me?”
“UAAH!!!”

Mike salta su come morso da una tarantola e va sbattere contro il tavolo.
Comincia a massaggiarsi la povera pancia, vittima dell’assalto.
E per di più sbraita come una casalinga isterica e incazzata.

“E che cavolo, Meggy! Potevi pure avvertire prima di spuntare dal nulla!”
“Chi è Meggy? La tua fidanzatina?
 Non ho ancora cambiato sesso fino a prova contraria.”
“Ma chi...Armstrong?”
“Uno a zero per te, Eddie*.”
“Ehi, io mi chiamo Mike”
“Boh, fa lo stesso. Eddie me lo ricordo meglio.”

Dio mio, sembrano avere tre mesi per ciascuno.
è meglio che prendo in mano la situazione altrimenti qua non si conclude niente.
Anche perché Mike sta facendo l’espressione da sono-un-duro che lo fa apparire ancora più un demente di quanto non sembri di solito.

“Ah si? E allora sai com’è? Allora io ti chiamerò...George!
Si...perchè fra i tre o quattro nomi che hai, quello che mi ricordo meglio è Joe, quello del mio cane.
Però ti associo a George, mio zio, che mi ha regalato il cane...”

Decisamente la situazione sta precipitando.
Armstrong mi lancia un’occhiata incredula e io non posso evitare di alzare gli occhi al cielo.

“Eddie, non so chi sia il tuo pusher ma me lo devi presentare. Ti ha fatto sballare di brutto.”
“Va bene! Adesso state calmi tutti e due ok? Piantatela di sparare cavolate oppure vi mollo in tronco! Tanto io qua ho finito di mangiare.”
“Perfetto, così usciamo da questo inferno, c’è una puzza di cavolo bollito da vomito.”
“Armstrong, io ho appena mangiato cavolo bollito”
“Sei vegetariana?”
“Beh...si”
“E poi uno si chiede perché è isterica.”
 “Io non sono affatto isterica!”
 “Disse, mentre stonava tutte le buon anime del tavolo affianco...”

In effetti ormai avevamo attirato l’attenzione di quelli del tavolo vicino che ci osservavano e nel frattempo ridacchiavano.
Che avessero da ridere, non so, ma ormai mi sono rassegnata all’idiozia della gente.
Lancio un’occhiata alla finestra-porta che affaccia sul cortile.
è davvero il massimo mangiare, con vista sul cortile cementato, con qualche aiuola striminzita;
uno non sa se deve rallegrarsi che non è stato ancora trasformato in un parcheggio o deprimersi per lo squallore del panorama.

“Ok, hai ragione andiamo fuori...Mike, vieni?”
“Dopo di te, Eddie.”
“Armstrong, piantala”
“Dopo di lei, prof.”

Lasciamo stare che è meglio.
Usciamo e io attraverso il cortile per andare verso un muretto che separa il grigio dal verde.
Mi siedo lì su, come faccio spesso, per passare gli ultimi dieci minuti di pausa.
Quei due mi seguono a ruota, Mike si porta dietro la banana  che avrebbe dovuto mangiare in mensa e butta la buccia in un cespuglio.

“Mike!”
“Embè? È natura, Vig!”
“Dio...vabbè insomma che vuoi, Armstrong?”

Ma il signorino è troppo occupato per rispondermi, intento a frugare nelle tasche della giacca;
non dovrebbe essere un’impresa visto che non sono più di due.
Finalmente caccia fuori le mani di tasca, stringendo un pacchetto di Winston Rosse*, con gran tranquillità lo apre, tira fuori una sigaretta e se la accende.

“Prof...mhm...mi ha lasciato a metà programma...dopo Coleridge cosa viene?”
“Ancora Coleridge, Vig?! Ma allora è una fissazione!”

Questo è Mike.
Lo ignoro.
Armstrong tira una boccata e praticamente me la soffia in faccia.
Mi viene da tossire e quasi gli sputo addosso.

“CofCofCof... cretino!”
“Oh, scusi, gradisce?”
“Ti spiace piantarla di darmi del lei?”
“Ma il -prof- sta male con il tu”
“Ecco, smetti anche di chiamarmi così!”
 “Ai tuoi ordini.
 Adesso sentimi un po’. Domani c’è il test e io sono fermo a Coleridge...”
“Pensavo che non te ne fregasse niente.”
“Diciamo che non piango se mi dai buca oggi.”

Lo guardo, stranita.
Comincia a diventare un mistero, questo tizio.
Oltre a quella del coglione e quella dell’angioletto studioso, quante altre facce ha?

“Disperati invece, perché sarò da te per le quattro.”

Oddio, ma perché l’ho detto! Io non ci voglio mettere più piede in casa sua!

“Possiamo fare quattro e mezza? Alle quattro sto...”
“No, quattro. Punto.”
“Un’altra cosa...non sono a casa, ti lascio l’indirizzo, ci incontriamo lì davanti. ”
“Lasciamelo sul banco.”
“Ok. A oggi. Ciao, Eddie.”
“Ciao, George.”

Prima di allontanarsi, butta la cicca per terra. Aspetto che si allontani prima di raccoglierla.
Mi danno fastidio questi comportamenti. Sono da idioti che non perdono nemmeno mezzo secondo a cercare un cestino.
Questa città fa già abbastanza schifo, come tutta l’America d'altronde, senza bisogno della cicca di qualcuno e della buccia di banana di qualcun altro.

********************

Dopo scuola mi sono fiondata a casa di Meggy che aveva il suo primo appuntamento con un certo tizio  che era venuto apposta da LA per incontrarla.
Da quel che ho capito si sono conosciuti in vacanza, e lui era il figliastro del secondo fidanzato di sua cugina, quella di trentasei anni.
Pare si piacciano un sacco.
Meggy non ha fatto altro che assillarmi perché ha paura che sembri strano.
Dice che potrebbero praticamente essere cugini, parenti o che so io e invece si comportano come se fossero solo due fidanzatini mooolto innamorati.
Ho letto certe lettere veramente sdolcinate, un idillio da romanzetto rosa.
Lui viene un week-end si e uno no per venire a trovare la madre e il parentame ma questa volta non sarà una cosa in famiglia.
Stavolta viene per Meggy e lei dovrà essere perfetta.

“Oddio Vig! non ho niente da mettere!
Lui è sempre così curato, sempre in giacca, cravatta, camicia con le iniziali ricamate sul taschino, pantaloni di sartoria!
Gli mancano solo i gemelli e sarebbe un perfetto gentleman!”
“Wow, il sogno di ogni ragazza, non c’è che dire”
“Eddai, piantala di prendermi per il culo, una buona volta!
Sono davvero disperata!”
“Immagino.
Va bene, se lui è così classico tu potresti mettere una bella gonna a pieghe, quelle che arrivano al ginocchio, e una bella camicetta con le rouches, così ti valorizza il vitino da vespa. Poooooi... ”
“Ma così non sembrerò una vecchia?”
“Non c’è problema, lui sembrerà più vetusto di te, tesoro.”
“Scema.”
“Oddio, Meggy, che vuoi che ti dica. Vacci in fuseaux fluorescenti con una grossa magliettona, quella con il labirinto di Tetris*.
In fondo tu ti vesti sempre così! Non capisco perché dovresti essere diversa dal solito.
E se poi scopre che ti vesti come un semaforo che fa? Ti molla?!”
“Virginia Foster! Mancano quattro ore all’appuntamento e tu fra nemmeno mezz’ora devi muoverti o arriverai in ritardo alla lezione con Armstrong!
Quindi ti consiglio di darmi una buona idea prima che mi incazzi!”

Che potevo fare?
Certo non potevo lasciarla nei guai!
Alla fine ho rovistato un po’ nel suo armadio e ne abbiamo tirato fuori un tubino rosato che stava benissimo con i suoi capelli castano scuro, sopra una giacca nera, e sotto un tacco nero piuttosto basso.
Insomma una cosa linda e pulita, quasi ridicola per un appuntamento alle sei del pomeriggio.
Ma stava talmente bene, con quel filo di trucco rosa poi.
E una è sistemata.
Non faceva che guardarsi e rimirarsi allo specchio, saltellava eccitatissima e squittiva “grazie” a ripetizione.
Modestamente.  

********************

Arrivo finalmente davanti al numero ** di ***** Street* e quello che vedo non mi piace nemmeno un po’ : una vecchia casa, piccolina, appena un po’ scalcagnata, con i muri pieni di scritte, qualche graffito sulle pareti grigiastre, i vetri delle finestre sono stati colorati di rosso, di blu di verde, con la tempera e quindi è impossibile vederne l’interno.
L’unica cosa che so per certo è che deve esserci qualcuno in casa, perché da dentro viene fuori un fracasso d’inferno.
Passo per il giardino, con un prato tanto alto  da sembrare uno di quei campi di grano pronti per la mietitura. Secondo me qua ci ricaviamo anche una trentina di balle di paglia.
Davanti all’entrata c’è qualche lattina, tre o quattro bottiglie del latte vuote, una pila di giornali sparsi per terra proprio davanti all’ingresso.
Cerco il campanello ma non c’è. È stato staccato.
Busso allora alla porta e aspetto.
Niente.
Mi sa che non mi sentono.
Allora, che ore sono?
ANCORA LE QUATTRO MENO UN QUARTO?!?!?
Io non ho nessuna intenzione di rimanere qui fuori fino alle quattro e mezza!
E se Armstrong si dimenticasse completamente del nostro appuntamento e rimanesse là dentro chissà fino a che ora?!
Non se ne parla.
Bene, allora come faccio a farmi sentire da quella gente che si è asserragliata là dentro?
Inizio a prendere a pugni la porta.
Poi mi stanco e mi metto a prenderla a calci.
Ancora niente.
Afferro due bottiglie del latte e comincio a colpirle fra loro sperando che almeno questo possa attirare la loro attenzione.
Mio Dio, ma che cazzo fanno là dentro?!?!
Stanno ascoltando un concerto tutto batteria e tamburi?!?!
Alla fine prendo l’ultima bottiglia di latte e la lancio contro una delle finestre.
Si spacca in mille pezzi e giù piovono i vetri oltre che qualche schizzo di latte residuo.
Finalmente si alza la finestra e  compare un tizio a me totalmente sconosciuto che si sporge abbasso.

“Chi cazzo è?! Brutto coglione vigliacco vieni fuori che ti prendo a calci in culo!”

Perfetto.
Temevo di aver sbagliato indirizzo.
Adesso so che sono nel posto giusto e mi tocca starnazzare come un’oca perché quel demente mi senta.
 
“Ehi, coso! La cogliona vigliacca sarà tua sorella! Apritemi, tu e la tua banda di amichetti che c’ho un appuntamento e non posso perdere il pomeriggio appresso a voi, razza di sordomuti!”
“Jay?! Ma chi è?!”
“Cazzo ne so!
Una che dice che tiene un appuntamento! Questa secondo me è più fumata di noi e si è fottuta il cervello!”
“Un appuntamento?!”

Finalmente spunta fuori la testa biondiccia di Armstrong.
Alzo la mano e gli faccio segno che quello è capace di non vedermi, scimunito com’è.

“Ma avevamo detto alle quattro e mezza!”
“No, carino, TU avevi detto alle quattro e mezza! Io avevo detto alle QUATTRO! E ormai posso dire di essere puntuale visto che dieci minuti li ho persi appresso a te e alla tua banda!”

Mi guarda appena un po’ spaesato come se fosse in dubbio sul da farsi.

“Embè, mi fai entrare o stiamo a guardarci come due pesci in un acquario?!”

Grazie al cielo annuisce e ritira la testa.
Dopo un po’ spunta dalla porta e la lascia aperta scomparendo di nuovo dentro.
Ma che gentile ad accogliermi, ad accompagnarmi dentro...
Niente, nada, niet.
Quando metto piede in casa vedo solo la sua schiena che percorre il corridoio e si infila in una stanza che dovrebbe essere un salotto.

“Chiudi la porta”

Laconico.
Che cosa stupida da dire, è ovvio che chiudo la porta! Io ho un’educazione!
Quando finalmente  faccio il mio ingresso in salotto mi viene un colpo.
Su due divani stanno spaparanzati due tizi, uno con dei rasta rossi e un altro con un chilo di gel in testa e i capelli biondo verdastri cortissimi, una ragazza con i capelli corti e bianchi almeno quanto il cerone che portava spalmato in faccia*, un altro paio di balordi, chi con creste multicolore, chi con i capelli lunghissimi, pieni di nodi, legati in una coda o lasciati sciolti che dimostrano tutto il loro lerciume.
Dietro ad una batteria assemblata alla ben e meglio c’è l’unico tizio che non sia tinto stratinto in questa stanza, a petto nudo, con un paio di bacchette in mano,  da un lato un paio di amplificatori che fino a quel momento devono aver ruggito, e una serie di fili li collegano ad un’elettrica e ad un basso.  Accanto al basso riconosco la figura di Mike-biondo-platino.
Mi basta girarmi un attimo per vedere, su un materasso, per terra, Julian, NedComeSiChiama e un tizio rosso di capelli.
Inutile dire per terra è un macello, peggio dell’entrata del Red’s, il mese scorso.
Però tutti mi sembrano ragionevolmente sobri e questo mi preoccupa ancor di più: vorrebbe dire che non puliscono da una vita e questo posto è il ritrovo dei ratti del quartiere.

“Finalmente!”

La tizia bianca che stava spalmata sul divano ha uno scatto, si alza e saltella fino a me, prendendomi una mano e sventolandola in aria, come se fossi la vincitrice  di chissà quale gara.

“Una ragazza! Era ora!”

Esplodono le risate. Li guardo come se fossero tutti dementi, inclusa la ragazza bianca che sventola il mio braccio.

“Benvenuta! Io sono Jenny. Questi sono...”
“Si, va bene, grazie, questa parte del copione la conosco. Quello è Armstrong, quello è Mike-biondo-platino, quello è Jules, quello è Nedcomesichiama, tu sei Jenny... ok, adesso puoi continuare tu.”
“Oh, vi conoscete?”
“Purtroppo si.”

La cosa deve divertirla non poco perché si mette a ridere, provocando l’ilarità generale del gruppetto: qualcosa mi dice che ci vuole poco a strappare loro una risata.

“Matt, Jason*, Stephen, Anthony,  quello alla batteria è Al Sobrante, quello accanto a Juls è Steave”

Uhm, quindi, ricapitolando: Matt-Rasta, Jason-verde-prato, Ste-cockscomb*, Tony-capellone, Al-drum*, Steave-il-.rosso.
Ma perché ogni volta che ho a che fare con Armstrong mi tocca assistere a presentazioni che durano tre ore?

“Capito.”
“Bene, allora adesso ti siedi vicino a me. Lasciamo che questi cristiani finiscano il pezzo, almeno.”
“Il pezzo?”

Ok, suppongo che adesso dovrei impormi e dare una sorta di ultimatum ad Armstrong costringendolo a mollare la chitarra elettrica che sta prendendo in mano.
Ma chi se ne frega.
Vediamo almeno se sono ascoltabili.

Late last night I had a dream
And she was in it again
She and I were in the sky
Flying hand in hand

I woke up in a cold sweat

Wishing she was by my side
Praying that she'll dry tears
Left on my face I've cried

Da una banda di anarchici mi sarei aspettata tutto tranne che una canzone d’amore.
Armstrong ha una voce nasale ma una chitarra energica, Al-drum è leggermente in ritardo con il tempo della batteria, Mike-biondo-platino… mah, ho la sensazione che non è tanto il suo strumento, il basso*. Deve averci poca familiarità.
Nel complesso è trascinante ma c’è molto rumore.
Sarà che non sono abituata al fracasso di questa specie di punk.
Intorno a me invece i ragazzi battono le mani, i piedi, urlano, cantano il ritornello che si ripete almeno cinque volte.

Oh I love her
Keep dreaming of her
Will I understand
If she wants to be my friend *

Davanti a noi, non tanto Mike-biondo-platino, quanto Armstrong si muove un sacco, sembra recitare su un palco davanti ad un pubblico, fa le boccacce, salta ed esagera i movimenti con la chitarra in mano, strimpellando teatrale.
Bah, tutto sommato sono quasi bravi va!
E soprattutto mi sembrano assolutamente spensierati, assorbiti dalla loro musica, come se si stessero divertendo un mondo.

Erase the pain that's in my heart...

Sento Jenny saltare in piedi e gridare, seguita da altri:

“Yuuuppiiiiiii!!!! E adesso una birraaa!!!”

Poi vedo quella pazza avventarsi su una bottiglia a metà di Matt-Rasta e lanciare la birra contro la band. La guardo allucinata mentre tutti sembrano eccitarsi all’idea di questo nuovo gioco.
Improvvisamente ecco che cominciano ad arrivare schizzi  di birra, dai fondi di bottiglia che giacevano abbandonati e indisturbati fino a qualche secondo fa.
Mi appiattisco contro il divano, di fianco a Jenny, cerco di sottrarmi e nel frattempo guardo Armstrong e Mike-biondo-platano che, mollati gli strumenti musicali, raccattano una serie di stracci, magliette, pantaloni, persino mutande, che giacevano per terra, dietro la batteria e cominciano a rispondere a suon di abiti. La batteria di Al-drum, viceversa, continua a scandire il tempo.
 Per il momento nessuno sembra far caso a me, acciambellata sul divano come un gattino spaventato, mentre loro se le lanciano di santa ragione, quando improvvisamente Jenny si volta e mi punta il dito contro.

“Forza ragazzi, diamole il benvenuto! È lei l’ospite della giornata!”

Mi sento piovere addosso la birra rimanente che mi spugna la camicia e i capelli, mi ritrovo addosso una vecchia felpa consumata, un paio di calzini puzzolenti, una canotta con macchie non ben identificate. Poi sento un peso sullo stomaco.
Oh mio Dio! Qualcuno mi è salito addosso!
Cazzo, mi sta schiacciando!!!

“AIUUUT...!!!”

Sento un grido mezzo strozzato provenire dalla mia bocca. Sto andando nel panico.
E se questi mi calpestano?!? Oddio, oddio, ODDIO!!!

“Wo, wo, wo, calmi! Sennò me la ammazzate!
Jenny! Scendi da lì!”

Riesco ad aprire un occhio, a malapena e vedo Armstrong che si sbraccia per cacciare via Jenny che si diverte a lanciarmi altra birra addosso, bagnandomi tutti i jeans.

“Jenny!!! E non sprecare la birra, cazzo!
Poi chi ce l’ha la grana?! Io no di certo?”

Questo sembra convincerli perché finalmente Jenny sembra scendere giù dal divano e, con spavalderia, si fa avanti barcollando e ridacchiando come una matta:

“Oh, oh Two Dollars! ci preoccupiamo per la nuova arrivata?!
 Ragazzi! Billie ha una cotta!
Oddio, come si chiama la tizia qui?”
“Virgin!”

Questa è la voce di Julian.
Tengo ancora la testa abbassata e riesco a stento a vedere una Jenny tutta eccitata e un Armstrong leggermente imbarazzato.

Oooooneee daaaaaaaay,
there wereeee two little guuuuuuys,
Biiiilliiieee and Giiiinnyyy.
The daaaaaay afteeeeeeer,
nooooone of theeeem waaaas… VIIIIRGIN!!!

La batteria tiene il ritmo mentre Jenny è la voce di questo pezzo stonato e improvvisato.
Poi, improvvisamente, lei prende a saltellare e a urlare, le mani al cielo:

“Con me! Tutti insieme!”

nooooone of theeeem was… VIIIIIRGIIN, aaaanymooore!!! *

Tutta la stanza si è messa a cantarla, persino Armstrong  che, dopo un attimo di imbarazzo, sembra gradire tutta questa attenzione.
Anzi! Lo vedo con la coda nell’occhio che si avventa sulla chitarra e comincia a comporre una melodia, quattro accordi strimpellati che diventano la colonna sonora della scena e accompagnano il coro e la batteria.
Non oso alzarmi. Sono stupefatta! Sembrano davvero bambinetti di tre anni!
E poi se mi alzo sarò praticamente nuda in pubblico visto che ormai mi hanno infradiciato la camicia.
Oddio, mi devo lavare i capelli! Questa Armstrong me la paga!

N-O-N-E  O-F  T-H-E-M  W-A-S  V-I-R-G-I-N....ANYMOOOOOOREEE!!!

Finalmente si zittiscono, alcuni si gettano a terra, ridendo a crepapelle e rotolandosi per terra, altri sghignazzano, fra i quali Mike-biondo-platino, altri ancora si accasciano da una parte e ingollano un altro po’ di birra.
Con un ultimo rif finale di elettrica e il fracasso dei piatti si conclude la canzoncina del momento.
Jenny si getta sul divano affianco a me e urla, selvaggiamente:

“Che ti credi, Billie, che solo tu sai scrivere canzoni?!?”
“Ma va a cagare, Jenny!”

La risposta è esilarata e mezza soffocata mentre quel cretino di Armstrong continua a ridere sonoramente.
Dopo un po’ torna una specie di calma, ricominciano i sussurri, le mezze parole ma io ancora non mi muovo. Poi sento una mano che mi stringe la spalla.

“Ehi, ragazzina, tutto bene? Sei viva?”
“Mhm...fuori dai piedi, Armstrong”
“Ok, sei viva.
Riesci almeno ad alzarti?”
“Non se ne parla.”
“Come vuoi.”

Mi molla così e torna alla sua adorata chitarra provando un paio di giri e di accordi in maggiore e in settima. È piuttosto veloce nel cambio, le dita slittano avanti e dietro per la tastiera.
Non ho nemmeno il tempo per meravigliarmi che Jenny mi chiama a gran voce.

“Giiiinny! Ti muovi?! Voglio spostare il divano!”
“Fanculo”
“Eddaiiii, ci son cadute le sigarette sotto!
TI preeeeeeeeego! Sono l’unica che ce le ha, lo so già! Loro le scroccano sempre!”
“Chiedi ad Armstrong, lui stamattina ce le aveva.”

Lui solleva il sopracciglio, leggermente irritato, ma scuote la testa.

“Finite”
Accidenti a questa birra che è dovunque. Mi fa venire freddo, anzi ho i brividi adesso che ci penso.
Se prendo un raffreddore per colpa loro, giuro su mia madre che...
Oddio, non devo starnutire, nonDevoStarnutire, nonDevoStarnutiiiireeee...!!!

“ETSCHUUUUUUUUUUUUUU’ !!!”
“Salute!”

Folgoro Jenny con lo sguardo.

“Ehi, Billie, la tua fidanzatina si prenderà un malanno!
Perché non la abbracci un po’ così non prende freddo?
Vi riscaldate a vicenda...”

Quello non risponde e continua a cercare complicati accordi con il barrè a testa bassa.

“Tsk che uomo ingrato che ti sei trovata, Ginny! Aspè che ti aiuto io.”

Cerco di ribellarmi ma quella mi tira su con forza e osserva la mia camicia fradicia come se fosse lo spettacolo della serata.

“Ooooops! Aspetta che ti troviamo qualcosa da mettere al posto di questa roba bagnata...
Mike! Che hai nel tuo armadio?!”

Insomma alla fine mi viene presentata una camicia bella lunga a quadri, e un paio di Jeans di almeno quattro taglie più grande della mia.

“Aehm...dov’è il bagno?”
“Macchè bagno, su cara che non ti guarda nessuno.”
“ma non è ver...!!!”

A tradimento Jenny da uno strattone alla camicetta; quella perde tre bottoni che vanno a rotolare sul pavimento.

“Cazzo, e stai ferma un attimo, brutta scema!”

Mi esce spontaneo, mentre mi giro verso la porta, dando le spalle al resto della truppa e strappandomi via la camicia in fretta e furia per sostituirla con l’altra.
Quando infilo i pantaloni sono più tranquilla. La camicia è talmente lunga che arriva giusto giusto a coprire le cosce.
Mein Gott, questa roba puzza! Puzza di sudore e di deodorante da supermercato.
Che orrore!

“Allora, Ginny, stai comoda?”
“Jenny...Ginny è davvero orribile...di solito mi chiamano o Virgin o Vig. Tu quale preferisci?”
“Oh, io preferisco Ginny!”
“Ma è una merda! Eddai, tutto, ma non chiamarmi Ginny!”

Mi ignora beatamente e sembra cambiare discorso, con naturalezza.
Nel frattempo siamo entrambe sedute sul divano e il resto della truppa è impegnata a passarsi il suo pacchetto di sigarette.
La finestra è chiusa e comincia a sentirsi una puzza di fumo davvero forte.
Fra un po’ sarà una camera a gas.

“Che ci fai qui, Ginny? Ha detto Jay che avevi un appuntamento...”
“Si, infatti. Con Armstrong. Dovevo spiegargli Coleridge e il romanticismo inglese.”
“Oh, oh! Allora vedi che lo ammette!
Biiiiillieeeee!!! Ammette che avevate un appuntamento!”
“Oddio, Jenny, ma sei completamente andata? Dovevamo studiare! Chiamalo romantico!”
“Beh, cazzo, dovevate parlare di romanticismo! Certe cose mica le si studia sui libri...”

I suoi occhi chiari, da gatta, passano da me a lui, con fare malizioso.
Nel frattempo mi si stende praticamente addosso, appoggiando la testa sulle mie gambe.
Io rimango ferma, forse un po’ rigida all’inizio, ma poi mi rilasso con lei che mi fissa dal basso, sorridendo amichevolmente, con una scintilla di ironia, da qualche parte...o è una mia sensazione?


“Ehi, Jenny. Piantala, ok? Io sono qui per fare una fottuta lezione di inglese e salvare il culo a Billie domani, al test della Carson.”
“Accidenti, vi siete costruiti bene l’alibi”
“Lascia perdere, con lei è inutile quando è in queste condizioni”

Sono costretta a girarmi per sapere chi ha commentato.
è Mike-biondo-platino che da uno sguardo alla sua camicia e al suo Jeans addosso a me e poi commenta di nuovo, con un mezzo sorriso:

“Ti stanno bene. Forse meglio che a me. Portateli.”
“Aehm...grazie... ma non fa nient...”
“Sul serio, portateli, che quei Jeans ormai mi vanno stretti e la camicia...ce ne ho un casino”

Questo sa tanto di bugia.
Anzi puzza di bugia come un’intera discarica in una giornata calda e ventosa.
Però lui mi fissa con i suoi occhi azzurri e mi sembra di specchiarmi in un cielo sereno, senza nuvole.
Cedo al suo invito e annuisco.

“Grazie”

Ammetto anche che sono molto comodi perché sono larghissimi un po’ dovunque e poi vanno anche di moda e non ho dovuto spendere un centesimo per uno di quei modelli complicatissimi e carastosi della Levi’s.
Nel frattempo Mike-biondo-platino continua a fissarmi come se gli ricordassi qualcosa.

“Ah, a proposito...”
“Spara”
“è lei il mio contatto”

Indica Jenny.
Non capisco subito.
Ci metto ancora qualche secondo a ricordare la nostra questioncina in sospeso, poi incrocio lo sguardo del bassista, sgomenta.
E io, per la mia preziosa Honda, dovrei rivolgermi a questa tizia?!?!
Non se ne parla neanche! Finisce che me la demolisce ancora prima di averla aggiustata!
è una pazza scatenata. È simpatica, vitale, un po’ tocca, un ottima compagnia e tutto quello che volete, ma è completamente suonata e mi incasinerà la vita.  Me lo sento...

“ Frena frena! Chi è lei, scusa? Che cavolo ne sa di motori?”
“Ehi, ciccia, in assenza di mio padre la reggo io l’officina. Te li trovo io i tuoi pezzi di ricambio, tranquilla. E quando sentirai il prezzo verrai a baciarmi i piedi.”
“Uhm, e quando ti va di venire a controllare di persona?”
“Anche oggi! Appena abbiamo finito qua, sono da te”

Finito?! E che c’è da finire qua?!
Stiamo bighellonando come tanti idioti!

“Uhm...ok, quando vuoi...”
“MA PORCA DI QUELLA PUTTANA DI TUA MADRE, JENNIFER!!!”

Sobbalziamo tutte e due.
Armstrong sta dando di matto, mentre si aggrappa con tutte le sue forze ad uno degli amplificatori che gronda birra a più non posso.

“Che vuoi, Billie?”
“Hai rotto l’amplificatore!!!”
“Maddai, vedrai che con qualche spintarella si rimette...”

Ma dopo cinque spintarelle quel coso rimaneva ancora muto.
Alla fine Jenny si rassegna e alza gli occhi al cielo.

“Te lo riparo, Billie, ok?”
“Si, così fai come l’altra volta, ne vogliamo parlare?!”
“Succede...”
“Fanculo, ma due in una settimana! È un fottutissimo record! E facci più attenzione!”

La vedo sfoderare la miglior espressione da cucciolo indifeso e pentito che abbia mai visto sulla faccia di una donna, almeno fin ora.
La cosa che mi diverte di più è che anche Armstrong si scioglie; la osserva per un attimo, un po’ imbambolato, poi bofonchia qualcosa, volta le spalle e raggiunge un altro gruppo.
Jenny torna a guardarmi soddisfatta, fischiettando un motivetto che non conosco.
E io intanto penso che abbiamo mandato a farsi benedire la nostra lezione di inglese.

*****************

Note

* I Jefferson, tipico telefilm anni 80’. 

* Eddie, diminutivo di Edward, in questo caso di Edwards, il cognome di Mike.

* Le Winston sono una marca abbastanza famosa, diffusa ed economica negli USA. Si trovano a 3.40-4.40 $ x20 pz, che equivalgono a 2,50- 3 euro (contando che le tasse sul tabacco in California sono abbastanza basse xD)

* Il gioco “Tetris” nasce proprio in quegli anni e andavano di moda quei magliettoni con i labirinti colorati ispirati al videogame xD

* Anche questo indirizzo è un’incognita, non so ancora TUTTO di loro ma un giorno accadrà mwaaaaahahahhah  *momento di gloria*  CofCof...dicevamo U.U

* Così per intenderci...
NO, non ve lo segnalato a caso e SI, finalmente rendo un po’ di dignità ad un personaggio femminile!

* Jason Andrew Relva, amico di infanzia di Mike Dirnt, muore a 19 anni, il 18 Aprile 1992. Mike lo ricorda nella canzone “J.A.R”   

* GLOSSARIO: “Cocksomb” cresta di gallo;  “drum” batteria

* La canzone in questione è Dry Ice, una delle prime canzoni che sono uscite con  la Lookout! Records.

* Secondo BJ, quando hanno registrato “Dry Ice” hanno dovuto suonarla ben 18 volte perché Al Sobrante faceva errori con la batteria. Mike Dirnt all’inizio della sua carriera è chitarrista, poi regalerà la sua chitarra ad Armstrong passando al basso. (WIKI-IT)

*GLOSSARIO canzone:  un giorno, c’erano due ragazzini, Billie e Ginny (altro diminutivo di Virginia), il giorno dopo, nessuno dei due era più vergine...
NOTA: Two Dollar Billie, leggendario soprannome di BJ a scuola perché vendeva spinelli pronti a soli due dollari. (talmente leggendario che ad un certo punto mi sono chiesta se valeva la pena di segnalarlo...tanto lo sapete praticamente tutte!)

Ringraziamenti

Ringrazio gigiola e Mike72 per avermi inserita nelle seguite.
E ovviamente tutti quelli che continuano a leggermi, seguirmi, commentare xD


Angolo dell'autrice


Buondì a tutte!
E anche questo capitolo è stato una vera sorpresa per me!
Avevo cominciato con un’idea (nemmeno troppo chiara) e ho finito per lasciare invece un sacco di spazio a questo nuovo personaggio.
Ebbene si! Alla fine mi sono risolta a cacciare fuori un personaggio femminile che non fosse un’ochetta giuliva e che valesse la pena di approfondire.
Quello che c’è da chiedersi invece è...ma che ruolo ha sta’ tizia nella storia?
Se avete letto bene fra le righe capirete perché è un personaggio fondamentale!
Se invece non avete capito (anche perchè non affatto ovvio) allora lo scoprirete più avanti... mwaaaahahahah
Innanzitutto voglio precisare una cosetta: sempre sul famoso “Green Day: New Punk Explosion” ho letto che in quegli anni Mike, all’età di 17 anni, abbandona casa perché la madre si trasferisce con la sorella a Santa Rosa. All’inizio Dirnt alloggia in casa Armstrong, pagando l’affitto con uno dei suoi lavoretti, poi però si trasferisce in un edificio (non meglio specificato) insieme ad una banda di suoi amici punk, dove spesso il gruppo va a provare.
Ho provato ad immaginarmi l’edificio in questione e ne è uscito questo e, stavolta mi sono abbastanza contenuta con la descrizione, anche se penso che le scene che ho descritto abbiano parlato da sé xD
Anche stavolta sono un po’ perplessa sull’IC di BJ e Mike, anche perché vi assicuro che si sta facendo sempre più complicato pensare con la loro testa <.<
Perciò mi aspetto raccomandazioni, rimproveri o rassicurazioni su questo fronte! :3
E adesso benedicetemi perché per la prima volta le note e il commento non sono tre volte più lunghi del chapter   U.U
Alla prossima,

Misa
  
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