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Autore: Darik    27/06/2011    1 recensioni
Una coppia di amiche con già molti problemi, sta per averne un altro, assai più letale. Avranno bisogno di un aiuto, che arriverà da qualcuno che non è quello che sembra.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 11
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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2° Capitolo

Margareth e Louise squadrarono il tizio appena presentatosi: era un uomo alto e snello, vestito con giacca, cravatta e impermeabile, il tutto rigorosamente in nero.

“Lei chi è?” domandò guardinga Louise mentre si rialzava insieme all’amica.

“Mi dispiace, disturbarvi. Per caso una di voi è Louise Michelle Christian?”

“Sono io”.

“Ho allora qualcosa per lei” rispose porgendogli un biglietto.

Louise lo prese e lesse, mentre lo sconosciuto continuò: “Sono lieto di comunicarle che è stata invitata alla grande festa in costume che si terrà oggi pomeriggio al vecchio municipio, organizzata dalla Ludulum Edizioni. Forse per lei sarà un disturbo, ma le garantisco che sarà adeguatamente ricompensata”.

Con un amichevole cenno di saluto, l’uomo le lasciò.

Margareth si affiancò all’amica, tentando di leggere il biglietto. “Una festa in costume? Che c’entrino quei camion blu visti ieri? Eh, Louise?”

Non ricevette risposta, la sua amica sembrava imbambolata.

“Yeah!” esclamò a un tratto Louise facendo sobbalzare l’altra. “Che bello! Che bello! Una festa in costume! Sarò Asuna Kagurazaka! Che bello! Il sogno della mia vita! Vado a prepararmi. Ti saluto, cara. Vedrai che andrà tutto bene!”

Louise baciò sulla guancia l’amica e corse via saltellando allegramente.

Margareth rimase senza parole.


Durante il pranzo, Margareth apparve sovrappensiero alla zia Anna.

“Tesoro, non stai mangiando. Non ti senti bene?”

“Oh no, zia. Non è per me. Sto pensando a te… e a Louise”.

“La tua amica così energica? E cosa può avere?”

“Non lo so. Forse niente. E solo che stavamo discutendo di quello che ti ha fatto Emy e…”

Spessissimo nella vita capita di provare il desiderio di mordersi la lingua per aver detto qualcosa di sconveniente. Ecco, ora Margareth stava provando la stessa situazione, però amplificata un centinaio di volte.

La zia scrutò con occhi indagatori la nipote. “Che cosa hai detto?”

“Niente, hai capito male” mormorò la ragazza.

“Signorina” la riprese Anna tentando nuovamente di mettersi dritta “non prendermi per stupida. Chi è questa Emy? E cosa mi avrebbe fatto? O rispondi o rispondi. Non ci sono altre possibilità”.

Margareth sospirò e in maniera sintetica ma esaustiva, raccontò tutto.

“Hai fatto bene. Brava la mia nipotina. E’ così che si comporta un O’Dowell!”

“E questo rende lecito mettere in pericolo la tua vita, zia? O rovinare la vita di Louise? Se si tratta di me, non me ne frega nulla. Se invece le mie azioni possono avere conseguenze sulle altre persone, è diverso”.

“Tu non hai sbagliato nulla!” continuò la zia. “Anzi, forse il tuo unico errore è stato non dirmelo subito. Se mi avvertivi, stavo all’erta e a quella Emy avrei fatto conoscere questo.” Anna agitò in aria il bastone. “Comunque tu hai seguito la tua coscienza, hai difeso la tua dignità. E sicuramente hai reso fiere Louise e la tua povera mamma. Noi O’Dowell siamo fatti in questo modo: forse ci pieghiamo, forse, ma non ci spezziamo mai!”

Margareth scosse la testa. “Non posso prenderla così alla leggera. Non dopo aver visto davvero cosa può fare Emy”.

“Io la mia vita l’ho vissuta. Il mio ultimo desiderio è vedere la mia nipotina felice. Credi, dunque, che mi farebbe piacere saperti schiavizzata da quella bulletta? Lo stesso vale per tuo padre e per Louise”.

“Capisco, comunque non posso fare a meno di pensare a come il mondo sarebbe migliore senza quella dannata Emy Furens. E’ il tipo di persona che se vedi bruciare, resteresti fermo a goderti lo spettacolo” disse la ragazza a denti stretti.

“Margareth!” la richiamò severamente la zia. “I bulli sono pieni di rabbia e rancore, devono sfogarsi sempre su qualcuno. Nonostante le apparenze, sono più da compatire che da odiare. Ricordi la frase del mago, quella della storia che da piccola ti piaceva tanto quando te la leggevo?”

“Oh sì: non essere troppo ansioso di elargire morte e giudizi”.

“Esatto. Non l’hai mai fatto e vuoi cominciare a farlo adesso? Io non sono un oracolo, ma ti posso dire questo: se la lasci fare, non si fermerà mai e sarà sempre peggio. Dammi retta nipotina, continua a resistere, combatti ma senza odio o voglie di vendetta, mostrale cosa sa fare chi è conscio della dignità dell’essere umano, di ogni essere umano. E non preoccuparti per me. Sai, alla tua età avevo un buon gancio destro”.

La zia strizzò l’occhio e Margareth sorrise lievemente.


Nel suo letto, Margareth cercava di distrarsi dedicandosi a Negima.

Ma stavolta nemmeno le spettacolari mosse della scuola Shinmeiryu di Setsuna riuscivano a distrarla completamente.

La discussione con la zia l’aveva abbastanza rincuorata, però ora era il pensiero di Louise a disturbarla: il suo cambiamento, dopo la lettura di quel biglietto, era stato troppo brusco. Da amica in pena a ragazza festaiola alla velocità della luce!

La sua gioia poi era stata suscitata da cosa? Da un invito a vestirsi come Asuna Kagurazaka, un personaggio di Negima, un manga che non l’aveva mai entusiasmata.

Quel tipo aveva pure detto che l’avrebbero pagata: t’invitano a una festa e ti pagano? Succede che ci siano persone che lo svolgono quasi come mestiere, ma conoscendo Louise e unendo il fatto alle altre stranezze…

Inoltre: che cavolo era quella Ludulum edizioni? Lei di case editrici se ne intendeva e quella non l’aveva mai sentita nominare. Anche una ricerca su internet era stata negativa.

“Basta, devo sapere!” concluse Margareth in preda ad una certa curiosità e apprensione.

Indossò il cappotto e uscì di casa, senza accorgersi che qualcuno la pedinava.

“Per colpire come si deve, vale la regola: conosci il tuo nemico” pensò Emy Furens andandole dietro.


Margareth si recò a casa di Louise e il suo bussare fu fermato sul nascere dalle lamentele di mamma Christian, provenienti da una finestra aperta.

“Ma ti rendi conto? Hai ricevuto un ordine di trasferimento dalla tua azienda, abbiamo due giorni per preparare il trasloco e nostra figlia cosa fa? Bofonchia frettolosa che deve andare a una festa in maschera e ci lascia!”

“Martha” le rispose il marito “Te l’ho già detto: il tizio che ha portato quel buffo costume ci ha pagati profumatamente per non ostacolare Louise. Con quei soldi, cosa vuoi che sia preparare un piccolo trasloco in due? Poi, non hai visto com’era allegra? Le farà bene divertirsi in mezzo a tanta gente. Certo sa badare a se stessa”.

“Questo è vero. Non l’avevo mai vista così contenta. Sembrava quasi un’altra persona”.

A quelle parole, Margareth rabbrividì e corse verso il vecchio municipio, dove sapeva si sarebbe svolta la misteriosa festa.

Ci vollero pochi minuti per arrivare davanti all’edificio, a tre piani e con le finestre chiuse.

Mentre lei arrivava, giunsero alcune persone in costume, che entrarono dall’ingresso principale.

Erano tutti ragazzi e ragazze della sua scuola, e riconobbe personaggi di School Rumble, Evangelion, Lamù e Code Geass.

“Strano” borbottò avvicinandosi con cautela all’ingresso, un portone.

Provò ad aprirlo, senza riuscirci. Sembrava chiuso a chiave.

“Diamine. Eppure quelli l’hanno aperto. Che abbiano chiuso da dentro con la chiave?”

Sentì il rumore di una macchina che si avvicinavano e l’istinto le suggerì di correre a nascondersi dietro alcuni cespugli che stavano lì vicino.

Era un pulmino, di quelli a pagamento, dal quale scesero sette persone: e grazie ai costumi, Margareth capì che erano personaggi di Final Fantasy, One Piece e Sailor Moon.

Pagato l’autista, anche loro entrarono, solo girando la maniglia.

Rimasta sola, Margareth ritentò, senza risultato.

“Al diavolo, proverò da una finestra”.

Grazie ad una scala antincendio raggiunse il secondo piano, mettendo la mano in una tasca del cappotto sferrò un pugno contro un punto della finestra vicino alla maniglia, che poté così girare, e s’intrufolò.

I corridoi e le stanze erano vuoti, coperti di polvere e con qualche scartoffia che giaceva per terra.

Se non ricordava male, al pianterreno c’era una sala per i congressi, il luogo ideale per una festa in costume.

Quando la raggiunse e sbirciò da una porta laterale socchiusa, restò alquanto sorpresa: la sala conteneva almeno una settantina di persone in costume, tutti provenienti da manga e anime e fatti veramente bene, tuttavia non era per nulla addobbata per una festa. Non c’erano luci, nastri, palchi, rinfreschi o cose del genere: solo un salone polveroso con persone quasi immobili.

Sembrava all'incirca un museo del cosplayer.

L’inquietudine di Margareth aumentò enormemente, anche perché tra quelle persone riconobbe ragazzi e ragazze che non le risultava avessero la passione per manga, anime o cosplay.

Scrutando gli abiti, la vide: la sua amica Louise, con indosso un costume che riproduceva alla perfezione la divisa scolastica di Asuna Kagurazaka, e le stava molto bene. Portava anche una parrucca che sembrava vera.

Senza perdere tempo, la ragazza corse da Louise.

“Louise, sono qui” le disse avvicinandola.

L’altra la squadrò. “Chi saresti tu?”

“Come chi sono? Sono Margareth, la tua amica. Non mi riconosci?”

“Scusa ma non mi risulta di averti mai visto in vita mia”.

“Ma che dici? Ci conosciamo da anni. Sono io, Margareth”.

“Il nome non mi dice nulla”.

“Ma Louise…”

“E per favore non chiamarmi così. Io sono Asuna, Asuna Kagurazaka”.

Sentendo quel nome, pronunciato con tanta sicurezza e naturalezza, e guardandola negli occhi, Margareth iniziò lentamente a indietreggiare.

Toccò un’altra persona, un ragazzo. Vestito come Lupin III.

“Fai attenzione, cherie. Sto studiando il mio prossimo colpo: ovvero far colpo su di te!” disse sfoderando un sorriso da buffo seduttore e cercando di baciarle la mano.

Margareth però lo sfuggì e andò a sbattere contro una ragazza. Con una strana uniforme da militare.

“Tu, come osi toccare la principessa Cornelia di Britannia? Ti farò frustare! Anzi, ti punirò io stessa!”

Quella Cornelia sfoderò una lunga spada e tentò di colpirla: istintivamente Margareth evitò il colpo buttandosi a terra, e la lama, vera, le tagliò solo parte del cappotto.

Arrivò un’altra ragazza, vestita come Euphemia di Britannia. “Sorella, t’imploro, non fare così. Non l’ha fatto apposta”.

Nonostante quel tono gentile, Margareth riprese a indietreggiare: era tutto così… innaturale! Assurdo!

Quelle persone non stavano fingendo, se lo sentiva, erano davvero convinte di essere quei personaggi immaginari che impersonavano!

Rialzandosi corse verso la porta, desiderosa di chiamare aiuto, ma non appena la ebbe aperta, andò a sbattere contro qualcuno: un uomo, vestito come quello che aveva fornito il misterioso biglietto.

“Intrusa!” esclamò duramente il nuovo arrivato afferrando per il collo la suddetta intrusa e sollevandola dal suolo come se pesasse niente.

La giovane tentò di chiamare aiuto, ma il fiato non le usciva dalla gola.

Provò a tirare calci contro lo sconosciuto, inutilmente: era come colpire un muro.

fu portata fuori dal salone e poi scaraventata sul pavimento del corridoio.

“Lei… lei è pazzo! La denuncerò!” esclamò Margareth.

Tentò di rialzarsi e si accorse che le gambe le tremavano troppo.

L’uomo invece si portò un dito sulla fronte, per poi cominciare a parlare una specie di lingua, che Margareth non aveva mai sentito.

“Che… che diamine sta dicendo?!”

L’uomo dava l’impressione di stare ascoltando qualcosa, e quando ebbe finito, puntò una mano contro la ragazza.

“Eliminazione in corso” disse mentre la mano iniziava a scintillare di una strana energia azzurra.

Margareth era sconvolta: “Non mi piace! Non mi piace! Forza gambe muovetevi! Muovetevi!”

Uno strano ronzio si diffuse nell’aria e un attimo dopo l’uomo con l’impermeabile rimase immobile e inerte, la mano tornata normale.

“Che… che è successo?”

“L’ho disattivato” disse qualcuno dietro di lei.

Spaventata, la ragazza si alzò e si ritrovò davanti un ragazzino di dieci anni o poco più, con indosso una tuta da ginnastica non proprio della sua taglia.

“Ma tu… tu sei… Negi Springfield?!”

Il ragazzino la guardò in modo strano.

Era accompagnato da una ragazza dalla pelle bianca e con lunghi capelli neri, liscissimi, vestita di bianco. Anzi, più che accompagnarlo, sembrava quasi che lo osservasse soltanto.

Il suo salvatore si grattò sulla fronte: “Ah, ho capito chi è questo Negi. No, non sono lui. Io sono il Dottore”.

 

  
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