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Autore: Darik    27/07/2011    2 recensioni
Una coppia di amiche con già molti problemi, sta per averne un altro, assai più letale. Avranno bisogno di un aiuto, che arriverà da qualcuno che non è quello che sembra.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 11
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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3° Capitolo

“Il… il Dottore?” domandò perplessa Margareth.

Il ragazzino annuì e la aiutò a rialzarsi, poi cominciò a esaminare l’uomo con l’impermeabile nero, rimasto imbambolato.

Margareth cercò di fare chiarezza.“Scusa, hai detto che ti chiami… il dottore? Non c’è pure un nome?”

“E’ quello. Io sono il Dottore” ripeté l’altro.

La ragazza lo contemplò a lungo: sembrava davvero Negi Springfield. Cioè, Negi era un personaggio di fantasia, disegnato, nessuno poteva sapere quale sarebbe stato il suo aspetto fisico se fosse stato una persona reale.

Però quel misterioso Dottore, per lei, aveva proprio la faccia che avrebbe avuto Negi in quel caso.

Un po’ come il bravo e sfortunato Christopher Reeve, che sembrava nato per interpretare Superman.

“Rinuncio a capire” mormorò la ragazza chinando il capo. “Anzi no! Dottore o ragioniere, spiegami una buona volta cosa sta succedendo!”

Il Dottore sembrò ignorarla, poi le chiese: “Hai un orologio? Se ce l’hai, sei un mito. Se è digitale, sei la mia dea”.

“Certo che ce l’ho. Ed è digitale”.

Il ragazzino si mise in ginocchio: “Ti adoro mia divinità!”

“Ehm… grazie” rispose lei imbarazzata e porgendogli l’orologio.

Solo quando glielo prese pensò che forse non avrebbe dovuto darlo così facilmente a un perfetto sconosciuto. Evidentemente in quel momento non connetteva completamente.

Il Dottore prese anche l’orologio dell’uomo imbambolato, lo esaminò accuratamente, lo rimise a posto e prese ad armeggiare intorno a quello di Margareth tirando fuori uno strano aggeggio, piccolo, lungo e con una luce azzurra all’estremità. Emetteva anche uno strano ronzio, lo stesso udito poco prima.

“Che stai… che stai facendo?” chiese incuriosita la proprietaria dell’orologio.

“Modifico il tuo bell’orologio per trasformarlo in un tele-trasportatore, come quello del nostro amico. Non posso usare il suo, è personalizzato e fatto con una tecnologia assai difficile da manomettere, anche per me e il mio cacciavite sonico. Ci vorrebbe troppo tempo e ogni minuto è prezioso. Ma rendere simile a esso un congegno già esistente è uno scherzo. Et voilà!”

Il Dottore esibì l’orologio come se fosse un trofeo.

“Non mi sembra cambiato molto” commentò Margareth. “Comunque non hai risposto alla mia domanda: che diavolo succede? E cosa hai fatto a quest’uomo?”

“Non è un uomo. Col poco tempo a disposizione per salvarti, l’ho bloccato per un po’ e ho alterato la sua memoria, così crederà di averti uccisa. Ma adesso non c’è spazio per le spiegazioni lunghe. Esci da questo edificio e chiama questo numero” disse porgendogli un foglietto. “In realtà non farebbero in tempo, ma così vogliono le regole. Sai com’è”.

La giovane prese il foglietto, sopra il numero c’era il nome ‘Istituto Torchwood’.

Il Dottore iniziò a premere dei pulsanti sull’orologio modificato.

La figura del ragazzino cominciò a ondeggiare, sotto lo sguardo allibito di Margareth.

Pur non avendo capito cosa stava succedendo, era per lei l’occasione perfetta per abbandonare una situazione più pericolosa di quanto potesse aspettarsi.

Ma quando pensò a Louise e alle altre persone lì dentro, una sola soluzione le parve giusta.

“Dove credi di andare?” esclamò buttandosi sul Dottore pochi attimi prima che sparisse.

L’uomo con l’impermeabile riprese a muoversi, si guardò intorno e infine riprese il suo ruolo di sorvegliante.


L’aria sembrò qualcosa di solido che ondeggiava, poi con un piccolo lampo tutto tornò a posto.

Margareth si stropicciò gli occhi. “Cavolo, che viaggio! Un momento… viaggio?! Ma dove diavolo…”

Si guardò intorno freneticamente: era ancora in un corridoio, ma completamente diverso, avvolto in una live luminosità, dalle pareti scure e piene di strani disegni, luci e lucette.

“C-cos’è questo?! Sembra uno di quei corridoi alieni e ultratecnologici delle astronavi alla Star Wars o alla Star Trek!”

Anzi, lo trovò più simile ai corridoi claustrofobici e sporchi dell’astronave Nostromo di Alien.

Come se non bastasse, lei era sola: dov’era finito Negi, cioè, quel Dottore?

“Sono qui, zuccona” annunciò il ragazzino arrivando da dietro un angolo e asciugandosi la fronte madida di sudore.

“Dove siamo finiti?”

“Dove hai detto prima: nel corridoio ultratecnologico di una nave aliena”.

“Aliena? Quindi siamo… nello…”

Il Dottore annuì. “Ah-ah. Esatto, siamo nello spazio, in orbita intorno alla Terra, a bordo di una nave grossa più o meno quanto l’Asia e l’Africa messe insieme, con un pizzico grande quanto l’Australia. Tale nave è nascosta da un dispositivo di occultamento agli strumenti terrestri”.

“Mio Dio…” mormorò Margareth cadendo in ginocchio.

“Vedi che ti sei accorta dell’errore, eh?”

“No!” gridò lei rimettendosi in piedi con uno scatto. “Sono qui per aiutare la mia amica. Non m’importa cosa succederà a me!”

“Complimenti per la reazione. In effetti, penso che il tuo errore sia stato provvidenziale. Andiamo, non abbiamo molto tempo” dichiarò il Dottore tirando fuori qualcosa di simile a un piccolo telecomando, che emetteva un bip.

Margareth non poté fare altro che seguirlo. “Ehi, ora che ci penso. Non c’era un’altra ragazza con te?”

Erano solo loro due, e inoltre il ricordo di quella ragazza sembrava farsi sempre più vago a ogni secondo che passava.

“Non preoccuparti per lei. Anzi, se non ci pensi, è meglio”.

Si addentrarono sempre di più nei corridoi, immensi e deserti, seguendo il bip di quell’aggeggio.

“Siamo fortunati. Siccome Tivan sta per realizzare il suo scopo, tutto il suo equipaggio è con lui o sulla Terra. Altrimenti non potremmo mai muoverci così indisturbati sulla sua nave” dichiarò il Dottore, concentratissimo sul bip.

“Parli come se sapessi tutto l’antefatto” borbottò Margareth.

“Ok”. Il Dottore si fermò e respirò profondamente, chiuse e aprì le mani come a testarne la solidità. “C’era una volta, tanto tempo fa…”

****

La grande biblioteca di Ertrinux era una delle più vaste dell’universo: tutto il sapere di milioni di anni era stato lì accumulato dagli abitanti del pianeta, il cui unico piacere era raccogliere nozioni di ogni tipo e studiarle.

La biblioteca era posta in un palazzo di quattrocento piani al centro della loro capitale, Ulguenxy, fulgida città con centottanta milioni di abitanti, tra i quali c’era anche l’elite culturale di una popolazione che contava in tutto tre miliardi di esseri viventi umanoidi, altamente progredita nelle arti e nella società.

Ertrinux era un mondo tuttavia isolato, posto poco fuori i margini della galassia X-123-8-5 e prima dei confini della galassia successiva. Era insomma situato nella zona di nessuno e di solito non riceveva mai visite.

C’erano comunque delle eccezioni, come indicava il visitatore che in quel momento stava consultando alcuni antichi volumi nella quindicesima sala della 78° sezione del 23° piano.

Arrivò uno dei bibliotecari: “Mi scusi il disturbo, Dottore. Le serve qualcosa?”

Il giovane uomo si massaggiò la schiena. “No, grazie, Woriw. E’ davvero molto utile questo lettore trasparente graduale. Ti permette di leggere pagina dopo pagina senza bisogno di leggere questi volumi antichi e fragilissimi”.

Notò che il giovane bibliotecario, infatti aveva solo centoventiquattro anni secondo il compunto terrestre, aveva in mano qualcosa, una scatola che sembrava un blocco unico di metallo grigio con due buchi su un lato.

“Che cos’è?” domandò all’ertriniano.

“Oh, Dottore” rispose divertito Woriw, la cui voce arrivava da due tubicini posti ai lati della mascella, poiché la sua specie non aveva la bocca. “E’ il moltiplicatore gene-mentale che mi aveva chiesto. Ho dovuto faticare assai per farmelo consegnare. Alla fine hanno ceduto solo quando ho detto che lo voleva lei. Tuttavia tra otto althape dovrà restituirlo”.

“Una settimana mi basta e avanza. Grazie Woriw. Con questo l’essenza mentale del re di Ulked potrà reincarnarsi in un corpo compatibile con essa, perché clone dell’originale”.

“Certo che la sua vita è assai movimentata”.

“Sono solo uno a cui piace viaggiare” rispose l’altro ammiccando con lo sguardo.

“Certo, capisco bene. Spero anch’io di avere una vita come la sua, girare l’universo per motivi di ricerca e di pace”. Woriw avrebbe voluto replicare la strizzata d’occhio ma la sua specie non aveva palpebre, c’era una membrana che copriva gli occhi, però veniva fuori solo durante il sonno.

Improvvisamente quattro uomini entrarono nella sala, avvolti in tuniche nere e il Dottore ebbe uno scatto: quegli esseri erano umanoidi di tipo terrestre, come lui. Ma non avrebbero dovuto essercene su Ertrinux.

“E voi chi siete? Cosa volete?” domandò perplesso Woriw.

Per tutta risposta i quattro uomini puntarono una mano ciascuno contro di lui.

“A terra!” gridò il Dottore saltando sull’amico alieno e facendolo abbassare.

Giusto in tempo, altrimenti sarebbe stato colpito da raffiche energetiche provenienti da quelle mani.

I colpi presero il pavimento, distruggendolo in parte.

“Via! Presto!” ordinò il Dottore a Woriw, che era rimasto impietrito: “No… la nostra cultura… la nostra storia…”

Il Dottore lo trascinò in un’altra stanza e bloccò la porta col suo cacciavite sonico.

“Voi non avete guardie all’interno della biblioteca, vero?”

“N-no, non oseremmo mai rischiare di danneggiare i nostri tesori”.

“Pensiero nobile ma in questo momento per noi svantaggioso. A giudicare dalla raffica energetica quelli devono essere androidi SNMY3u5, da combattimento e anche tutto fare. Hanno una certa autonomia comportamentale ma in sostanza sanno solo eseguire ordini e sono assai sofisticati e costosi. Chi se li può permettere non deve avere problemi di denaro”.

Dal salone arrivò uno strano rumore, come un sibilo che diventava sempre più forte, quasi a voler riempire l’intera, immensa biblioteca, per poi sparire di botto.

Woriw avrebbe voluto precipitarsi nella sala dei volumi, il Dottore cercò di trattenerlo, ma dovette desistere a causa del silenzio totale e dello sguardo supplichevole del suo amico ertriniano.

Sbloccò la porta e apertala, restarono senza fiato: i volumi erano scomparsi, gli scaffali, le teche…. Completamente vuoti!

“Oh, Dio della Materia, noooo!” gridò Woriw cadendo in ginocchio.

Il Dottore si guardò intorno ed ebbe un presentimento: corse a un terminale olografico e aprì il collegamento con gli altri piani della biblioteca; nessuno rispose, c’era solo l’immagine del posto solitamente occupato dai bibliotecari, all’ingresso di ogni sala.

Facile capire cosa fosse successo: al contrario di Woriw, non avevano avuto qualcuno che con prontezza li aveva fatti mettere al riparo.

Sullo sfondo dell’immagine si vedevano gli scaffali, piuttosto lontani, e allora col cacciavite sonico l’uomo modificò il terminale, in modo che l’immagine potesse zoomare su di essi.

Vuoti, del tutto.

“Ma certo, ora ho capito!” esclamò il Dottore schioccando le dita. “Il rumore di prima… era un teletrasporto. Ed era così forte perché centinaia, anzi, migliaia di teletrasporti sono avvenuti in contemporanea nell’intera biblioteca! Questi droidi sono stati mandati qui per evitare interferenze”.

Tornò da Woriw e lo fece rialzare. “Coraggio, amico mio. Ora non bisogna affliggersi, bensì reagire. Cerchiamo di capire chi può essere stato”.

Il bibliotecario tentò di riprendere il controllo. “P-pensò che sia opera di Taneleer Tivan, ora come ora ritengo che sia l’unico ad aver potuto fare una cosa del genere”.

“Chi è?”

“E’ un abitante del pianeta Cygnus X-1, detto anche mondo Marvel”.

“Pensavo che quella specie si fosse estinta quando il loro pianeta fu investito da una pioggia di meteore giganti”.

“Lo pensavamo anche noi. Invece due me-ssi fa si è presentato a noi quell’uomo, usando anche il suo nome d’arte, il Collezionista, e ha chiesto di poter comprare la nostra intera biblioteca. Ci offrì una cifra immensa, di quelle con cui si potrebbe comprare un intero pianeta, ma noi ovviamente rifiutammo, non avremmo mai potuto vendere il cuore della nostra cultura. Lui sembrò accettarlo. Invece aveva cominciato a pianificare questo… questo scempio!!”

Woriw iniziò a piangere.

Prima che il Dottore potesse dire qualcosa per consolarlo, la terra prese a tremare violentemente.

“Ora che succede?”

“Meglio scoprirlo andando fuori, presto!” ordinò il Dottore portando via l’amico e riuscendo a recuperare anche il moltiplicatore, che stava su un tavolo.

“Mica posso aggiungere a una catastrofe un’altra catastrofe. Evidentemente i droidi del Collezionista l’hanno lasciato qui perché il loro padrone ne ha già uno” pensò.

Raggiunsero un ascensore, e col cacciavite il Dottore lo potenziò in modo che li conducesse fuori in tre secondi anziché quattro minuti.

Arrivarono su un terrazzo, dove c’era una vecchia cabina del telefono, blu.

All’esterno l’intera città, con i suoi maestosi edifici, tremava all’impazzata, i muri si crepavano orrendamente e già c’erano i primi, fragorosi, crolli. Sembrava che l’intero pianeta stesse tremando.

“Ma cosa può aver provocato tutto questo?!” esclamò sgomento il Dottore.

“Non significherà mica che… oh no! No!” urlò disperato Woriw. “Quel criminale… ha rubato l’estrattore di flusso!!!”

“N-non ci posso credere. Togliendo quello, ha destabilizzato il nucleo del pianeta! Fino a questo punto è arrivato!” disse il Dottore inorridendo.

Ormai non solo i palazzi, la terra stessa aveva iniziato a spaccarsi quasi dappertutto, e fontane di magma eruttavano da quelle vaste ferite del terreno.

“Presto, sul Tardis!” disse il Dottore afferrando per un braccio Woriw, che era rimasto come ipnotizzato da quella catastrofe planetaria.

Stavolta non riuscì a muoverlo.

“Woriw…”

L’ertriniano lo guardò in faccia. “Dottore, mi raccomando, faccia giustizia, impedisca che altri mondi subiscano questo fato”.

“Lo faremo insieme!”

“Mi dispiace, ma io muoio con la mia gente”.

Detto questo, Woriw si buttò nel vuoto incandescente sotto di lui.

Fu l’istinto di sopravvivenza che spinse il Dottore a salire sul Tardis e a farlo decollare: giusto pochi secondi prima che la terrazza crollasse. E pochi minuti prima che Ertrinux fosse cancellato dall’universo dall’esplosione del suo stesso nucleo.

****

Margareth era rimasta senza parole. Non capitava tutti i giorni di ascoltare il racconto di un’apocalisse aliena. Con la consapevolezza, visti gli ultimi eventi, che era tutto vero. Anche il ragazzino, il Dottore, si era fatto tremendamente serio.

“Sicuramente” continuò “prima di distruggere il pianeta, il Collezionista doveva già aver provveduto a raccogliere esemplari di ogni ertriniano, suddivisi per sesso, età, intelligenza, impieghi e categorie sociali. Così come aveva prelevato campioni di flora, fauna, roccia, arte e tecnologia. M’informai a lungo su altri pianeti: il Collezionista è ossessionato dal collezionare le cose, se non avesse ovvi problemi di spazio, sarebbe capace di collezionare persino i pianeti e le stelle”.

“Ma…” Margareth deglutì “Ma cosa sarebbe questo estrattore di flusso? Perché questo folle Collezionista è qui? E cosa c’entrano Louise e gli altri?”

“Be, gli estrattori di flusso sono di vari tipi, ionizzati e non, e sono stati installati su vari pianeti da una specie antichissima e ormai estinta allo scopo di raccogliere energia dai loro nuclei interni. E se la memoria non m’inganna, temo che il Collezionista voglia…”

Il Dottore fece cenno di aspettare, poi spinse la sua compagna in una fessura abbastanza profonda tra due colonne e vi entrò anche lui: due droidi arrivarono dalla parte opposta ed entrarono in una stanza lì vicino.

Il Dottore e Margareth uscirono e sbirciarono dalla porta rimasta aperta. Evidentemente non tutte le porte ultratecnologiche dovevano per forza essere a chiusura automatica.

I due droidi stavano parlando davanti ad una specie di tastiera posta su una pedana sopraelevata, il loro linguaggio era del tutto incomprensibile per la ragazza, ma il Dottore, sussurrandole nell’orecchio, fece da interprete.

“I soggetti della categoria cosplayer sono stati tutti radunati nel punto di raccolta. Conversione della personalità secondo schemi delle fonti originali cartacee e animate, completata”.

“ Avvio teletrasporto. Arrivo previsto a hangar d’ibernazione numero duemilatrecento.”

“Preparare successivo trasferimento al museo delle culture indigene”.

“Controllare altre operazioni di raccolta di esemplari dal pianeta”.

“A operazioni concluse, prepararsi al trasferimento dell’estrattore ionizzato di flusso dal pianeta alla nave”.


Sentito abbastanza, il Dottore bisbigliò: “Lo sapevo che mi ricordavo bene. Del resto c’ero quando installarono quell’estrattore” e poi disse a Margareth di tornare al riparo, però la ragazza era diventata pallida come un cadavere e quindi dovette farla muovere lui.

“Un museo” disse con un filo di voce. “La mia amica, quelle persone… trasformate prima in copie di personaggi immaginari e poi… in oggetti da museo… e hanno intenzione di fare alla Terra… quello che hanno fatto a Ertrinux!!”

 

  
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