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Autore: Vale11    27/06/2011    3 recensioni
Se il mare ti chiede di non lasciarlo dormire da solo, tu cosa fai?
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando si svegliò, le sembrò di essersi addormentata in spiaggia. L’odore di mare era così forte intorno a lei che ci mise un po’ per rendersi conto di essere nel suo letto, sotto la sua coperta, praticamente sdraiata sul suo ospite. Ospite che continuava a dormire, apparentemente tranquillo e ignaro dell’imbarazzo della padrona di casa.
Mia l’idea del cuscino umano, mie le conseguenze.
Dopo il profumo di mare, la seconda cosa che notò fu il calore. Il fuoco era spento. Jas aveva ancora la febbre, ma non così alta da giustificare un simile calore in casa. Gettò un’occhiata verso la porta. Da sotto la soglia entrava il sole.
Sorrise, rendendosi conto che probabilmente Peter Pan era tornato, portandosi dietro sole, caldo eccetera. Regalò una nuova occhiata al capitano pirata che dormiva accanto a lei, senza sapere che la sua nave, probabilmente, era tornata a casa. Se tutto andava bene, senza nemmeno sapere che se ne fosse mai andata. Non sentiva davvero il desiderio di dirglielo. Resistette all’impulso di spostargli i capelli dalla fronte e si alzò, infilandosi gli stivali e uscendo, dirigendosi verso la spiaggia.
Quello che vide le piacque davvero. La Jolly Roger era una nave magnifica, davvero ben tenuta, e gli uomini di Jas ne stavano riprendendo possesso avvicinandosi con le scialuppe e guadagnando il ponte. Evidentemente, il ragazzino volante aveva deciso che quella nave non rientrava nei suoi interessi e l’aveva lasciata a chi di dovere. Oppure l’avevano convinto ad andarsene.
Difficile, comunque. Convincere Peter Pan a fare qualcosa che non voleva fare era cosa rara, se non impossibile. Si fermò a raccogliere un po’ di frutta sulla strada di casa, la appoggiò sul tavolo di legno e si sedette sul letto, gli occhi fissi sulla forma addormentata di James Hook.
Lei avrebbe voluto che quel pirata potesse restare con lei. Ed avrebbe voluto poter restare con lui. Ma non poteva, se non voleva veder sparire l’unica possibilità di tenersi vicino l’ultimo membro ancora vivo della sua famiglia. Lo vide aggrottare le sopracciglia, forse turbato da qualche sogno, forse per riflesso involontario, forse chissà perché. Cercò di tranquillizzarlo passandogli il dorso della mano sinistra sulla fronte.
Funzionò. O così pareva.
 
Stava sognando, evidentemente. Se gli avessero chiesto cosa, però, non avrebbe saputo rispondere. Erano flash continui di immagini, voci, in un rimescolio incessante di onde e spuma marina. Rischiava di farsi venire mal di testa anche dormendo, doveva essere una sua abilità tutta particolare. Non sapeva quando, però, ma aveva sentito una presenza esterna vicina, rassicurante, e le immagini si erano fermate. Se ne erano andate. E ora, tutto quello che vedeva erano le onde del mare, in quel momento del giorno in cui l’orizzonte si mangia il sole e l’acqua diventa più calda dell’aria. L’ora blu.
 
Sorrise quando si accorse che, effettivamente, dormiva molto più tranquillo. Gli passò il pollice sulle labbra, attenta a non svegliarlo.
Solo una volta, che male potrà fare?
Ritirò la mano di scatto, quando si accorse di due pozze talmente celesti da fare male che la fissavano. Spalancate.
Non riuscì a fare altro che uscirsene con un Perdonami, ti ho svegliato? Che suonò falso persino a lei.
 
Non riusciva a smettere di fissarla, nemmeno impegnandosi. Ci doveva essere qualcosa, nel suo cervello, che aveva fatto crack e gli aveva bloccato momentaneamente l’abilità di distogliere lo sguardo. Sentiva ancora sulle labbra la pressione leggera delle sue dita e, con tutto l’impegno del Mondo, non riusciva davvero ad elaborare la sensazione. Non era niente di spinto o indecente, ma gli era sembrato terribilmente più eccitante di qualsiasi altro tocco femminile avesse mai ricevuto. Si rese conto che probabilmente non sbatteva le palpebre da un minuto buono, quando si accorse che gli aveva fatto una domanda. Per l’attenzione che aveva prestato, avrebbe benissimo potuto chiedergli credi che i macachi sappiano pescare?
E lui, rintronato com’era in qual momento, le avrebbe risposto dicendole ma certo. In uno splendido dialogo fra esseri senzienti resi sordi da quel quasi terrore. Si forzò, per aprire bocca.
“Scusami?”
Lilith deglutì, senza il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Ti ho chiesto se ti ho svegliato. Mi dispiacerebbe, dormivi tranquillo per una volta”
Oh, se l’aveva svegliato. Bella domanda. L’aveva svegliato? Forse no.
“No. No, non credo. Mi stavo già svegliando, direi”
Gli sorrise, quasi.
“Meno male, mi sarebbe dispiaciuto”
 
Lo guardò sbattere le palpebre, per la prima volta in un minuto buono, prima di rendersi conto del sole che inondava la stanza. Si sedette con un po’ di fatica, buttò giù le gambe dal letto, cercò i suoi stivali.
“Pan è tornato?”
Non era la sua voce, quella a cui era abituata. Sembrava più la voce di qualcuno che cerca di far nascere una conversazione spinto dal terrore di quello che poteva succedere nel silenzio.
“Direi di si, pare che sia tornato il caldo”
Lo vide alzarsi, non perfettamente stabile, desiderando aiutarlo a raggiungere la porta ma temendo il contatto fisico. Eppure la sera prima l’aveva praticamente spinto a letto a viva forza.
Non andava, non andava per niente. Tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che, mentre si stava perdendo in voli pindarici ed elucubrazioni, Jas aveva raggiunto la soglia di casa e si godeva il tepore del sole con il suo mezzo sorriso sghembo. Lo raggiunse, spaventata dall’idea che potesse cadere se si fosse sforzato troppo.
 
Resistette all’impulso di saltare sul posto quando sentì il braccio di Lilith intorno al fianco per aiutarlo a stare in piedi.
“Era ora che quel ragazzino volante tornasse, il freddo iniziava a darmi ai nervi”
La guardò, ancora intimorito e incastrato fra la possibilità di sorridere con mezza bocca o evitare.
“Non ti facevo un tipo così freddoloso”
La vide stringersi nelle spalle.
“Non lo sono, è che il freddo dopo un po’ diventa monotono”
Annuì, perplesso.
“Certo, come se il caldo non lo fosse, qui”
Lilith iniziò a disegnare figure circolari sulla pelle nuda della sua schiena, forse inconsciamente, forse no. Fatto sta che sentì nascere brividi affatto spiacevoli lungo tutta la colonna vertebrale, cui si aggiunsero quelli dovuti alla febbre, alla nausea e alla debolezza regalatagli da quel simpatico disturbo che si portava dietro da quando si era bevuto mezzo mare. Pneumonia, una maledizione. Si portò una mano sugli occhi, temendo di non riuscire a stare in piedi ancora a lungo, e sentì la presa di Lilith farsi più salda.
“Stai bene? Hai bisogno di sdraiarti?”
Scosse la testa, spedendo riccioli neri a tagliare l’aria intorno a lui.
“Ora mi passa. Sto bene, adesso mi passa”
Sentì Lilith cambiare posizione, appoggiandogli una mano sul fianco e l’altra sull’addome, pronta a fermare una possibile caduta.
 
Lo osservò respirare affannosamente per un po’, perso fra una mano piazzata sugli occhi e la pelle d’oca che lo assaliva a ondate. Era ancora debole, ma il fatto che riuscisse a stare fuori dal letto per così tanto tempo la faceva ben sperare per un recupero veloce. Quando si rese conto che le sue ginocchia non l’avrebbero retto si spostò davanti a lui, pronta a recuperarlo se fosse caduto, e dovette essere veloce nel mettere subito in pratica i suoi propositi quando, effettivamente, Jas rischiò un atterraggio poco morbido sulla terra battuta che le faceva da pavimento. Lo sorresse, una mano sotto il braccio destro e l’altra sulla schiena, cercando di farlo stare in piedi.
“Meno male che ti stava passando, Jas. Chissà cosa sarebbe successo altrimenti”
Gli mise una mano sulla nuca quando lo sentì appoggiare la fronte sulla sua spalla.
“Riesci a stare in piedi?”
 
Mugugnò qualcosa di poco comprensibile, che nel suo mondo momentaneamente nebbioso avrebbe dovuto suonare come un ci sto provando, mentre in realtà era uscito più come un mugolio sconnesso. Tirò su la testa dalla spalla di Lilith e si ritrovò due occhi sorprendentemente verdi a pochi centimetri da suoi. Il che significava che, a pochi centimetri dalla sua bocca, c’era quella di qualcun altro. Altra. Che lo fissava a occhi spalancati. Non seppe se fu per colpa sua, o per colpa di Lilith, ma i centimetri di aria che li separavano si azzerarono di colpo e, Dio, quella donna sapeva di vento, cenere e scintille.
 
Sale, acqua salmastra e pioggia. Tutto insieme dava un’idea niente male dell’effettivo odore di James Matthew Hook. Lilith si godette quel contatto finchè qualcosa, nel suo cervello, sembrò incrinarsi. Urlando cretina, cosa credi di fare?
Piantò i palmi delle mani sul petto del pirata, spingendolo via. Lo fissò ad occhi spalancati.
“Devi andartene, Jas.”
Non gli diede il tempo di rispondere, prima che potesse aprire bocca si era già voltata ed era scappata correndo nella foresta.
 
James Hook era rimasto immobile, stupito di non essere finito a terra dopo la spinta di Lilith. Forse si stava davvero riprendendo. Forse. Lasciò che il suo cervello seguisse quella linea di pensiero per non ammettere che si, aveva la bocca secca. Arida. E che c’era qualcosa, nella sua cassa toracica, che protestava vivacemente per non aver seguito la sua ospite nel bosco. E anche per quel devi andartene Jas. Un qualcosa che aveva sempre finto di non esserci. Maledetto qualcosa, che decideva di svegliarsi tutto insieme.
Frugò in giro per la casa per trovare qualcosa con cui scrivere.
 
Le porte. Quelle maledette porte le erano scappate di mano. Non ce n’era più nemmeno una, nessun passaggio per il duemila qualcosa, nessuna scappatoia per vedere suo fratello. E adesso, nemmeno più Jas che la aspettava a casa, per un millesimo di secondo pensò di mandare tutto al diavolo e inseguirlo. Sarebbe salito sulla sua nave, dove altro poteva andarsene?
Ma non poteva. Doveva dimenticarsene, altrimenti le porte non si sarebbero mai più riaperte. L’isola se la sarebbe presa davvero e non l’avrebbe più lasciata andare.
Anche se, in realtà, il suo desiderio più grande era quello di potersi svegliare di nuovo accanto a quell’uomo così strano che valeva tutto il suo tempo.
Quando rientrò, dopo ore perse a cercare un varco per uscire da quell’isola assurda senza trovarlo, rientrò in casa. Jas se n’era andato, gentiluomo come sempre, portando con se il suo uncino e lasciandole un messaggio scritto col carbone sulle assi di legno del tavolo.
“Spero che il tuo nuovo nome ti piaccia, Saoirse”

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Allora: Saoirse si legge Ser-Sha ed è gaelico. Detto ciò, mi scuso per il ritardo criminale, ma ho un lavoro nuovo. Nel senso che si è aggiunto a quelli vecchi. Potete immaginare il tempo che mi rimane per fare quello che mi va di fare.
Tipo punto. Tipo.
  
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