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Autore: Rowena    27/06/2011    3 recensioni
La nuova guerra magica aveva colpito anche lontano, seguendo la sete di potere dell’Oscuro Signore appena sconfitto, segnando dunque gravi perdite ben al di fuori dei confini britannici.
Nessuno si stupì, dunque, se i più rinomati e famosi fabbricanti di bacchette, artigiani eredi di una tradizione antica, si radunarono in un paesino della Bulgaria per rendere l’ultimo omaggio a un loro compagno.
E cominciarono a chiedersi se non fosse il caso di considerarsi una specie in via d’estinzione.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Marietta Edgecombe, Nuovo personaggio, Olivander
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Ottime bacchette dal 382 a.C.'
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Lezioni. Bella roba ricominciare da capo dopo quasi vent’anni, una serie d’insuccessi e una gran sfiducia nei propri metodi. Ma come diavolo facevano gli insegnanti a Hogwarts, ogni anno con una serie di ragazzini nuovi e probabilmente sempre meno interessati?
Tuttavia, Olivander si mise d’impegno questa volta: decise di concentrarsi sul proprio periodo da apprendista per ricordare le sue aspettative, cosa aveva trovato interessante e cosa noioso delle spiegazioni del suo maestro, le imposizioni che aveva sopportato con difficoltà… Mise tutto questo, quando si trattò di cominciare sul serio e molto altro ancora: a ognuno dei suoi allievi consegnò una lista di titoli da leggere in un mese, alla cui scadenza avrebbero scambiato i loro libri con quelli di un compagno, partendo per ciascuno dagli argomenti che potevano sembrare più interessanti.
Così, per Richard era partito dal trattamento del legno, per Jurga aveva scelto dei testi complessi per stuzzicare la sua curiosità, poiché conosceva già le basi con la formazione che le aveva trasmesso suo padre, e per Marietta… Olivander selezionò una serie di argomenti teorici adatti a una Corvonero intelligente e dallo sguardo acuto.
Insieme alle lezioni teoriche che teneva in bottega, però, il maestro volle fin da subito portare i ragazzi sul campo, per far capire loro a cosa stavano andando incontro. Era particolarmente curioso di testare le ragazze, la loro capacità di adattamento al freddo, al fango e alle mani rovinate. Forse il mago era ancora all’antica e aveva dei pregiudizi sull’altro sesso, ma ne aveva viste tante che alla prima macchia sulla veste scappavano a gambe levate…
«Allora, Richard, quante specie diverse di alberi sai riconoscere?»
Quella mattina li aveva portati in una radura nello Yorkshire, non troppo distante da dov’era cresciuto da bambino, in un luogo che amava moltissimo. C’era molto da imparare, a osservare quegli alberi.
Il ragazzo, in piedi a fissare il limitare del bosco, si guardò intorno lentamente, senza mai perdere il sorriso. «Ci sono la maggior parte delle specie tipiche dell’Inghilterra, direi: faggi, betulle, là c’è un acero» disse indicando un albero preciso «mentre laggiù ci sono alcuni pruni, si possono vedere i frutti ancora acerbi sui rami».
La sicurezza con cui individuava ogni singola specie era invidiabile, si capiva subito che suo padre gli aveva trasmesso il suo amore per la natura.
«Bene, e se avessi voluto recidere qualche bel ramo da un nocciolo?» domandò Olivander con un sorriso sornione.
Era come chiedere dove si poteva trovare un Babbano, Richard lo sapeva. Cosa stava cercando di studiare in lui il suo maestro? Richiamò i luoghi della sua infanzia, quando suo padre lo portava a camminare tra gli alberi del suo parco, e rispose sicuro. «I noccioli in Gran Bretagna crescono praticamente ovunque, ma suggerisco la Foresta Caledoniana, nelle Highlands. Basta che non si faccia beccare da papà» ridacchiò spensierato, forse divertito al pensiero del vecchio mago inseguito da un Babbano come suo padre con un randello, colpevole di aver profanato i suoi ragazzi.
«Perfetto» commentò Olivander prima di rivolgersi alle sue allieve. «Conoscere gli alberi, le caratteristiche del loro legno e le zone in cui è possibile trovare esemplari sani e robusti sono capacità fondamentali in questo lavoro. Richard in questo è avvantaggiato, perché è figlio di un guardaboschi che gli ha insegnato tutto sugli alberi del nostro Paese, ma recupererete quando ci sarà da avvicinarsi a un Unicorno».
«Tremo al solo pensiero» scherzò il giovane mago tornando a sedersi tra Jurga e Marietta.
Olivander abbracciò con lo sguardo tutta la foresta e inspirò profondamente: conosceva quegli odori, quei profumi un po’ selvatici che sapevano di libertà… Aria di casa.
«Potrei dirvi che vanno usati solo i legni che il vostro maestro predilige, come farebbero in molti, ma vi spiegherò quello che preferisco io come uno spunto per il vostro futuro. Come avrete capito, io sono un tipo abbastanza sedentario e difficilmente uscirei dai confini della mia madrepatria per trovare l’albero migliore» disse notando che Jurga scuoteva il capo con un’aria rassegnata. Incredibile a dirsi, ma si stava divertendo più del previsto a tenere lezione ai tre ragazzi. «In particolare, utilizzo il legno di quelle specie che compaiono nel calendario celtico, che consulto e seguo anche per fare le mie scorte».
Era sempre stato convinto che avere la benevolenza degli astri fosse importante o, almeno, così gli era stato insegnato. Selezionare un corniolo ai primi di aprile, ad esempio, secondo lui infondeva al legno tagliato una forza maggiore e una qualità più elevata, anche se forse erano soltanto vecchie superstizioni.
«Sui Carpazi più che altro ci preoccupiamo di evitare il periodo invernale, per via del buio e della neve, ma è un sistema come un altro» commentò in maniera neutra la ragazza bulgara, ricordando i tempi in cui da bambina aiutava suo padre a sistemare la legna nel magazzino.
«Beh, il fabbricante di bacchette deve tornare in bottega, per vendere» rispose Olivander con l’aria di chi sapeva accettare le opinioni diverse. «Ora, voi taglierete dei rami per farne la vostra materia prima, ma vorrei che vi soffermaste a pensare all’albero come essere vivente». Li invitò ad alzarsi e a seguirli, avvicinandosi ai primi tronchi.
Richard annuì, pensando a un discorso che aveva sentito fare spesso anche da suo padre: «Qui c’è vita e c’è un ciclo da rispettare per non uccidere questa creatura. Da germoglio diventa albero, fa fiori e frutti e in molti casi perde le foglie per l’inverno».
Olivander si chinò e raccolse alcuni ramoscelli caduti, poi smosse le foglie e gli arbusti e mise in mostra una piantina che doveva essere spuntata da poco, non poteva avere più di qualche mese. Le sarebbero serviti ancora molti anni per diventare un albero forte e maestoso, e bisognava darle il tempo di crescere.
«Andiamo oltre questo dato di fatto: se doveste assumere una persona la vorreste giovane ma con esperienza, tenace, con forza di volontà. L’albero va valutato allo stesso modo: dovrà essere forte e sano, evitate sempre il legno secco» spiegò facendo vedere come quello fosse friabile e difficilmente manipolabile, «ma non lanciatevi sulle piante troppo piccole e ancora molli».
Erano molte le considerazioni da fare prima di scegliere un albero per fare bacchette, era chiaro ormai a tutti e tre.
«Si dice che lei tenti di usare ogni singolo componente una sola volta» commentò quietamente Marietta, senza porre una domanda né fare un’affermazione completa.
Olivander fissò un attimo la ragazza, che continuava a rimanere in silenzio salvo poi farsi sentire in quel modo. «È vero, ma è un discorso che vale principalmente per le anime, anche se affronteremo il problema più avanti. Il legno è meno catalizzatore dell’elemento centrale, anche se le sue caratteristiche dovranno essere altrettanto ben studiate, ma non esistono abbastanza alberi per rispettare in questo caso la singolarità».
Riportò i due inglesi al momento in cui avevano varcato la soglia del suo negozio la prima volta e avevano provato tanti dei suoi esemplari. «Marietta, tu ne hai saggiate sei prima di trovare la tua, Richard ha avuto fortuna solo con la ventesima. È stato difficile trovare la sua, non riuscivo a capire cosa fosse adatto per lui… Allora, elencami le caratteristiche fondamentali di una bacchetta».
«Lunghezza, albero di provenienza, tipo di anima» rispose lei guardandolo in viso. «Poi c’è il grado di flessibilità e il campo magico in cui lo strumento si rivela più efficace. A proposito, come faceva a sapere che la mia bacchetta sarebbe stata fantastica con gli Incantesimi?»
Era una domanda che avrebbe voluto porre al fabbricante fin da quando aveva fatto l’acquisto: l’arte delle bacchette l’aveva sempre affascinata, anche se non aveva mai studiato nulla in materia, e quando il mago l’aveva cercata per quell’esperienza da apprendista… Era stata la prima buona notizia da tanto tempo.
«Questione di linee» spiegò Olivander «vai avanti con il manuale che ti ho dato e vedrai che ti sarà più chiaro. Prendiamo il tuo caso, però: nonostante sia necessaria una certa energia magica per ogni tipo di incantesimo, la Trasfigurazione è un tipo di magia che ne richiede una quantità più elevata. Le bacchette adatte a questo tipo di arte magica, infatti, sono più corte e spesse, anche se rimarranno sempre sotto i due pollici di diametro, per assorbire dal mago che le impugna una maggiore energia e catalizzarla per tutta la durata della trasmutazione».
Jurga scosse il capo, sapendo a chi fosse rivolto quel particolare commento sul diametro delle bacchette: suo padre era stato famoso in tutta Europa per le strane proporzioni delle sue creazioni, che erano diventate sempre più spesse quasi seguendo l’ingrassare del loro fabbricante…
«Le bacchette adatte ai duelli sono invece più lunghe e flessibili» replicò invece senza attaccare polemica, interessata anche lei dall’argomento. Lei e il maestro avevano cominciato a punzecchiarsi in quella maniera per vedere quanto sapevano sopportarsi nel rispetto dei loro ruoli.
«In quel caso, l’energia deve essere convogliata rapidamente, a prescindere che si attacchi o si crei uno scudo di difesa». Inoltre, una bacchetta flessibile ed elegante era l’ideale per adattarsi in ogni situazione d’emergenza, tipiche di un duello.
«Quindi è lei che decide a cosa saranno adatte le bacchette».
Olivander si prese un minuto per rispondere all’ultima domanda di Richard, per non sembrare stupido con la risposta che aveva in mente.
«In realtà, mi piace pensare che siano le bacchette a decidere e a suggerire cosa fare alla mia mente. Non parto mai con un’idea precisa: osservo il legno, le sue venature, ascolto cosa ha da dire…» Era un concetto fondamentale per il suo modo di concepire il lavoro del fabbricante di bacchette: «È un modo che altri potrebbero definire stupido e sentimentale ma, almeno per me, esso è l’unico modo per creare un buon articolo. Come è possibile, altrimenti, che dare vita a una bacchetta che starà magari vent’anni, se non di più, in negozio ad attendere la persona giusta?»
«La persona giusta» borbottava Jurga, come se tentasse di convincersene. «È un concetto che mi è sempre sfuggito, anche se mio padre ha tentato molte volte di spiegarmelo. Com’è possibile che sia la bacchetta a scegliere la persona giusta per sé?»
Pur essendo figlia di un rinomato artigiano, a volte la ragazza aveva una mentalità troppo materiale, che le impediva di vedere oltre ciò che aveva davanti al naso.
«Io ti parlo di anime delle bacchette non a caso» si rimise a spiegare con calma Olivander. «Non è semplice il nucleo, il ripieno: quando tenterete di creare i vostri primi esemplari, prenderete un campione di materiale magico organico, che lavorerete prima di inserirlo nel frammento di legno che avrete scelto. In questo processo, il crine di Unicorno, la piuma di Fenice o qualunque ingrediente decidete di usare entrerà in contatto con voi e prenderà qualcosa di voi: un ricordo, le vostre sensazioni, a volte perfino il sangue se non sarete attenti a maneggiare il legno… in qualche modo sarete voi a renderla viva».
E avrebbero imparato da soli quale parto poteva essere estrarre la forma perfetta dal ciocco di legno in lavorazione, per dire. Il processo di armonizzazione dei due componenti era una magia lunga ed estenuante, che richiedeva molta energia: stava alla forza di volontà del fabbricante creare degli strumenti potenti e di valore. «Non state farcendo una torta, tenetelo sempre presente: state creando un oggetto semisenziente che instaurerà un legame di reciproca dipendenza con la persona che l’acquisterà».
Era una responsabilità creare bacchette che funzionassero bene e servissero in maniera corretta i loro proprietari, così come selezionare per ogni cliente gli articoli che più gli si addicevano.
«La bacchetta perfetta riconoscerà le mani del suo padrone da quelle degli estranei, si rifiuterà di servire al meglio altri maghi, che si tratti di ladri o anche solo di fratelli che se la passano per risparmiare, salvo la logica dei duelli».
Una pratica barbara, ai suoi occhi, ma se perfino le bacchette l’accettavano… Per Olivander, non si sarebbe mai dovuto duellare se non per questioni di vita o di morte.
«Bene, direi che per questa mattina abbiamo messo abbastanza carne al fuoco. Oggi pomeriggio torneremo in bottega per cominciare le lezioni pratiche sulla lavorazione del legno. Nel frattempo, chi di voi ha fame?»
Era ormai ora di pranzo, e il mago tornò sulla strada indicando agli allievi un pub in cui avrebbero potuto rifocillarsi. Approfittando della pausa – anche perché Olivander aveva snocciolato una certa quantità di nozioni e concetti che tutti e tre avevano bisogno di fare propri con calma – la conversazione passò ad argomenti più colloquiali e di carattere personale.
Richard era molto affascinato da Jurga, in particolare, e dalla sua storia, anche se la ragazza non sembrava molto disponibile a parlare del suo passato. La circostanza che le aveva permesso di salvarsi dal massacro della sua famiglia non la rendeva certo di buon umore, specie sapere di essersi separata da suo padre con rabbia e odio.
Olivander notò il suo disagio e tentò di cambiare argomento, poi richiamò la cameriera per ordinare.
«Vi porto tutto subito, fareste meglio a prendere le birre e le altre bevande, però, direttamente al bancone, oggi siamo un po’ oberati» suggerì la ragazza prima di sparire in cucina.
A dire la verità, il locale non sembrava così affollato – solo alcuni tavoli in fondo alla sala erano occupati, ma Olivander colse l’occasione per prendere da parte Richard e spiegargli che non tutti avevano il suo stesso ottimismo per affrontare i problemi e che, soprattutto, non gradivano le domande incalzanti sul passato.
«Mi dispiace, non mi sembrava di essere stato così molesto» si scusò il ragazzo. Effettivamente a volte era un po’ troppo curioso e non sapeva contenersi. «Cercherò di essere più discreto».
Il maestro si pose una mano sulla spalla e sorrise con complicità. «Lo dico per te, ragazzo: Jurga può essere velenosa, lo sai, e ora che finalmente sembra essere a lavorare con voi… Non guastiamo tutto».
Quando fecero per tornare al tavolo, però, si accorsero che la discussione era continuata anche senza di loro.
«Come sarebbe a dire che una tua compagna di scuola ti ha scagliato una maledizione perché non hai saputo tenere la bocca chiusa? Cosa vuol dire quella parola, spia
Inaspettatamente, Olivander trasalì: sapeva che Jurga era rimasta interdetta per le pustole che deturpavano il viso della sua compagna di stanza e che non si era rassegnata all’idea che fosse meglio non toccare quell’argomento, ma un attacco così diretto…
Decise di intervenire prima che la conversazione degenerasse, ma per una volta Marietta sembrava decisa a rispondere. «Più di due anni fa ho preso parte a una specie di società segreta che voleva resistere al potere del Ministero. Vi entrai più per fare un piacere a una mia amica che perché mi sembrava una giusta causa» spiegò ricorrendo brevemente la storia dell’Esercito di Silente. «Non credevo che Harry Potter potesse aver ragione, né che l’istituzione di cui faceva parte anche mia madre potesse essere così corrotta e cieca».
«Ma cosa significa spia?» ribatté Jurga, che evidentemente non conosceva a fondo la lingua inglese.
«Spia è una persona che finge di essere alleato di qualcuno per carpirne i segreti e poi rivelarli a chi interessano» le rispose gentilmente Olivander.
«Entrando in quel gruppo, firmai una carta in cui giuravo di mantenere il silenzio sull’associazione e su ciò che facevamo quando ci riunivamo. Chi incantò quella carta disse che era incantato e che per chi avesse tradito ci sarebbero state terribili conseguenze, ma pensai che esagerasse per spaventarci».
«Allora nella scuola c’era una professoressa mandata dal Ministero che aveva l’unico scopo di distruggere Silente. Una vera stronza» si lasciò sfuggire Richard ricordando i giorni del suo ultimo anno a Hogwarts. «Voleva sapere a tutti i costi quello che faceva il Preside, cosa architettava, come se fosse lui il nemico e non l’Oscuro Signore».
Jurga seguiva la storia con molta attenzione: conosceva il nome di Albus Silente, ovvio, e per quello che sapeva di lui trovava impossibile che qualcuno lo credesse cattivo. «E tu hai fatto la spia con lei?» domandò a Marietta.
La ragazza tremò appena, ma decise di rispondere lo stesso. Ammettere per la prima volta con un’altra persona di aver sbagliato era importante, lo sapeva: non era mai riuscita a raccontare la verità nemmeno ai suoi genitori, che erano rimasti sconvolti nel vederla tornare da Hogwarts in quello stato al punto da non parlarle per mesi. Riprendere la scuola a settembre era stata una salvezza, sebbene avesse dovuto cominciare a nascondersi da tutti cercando di non essere al centro dei pettegolezzi.
«Vorrei potermi giustificare con la storia del Veritaserum, con cui la Umbridge interrogò metà della scuola, ma sarebbe una menzogna: sono andata da lei volontariamente a raccontarle tutto, per mettere fine a una storia che a me sembrava pericolosa e sovversiva, e come premio ho avuto questa fantastica decorazione facciale» concluse con un sorrisetto amaro indicandosi il viso.
Olivander si sentì stupito, mentre la giovane strega tornava a nascondersi dietro i suoi lunghi capelli: aveva pensato che ci sarebbe voluto un sacco di tempo per far aprire Marietta, visto lo shock che aveva subito… Bastava guardarla in quei suoi grandi occhi scuri per leggere quanta solitudine e quanto disprezzo avesse affrontato a causa di quell’incantesimo. Solo il fatto di essere di nuovo in piccolo gruppo, per il quale era stata scelta, invitata e voluta dal maestro, sembrava averle fatto bene. Il mago si voltò a osservare l’espressione di Jurga, che non aveva mezze misure e non le accettava dagli altri: una risposta sbagliata e avrebbe rovinato tutto.
La ragazza bulgara però scosse il capo e fece una smorfia esterrefatta: «Ma scusa, e quella? Perché non ti ha tolto la maledizione? Potrei capire il voler punire la spia subito per il tradimento, ma sono passati più di due anni! Vuole rovinarti tutta la vita?»
Ed eccola, la giovane donna imprevedibile e incredibilmente sensibile quando voleva. Marietta sembrò colta di sorpresa, come se si aspettasse qualunque commento tranne quello.
«C’è stata una guerra in mezzo e lei doveva salvare il mondo» spiegò con amarezza. «Magari non se ne ricorda nemmeno più».
«E queste sono le persone che salvano il mondo? Dovrebbe vergognarsi quella… Come hai detto, Richard? Stronza?» rispose Jurga cominciando poi a parlottare nella sua lingua madre così da rendersi incomprensibile al resto della tavola. Le era inconcepibile, lei era testarda e vendicativa ma aveva comunque dei limiti…
Olivander ridacchiò dietro il suo boccale di birra, felice di vedere che quella situazione si era risolta in modo interessante: la nuova generazione di fabbricanti uniti e cooperativi tra loro che aveva sognato stava nascendo.



Angoletto dell'autrice: Eccomi di nuovo qua! Ed ecco finalmente le famose lezioni di Olivander, almeno, la prima: iniziare dagli alberi per me era necessario, visto quanto mi piacciono... E ho voluto concentrarmi su Marietta, perché a pensarci bene l'idea che sia stata maledetta a vita mi angoscia un po'... Per quanto abbia sbagliato, penso che dal suo punto di vista la vita faccia terribilmente schifo. Fatemi sapere che ne pensate! ^^
Alla prossima,

Rowi
   
 
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