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Autore: LauriElphaba    28/06/2011    3 recensioni
Basta così poco per sentirsi liberi. Lasciare i piatti sporchi sul lavandino per giorni, per esempio. O raccattare i pochissimi risparmi che hai in casa e usarli per te stessa. O non sentirti occhi addosso, urla, insulti. Basta una casa vuota ed un giorno di sole per sentirsi liberi, a volte. E sapere che quella casa potrà fare a meno anche di te, d’ora in poi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merope Gaunt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Basta così poco per sentirsi liberi. Lasciare i piatti sporchi sul lavandino per giorni, per esempio. O raccattare i pochissimi risparmi che hai in casa e usarli per te stessa. O non sentirti occhi addosso, urla, insulti. Basta una casa vuota ed un giorno di sole per sentirsi liberi, a volte. E sapere che quella casa potrà fare a meno anche di te, d’ora in poi.

Merope Gaunt infilò il mantello sbrindellato sopra i suoi quattro stracci e fece per chiudere la porta di casa. Se casa si poteva chiamare la baracca squallida in cui era vissuta per diciotto anni, se casa si poteva chiamare il luogo dove non aveva mai saputo di essere viva. Di avere un corpo, una dignità, una voce.

Ora là dentro sarebbe rimasta la polvere. Se ci fosse tornata, sarebbe stato da morta, contro la sua volontà. Sentì la sua mente snebbiarsi miracolosamente, come se la porta, chiudendosi davanti al suo primo sorriso, avesse spazzato via quella coltre di oscurità che copriva i suoi pensieri da diciotto anni. Le mani le formicolavano, ridendo beate del suo potere che si risvegliava. Merope si sentì viva e sorrise di nuovo. Non era bella, con quella faccia ampia dalle ossa grandi, ma quel sorriso le addolciva in qualche modo i lineamenti. Si soffermò poco oltre la soglia, tra i primi alberi, respirando profondamente, mentre il suo sorriso si allargava. Si era mai soffermata sull’idea di riempirsi i polmoni fino a scoppiare? Sul movimento delle sue guance, finora immobili? Sulla sensazione leggera e rincuorante del sole che le scaldava dolcemente il viso smunto? Al sole non importava che fosse brutta, che fosse la melma della sua famiglia, che fosse solo una donna, che non avesse mai saputo usare una bacchetta: arrivava a baciarla senza pensieri, era un saluto, un invito. Benvenuta alla luce, Merope…

Basta chiudere una porta e lasciarsi indietro una vita di umiliazioni. Coltivare una speranza, per quanto impossibile sia a realizzarsi. Scoprire con stupore di essere una donna innamorata, e rendersi conto che in fondo non c’è niente di male in questo.

Seduta sul marciapiede di Diagon  Alley, una bottiglia ricolma in una mano e un fogliettino spiegazzato nell’altra, la ragazza guardava passare la gente. C’erano bambini tenuti per mano da genitori che faticavano a trattenerli, i faccini illuminati nel guardare le vetrine dei negozi di giocattoli.

“Me lo compri, papà?”

“La prossima volta, tesoro, andiamo di fretta…”

Lei non aveva mai avuto il coraggio di chiedere qualcosa ad Orvoloson. Sin dalla culla, quell’uomo  non era stato altro che il suo incubo ricorrente. La notte si addormentava tremando, sapendo che lo avrebbe sognato che la guardava con quegli occhi di fuoco, colmi di orgoglio e disprezzo per la sua esistenza, o che le veniva incontro per strapparle dal collo il medaglione di Serpeverde soffocandola, strattonandola. Si svegliava col fiato mozzo, immersa nel suo sudore. Fin da piccolissima, no, non aveva mai chiesto nulla ad Orvoloson, vivendo nel terrore che ogni secondo fosse l’ultimo. Ora Orvoloson era ad Azkaban … una libertà per una libertà, senza volerlo il padre le aveva dato tutto quello che chiedeva. Tornò a guardare la fiala nelle sue mani. Il liquido che conteneva era rosso come il sangue, con lievi bagliori dorati. Il liquido che conteneva era il suo presente. La piccola pergamena che aveva arrotolata in tasca, con la ricetta del filtro, era il suo futuro. Sapeva cosa doveva fare, era il suo cuore a urlarglielo, con violenza, e per quanto la coscienza cercasse di soffocarlo, l’immagine di Tom Riddle che cavalcava nei dintorni della baracca era un incentivo troppo forte. Quanto lo aveva osservato … conosceva ogni cellula epiteliale del suo volto come se avesse passato notti insonni a baciarglielo, milioni di volte aveva chiuso gli occhi per sognare di fissarli nei suoi, scuri, intensi,immaginava il fisico asciutto sotto le camice bianche, e la mente le si incendiava,il respiro si faceva pesante e sognava di stringerlo, spogliarlo, amarlo, proteggerlo e tenerlo con sè come il suo unico tesoro.

Basta poco, quando ci si sente così profondamente liberi, anche a perdere il senso della giustizia. Ma soprattutto basta poco, quando si ha il cuore in fiamme, per dimenticare la libertà degli altri e sognare di sottometterla alla propria. Fare due più due, capire che dalla vita non si ha mai avuto niente e che il poco che ora si possiede è stato guadagnato con il sacrificio. Proprio o degli altri, poco importa.

Tom Riddle cavalcava al passo per il bosco oltre la proprietà dei genitori. Non si era reso conto di aver sconfinato avvicinandosi alla baracca del vagabondo, quel Gaunt. In ogni caso, nessun problema. Da quando il vagabondo era sparito dalla circolazione insieme al figlio pazzo, le sue passeggiate erano molto più piacevoli. Talvolta incontrava la ragazza, quell’essere così sgraziato, che sembrava provenire da un mondo antico, primitivo. Non provava compassione per lei, solo un leggero ribrezzo che riusciva tranquillamente a trasformare in civile conversazione le poche volte che si incrociavano. Aveva notato che quando accadeva, la ragazza lo fissava come cercando i suoi occhi. Gli occhi di lei erano neri come la pece, senza sfumature. Più volte si era domandato, quasi ridendo tra sè, se la figlia del vagabondo non avesse una cotta per lui. Tom Riddle non credeva nella favola del brutto anatroccolo che si trasforma in cigno. Le attenzioni di lei (se pure esistevano anche fuori dalla sua mente) lo divertivano in modo grottesco. Tom Riddle, come suo figlio, non avrebbe mai imparato la compassione.

Mentre indugiava in pensieri del genere, la ragazza gli apparve davanti, in pieno sole tra due alberi.

Quando si accorse di chi stava arrivando, Merope si girò verso l’oggetto della sua passione sorridendo tranquilla. Una mano, infilata nella manica del vestito, accarezzava la fiasca appoggiata contro il fianco.

Il ragazzo si avvicinò ancora, e Merope provò l’ormai familiare sensazione di stare per scoppiare a urlargli tutto il suo infinito amore. Ma sapeva di doversi trattenere. Nessuno le aveva mai raccontato del brutto anatroccolo. Nessuno le aveva mai raccontato fiabe. Tutto quello che sapeva era di essere una strega brutta, sgraziata e senza un soldo. Ma pur sempre una strega. Diede un’ultima toccatina nervosa alla fiala e si avvicinò a lui. Si accorse con soddisfazione che il ragazzo sudava leggermente, il che non scalfiva minimamente la sua bellezza ma probabilmente accresceva la sua sete. Si, era la volta buona. Dovette continuare a trattenersi per non esplodere, mentre lui si avvicinava.

Ormai troppo vicino per ignorarla, alzò lo sguardo su di lei.

“Buon pomeriggio, signor Riddle” cercò di pronunciare. Evidentemente qualcosa uscì dalla sua bocca, perché lui rispose con un sorriso divertito.

“Buon pomeriggio, ragazza” Non ricordava neanche il suo nome, pensò lei. No, non c’era spazio per le illusioni, neanche in amore. Cosa si aspettava? Un’attenzione in più? Un momento di calore? Se avesse avuto di queste speranze, la sua tasca destra sarebbe stata vuota.

“E’ una giornata davvero calda per andare a cavallo…”, tentò. Vedendola impacciata, confermandosi nelle sue ipotesi, Riddle decise di divertirsi un po’.

“Sei mai stata a cavallo, tu?”, chiese, ben conoscendo la risposta. Se quella tipa era mai stata a cavallo, come minimo si era trattato di una scopa, ridacchiò tra sé. Non sapeva di essere pericolosamente vicino alla realtà.

“No” Rispose lei. La conversazione non stava prendendo la piega che si era aspettata. E se…? Ma no. Comunque fossero andate le cose, sapeva cosa doveva fare.

“Ti andrebbe di fare un giro?” Sorrise lui. Si sentì quasi buono. Le stava offrendo un divertimento, dopotutto. Si poteva considerare una buona azione? Cecilia, probabilmente, lo avrebbe adorato come un martire!

Lei sobbalzò. Questo non se lo aspettava davvero. La sua voce rispose prima ancora che potesse rendersene conto.

“Oh, si! Sarebbe bellissimo!”. Lui le porse la mano. Merope non poteva credere alla sua fortuna: lo stava toccando, e in pochi secondi sarebbe stata dietro di lui, sul cavallo, lo avrebbe tenuto tra le braccia.

Bastò poco, uno sguardo di disprezzo di troppo del ragazzo, il fatto che non compisse il minimo sforzo per migliorare l’atmosfera, per convincerla, alla fine, a versare quel succo rosso d’amore nel vino che gli aveva offerto. Lui non rifiutava mai vino. E non rifiutava mai di essere servito. Solo pochi secondi, lei fremette d’impazienza vedendo il liquido piano piano esaurirsi.

Posato il bicchiere, Tom Riddle era innamorato come non lo era mai stato in vita sua.

 E Merope Gaunt era una bellezza, una fata, la luce dei suoi occhi.

Dimenticare che quelle parole le stava dicendo il contenuto di una fiala fu un attimo.

  
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