CAPITOLO
VIII: IN SOVIET RUSSIA…
In centrale, il mese seguente
la morte del capitano passa nel silenzio e nella tristezza più totale. Nessuno
vuole aiutarci nelle indagini, per paura di andare all’inferno a Marzo, in
primavera, e preferiscono andarci di inverno.
Io e Gino, dal canto nostro,
non riusciamo più ad indagare con la stessa Motivazione di prima, perché è
morta ed è venuta la figlia, che però non è all’altezza della madre.
“Gino?” gli chiedo mentre
stiamo girando su internet alla ricerca di informazioni “Quante multinazionali
sono rimaste, di quel tipo?”
“Hmm… non molte. Alcune sono
state eliminate da Robin Hood, altre hanno chiuso per paura. Se vuole il mio
parere non scopriremo mai se i CD musicali sono
digeribili!”
“Quindi ce n’è ancora?”
“Credo di sì”
Stavo girando su YouTube, ma
a quelle parole torno subito nella home page di
Google per trovare altre imprese.
“Trovato!” esclamo dopo poche
ricerche “La più famosa multinazionale rimasta ha la sua sede in Russia. Si
chiama ‘In Soviet Russia, the CDs digest the animals’.
Puoi accompagnarmi, Gino?”
“Vorrei tanto, capo” risponde
lui “Ma la mia macchina è stata schiacciata da uno struzzo gigante venuto dalle
antiche paludi dello Yemen. È un miracolo se sono vivo, voleva uccidermi!”
Povero Gino, non ha il
coraggio di ammettere di essersi schiantato contro un palo.
“Gino, non c’è bisogno che
inventi scuse così assurde con me!”
“Ma non è una scusa!”
Faccio per andarmene, quando
mi accorgo che dalla finestra ci osserva uno struzzo.
Siamo al quinto piano.
Gino si volta ed esclama
subito: “Non adesso, amico, mi ucciderai un’altra volta!”
Il pennuto se ne va mogio.
“Gino, posso prestarti la mia
macchina”
“Ma non sarà mai come…”
“È una Lamborghini a
locomozione atomica”
“Non c’è tempo da perdere,
sbrighiamoci!”
Nel giro di pochi minuti
raggiungiamo la destinazione.
Pare che l’uomo che stiamo
cercando sia molto vecchio e ancora radicato negli ideali sovietici.
Infatti la pareti esterne di
casa sua sono piene di simboli che ricordano l’Unione Sovietica.
Ci avviciniamo alla porta e
facciamo per bussare, quando ci accorgiamo che le chiavi sono inserite nella serratura.
Bussiamo, entriamo e
chiudiamo l’ingresso. Neanche il tempo di fare due passi che bussano alla
porta.
“Chi è?” chiedo incuriosito
dalla strana situazione.
“Sono puadrone
di casa: signor Ivan Braginski”
Apriamo e lo facciamo
accomodare.
Nella Russia Sovietica, gli
ospiti accolgono il padrone di casa.
“Voi siete capituano Ruossi e ispettore
Gino, giusto?”
“Della polizia di Tartatà,
esatto”
“Il viaggiuo
deve essere stato lungo da Italia. Venite, vi offro cena”
Lungo? Evidentemente in
Russia non conoscono Gino. Però in effetti ho una certa fame, quindi accetto.
Per mangiare, il signor
Braginski indossa un costume da maiale.
“Cosa c’è per cena?” chiedo
affamato, quando ci riuniamo intorno alla tavola.
“Suocialisti”
“Sta scherzando, spero!”
“Da!” esclama ridendo
“Scherzavo!”
Faccio un sospiro di
sollievo.
“Non suono tutti suocialisti” continua lui.
“Cannibale!” esclama Gino
senza pensarci.
“Non puosso
farci nulla. O mangio umani, o maiali mangiano me”
Già, perché nella Russia
Sovietica è la cena che mangia te.
Però non intendo mangiare
carne umana! Eppure non credo che mi permetterà di andare contro le severe
regole della Madre Russia Sovietica! C’è una sola soluzione!
“Io sono vegetariano” mi
affretto a dire.
“Oh, alluora
vestiti da sale mineruale e mangia piante” mi
risponde tranquillamente.
Il maggiordomo ordina subito
al padrone di portare un vestito da sale minerale e questi va a prenderlo.
Nella Russia Sovietica, i
maggiordomi danno ordini al padrone.
Durante la cena, parliamo
della situazione e di come dovremmo tenere d’occhio il signor Braginski per
evitare che Robin Hood lo uccida.
Ovviamente è tutta una messa
in scena: è impossibile impedire a quell’omicida di mettere a segno gli
assassinii. Ivan farà da esca, permettendo a me e Gino di avvicinarci alla
preda.
Sperando che non diventi
cacciatore, ovviamente!
“Mi duarete
una scuorta?”
“Sfortunatamente non
possiamo: nessun agente vuole immischiarsi in quest’indagine” rispondo.
“Già, hanno tutti paura…”
comincia a dire Gino, ma gli tappo subito la bocca. Non deve sapere che è
impossibile sopravvivere a quell’uomo, o non farà da esca!
“Hanno tutti paura di
lasciare Tartatà priva di poliziotti” mi affretto a dire.
“Basta nuon
darmeli tutti” risponde il russo, inarcando un sopracciglio. Temo che inizi a
capire che non vogliamo dargli una scorta, ma non conosce la condizione di
Tartatà.
Un punto a mio favore.
“Sfortunatamente” rispondo
con sicurezza “Sono quasi tutti impegnati in altre indagini. Per darle una
scorta dovremmo svuotare la centrale di polizia della città”
Il signor Bragisnki
non risponde, sta riflettendo.
Non posso permettere che
sospetti qualcosa, devo portare avanti la strategia meditata.
“Però io e l’ispettore la
controlleremo di nascosto”
“Puerché
di nascuosto?”
Perché ci teniamo alla pelle.
“Perché se vedesse una scorta
potrebbe decidere di non colpire”
“Ed è un muale?”
“Ovvio. Vede, signor
Braginski, noi vogliamo impedire che lei muoia, ma non siamo sicuri che sia in
pericolo! La probabilità è alta, ma non totale! Se l’assassino decidesse di
distrarci, mettendo a segno dei colpi in Italia per allontanarci da lei, si
rischia che poi venga qui ad ucciderla. In più, spingendolo a colpire, non solo
salveremmo lei, ma prenderemmo l’omicida”
L’ho convinto. Non è poi così
intelligente, quell’uomo.
“E va buene.
Qualunque cosa per scuoprire se neanche gli struzzi giguanti dello Yemen possono digerire CD
musicali!” conclude dopo la riflessione.
Struzzi giganti? Mi volto
verso Gino, che si trattiene appena dal colpire l’uomo. Non riesce a credere che possa fare cose del
genere anche al suo amico/nemico struzzo, ma sa che dobbiamo metterci dalla sua
parte.
“Allora io e Gino ci
congediamo” dico prima che il mio collega non riesca più a contenere l’ira.
In fondo dobbiamo controllare
dove appostarci per tenere d’occhio il russo.
Una volta usciti, facciamo il
giro della casa alla ricerca di rifugi e passaggi segreti. Passaggi non ne
troviamo, ma di rifugi ce n’è a bizzeffe, quindi mando Gino in Italia a
recuperare degli strumenti da lavoro.
Armati di pale, martelli e
quant’altro, ci costruiamo di nascosto dei passaggi che colleghino tutti i
nascondigli. Meno possibilità diamo a Robin Hood di vederci, meglio è.
Dopodiché ordino al mio
collega di nascondere la macchina in un luogo sicuro, perché nessuno si accorga
della nostra presenza.
Eccoci qui, nascosti come
topi dal gatto Robin Hood. Di solito è stato lui a nascondersi da noi, ma siamo
in casa di Ivan Braginski, russo filo-sovietico.
E si sa: nella Russia
Sovietica sono i poliziotti a nascondersi dai criminali.