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Autore: zenzero    28/06/2011    1 recensioni
La storia inizia come in tante altre storie: due giovani uomini si ritrovano su di un'isola. Ma essa non è affatto deserta. Oltre ad un grosso cane, infatti, vi abita anche una ragazza decisamente diversa dalle altre...
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Casa La ferita non era molto grave. Probabilmente la stanchezza, il caldo, o la mancanza di cibo dovevano aver fatto svenire il mio signorino. O forse, l’insieme di queste tre cose.
Mi chinai su di lui.
 - E’ solo svenuto,- disse la signorina gigante.
Annui, ma ero ancora preoccupato.
Stava piovendo sempre di più.
 - Non potete rimanere qui, -continuò lei, tesa,- Vi bagnerete completamente, e potreste cacciarvi in altri guai. Se per te va bene posso portarvi entrambi nel mio rifugio.
Non speravo in niente di meglio.
 -Sì, per favore,- accettai. In effetti, nemmeno io mi sentivo molto bene.
La ragazza si chinò sul signorino Ivan e lo sollevò senza sforzo. Poi si mise a camminare nella foresta. Io cercai di tenere il passo, ma non fu molto facile.
Alla fine raggiungemmo una zona con un ampio costone roccioso. Una piccola zona della parete era ricoperta di arbusti. Gilda aprì un passaggio tra le piante e fece passare anche me.
 -Prego,- disse sorridente.
Camminai nella grotta e alla fine i miei occhi scorsero una luce.
Mi sarei immaginato un rifugio misero, invece somigliava ad una sorta di casa, anche se semplice.
Alle pareti erano attaccate alcune torce accese. Al centro della stanza, circolare, c’era  un piccolo focolare spento. Accanto ad esso vi dormiva il grosso cane. Addossate al muro si trovavano delle grosse casse piene di frutta. Accanto, c’era un tavolino fatto con un tronco d’albero, e sopra di esse delle armi di svariato genere. Arpioni, bastoni appuntiti, un arco, una fionda, tutti costruiti artigianalmente. Adagiati al pavimento c’era un grosso giaciglio fatto di pelli di animale e foglie. Gilda vi adagiò Ivan.
 -Forse non avrei dovuto spostarlo, visto che era svenuto, ma..
 -No, ha fatto benissimo,- mormorai, ammirato.
 - Oh. Bene. E’ che non ho esperienza con gli svenimenti. E neanche con le ferite..non credo sia grave, però sarebbe meglio dargli un’occhiata.
Annuì, e avvicinai a me il braccio del mio signorino. La ferita non era profonda, ma stillava ancora sangue.
Mi allontanai, un po’ disgustato.
 - Cosa c’è?,-mi chiese Gilda.
 -Niente. Solo che..il sangue..non sono abituato a vederlo.
 -Capisco,- disse lei. - Dobbiamo..fermare il flusso, giusto?
Annuii ancora.
La ragazza prese un piccolo pezzo di stoffa e  lo legò stretto al braccio di Ivan.
 -Va bene così?, - mi chiese.
 - Credo di sì.
Una volta finito con lui, Gilda prese una delle torce e appiccò fuoco al focolare.
Fuori si udì improvvisamente un tuono che fece vibrare la terra. Era una fortuna stare al riparo.
Gilda improvvisamente sbadigliò con forza.
 -Uhm..è stato stancante anche per me, immagino. Scusami, ma avrei voglia di coricarmi.
Detto questo prese una delle coperte accanto al suo giaciglio e vi si lasciò cadere.
 - Ma..il tuo letto?,- chiesi.
 - Siete ospiti, per stavolta ve lo lascio …
Uh..che stanchezza..Se non ti dispiace, adesso dormo … ah..dovrebbe esserci dell’acqua in una ciotola, e della frutta … serviti pure, non c’è problema.
 -Ecco..- mormorai io, non sapendo come ringraziare.
 -Buonanotte,- mormorò lei, e non parlò più.
Assurdo. Non conoscevo poi molte ragazze, ma ero certa che nessuna di loro avrebbe permesso che due uomini rimanessero nella sua stanza mentre dormiva. Ma del resto Gilda rimaneva fuori da ogni categoria.
Mi arrampicai sullo scranno di legno e presi cibo e bevande. Mentre mi riempivo lo stomaco, mi chiesi come mai la ragazza si comportasse così gentilmente nei nostri confronti. Forse aveva davvero dei secondi fini, e in quel caso Ivan aveva ragione nel mostrarsi diffidente. Ma il signorino era solito fare valutazioni errate, e il suo orgoglio si feriva facilmente e spesso ragionava per lui.
Dopotutto, la ragazza doveva comportarsi così perché era davvero preoccupata per noi. Non avevamo visto nessun altro abitante, su quell’isola. E anche ammesso che ce ne fossero, Gilda viveva da sola. Chissà da quanto si trovava su quest’isola, sempre che non ci fosse nata. Doveva soffrire di solitudine, forse.
Continuai ancora un po’ ad affollare la mente questi ragionamenti, anche quando mi coricai nel letto. Poi il sonno prese sopravvento su di me.

   
 
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