Ehm.
Salve! ^^’
Non so come
mi sia venuto quello che state per leggere (scappate, finché
siete in temp-COFF
COFF) ma… Visto che da stamattina mi vorticava in testa, ho
deciso di
scriverlo.
Forse è
meglio che vi procuriate dell’insulina per il diabete; poi
non dite che non vi
avevo avvertito.
Buona
lettura!
(Legato a Heir, ecc ecc)
Piedino
“…Ando,
Sas’ke?!”
Sasuke
Uchiha alzò lo sguardo dal giornale, assumendo un cipiglio
elegantemente
seccato.
“Sì, Sakura, ti
sto ascoltando. E
troverei difficile non farlo, dal momento che mi stai trapanando i
timpani da
tre quarti d’ora.”
“Ma sei lì
svaccato sul divano a leggere e l’appuntamento è
alle tre!”
“Sono le due
e mezza. Ci vogliono dieci minuti per arrivare
all’ospedale.”
“Non hai
nessuna voglia di venire!”
“Stai
vaneggiando. Ti ho già detto che ti accompagno.”
“Ma fai di
tutto per farci ritardare!”
“Quando
arriveremo chiederò alla dottoressa di controllarti gli
ormoni e il cervello.
Altro che pancia.”
Sasuke posò
il quotidiano e si alzò, sbuffando appena e poi accennando
un sorriso lieve
davanti all’espressione di Sakura che pareva a
metà tra la furia assassina e
divertimento represso.
Aggirò la
moglie e uscì dal salotto, diretto all’ingresso
della casa, ove calzò le
scarpe.
“Io sono
pronto, cara. Vogliamo
andare?”
Se
per
Sakura l’ospedale era un luogo non allegro ma perlomeno
familiare, che le permetteva
di realizzarsi a livello professionale e personale, Sasuke aveva sempre
odiato
quel posto, che automaticamente collegava ai momenti più
tristi della sua vita:
al risveglio dopo il massacro, alla degenza in seguito al suo incontro
con
Itachi , quando era ricomparso al Villaggio, al lungo ed estenuante
ricovero
dopo il suo ritorno a Konoha.
Generalmente
non ci entrava mai, se non era strettamente necessario, nemmeno quando
doveva
per qualche motivo parlare a Sakura mentre lavorava; ma quel giorno, la
ragione
che li portava in un ambulatorio era talmente lontana da qualunque
idea di
sofferenza che si sentiva quasi rilassato, mentre varcava le porte a
vetri
dell’entrata.
Sakura lo
trascinò, tenendolo per mano, al piccolo ufficio di
accettazione in fondo
all’ampio atrio, e sorridendo chiese alla segretaria di
annunciare il loro
arrivo alla specialista, poi salirono in ascensore diretti da lei.
“Sakura
Uchiha, giusto? Si metta pure comoda sul lettino, e scopra
l’addome.” Esordì la
dottoressa, accendendo il monitor di un ecografo.
Aprì la
cartelletta sulla sua scrivania, scorrendola velocemente con lo
sguardo, poi
riprese: “Dunque, è qui per l’ecografia
di routine del sesto mese, se non
erro.”
“Infatti”
confermò Sakura estasiata, osservando Sasuke, in piedi
accanto a lei, che
pareva estremamente impaziente e imbarazzato al tempo stesso.
“La
gravidanza procede bene, non ha avuto problemi di
sorta…?”
“Nessuno.”
“Perfetto,
allora procediamo.”
Il medico si
alzò e prese una bottiglietta dal mobile accanto al lettino,
per poi versarne
parte del contenuto sul ventre arrotondato di Sakura, che
sussultò ridacchiando
quando il gel, freddo, le toccò la pelle.
“Appena
appoggerò l’ecografo, potrete vedere il bambino
sullo schermo.” Spiegò la
dottoressa all’indirizzo di Sasuke.
Questi
assentì con un cenno del capo, in silenzio.
Per qualche
strano motivo non aveva voglia di parlare.
A causa di varie circostanze,
prevalentemente
legate al lavoro, da quando gli esami avevano confermato che Sakura
aspettava
un bambino non aveva mai potuto accompagnarla ad una visita,
né vedere
un’ecografia; la sua conoscenza di quanto avveniva dentro di
lei si basava
unicamente sull’osservazione del profilo della sua pancia,
che di giorno in
giorno, di mese in mese, aveva visto crescere.
Sapeva a
grandi linee come avveniva un’ecografia, naturalmente:
adesso, come aveva
spiegato la specialista, quel monitor si sarebbe animato, e avrebbe
mostrato
ciò che rilevava l’ecografo.
Assolutamente
semplice.
Talmente
semplice che quando lo schermo prese vita Sasuke spalancò di
meraviglia gli
occhi, e il suo respiro si mozzò, inconsapevolmente
trattenuto, in fondo, nel
diaframma.
E poi,
guardò.
Il bambino era un cosino ancora
piccolo,
minuscolo; non era ancora nato, non poteva vedere, poteva solo, forse, avvertire ciò che accadeva
fuori, da
dentro il suo angolino protetto e caldo.
“Vedete, questo
è il profilo della testa… La colonna vertebrale,
le braccia…”
Lo sguardo
di Sasuke seguì febbrilmente tutto ciò che la
dottoressa indicava sullo schermo,
ogni minimo dettaglio di quello che era già suo figlio; il resto del mondo sembrava
lontano, eccezion fatta per la
mano di Sakura, che sentì distintamente infilarsi con
dolcezza nella sua.
All’improvviso,
forse sollecitato dalla lieve pressione dell’ecografo sul
rifugio vivente che
era la pancia di Sakura, il bimbo
parve svegliarsi come da un sonnellino; e sotto lo sguardo ormai rapito
del
padre, lentamente, quasi pigramente, si allungò, come se si
stesse
stiracchiando.
“E quello…
Quello è…” biascicò Sasuke,
aprendo bocca per la prima volta e cercando,
comunque, di mantenere il suo usuale distacco.
“Ah, quello
è il piedino, signor Uchiha.”
“Oh. Capisco.”
Guardando
suo marito, Sakura trattenne una risatina, conscia del fatto che lui
non
avrebbe apprezzato la sua ilarità; ma ormai lo conosceva
molto bene, forse
meglio di tutti, Naruto a parte, ed era certa che a scapito di quanto
desse a
vedere fosse rimasto incantato.
Quando la
visita fu terminata Sakura si rivestì mentre Sasuke
ringraziava la dottoressa
con la consueta formalità; ritornarono poi verso casa,
passeggiando lentamente.
“Adesso
può
entrare.”
Era ora, avrebbe
tanto voluto rispondere Sasuke: aspettava da due ore e mezza ormai, e
tutto ciò
che era riuscito ad ottenere dalle infermiere le uniche due volte che
ne aveva viste
uscire dalla sala era stato ‘deve avere pazienza’.
Ora, lui era paziente; ma bisognava
ammettere che
dopo che Ino gli aveva telefonato trafelata durante la riunione con
Naruto e
Kakashi dicendogli che Sakura era in preda alle doglie, dopo che aveva
corso
come mai in vita sua rischiando di uccidersi tre o quattro volte nel
tentativo
di raggiungere l’ospedale, e dopo, infine, che essendovi
giunto quasi in fin di
vita si era sentito dire che era meglio che aspettasse fuori
perché ormai le cose si erano
avviate, dopo tutto
questo, insomma, non era tanto sicuro che gli fosse rimasta pazienza
sufficiente a non fare molto male a qualcuno.
Senza
rispondere si alzò, veloce, e si diresse spedito verso la
camera da cui era
uscita l’infermiera che lo aveva chiamato.
Sentiva il
cuore rombare nelle orecchie e l’impazienza era tale da
renderlo certo che,
probabilmente, altri cinque secondi di attesa lo avrebbero ucciso.
Varcò la
soglia della stanza senza quasi rendersene conto; lì si
arrestò, attonito, e
incontrò per prima cosa lo sguardo di Sakura.
“Come… Stai?”
Lei gli
sorrise, con il viso segnato dalla fatica. “Stanchezza a
parte, tutto bene. Mi
è dispiaciuto che non ti abbiano permesso di
entrare.”
Sasuke si
avvicinò, sedendosi con cautela di fianco a lei nel letto, e
scostandole i
capelli sciolti dalla fronte vi posò un bacio impacciato,
con una tenerezza che
non era da lui.
“Non… Non fa
nulla. Non è colpa tua.”
Poi si
guardò intorno, con un certo nervosismo.
Sakura
indovinando i suoi pensieri, indicò il fagottino che
un’infermiera stava portando
da loro proprio in quel momento.
“È lì”
precisò, “Appena reduce dalla visita di controllo.
Su, avvicinati, io ho già
potuto vedere prima.”
Sasuke, con
la strana sensazione di avere del piombo nelle viscere, si
avvicinò alla donna
che teneva il piccolo involto di coperte.
Dapprima lo
guardò, incerto, poi, vedendo che l’intenzione era
quella darlo in braccio a
lui, allungò le mani con estrema circospezione,
assolutamente certo che il minimo
movimento sbagliato avrebbe mandato in pezzi una creatura
così piccola.
Infine si
decise a prenderlo tra le braccia, con delicatezza.
“È un
maschio o una femmina?” chiese, rivolto
all’infermiera.
“Mi è stato
detto che il suo nome dovrà essere Itachi” rispose
lei, un po’ criptica.
Dopo quella
replica il piombo nelle viscere di Sasuke si sciolse e lui si
sentì assurdamente
leggero, ma dato che a quel punto non era certo di potersi reggere
stabilmente
in piedi tornò con calma verso il letto di Sakura e si
sedette nuovamente di
fianco a lei, che gli poggiò le testa sulla spalla mentre
insieme osservavano,
per la prima volta, il loro bambino.
Dalle
copertine che lo avvolgevano spuntavano buffi ciuffi di capelli
indubitabilmente neri, come le lunghe ciglia che dagli occhi chiusi si
incurvavano sulle guance paffute; la punta del nasino guardava
all’insù e le
piccole labbra erano chiuse.
“Tutta
questa fatica e guarda, è uguale a te”
borbottò Sakura, fingendo indignazione.
“È
talmente… Perfetto” sussurrò subito
dopo, prendendogli una manina.
“Naturale.
Lo hai appena detto tu, è uguale a me”
replicò ironicamente Sasuke, sostenuto.
“Due Uchiha,
adesso. Mi sfinirete.”
“Ma piantala”
ribatté lui, tappandole la bocca con un altro bacio.
“Sei
particolarmente incline al contatto umano, oggi. Forse dovrei partorire
più
spesso.”
“Lo prenderò
come un invito per il futuro.”
“Sas’ke…!”
Seduto
sulla
poltrona nella stanza di corsia, più tardi, Sasuke teneva
ancora in braccio
Itachi, mentre Sakura poteva finalmente riposare.
Il bimbo era
sveglio, ora; certo, essendo un neonato non poteva ancora essere
particolarmente
reattivo, ma Sasuke era comunque rapito da come quelle piccole mani si
richiudevano sulle sue dita, e dal modo in cui quegli occhi chiari
sembravano
già passare al vaglio il mondo.
Mentre
muoveva piano le gambette, una delle calzine scivolò a
terra, lasciando
scoperto il piedino nudo; guardando le minuscole dita del bimbo Sasuke
ricordò
quando l’aveva visto la prima volta, dal monitor di un
ambulatorio.
E sorrise,
guardando negli occhi la sua felicità.
*************
OK,
probabilmente è uno sclero post esami scritti e pre esame
orale.
Chiedo
perdono.
Spero che
comunque il pubblico abbia gradito; altrimenti, mi
rassegnerò a schivare i
pomodori marci.
Eventuali
giudizi/considerazioni/recensioni saranno come sempre ben accetti.
Alla
prossima!
Panda