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Autore: Neal C_    30/06/2011    3 recensioni
Virginia Foster si trasferisce in una cittadina anonima, Rodeo, in California. Abituata ad essere sempre la prima della classe neppure alla Pinole Valley High School si smentisce e così non può rifiutare una richiesta della cordinatrice del suo corso: aiutare un compagno di classe particolarmente refrattario allo studio, con la testa perennemente nella musica, spesso assente e in continuo conflitto con i professori a cui si rivolge con linguaggio piuttosto colorito, contestando tutto.
Saprà rimettergli la testa a posto o verrà trascinata nel suo mondo di insoddisfazione, di ribellione e continuo rifiuto?
Ha solo cinque mesi per convincerlo* che la scuola non è tutta da buttare, lei che nei libri e nella cultura ci naviga fin da bambina.
*(Armstrong abbandonerà il liceo il 16 febbraio 1990, il giorno prima di compiere diciott'anni.)
[Rating Giallo: linguaggio colorito]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Virginia Foster 1989-2004'
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Novembre 
fottuti ladri


Queste due settimane sono praticamente volate.
Intanto, all’alba del 9 Novembre, verso mezzogiorno, a mensa, ho ricevuto una telefonata entusiasta da Hana.
Non ci potevo credere quando ho visto il visore del mio Nokia illuminarsi e vibrare.
Per inciso, lo so che sembra strano che una ragazzina di diciassette anni abbia un cellulare ma è stata una delle condizioni a cui ho accettato di trasferirmi qui in America.
Speravo così di riuscire a sentire più spesso Hana e i miei amici berlinesi ma poi abbiamo scoperto che le tariffe per l’estero erano talmente alte che consumavo i soldi dopo nemmeno due minuti di chiamata.
Insomma, un affare.
Quella mattina però davvero mi è venuto un colpo.
Fortuna che ero in pausa pranzo, se mi beccava nel bel mezzo di una lezione facevo una brutta fine.

“Hana! Was machst du?! Ich bin in der Schule!*”
“Vig! Es ist gesturtz!!!”
“Was?”
“Die Mauer, Virginia! DIE MAUER IST GESTURTZ!!!”

O MEIN GOOOTT!!!!
Era caduto il muro! Non ci potevo credere!
Oddio e adesso?!?!?
Come avrebbero fatto?! Tutti i cittadini dell’est si sarebbero riversati ad Ovest, come l’ondata dei turchi e degli sloveni di questi ultimi anni*.
Non ci posso credere tutt’ora.
Hana avrebbe potuto riabbracciare i suoi cugini!
Mi stava parlando freneticamente nelle orecchie, a stento riuscivo a seguire la sua parlantina.
La cosa divertente di Hana è che, quando è contenta, mette il turbo, qualche volta comincia a balbettare e diventa mooolto difficile distinguere le parole.
Tutta colpa del suo accento bavarese.

“Sono così curiosa di sapere com’è Berlino Est! Stasera andiamo a cena da Kurt, Klara e Hans!
Non li ho mai visti! Oddio, muoio di curiosità!”
“Hana, è meraviglioso! A Natale, quando torno, mi dovrai assolutamente far fare un giro! Così mi fai conoscere questi famosi cugini!”

La sentivo che singhiozzava nel ricevitore.
Stava piangendo di gioia.
Non pensavo che Hana fosse così affezionata a questi cugini;
cugini che non ha mai visto per giunta.
Ma quanto sono stupida! Ovviamente non è questo il punto!
Il punto è che adesso le loro famiglie possono finalmente incontrarsi, che si può camminare liberamente, superando Kurfurstendamm* senza timore di essere sparati a vista, significa che, al prossimo concerto di Bruce Springsteen, potremo partecipare anche noi dell’Ovest, tutti insieme, come fratelli e concittadini*!


“Allora, vieni a Natale?”
“Si, te lo prometto.”
“Ti voglio bene, adesso vado!”
“Anche io, ciao Hana”
“Vig...è meraviglioso...”
“Si, lo so. È straordinario!”
“Ciao”
“Ciao”

Oh, no! Mi è finito il credito!
Ma perché a me?

***********************

Nemmeno tre giorni fa Jenny si è presentata con una nuova vaschetta dell’olio per i freni.
Alla fine ero riuscita a trascinarla fino in garage perché desse almeno un’occhiata alla moto.
Non è rimasta molto colpita. Fin dal primo sguardo si vedeva che un po’ se ne intendeva, cento volte più di Juls, Mike-biondo-platino  e tutti quelli lì, insomma.
è  venuta in pick-up, con la sua fidata cassetta degli attrezzi.
Pesa un’accidenti quella cosa, tanto che quando lei la prende in mano con quelle braccia sottili che si ritrova temo sempre che si possano spezzare. Invece lei ha una presa bella salda e la solleva senza apparenti grandi sforzi.
Si è seduta accanto alla moto, a gambe incrociate, con un paio di cacciavite in grembo e si è messa a svitare tutto il pacchetto di freni e frizione. Ha montato la vaschetta ad olio e mi ha lasciato una bottiglia da cinque litri di olio Bardhal* , una fornitura speciale che le era arrivata in omaggio con la vaschetta.
Penso si sia autoeletta  protettrice della mia Honda, forse per farsi perdonare di quel poco che mi ha fatto passare la settimana scorsa.
Quando sono tornata a casa mia madre ha strabuzzato gli occhi ed è rimasta sconvolta.

“Virgin! Cosa diavolo ci fai vestita in questo modo?! Dove è finita la tua divisa?!”
“Mamma...”
“Oddio, amore, mi nascondi qualcosa?! Dove sei stata?! CON CHI SEI STATA?!”
“Ma no, mamma...”
“Amore, io non pensavo che...insomma, non ne abbiamo ancora parlato!
Ach! Io ho anche finito le pillole!!!”
“MAMMA, CHIUDI QUELLA CAZZO DI BOCCA E ASCOLTAMI!”
“Virginia! Non ti permetto di rispondermi in questo modo!”
“Mamma, sto cercando di parlare ma tu non mi ascolti!
Ti prego, scusami...ma non è successo proprio niente!
Ero a casa di Mike... sono scivolata e sono andata a finire... nella vasca in cui stava facendo il bagnetto il cane!”
“Mike ha un cane?”
“Beh, in realtà è quello della vicina. Se ne è dovuto prendere cura lui per qualche giorno e siccome puzzava terribilmente ha deciso di fargli una bella lavata.”
“Uhm...e quindi questi vestiti sono di Mike?”
“Del fratello, credo. Quelli di Mike...non mi piacevano.”
“Uhm..amore, non so se crederci o no, sinceramente mi sembra la cosa più assurda che tu mi abbia mai raccontato!”
“Mamma! Te lo giuro! Prova a chiederlo a Mike!”
“I genitori lo sanno?”
“Charles e Fanny? Ma ti pare? Lui era a lavoro e lei era andata a fare la spesa. Poi Mike mi ha riaccompagnato a casa.”
“Amore, alle sette di sera, faceva la spesa?”
“Aveva finito gli Hamburger e la senape”

Non so se mia madre abbia fatto finta di crederci o alla fine si sia tranquillizzata sul serio.
Come al solito le mie scuse lasciano un tantino a desiderare.
Anzi, diciamolo, sono assolutamente ridicole.
Ho dovuto chiamare Mike per assicurarmi di avere una copertura, qualunque cosa accadesse.
Un giorno di questi finirò per metterlo nei guai.
Ma potevo mai raccontare a mia madre di essere stata ad un raduno di punk, brilli quel tanto che bastava per farmi una doccia di birra e prendermi a cuscinate con gli stracci puzzolenti di qualcuno di loro?
Appena ho potuto, ho messo subito da lavare la roba di Mike-biondo-platino; implorava di essere lavata!
Tornando a Jenny...
Ha infilato i freni a disco in una specie di bisaccia di pelle, un po’ vecchiotta, che sembra portarsi ovunque e mi ha detto che avrebbe richiesto il modello alla casa di produzione.
Insomma dovrei aspettare almeno due settimane prima che mi arrivino i pezzi.
Ho cercato di spiegarle che il compleanno di mio padre è fra una quindicina di giorni e quindi per allora la moto deve essere pronta, bella lucida, riverniciata e rimpacchettata per benino.
Ha scrollato le spalle come se la cosa andasse oltre le sue capacità di controllo.
Piuttosto ho scoperto un lato di lei che non avrei mai immaginato: ama il teatro.
L’ho invitata a casa, almeno per un bicchiere d’acqua e quando è entrata in soggiorno e ha visto la libreria si è messa a spulciare ogni singolo volume.
è rimasta affascinata dall’opera completa di Shakespeare e di Brecht*.
Alla fine la prima gliel’ho prestata con la promessa che me la riporti intera.
Quella di Brecht non posso dargliela perché non potrebbe mai capirla.
è in lingua originale, in tedesco. Non ci capirebbe un bel niente.
Devo dire che sono rimasta colpita.
La consideravo alla stregua di quella gentaglia che frequenta, tutti idioti, un tantino analfabeti, che probabilmente avranno letto in vita loro, si e no, qualche fanzine*.
E invece adora letteralmente leggere di teatro e il suo sogno è andare a vedere un’opera teatrale in un vero teatro, di quelli importanti come l’ Almeida Theatre di Londra o il Lyceum di NY*.
Mi sta notevolmente più simpatica rispetto alla prima volta che ci siamo incontrate.
Ok, chiamatemi anche prevenuta, ma se incontrate una pazza che vi vessa un’intera serata, alla fine potrà mai starvi simpatica?
Ecco, appunto.
Invece stavolta mi ha addirittura invitato a venirla a trovare alla sua officina, ha detto che ci pensa lei alla carrozzeria della mia moto, e che magari mi insegnerà qualcosa su come trattarla per non ridurla nelle stesse condizioni in cui l’ho trovata.
Mi ha chiesto di che colore voglio la carrozzeria.
Io trovo che sarebbe bellissima verde, ma non so se papà apprezzerebbe.
Ho pensato che farò ripassare il grigio metallizzato.
Meglio andare sul classico.

********************* 

Aspetto con impazienza che l’ora suoni e che la Carson entri in classe.
Ho dato il meglio di me, stavolta, e ho ripetuto fino allo sfinimento.
Adesso voglio sapere il risultato del test.
Armstrong, accanto a me, non sembra per niente preoccupato all’idea.
Alla fine ho dovuto fargli un veloce riassunto, prima che andasse a lavoro, quella sera stessa, e ho finito la spiegazione la mattina stessa del test, poco prima che ci consegnassero i fogli di verifica.
Eravamo solo io e lui a fare il test e ci hanno portato in un’altra classe, guardati a vista da una sottoposta della Carson, non so se sia ancora una studentessa che fa la capocorso, la responsabile di qualcosa o se sia una vera e propria insegnante di inglese.
Fatto sta che non era minimamente interessata alla nostra prova, sembrava avesse da fare:  un pacco di pratiche da sbrigare, moduli da riempire e un paio di lettere da scrivere.
Una impegnata.
Alla fine sono riuscita a suggerire ad Armstrong un paio di risposte anche se devo dire che non mi ha tormentato.
Mi aspettavo che facesse lo stronzo e il rompipalle e invece niente.
Se ne è stato buono buonino, tranne poi accusare la stanchezza per la troppa concentrazione, povero caro, e mettersi a sbadigliare platealmente.
 
Finalmente eccola che cammina con lentezza verso di noi, due fogli stretti in mano.
Sul retro del foglio, nella tabella del totale spicca una A bella grande e sotto la firma della strega.
Oh! Adesso si che ragioniamo!
Se non ho io A, chi diamine dovrebbe averlo!?
A costo di sembrare presuntuosa, so di meritarlo ed è cattiveria o stupidità negarmelo!
Vorrei mettermi a ballare ma mi trattengo.
La prof mi sta tenendo l’occhio, facendo finta di cercare gli appunti per la nuova lezione.
Meglio non infierire.
Il compito di Armstrong è abbandonato affianco a me, sul banco.
Lui sembra avergli dato solo una sbirciatina.

“Non ti segni gli errori?”
“Sarò uno sfigato ma almeno sono normale”
“Ah, ah, ah, molto spiritoso”
“E chi scherzava? Sono serissimo, io.”
“Come è andata?”

Lui mi sventola il compito sotto il naso.
D.
E io che pensavo che non valeva nemmeno una F.

“Beh, a qualcosa sono servite le quattro scemenze che ti ho spiegato.
Per lo meno hai preso un voto mediocre e non un’insufficienza.
Adesso ti basterà metterti a studiare un po’ per prendere almeno una C o una B!”
“Sto bene così grazie.”
“Cosa? Ma con D non hai ancora recuperato!”

Mi lancia uno sguardo insofferente come uno che è continuamente disturbato da una mosca fastidiosa.
Ma io non posso fare a meno di indignarmi.
Mi sembra una cosa inconcepibile che uno non cerchi di migliorarsi almeno per mettersi a posto nella vita, presentando un curriculum invidiabile.
Così chiunque ti assumerà in futuro e tu potrai farti valere per quello che sei.
Insomma, così uno può realizzarsi nella vita! Cosa ci può essere di meglio?!

“Ragazzina, io voglio solo passare l’anno, prendere quel fottuto diploma e poi hasta la vista.
Addio una volta per tutte. Non metterò più piede in una scuola finchè campo.”
“Senti, intanto io ho un nome. Non so se te ne sei accorto. Mi chiamo Virginia.
Guarda, non è tanto difficile da ricordare.”
“Oh, scusa tanto, Virginia.”
“Secondo, cosa credi di fare una volta preso il diploma? Vuoi finire in mezzo ad una strada?
Tutto quello che puoi fare è continuare a fare il cameriere a vita, strimpellando il sabato con gli amichetti al bar del paese. Non riuscirai mai a muoverti da questo posto ciecato e ci rimarrai per il resto della tua vita. Altro che sfigato! È una vita di merda! Mi viene la depressione solo a pensarci!”
“Beh, questi sono cazzi miei, se non ti dispiace. Per il resto, io vivo già alla giornata, ci sono abituato, mi piace avere quel soldo che mi basta per scolarmi una birra in compagnia e fumarmi una canna, tutti insieme, contenta? Questa è la mia massima aspirazione!”

Oddio, ecco che si mette a fare il drammatico.
Fa davvero delle strane facce, strabuzza gli occhi come un pesce palla e mi guarda con un sorriso che trasuda sarcasmo.

“Ma insomma! Stiamo facendo salotto là dietro?! Miss Foster! Vuole stare zitta un secondo?
E lei, signor Armstrong tenga la testa sul foglio e impari qualcosa di inglese, può tornarle utile, non trova?”
“Si, quanto un coccodrillo in una vasca da bagno...”
“Come ha detto?! La smetta di bofonchiare e faccia silenzio!”

Con questo tizio non si può parlare.
è ottuso, ciuccio e presuntuoso.
Peccato perché non è una cattiva testa.
Il suo unico problema è l’idiozia: quella ce l’ha nel sangue.

*******************

Rientro a casa, fischiettando allegramente.
Quella A mi ha veramente tirato su il morale!
Mi sento pronta ad affrontare leoni, tigri, pantere, draghi viola a pallini verdi e tutto quello che mi capiterà davanti.
Prendo la posta che il postino piazza praticamente davanti alla porta, tanto che il più delle volte finisco per calpestarla senza nemmeno accorgermene.
Dobbiamo procurarci una cassetta della posta.
Ultimamente non ci sono nemmeno arrivate le bollette perché il vento si porta le lettere, oppure qualche gatto randagio si diverte a distruggerle, oppure piove e si spugnano.
Mica si può andare avanti così?
Appoggio la cartella per terra, in corridoio.
Sono sola in casa, credo.  Non c’è traccia né di mamma né di Frank.
Poi, d’improvviso, mi compare davanti Dominick.

“Ciao, tutto bene?”
“A me bene. Ma oggi non sei andato a scuola?”
“Non ne avevo voglia...”

Ecco, un’altra cosa su cui non riesco a passare.
Che cazzo significa “non ne avevo voglia?” . Pare che invece io mi diverta da morire, invece.
Diciamo piuttosto che non avevi le palle di andare perché oggi c’era un test di matematica e tu non sapevi, anzi non sai, un emerito cazzo.

“Capi’ . Almeno hai preparato qualcosa da mangiare?”
“C’è del pollo congelato in frigo, se vuoi. Io mi ordino una pizza.”
“Beh, già che c’eri potevi prepararlo, no?”

Ok, mi conosco troppo bene.
Adesso,  molto probabilmente, lo sto guardando con espressione accigliata e un tantino seccata.
Adesso, molto molto probabilmente, sto prendendo quel tono saccente che farebbe irritare anche il santo più paziente.
Adesso, sicuramente, mi sto incazzando con questo pusillanime;
tutti giocano a fare i menefreghisti, gli adulti maturi e impegnati e invece hanno la maturità di tanti bambinetti di cinque anni.
E, ovviamente, Dominick non fa eccezione.

“Eddai, non fare la rompipalle. Prenditi anche tu una pizza. Poi glielo spieghiamo, a mamma e a papà.”

Si, così metti su altri cinque o sei chiletti come tuo padre e finisci per rientrare nella media degli adolescenti americani obesi.
Aspetta...ha detto mamma?

“Mamma?”
“Che c’è? Mi ha detto lei di chiamarla così.”
“Stai parlando di April Foster?”
“No, di Greta Garbo.”

Perché mamma ha detto a Nick che può anche chiamarla mamma?
All’inizio, quando lui ha cominciato a passare qua le giornate insieme a Frank, mamma mi ha detto di essere paziente con lui, perché ha perso la madre in un brutto incidente d’auto.
è stata investita quattro anni fa, circa, su una delle strade di sterrato che portano qui a Berkley.
Una fine orribile. Era andata in coma per pochi mesi e poi un giorno avevano dovuto accordarsi, con l’ospedale,  per la donazione degli organi e, con le pompe funebri, per un ultimo addio.
Mamma diceva che dovevamo essere indulgenti, carini e coccolosi, specie con Nick.
Ma adesso mi pare un po’ troppo.
Lui mi sembra capacissimo di intendere e di volere, anzi, è straviziato perchè la sindrome della crocerossina si è impossessata di mia madre.
Ogni tanto le prende un certo amore per una persona e lei si mette lì a completa disposizione del tizio in questione diventando il suo angelo custode.
Credo si diverta ad accudire gli altri.
Fatto sta che mi da fastidio il fatto che Nick chiami mia madre “mamma”.
Mi ricorda come ridono e se la spassano ogni sera mia madre e Frank, mi ricorda la corta telefonata serale con papà che è diventato praticamente inesistente nella mia vita, almeno quanto lo era quando stavamo in Europa a mille miglia da qui.
Io non voglio arrivare a chiamare Frank “papà”.
Io ho mio padre, voglio bene a lui più che a un semplice simpaticone, solo perché ronza intorno a mia madre.
Non trovo una bella risposta tagliente, quindi gli lancio uno sguardo di fuoco.
Poi mi avvio verso le scale del piano di sopra.
Voglio andare in camera, cambiarmi, anzi no, voglio prima farmi una doccia, poi vestirmi fresca e riposata e magari mettermi a leggere sulla nuova poltroncina che mi ha procurato mamma.
è davvero comodissima, tutta un po’ tondetta, morbidissima e...

DLIIIN DLOON

La porta. Che palle, chi è?

“Nick! Apri tu!”
Tendo l’orecchio per sentire se Nick ha aperto la porta.
Dopo un po’ il campanello suona ancora più energicamente e più a lungo e si sente anche qualcuno che bussa con forza sulla porta di legno.

“E che cazzo, Nick! Non muovi il culo manco ammazzato!”

Sono costretta a scendere per andare ad aprire.
Mi trovo davanti Jenny che saltella come chi ha una grande notizia da raccontare.

“Wo! Indovina, indovina, indovinaaaa!!!”
“Cosa?”
“Due buone notizie!”
“Uhm...comincia con l’entrare. E racconta.”

Ecco che finalmente arriva quel lobotomizzato di Dominick, con una tazza di cereali e il latte.
Latte e cereali alle sette di sera. Quando uno ha deciso di rovinarsi lo stomaco, prima di cena...

“Chi è?”
“Lascia stare, razza di tartaruga moscia che non sei altro. Cosa aspettavi ad aprire? Magari che ci stonasse un altro po’ con il campanello?”
“Mhm...”

Quando non sa cosa dire, Nick si trasforma in una specie di uomo del pleistocene che comunica con grugniti e gesti elementari, oppure si limita a fissare le cose, ad accennare un si o un no con la testa, a scrollare le spalle e a cambiare ambiente.

“Seguimi in camera. Mi stavo cambiando. Anzi, facciamo una cosa, prima mi racconti, poi mi faccio una doccia senza capelli, mi vesto e nel frattempo..hai mai letto Moliere?”
“No. Ma ho più o meno presente. Mi piacerebbe moltissimo!”
“Ok, io ti cerco le opere, intanto tu scatenati.”
“ Ti ho mai detto che ti adoro?
 Comunque, la prima notizia è quella buona per me!
Mi sono messa con Juls!”
“Oh...”

Questa mia risposta la lascia un po’ delusa, lo so, ma non ci posso fare niente.
Ho pensato parecchio a lui da quando l’ho visto e, anche se alle volte mi sembra uno spiantato non posso negare che un po’ mi piace.
Insomma, mi piace come si veste, le sue camicie di flanella, i capelli scuri o tinti, il pizzetto biondastro, i suoi occhi scuri che ti fissano e ti inquadrano.
Quando sorride poi ha un’aria luminosa che gli si vede di rado, non capisco perché.
Lo ingentilisce un sacco e sembra un ragazzino spensierato.
Basta, cantare le lodi di Jules!
Nel frattempo Jenny mi osserva tutta imbronciata e replica, offesa:

“Questo è tutto quello che hai da dire?  Dovresti incitarmi, dirmi che sono grande o che so io!”
“Ma lui si era lasciato con quell’altra smorfiosa? Quella bionda cotonata...Elizbietà, mi pare si chiamasse.”
“Anni luce fa, Ginny! Svegliati ogni tanto!”
“Scusa tanto, ma è lui che le cambia ogni mattina, come le mutande.”
“Eddai, non fare la guastafeste!”
“Hai ragione Jenny, comunque sarete perfetti insieme.”
“Grazie, lo so!”

Saltella come un grillo questa ragazza.
Nel frattempo io mi infilo sotto la doccia. Sento l’acqua scorrere, mi rilassa. Che cosa ovvia!
Una bella doccia rilassa tutti. Quasi quasi posso scordarmi di Nick  e delle sue turbe adolescenziali.
Magari un giorno di questi fuggirà di casa con i soldi di Frank e tornerà nemmeno due giorni dopo, strisciando come un verme.
A me è capitato due anni fa. ma alla fine l’ho fatto solo perché mi divertiva essere cercata e volevo l’attenzione dei miei. Grazie al cielo è stato un periodo breve.

“Altra buona notizia!”
“Diiiiiciiii!”
“Ho trovato un posto dove hanno i tuoi specchietti d’epoca, originali, e intatti!”
“Davveeeero?! Ti adooooro Jenny!!!”
“Te l’ho detto che li avrei trovati! Ci andiamo stasera verso le dieci, ti va?
Ci accompagnano Juls, Al e Billie. Loro devono prendersi un amplificatore, credo.”
“Ok! Dammi un attimo e sono pronta!”
“Aspè! Ma Moliére dov’è?”
“Terza libreria sulla destra, alla M!”

Finalmente mi dedico alla mia doccia.
Anche se mi pare abbastanza strano quest’orario.
Quale officina sta aperta fino alle dieci? E quale officina vende anche amplificatori per chitarra?!
Mah, lo sapranno loro.

********************

Jenny è rimasta da me a cena.
Abbiamo scongelato il pollo, lo abbiamo impanato e abbiamo fatto le cotolette.
Lei ha anche fritto le patatine.
è davvero in gamba in cucina. Pare che a casa sua cucini sempre lei.
A dir la verità ho la sensazione che a casa sua faccia tutto lei.
Aveva tre fratelli che si sono trasferiti in due o tre posti diversi, in giro per gli Stati Uniti.
Uno, il terzo fratello, continua a mandarle cactus di tutte le dimensioni dal Texas.
È appassionato di geologia, di rocce, e lei ha promesso di mostrarmi tutta la sua collezione, e i quaderni in cui ha catalogato e classificato, una per una, una serie di pietre e di ciottoli, dai più comuni ai più sconosciuti.
Lei sembra orgogliosa di questa prodezza e a volte mi sembra che si sminuisca troppo.
Tutti e tre i fratelli hanno studiato mentre lei, dopo la High School, ha dovuto cominciare subito a gestire l’officina del padre.
Perciò è fiera dei fratelli che hanno fatto strada e, alle volte, sembra quasi che si vergogni davanti a me e sostiene di essere una capra.
E poi si illumina come una bambina quando le metto in mano un libretto teatrale, chiunque sia l’autore, anche uno semi sconosciuto.
Le ho prestato anche Moliére. Tanto so che ne avrà cura come se fosse suo.
Nick, come al solito, ha mangiato a sbafo, senza muovere un dito.
Ma questo a Jenny non sembra dare fastidio. Dice che ci è abituata.

“Ma i tuoi? Se vuoi friggo qualcos’altro, per quando tornano.
Potrei fargli gli onion rings* !”

Eccola che si lancia verso la cassetta di verdure che teniamo in cucina, nel ripiano di sotto.
Ha già imparato com’è è fatta questa cucina, dove prendere le cose e, quando proprio è all’oscuro, ci mette un po’ di fantasia e ci azzecca quasi sempre. Dio, che invidia.
Con tutto quell’entusiasmo poi.

“Ehi, ehi, lascia perdere. Mamma non ama molto il fritto e poi sono andati a cena fuori, dubito che avranno ancora fame quando torneranno.”
“Ok, allora potrei preparare una delle mie famose torte cioccolato, nocciola e panna.
Ce li avete vero?”

Oddio, un tornado.
Lancio un’occhiata all’orologio a parete, quello con gli uccellini che a ogni ora suona.
Quel cinguettio è terribilmente irritante ma mamma lo vuole.
Ce ne era uno uguale nella cucina della nonna, trent’anni fa.

“Jenny, sono le nove e mezza.
Pensi di riuscire a preparare una torta in un quarto d’ora?
Sai com’è, alle dieci dobbiamo stare davanti casa di Juls”
“Mi piaceva l’idea di lasciare qualcosa ai tuoi.”
“Ti prometto che nel week-end vi invitiamo tutti a pranzo e tu cucinerai per tutti quanti”
“Ok, ci conto.”

Dieci minuti passano in fretta, soprattutto se devi disfare la tavola, lavare i piatti e spazzare per terra.
Fra Kelly e Nick non so chi fa più briciole.
Urlo come un’ossessa ricordando a Dominick che esco, che chiudesse la porta a chiave, che non aprisse il gas e altre cento raccomandazioni da casalinga isterica.


Casa di Mike e Juls è a nemmeno cinque minuti da qui.
Quando arriviamo, sono tutti già lì, sul maxi-furgoncino, tutto intorno è il deserto e per di più comincia anche a fare freddo. Quelli invece hanno il coraggio di presentarsi in t-shirt, a mezze maniche e in canotta.
Dopo un’occhiata veloce noto che Mike non c’è.
Jenny come al solito mi precede, avvolta in una grossa felpa color fragola.

“Ciao a tutti! Siamo noi?”
“Juls, dov’è Mike?”
“Dirnt? Aveva da lavorare.”
“Chi?”

Nessuno mi risponde mentre Juls suona il clacson per invitarci a fiondarci in macchina senza tante cerimonie.
Ma che sono scemi? Vogliono svegliare tutto il quartiere?
Ci saranno per lo meno una decina di vecchietti nel quartiere che possono aprire le finestre e rivolgerci i peggio insulti e avrebbero anche ragione!

“Juls! Zitto! Svegli tutto il quartiere!”
“YIEEEPIIIIIII!!!!”

Oddio, con Jenny  discrezione zero.
Forse il peggior difetto di questa benedetta ragazza è che non appena si unisce al gruppo diventa una pazza assatanata. Ed è dannatamente trascinante con tutto questo suo entusiasmo. L’eterna bambina.
Tutta la camionetta si mette e urlacchiare nella notte. Io non ne ho il coraggio.
Perché Mike non è qui con noi?
Scommetto che Juls non gli ha nemmeno detto che andavamo a prendere i pezzi per la moto.
Immagino la scena.
La cucina di casa Edwards con Rebecca, la madre, che si agita e cerca disperatamente di rimpinzare il marito Fred, Michael che mangia di gusto e Julian che invece aspetta il momento buono per defilarsi.
Ad un certo punto si alza, prende le chiavi della camionetta e infila la porta.
Immagino Mike che grida “Juls, dove vai?” e lui che risponde, esaustivamente “fuori”.
Non riesco a capire come i genitori possano sopportare una cosa del genere.
Io farei tante di quelle ramanzine a mio figlio da ridurlo a pregarmi, in ginocchio, di stare zitta.
E invece i ragazzi di casa Edwards possono fare il bello e il cattivo tempo.
Mike è diligente e un po’ vigliacco di natura, non oserebbe fare un passo se la madre avesse il coraggio di dire NO.
Ma Juls è il tipo fuori controllo, che se ne frega altamente e approfitta sempre finchè può.
Gli è andata bene perché ha un padre e una madre praticamente indifferenti.
Rebecca si preoccupa solo del cibo: cucina sempre per almeno il doppio delle persone che mangeranno a tavola, è continuamente a fare la spesa e conosce tutti gli alimentari del quartiere.
Fred ha una sola passione, il giardinaggio, e, quando non lavora, coltiva il suo orticello, pota le aiuole, innaffia i gerani, sradica le edere e cura la bucanvilla,  la sua pianta preferita.
Ringrazio di avere i miei di genitori.
Faccio un movimento inconsulto e pesto il piede di qualcuno.

“Ahi!”
“Scusa, Billie”
“Cazzo, e stai attenta!”
“Si, scusa. Senti ma dove andiamo?”
“A casa di un amico.”

Un amico? Sarà il contatto di Jenny? Avrà lui i pezzi di ricambio?
Ma perché sono tutti così criptici!

“Ma pensavo andassimo in officina...”

Mi guarda, stranito.
Mio Dio, quest’uomo cade sempre dalle nuvole!
Pare che nella sua vita non ci sia altro che la musica, i suoi amici e il suo microcosmo.
In questa cittadina sono tutti di un provinciale!

“Sveglia Armstrong, i pezzi di ricambio per la mia moto.
Sai, non crescono sugli alberi.”
Le persone normali, in queste occasioni, vanno in officina.”
“Io sono venuto per il mio amplificatore.
 Dei tuoi preziosi pezzi non so niente e, sinceramente, non me ne frega niente.”
“Grazie, sempre gentilissimo.”

Siamo in macchina da almeno un oretta e mezza e ancora non siamo arrivati!
Che palle! Questo coso non ha nemmeno una radio per sentire qualcosa.
In compenso tutta la truppa si è messa a cantare a squarciagola.
Non avevo realizzato quanto Jenny potesse essere stonata.
Sembrano una massa di ubriachi e cantano canzoni sconosciute al resto del mondo.

“Eddai, Ginny, canta qualcosa con noi!”
“Ma Jenny, non ne conosco una!”
“Su ragazzi, qualcosa che anche Ginny conosce!”
“Ragazzina, proponi tu, no?”
“Si! Ha ragione Billie! Proponi tu!”
“Aehm...”

Non mi viene in mente niente. Non ho la più pallida idea da dove cominciare.
L’ho già detto che io e la musica siamo su due pianeti diversi?
Beh, mai come ora mi sento totalmente fuori posto.
Armstrong mi fissa, impaziente.

“Embè? È così difficile?”

Incalza.
Mi confonde solamente.

“E smettila di fissarmi!”
“Wow, non la conosco...”

Sarcasmo.
IO ODIO IL SARCASMO.

“Yellow Submarine”
“Cosa?”
“Yellow Submarine. I Beatles.
Conosci?”
“Ok, comincia”

In the town where I was born, lived a man who sailed to sea…

Solo io so la strofa, ma fortunatamente quando arriviamo al ritornello l’atmosfera in macchina si vivacizza. Presto ci prendono gusto e io con loro.
Nella notte risuonano le nostre voci, i nostri  “We all live in a Yellow Submarine”.
Continuiamo così per altri dieci minuti buoni dopodiché Jinny si gira verso di me.

“Allora, la prossima?”
“Ancora?”
“Sh, sh, zitti tutti adesso.
Ci siamo.”

Al richiamo di Al Sobrante ci zittiamo.
Io proprio non capisco. Fino ad adesso abbiamo rischiato di svegliare tutti nel raggio di dieci chilometri e adesso ci facciamo scrupoli?
Juls aggira una casa e parcheggia il furgoncino sul retro, a cinque metri dalla porta di servizio.

“Questa è casa del tuo amico?”

Armstrong non mi risponde e, non appena Julian si ferma, apre la portiera e scende giù dall’auto.

“Juls, tieni il motore acceso. Al, sbrigati, vieni con me. Voi rimanete qua”
“Nossignore io e Jenny...”
“Billie, io e lei facciamo un passaggio per il garage”
“Va bene. Ma sbrigatevi.”

Seguo Jenny che va ad aprire il portabagagli e rovista nella sua famosa cassetta degli attrezzi.
Mi affida un paio di cacciavite, una cassettina di legno con sei o sette tipi diversi di brugole*, una borsa di pezza con dentro dei giornali e dello scotch nero, da imballaggio e una torcia.
Lascia il portabagagli aperto.
Io faccio per chiuderlo ma lei mi ferma agitando bruscamente la testa.

“Ma perch...?”
“SH SH”

Mi zittisce e si avvia appresso ad Armstrong e Al.
Tutti mi guardano con malcelata irritazione come se fossi una specie di zavorra.

“Ma...il vostro amic...?”
“Cristo, ma vuoi chiudere quella cazzo di bocca?  Per una volta! Ti pago, vuoi?”

Armstrong.
Simpatico come al solito.
E solo che ho un brutto presentimento! Mi sembra di essere una ladra che si infila in casa d’altri.
Tutti sull’attenti, tutti così silenziosi. Non è da loro. C’è sotto qualcosa, per forza.
E soprattutto nessuno che mi da spiegazioni.
Con Jenny ci infiliamo dalla porta di servizio e arriviamo dritti dritti in cucina.
Lei sembra procedere a tentativi, come se non fosse mai entrata in questa casa.
Alla fine, dopo aver praticamente esplorato tutto il piano, arriva alle scale che conducono al piano di sotto e arriviamo in garage.
È  tutto buio. Jenny tira fuori la torcia che illumina una Honda CX1000 dello stesso tipo della mia, tenuta anche piuttosto bene.
Lei si avvicina alla moto e infila dei guanti di pelle che aveva infilati nella tasca posteriore dei jeans.
Poi comincia a rigirarsi fra le mani gli specchietti e tende la mano, vuole il cacciavite.
Gli tendo tutti e tre, lei si sceglie quello più piccolo, a stella e poi, con mio grande sgomento, comincia a smontare la vite dello specchietto destro.
Non capisco. Dov’è il padrone di casa? Ci raggiunge dopo?
Jenny continua tranquillamente a svitare e poi mi indica la borsa con i giornali.
Gliela porgo e lei incarta lo specchietto con il giornale e lo scotch.
Fa lo stesso per il secondo. Mi fa segno di infilarli in borsa.
Poi passa alle gomme.
Smonta le gomme dalle ruote e infila tutto sempre nella borsa.
Non è possibile. Ma il padrone di casa lo sa? Devo pagargli qualcosa?
Ma quando arriva?
Mi sento terribilmente a disagio.
Intanto Jenny è passata al sellino.
Io mi guardo intorno cercando disperatamente l’interruttore della luce.
Mi sento davvero una ladra che sta facendo qualcosa di sospetto.
Ma come fa Jenny a stare così tranquilla?
Non riesco a trattenermi.

“Jenny?”
“Sh sh!”
“Jenny, che stiamo facendo?”
“Zitta!”
“Jenny...”
“E ZITTA, CAZZO!”

La sua voce risuona per tutto il garage.
Si tappa la bocca e mi guarda talmente male che mi zittisco subito.
Però continuo a sentirmi di merda.
Ci portiamo via anche il sellino e i vetri delle luci.
Poi, carichi di roba, ci avviamo fuori dal garage, alla ricerca dell’uscita.
Uscendo, incrociamo Armstrong e Al Sobrante che trasportano via un impianto amplificatore seminuovo.
Lo caricano in macchina, nel portabagagli e poi, io e Jenny, ci mettiamo la nostra roba.
Tutti si infilano in macchina mentre io rimango fuori, un po’ spaesata.

“Scusate ma il vostro amico? Che fine ha fatto?”

Praticamente tutta la macchina mi ride appresso.
Sento le guance che mi bruciano. Lo so, sto arrossendo.
Sento Juls che commenta, sottovoce:

“Oddio, questa non ha capito un cazzo. Non ci credo!”

Questo basta a farmi avvampare come un pomodoro.
Mi sento un’idiota. Ma proprio non capisco...
Ci siamo introdotti in casa altrui e ci siamo portati via quello che ci serviva...e adesso?
Armstrong sembra il primo a riprendersi da quel momento di ilarità e mi fa cenno con la testa, sbrigativo:

“Allora, ci muoviamo? O vogliamo stare qui tutta la notte?”
“IO DI QUA NON MI MUOVO FINCHé NON CAPISCO CHE CAVOLO SUCCEDE!”

Non ce la faccio più.
Voglio una spiegazione.
Ma sono impazziti?

“Ragazzina, se non sali su questa cazzo di macchina ti lasciamo qui.”

Glaciale.
Io sono lì, davanti alla porta sul retro, con i pugni stretti e la confusione dipinta in faccia.
Quello invece mi guarda con uno strano sguardo, fra il divertito e il compassionevole.
 Mi vengono le lacrime agli occhi. Muovo il culo e entro in macchina.
Sono dei ladri, degli sporchi ladri.
Mi fanno schifo.

Rimango in silenzio per tutto il tempo del viaggio di ritorno.
Jenny cerca disperatamente di farmi ridere, fa qualche battuta, intona debolmente il ritornello di Yellow Submarine, ma io la ignoro.
Gli altri, tutti eccitati per la loro prodezza di poco prima, cantano, fanno battute idiote, ridacchiano fra loro e fanno stupidi commenti su di me.
Non me ne frega niente.
Voglio arrivare a casa e liberarmi di questa massa di criminali.
Quando finalmente si fermano sotto casa mia scendo in fretta e chiudo la portiera dietro di me, sbattendola con violenza.
Ignoro il grido risentito di Jenny a cui stavo per tranciare una gamba.

“Ginny! I pezzi nel bagagliaio!”
“Teneteveli! Non voglio avere niente a che fare con dei fottuti ladri!”

Io li denuncio.
Giuro su mia madre che li denuncio.

*********************



Note

*GLOSSARIO 
Hana! Was machst du?! Ich bin in der Schule! :  Hana, ma che fai? Io sto a scuola!
Vig! Es ist gesturtz!!!  :  Vig!  è caduto!!!
Was? : Cosa?
Die Mauer, Virginia! DIE MAUER IST GESTURTZ!!!  : Il muro, Virginia! IL MURO è CADUTO!!!
ATTENZIONE!
Considerate i dialoghi fra Vig e Hana in lingua, anche perchè va bene ogni tanto rispolverare il mio tedesco ma poi, ad un certo punto, costa fatica a me scriverlo ed è una rottura per voi che dovete leggervi il glossario U.U

* Il 9 Novembre 1989 viene abbattuto il muro di Berlino. Quest’evento è una specie di rivoluzione non solo per la Germania ma per tutto il mondo occidentale. Per vent’anni le due metà erano rimaste separate, le famiglie si erano spaccate senza possibilità di varcare quel confine che era una specie di ferita in seno all’Europa. Quest’evento epocale può essere considerato il presagio della fine dell’Unione Sovietica che si scioglie nel 1990 e finalmente comincia a delinearsi il mondo come lo conosciamo noi oggi.
Poco prima della crisi dell’URSS e della caduta del muro comincia una sorta di emigrazione di massa verso la Germania dai Balcani, a questo si riferisce Virginia.

* Kurfurstendamm era una strada di Berlino Ovest che confinava con la parte Est ed era il simbolo del consumismo Americano, piena di negozi e di cartelloni pubblicitari, tutte marche americane, piena di luci e di folle e molto verde. Era stata concepita come uno sfoggio della ricchezza e del benessere del settore filo-americano. Oggi è abbastanza decaduta e la parte Est di Berlino è molto più bella e interessante ;)

*Vig parla del concerto di Bruce Springsteen a Berlino Est del 21 Luglio 1988 ,  il primissimo contatto dell’Unione Sovietica con l’America. Straordinaria l’esibizione di “Born in the U.S.A” (ma quanto amo questa canzoooone *_*).
 
* Bertolt Brecht, autore di teatro tedesco che opera fra il 1920 e il 1957 circa.
    Famoso per “L’opera da tre soldi” e  “Vita di Galileo”, di orientamento comunista-marxista.
    Fa costruire e si occupa della gestione di un famoso teatro di Berlino,  il “Berliner Ensemble” dove ancora oggi vengono rappresentate molte delle sue opere. 

* Riviste amatoriali scritte da appassionati di un certo argomento. In questo caso si tratta ovviamente di riviste di musica, come quelle che, allora, giravano nei locali. Lawrence Livermore e lo stesso BJ hanno scritto qualche colonna su alcune di queste riviste.

* L’Almeida  Theatre è uno dei migliori teatri di Londra per le opere in prosa. 
Il Lyceum di NY invece è uno dei più antichi teatri della grande Mela.


* Onion rings: anelli di cipolla impanati e fritti.
 Ma se avete mai mangiato da Mc Donald saprete sicuramente cosa sono <.<


* Quei piccoli attrezzi di ferro ad elle che vi servono per montare i mobili di Ikea, per intenderci xD


Angolo dell’autrice

Ohilà care lettrici!
Non immaginate quanto mi sono divertita a scrivere questo capitolo!
In particolare l’ultimo episodio, quello del furto, non me lo sono propriamente inventato.
Da una dichiarazione di BJ riportata in “Green Day: New Punk Explosion”, sono venuta a conoscenza di questo piccolo aneddoto che mi ha fatto morire dal ridere *_*
Devo dire che ho manipolato la cosa e romanzato il tutto a modo mio.
Diciamo che il fatto originale sarebbe successo nel 1987-88 quando gli Sweet Children erano ancora agli inizi e avevano appena arruolato Al Sobrante, e così BJ e un amico non meglio specificato sono penetrati in casa di questo ragazzo che conoscevano solo di vista e si sono portati via gli amplificatori.
Non hanno mai preso i colpevoli bwahahahahh
Povero tizio! Anche se si sa che noi siamo di parte ;)
Più scrivo di Jenny e più la amo!
Non so se qualcuno di voi ha già indovinato per il semplice motivo che non avrò accesso ad internet per un pezzo e quindi non saprò se avrete recensito, se avrete risposto e rimarrò lontana, non solo da EFP ma anche dal Pc almeno fino al 12 giugno. Avrò giusto il tempo, in un internet point di postarvi questo capitolo che ho scritto adesso, cioè almeno una settimana  prima del giorno in cui lo vedrete pubblicato xD
Non uccidetemi, lo faccio per mantenere un ritmo e non lasciarvi a secco per troppo tempo, è la mia strategia di guerra per sopravvivere all’estate mwaaaahahahhaha 
 Bene, care, a questo punto posso salutarvi e raccomandarvi di segnalare tutto, farmi sapere che ne pensate e blablablabla e ovviamente ringraziarvi una per una per essere passate, aver letto, commentato, seguito, preferito, ricordato...PUNTO ù.ù
Buona estate!

Misa

p.s   weeee aaaaall leeeaaave in a yeeeellow submariiiiine, yellow submariiiiiine, yeeellow submariiiiine!!!
  
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