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Autore: virgily    01/07/2011    4 recensioni
"Ci vediamo dunque costretti a sguinzagliare le tre ombre della Regina: il fedele Cane; l’abile Ragno e la nobile Perla. Speriamo che la collaborazione di questi grandi enti della sicurezza inglese possano rendere sua Altezza fiera di voi, come sempre è stato.
Cordiali saluti.
Sua maestà, la Regina."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La giovane duchessa viaggiava con due bauli, una custodia allungata e robusta e una cameriera dallo sguardo perennemente basso e timido. A differenza delle altre lady con cui il conte Phantomhive aveva avuto a che fare, lady Killarney sembrava non trovare posto per la vanità nel suo comportamento. Il giovane Ciel lasciò che la ragazza potesse alloggiare nelle camere più grandi per il suo soggiorno nella sua “Town House”, così che potesse usufruire della più degna ospitalità in perfetto stile Phantomhive. Lentamente la sera era calata e dalle finestre delle stanze del piccolo conte non si trapelava neanche il più misero spiraglio del tramonto; le miserabili nuvole londinesi coprivano quel panorama nella loro maestosità scura. Se ne stava seduto davanti alla scrivania finemente cesellata a mano, a picchiettare le dita sulla liscia superficie lignea mentre attendeva, annoiato, un qualsiasi avviso da parte del suo Sebastian. Preciso come un orologio svizzero il mero maggiordomo si presentò alla sua porta con un pacato sorriso mentre annunciava che avrebbe servito il tè nel soggiorno assieme alla giovane duchessa e alla sua cameriera
-Bene. Ah Sebastian? Tieni sott’occhio quella dipendente. Sai cosa penso delle persone troppo tranquille...- affermò sollevandosi dalla seggiola, pronto per raggiungere il salotto dove avrebbe conversato con la sua ospite fino all’ ora di cena
-Sarà fatto- furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca diabolica. Quando Ciel entrò nella sala trovò la giovane elegantemente seduta su una sedia dall’imbottitura dello schienale e della seduta blu scura, il collo leggermente chino, il viso rivolto contro la finestra, lo sguardo perso nella pioggia. Proprio dietro di lei, la sua cameriera poco loquace stava seduta su una seconda seggiola, intenta nel ricamare un centrino in merletto
-Qualcosa vi turba duchessa?- domandò cortesemente chiudendosi la porta alle spalle
-Viola, chiamatemi Viola conte. Ho sempre odiato tutti questi convenevoli...- rispose senza distogliere minimamente lo sguardo da quelle piccole gemme che lentamente colavano sul vetro della finestra. L’angolo destro delle labbra di Ciel si sollevò appena mentre a passo lento e sostenuto giungeva al fianco della dama, prendendo posto all’altro capo del piccolo tavolo che li divideva
-Vi manca la campagna, Viola?- domandò successivamente osservando deliziato la sottile linea che si era venuta a tracciare sul collo teso della giovane al suo fianco. Era una ragazza molto bella, doveva ammetterlo. Tuttavia persisteva nel non spiegarsi il motivo per cui, una donna cosi giovane, piuttosto che adempiere i suoi doveri di Lady si metteva al servizio della regina per svolgere compiti a volte indecorosi. Ed era proprio quello che avrebbe svelato con il passare del tempo in sua presenza
-Niente affatto. Anzi morivo dalla voglia di tornare a Londra- affermò finalmente concedendogli uno sguardo, strappandolo dai suoi pensieri in modo bruscamente dolce. In quel preciso instante, trasportando un carrello di acciaio, Sebastian entrò bussando educatamente alla porta, annunciando l’arrivo del tè. Sia Ciel che Viola rimasero incantati dalla grazia con cui l’infuso color topazio si riversava nelle tazzine finemente decorate a mano. L’odore si diffuse per l’intera sala mentre il tepore della bevanda cominciava a scaldargli le labbra
-Hmm rosa canina. Ottima scelta Sebastian- affermò la giovane duchessa dopo averne degustato un sorso.
-Sono contento che vi piaccia Lady Killarney. Ora perdonatemi ma vado a cominciare i preparativi per la cena- inchinandosi appena il moro si lanciò uno sguardo di fuoco con il suo padrone, che annuendo lo congedò volentieri
-Sebastian? Vi prego lasciate che Cecily vi dia una mano- affermò la donna facendolo arrestare a pochi passi dalla porta. A quella affermazione la ragazza alle sue spalle sollevò lo sguardo, mostrando due occhi grandi e scuri come due pozzi. La frangia lunga e corvina che portava sul viso aveva reso praticamente impossibile alcun contatto visivo con lei, ma adesso che si sentiva chiamata in causa, sia il giovane conte che il suo maggiordomo riuscirono finalmente a scorgerne il volto delicato e infantile.
-Come desiderate- rispose il moro con un sottile inchino. Lasciando il suo lavoro incompleto allora la cameriera si sollevò dalla sua seggiola e con passo incerto e timido si avvicinò all’uomo che sostava innanzi a lei
-Cecily?-
-Si, signorina?- domandò con voce sottile
-Rendimi fiera di te, porgi tutto l’aiuto possibile. Sono stata chiara?- domandò la duchessa sorridendogli dolcemente sebbene il suo tono di voce apparisse freddo e austero
-Sarà fatto mia Lady- e con un elegante inchino, sia la cameriera che il maggiordomo del casato Phantomhive si allontanarono chiudendosi la porta alle spalle, lasciandoli soli. Un silenzio morboso e straziante calò pesantemente sui due nobili, che osservandosi quasi maniacalmente sembrava si stessero studiando a vicenda. E in parte era proprio così: appariva semplicemente silenziosa, ma Ciel sapeva bene che nel cupo pallore del suo sguardo si nascondeva qualcosa... se lo sentiva.
-Bene, come pensate di procedere con le indagini?- domandò il piccolo conte spezzando improvvisamente quell’infausto silenzio
-Beh, da quel poco che so su questi omicidi sembra che le vittime siano donne sulle quaranta. Appartengono tutte alla media borghesia e svolgono mestieri differenti. Questo, purtroppo è tutto quello che so-
-Esclusivamente donne. Perché’ dei commercianti di organi dovrebbero depredare esclusivamente i corpi di donne? Che si tratti di un altro killer seriale?- si domandò il più giovane poggiandosi il pollice sulle labbra, a pensare; lasciando che la pietra azzurra del suo anello di famiglia illuminasse il blu oceano dell'occhio che non era coperto da una spessa benda scura
-No, ne dubito. Sono dei personaggi troppo eccentrici, quei serial killer: sempre attenti a fare bella figura nel modo di presentare una vittima, troppo impegnati nel fare scena piuttosto che nel fare un buon lavoro. Invece, come ha detto Undertaker “si tratta di un macellaio esperto”- rispose portandosi una mano al viso, scostandoli delicatamente una ciocca ribelle dietro l’orecchio. Fu proprio in quel piccolo frangente che Ciel notò un insignificante dettaglio che tuttavia lo fece insospettire: Viola portava ancora i guanti. Dovevano essere passate oramai più di due ore da quando la giovane lady si era trasferita in casa sua, eppure portava ancora i candidi guanti che le fasciavano le mani dal freddo abbraccio di Londra.
-Sentite freddo?- domandò alludendo alle sue mani. A quella domanda il collo della ragazza s’irrigidì appena, non si aspettava una domanda del genere, non si aspettava che notasse quel piccolo accessorio
-Oh, no assolutamente. Tuttavia ho delle piccole macchie sulle mani e il medico mi ha pregato di tenerle sempre coperte. La temperatura della vostra casa è semplicemente gradevole- affermò esponendo un ampio sorriso prima di spegnersi lentamente. Le era preso un bello spavento, a tal punto che il cuore aveva cominciato a batterle forte nel petto, quasi a farle perdere l’autocontrollo. Rilassando la schiena e le spalle la nobile dama si lasciò completamente andare sullo schienale sospirando appena, tornando a guardare, vagamente, il panorama sbiadito di una Londra ormai tormentata. Con generalità il conte Phantomhive scrutò la giovane dinnanzi a lui: dalla veste azzurra e merlettata, i capelli castani raccolti in una morbida acconciatura, le labbra semi dischiuse, le goti pallide e le palpebre socchiuse
-Non vi sentite bene?- chiese preoccupato per quella brutta cera, ma non appena riuscì a guadagnarsi uno sguardo da quella curiosa donna, ebbe un sussulto: un brivido per l’esattezza, come se dal nulla fosse riuscita comunque ad inchiodarlo
-Oh no, sono solo un po’ stanca. Credo che andrò a riposare nelle mie stanze. Spero non vi dispiaccia- annunciò sollevandosi dal suo poggio
-Assolutamente- rispose osservandola mentre con una camminata dolce e aggraziata giungeva fino alla porta. Ne afferrò la maniglia ottonata, e dopo averla aperta di un poco Viola si voltò appena, sorridendo al giovane conte che la stava mirando di soppiatto
-Non vedo l’ora di rivederla a cena, conte Ciel Phantomhive- affermò lasciandolo letteralmente di stucco quando se ne andò chiudendo la porta.
Nel frattempo, al piano inferiore sia Sebastian che la giovane Cecily si davano da fare per preparare una cena degna per i loro rispettivi padroncini. Dopo essersi occupata dell’allestimento della tavola, la ragazza si era offerta di tagliare le verdure che sarebbero state aggiunte successivamente al contorno e alla guarnizione dei piatti che il maggiordomo stava preparando. Da quello che poteva notare, Cecily sembra solamente una cameriera che viveva esclusivamente per rendere felice la sua duchessa. Eppure cosa rendeva sia lei che la sua serva così misteriosamente particolari? Odiava ammetterlo, ma Sebastian sapeva che quando aveva a che fare con una donna, Aimè, doveva ricorrere ai metodi drasticamente subdoli. Lasciando per un breve istante la carne a cuocere sul fuoco, cominciò ad osservare la sua collega con occhi morbosi e malevoli. Nel sedurre una donna Sebastian era spietato, soprattutto se si trattava di un docile agnellino come quella ragazza. E non avrebbe resistito alle sue peccaminose e prepotenti avance, non ci sarebbe riuscita. Effettivamente era pesante lo sguardo che quelle iridi cremisi le stavano rivolgendo, a tal punto da farle mancare l’aria e soprattutto la concentrazione. Eppure Cecily non riusciva a farne a meno: sciogliersi e perdersi in quegli occhi profondi e magnetici, dimenticandosi del fatto che stesse maneggiando un coltello.
-Ahi! Oh che sbadata...- sobbalzò dal dolore quando si rese conto di aver passato la lama sulla sua sottile pelle, ed era fastidioso il bruciore che quella gocciolina purpurea provocava colandole sulla mano
-Lasciami vedere...- affermò il prode maggiordomo giungendo al suo fianco in pochi secondi, tenendo delicatamente la sua manina piccola e candida tra le sue più grandi. I due piccoli pozzi di Cecily s’illuminarono al solo contatto con lo sguardo di Sebastian che sorridendole portò il dito ferito alle sue labbra
-Fortunatamente non è nulla di grave. E’ la tua pelle rimarrà candida e intatta come il petalo di una rosa...- sussurrò leccandogli dispettosamente la ferita, ripulendola di ogni macchia. A quel contatto ruvido e bagnato la cameriera ebbe un fremito, e sentì un fuoco struggere i suoi sensi
-Piuttosto che importunare la mia cameriera perché’ non badate alla carne? Il fuoco è troppo alto e rischiate di bruciarla- affilata e pungente quella voce di donna parve una frecciatina divertita che proveniva dall’ingresso alla cucina. Poggiata sullo stipite con le braccia conserte al petto, la duchessa osservava quella scena con occhi tutt’altro che casti. Immediatamente allora i due si allontanarono e goffamente la piccola serva si strinse un fazzoletto alla mano
-Cecily, mia cara, andiamo. Una volta tornate in camera vi medicherò quel piccolo taglio- affermò avvicinandosi alla sua cameriera poggiandole una mano sulla spalla, il suo sorriso e lo sguardo sereno non lasciavano intravedere alcun cenno di rabbia, e ciò rasserenò la piccola Cecily. Nel frattempo, concedendosi un minuto per sistemare la carne che aveva lasciato in sospeso, Sebastian era tornato ad osservare le due donne, ma con sua sorpresa dovette constatare che ne era rimasta solamente una che adesso sostava dinnanzi all’ingresso con un paio di grandissimi occhi verdi che parevano quasi ardere. Né lui né la duchessa parlarono, ma si limitarono a concedere un silenzio truce e peccaminoso ai loro sguardi. Nuovamente quella sensazione di qualche ora prima pervase il petto del maggiordomo. Di nuovo quelle iridi verdi tentavano spregiudicatamente il suo animo demoniaco. Pochi secondi che parvero un eternità e soltanto quando la fanciulla decise di andarsene, per Sebastian fu di nuovo la libertà.
  
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