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Autore: Martyx1988    01/07/2011    2 recensioni
Sviluppo della One-Shot "La dea dell'amore"...la solarità di Ayame, la freddezza di Hyoga, la lotta tra due dee, la scoperta del vero nemico e del vero amore, più divino della stessa dea che lo comanda...mescolate il tutto con un pizzico d'azione e un assaggio di comicità e...buona lettura!
Genere: Romantico, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Dea dell'Amore'
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A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 29 - L'ultimo Valzer

Lo scontro riprese, più violento e serrato di prima. Nessuna delle due divinità voleva cedere il passo all'avversario e dimostrarsi, così, inferiore.
Schivate, parate, lampi di luce e lingue di fuoco si alternarono sotto gli occhi invisibili del cratere di Vulcano, la cui attività era aumentata, a segnare il ritmo di quel valzer di colpi che si stava ballando ai suoi piedi.
I guerrieri rimasti in disparte a guardare sapevano che quello sarebbe stato l'ultimo valzer, l'ultimo round di un combattimento che non sembrava voler decretare un vincitore.
La baldanza era sparita dal volto di Efesto dal momento in cui aveva attentato alla vita di Hyoga. Era stato l'errore fatale che aveva rovesciato le sorti dello scontro, prima nettamente a suo favore.
Afrodite, invece, non lasciava trapelare nulla se non una grande determinazione a mettere la parola fine a quella storia che con lei e per lei era iniziata, non pochi giorni prima ma ere fa, quando sulla potenza di Vulcano si raccontavano solo leggende e non si scrivevano libri di scienze.
Palemone e Galatea, di nuovo mano nella mano, come erano nati, di nuovo dalla stessa parte, osservavano lo scontro sussultando in contemporanea all'eco dei colpi più potenti.
Hyoga si aggrappava con tutte le sue rinnovate forse alla roccia vulcanica dietro cui si era riparato coi compagni, senza perdere di vista un attimo Ayame, stringendo la stretta ad ogni colpo che la dea metteva a segno o subiva.
Psiche stringeva i pugno attorno alle spine di una sua rosa, bucando il palmo della sua mano da cui sgorgava copiosamente sangue, pronta ad intervenire in aiuto della sua dea, fedele fino all'ultimo istante.
Aglaia, Eufrosine e Talia stavano con le teste vicine, come Botticelli le aveva ritratte secoli prima, ma senza quei visi allegri e sereni. Neanche loro volevano perdersi un attimo dell'ultimo capitolo di una storia che era stata anche la loro.
Gli altri Cavalieri fremevano ai lati del campo di battaglia, incapaci di stare con le mani in mano, abituati a danzare loro quell'ultimo valzer, insieme, e non avvezzi a fare da spettatori, ma consapevoli che, per quella volta, il loro posto era sulla scenografia e non al centro del palcoscenico.

Vulcano vomitò lingue di lava e zampilli di fuoco. Il cielo si coprì di cenere. Ad illuminare il campo, solo le fiamme.
Afrodite riuscì, alla fine, a disarmare Efesto del suo martello e a puntargli la lama alla gola. Si fermarono entrambi, col fiato corto e il viso intriso di sudore e cenere illuminato dalle esplosioni sopra di loro.
"Avanti, fallo!" la esortò Efesto, apparentemente disposto ad accettare l'oblio.
Ma Ayame non si mosse di un millimetro.
"Che stai aspettando, Afrodite, finiscimi!"
"NO!" urlò Ayame di rimando.
"Io non sono più Josuke!"
"Sì che lo sei!"
"Non puoi evitare di ucciderlo se mi vuoi sconfiggere. E' la tua unica occasione"
"Invece ti sbagli" sibilò Afrodite.
Con un movimento rapidissimo liberò la gola di Efesto dall'incombenza della lama e, con la doppia falce, descrisse un cerchio davanti a lei. La superficie lucida di uno specchio comparve tra le due divinità, andando a riflettere l'immagine di Efesto. Ciò che lo Specchio di Afrodite ritrasse, però, non era Efesto nel suo corpo reincarnato, ma il vero aspetto del dio, storpio ma muscoloso, con volto segnato da cicatrici e bruciature e coperto da una barba annerita dalla fuliggine e dalla cenere.
Dal petto di Josuke scaturì una luce rossa accompagnata da un urlo straziante che riecheggiò per tutta l'isola. Lo stesso urlo che uscì dalla bocca dell'immagine riflessa nello specchio. L'essenza di Efesto uscì dal corpo di Josuke opponendo una strenua resistenza, ma incapace di cedere davanti al richiamo del suo vero corpo ritratto nello specchio.
Quando anima e riflesso si furono riunite, lo specchio scomparve in una scintilla di luce.
Josuke cadde a terra, di nuovo con le gambe incapaci di reggere il suo peso, di nuovo col volto scavato e stanco.
Un'esplosione riecheggiò tutt'attorno. La terra tremò. Profonde crepe andarono a spezzare la roccia del vulcano e dell'isola, lasciando uscire la lava che fino a poco prima erano riuscite a contenere.
Dietro di lei, Cavalieri e Sacerdotesse iniziarono ad urlare, allarmati,
Afrodite, invece, non si scompose. Sapeva che sarebbe successo, che quello scontro non avrebbe avuto vincitori, che quel valzer doveva essere ballato in coppia, fino alla fine. Era il regalo di addio di Efesto per la sua sposa infedele.

Il cielo grigio divenne rosso fuoco, un cielo in fiamme da cui piovevano detriti roventi e comete incandescenti. Così Vulcano gridò al mondo la sconfitta del suo dio, senza il controllo del quale aveva la strada spianata per distruggere tutto attorno a lui. Cascate di lava si riversarono sull'altopiano sotto il cratere, la prima vittima della sua furia, costringendo gli insignificanti esseri umani a sparpagliarsi per non restare imprigionati sotto il fiume rovente. Ma la cascata deviò il suo decorso a mezz'aria e i detriti andarono ad accumularsi insieme a lei, creando una cupola vermiglia sopra quegli uomini che avevano sfidato Efesto e scalato i pendii della sua dimora.
Palemone si voltò verso il centro dell'altipiano. Era Afrodite a proteggerli, le braccia protese verso il cielo e il viso contratto nello sforzo immane di arginare quello sfogo della natura che lei non poteva controllare.
Mentre gli altri ancora cercavano di capire cosa stesse succedendo, il Ciclope raggiunse la dea e non vide sorpresa nei suoi occhi, solo un'amara consapevolezza.
"Prendi Josuke e portalo via" gli ordinò Afrodite, senza guardarlo nemmeno negli occhi.
"Lo sapevi, vero?"
"Ha importanza? Muoviti!"
Palemone la osservò ancora qualche istante, prima di obbedire. Quindi si caricò il corpo privo di sensi di Josuke in spalla e fece per tornare dagli altri, quando si vide il cammino bloccato da Hyoga.
"Che stai facendo? Dobbiamo salvare Ayame!" protestò il Cavaliere accennando al corpo che aveva ospitato il nemico fino a poco prima.
"Eseguo solo gli ordini"
Palemone proseguì per la sua strada, lasciando un Hyoga sconcertato alle spalle. Questi raggiunse poi rapido Ayame e la strattonò per un braccio, nel tentativo di convincerla ad andare, ma fu ributtato a terra dalla forza del suo cosmo.
"Vai e mettiti in salvo!" gli ordinò la ragazza, cedendo terreno alla forza della natura sopra di lei.
"No, io non ti lascio qui!" si oppose Hyoga, rimettendosi in piedi. Ma Ayame gli impedì nuovamente di avvicinarsi.
"Mettetevi in salvo sulla spiaggia" ribadì Afrodite. "Io vi raggiungerò"
Ayame ricacciò le lacrime negli occhi e tentò di vincere la potenza schiacciante di Vulcano.
"Ma come..." fece per domandare Hyoga, ma lo sguardo deciso di Ayame gli fece morire le parole in bocca.
"Ti fidi di me?" gli chiese invece lei.
"Sì, mi fido di te" rispose Hyoga senza esitare.
"Allora vai alla spiaggia e salvati. Io vi raggiungerò"
Il tono della ragazza non ammetteva repliche. Hyoga annuì e, seppur contro la sua volontà, si allontanò da lei.
Solo quando fu scomparso sotto l'altipiano, Ayame si concesse il lusso delle lacrime.

Il gruppo imboccò il sentiero più vicino e scese di corsa verso valle, spinto dalle esplosioni sempre più forti provenienti dal cratere. Ogni volta Hyoga si fermava e ogni volta doveva essere convinto con la forza a proseguire.
Il Cavaliere non potè fare a meno di pensare che, poco prima, aveva fatto quella strada o una simile al contrario e per i motivi esattamente opposti.
Un'altra spinta e di nuovo correva tra arbusti in fiamme e proiettili di fuoco, finchè raggiunsero le colonne rosse da cui si diramavano i tre sentieri. Ad attenderli c'erano Julian e Sorrento, che subito li esortarono a proseguire fino alla spiaggia, dove Atena li attendeva per portarli in salvo sull'elicottero.
Hyoga non potè fare a meno di lanciare un ultimo sguardo alla cima del monte, ormai quasi completamente coperta dal fumo nero rigurgitato da Vulcano.
Arriverà, si disse. Si fidava di Ayame. Per quanto ne sapeva lui, potevagià essere arrivata alla spiaggia per attenderli accanto a Saori. Sarebbe salita sull'elicottero con loro e avrebbero puntato su Tokyo. E una volta a Tokyo sarebbero tornati alla loro spiaggia, dove tutto era iniziato, finalmente liberi di amarsi.
Ma la spiaggia di Vulcano arrivò troppo presto e senza Ayame ad attenderli. Solo Saori e il pilota agitato che non vedeva l'ora di andarsene da quell'inferno.
Salirono tutti rapidamente, restavano solo Hyoga e Psiche a terra.
"Dobbiamo aspettare Ayame" disse il Cavaliere alla sua dea, prima che l'ennesima esplosione facesse tremare l'aria attorno a loro.
"E' troppo tardi" gli rispose Psiche.
"Non è vero!" protestò lui, ma la sua fiducia iniziava a vacillare.
"Dobbiamo andare, Hyoga!" lo esortò Saori, prendendolo per un braccio, ma lui si divincolò in malo modo e fece per tornare indietro, placcato da Psiche.
"Lasciami! Devo andare a riprenderla!"
"Non puoi, Hyoga!"
"Sì, invece! Togliti di mezzo!"
"Ma non capisci?!?" urlò alla fine Psiche, spingendolo a terra.
E quando Hyoga alzò gli occhi su Psiche, vide che stava piangendo.
"E' rimasta lassù per salvare noi. Per salvare te. Ti ha mentito per salvarti la vita! Non serve a niente tornare su, non puoi più fare niente!"
"NO!" gridò Hyoga mentre si dava lo slancio per correre in cima alla montagna. Ma Psiche fu più rapida. Gli soffiò qualcosa negli occhi. Dolore e rabbia sparirono nell'oblio in cui la Sacerdotessa lo fece cadere.
Seiya e Shiryu scesero per caricarlo sull'elicottero, infine salirono anche Saori e Psiche e il velivolo decollò.

In ginocchio, col peso della lava e delle fiamme sulle spalle e il rimbombo delle esplosioni nelle orecchie, Ayame percepì i loro cosmi allontanarsi velocemente dall'isola. E seppe che ce l'aveva fatta, che erano sani e salvi. Senza più lacrime da piangere, lasciò che il fuoco la inondasse. E lo fece col sorriso.


Dopo mooooooltissimo tempo sono tornata, e chiedo venia. Ho avuto poco tempo e quello che mi è servito per stendere questo cap me lo sono ritagliato a fatica. Spero comunque che ne sia valsa la pena :)
Posso dire con certezza che mancano ufficialmente due capitoli alla fine di questa eterna fanfiction che non la voleva sapere di trovare una conclusione.
Nell'attesa (spero non troppo lunga, farò in modo che non lo sia) degli ultimi atti, buona lettura!
   
 
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