Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Ziggie    01/07/2011    2 recensioni
"Scappai di casa a 13anni. Venire picchiato da mattino a sera, da un padre padrone e ubriacone, mi aveva stancato. Non avevo avuto un’infanzia, non sapevo cosa volesse dire essere un bambino, io non lo ero mai stato; non conoscevo l’affetto, io non l’avevo mai ricevuto. Non conobbi il volto di mia madre, morta dandomi alla luce, ma conobbi l’ira del mio vecchio, che ogni sera non mi risparmiava botte e bastonate, così feci quanto andava fatto".
Questa fic parla della vita di Hector Barbossa, sono frammenti che il capitano scrive sul suo diario di bordo quando ancora non è diventato uno tra i temibili pirati dei sette mari. Svariate informazioni sono di mia invenzione, ma la maggiorparte vengono dalle rare informazioni che ci sono pervenute, molti spunti biografici sono presi da questo sito (http://pirates.wikia.com/wiki/Hector_Barbossa) E ora a voi, buona lettura e spero di leggere qualche recensione :)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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 E rieccomi a voi con un nuovo frammento ;) scusate l'attesa.
Come al solito ringrazio chi legge e chi commenta. Buona lettura :D

                      6. “La baia dei relitti”
 

La Sea’s Amazon era una delle più belle navi che i miei occhi avessero mai visto: venti bocche da fuoco, tre alberi, il cassero alto con la cabina del capitano che si ergeva su due piani. Se avere una bellezza del genere tra le mani, significava essere un pirata nobile, corpo di mille diavoli! Dovevo capire come si entrava nel giro.

La nostra destinazione era il luogo il cui nome non prometteva nulla di buono: la baia dei relitti.
Tutta quella faccenda non mi tornava, l’unica gerarchia che vigeva, tra noi fratelli della costa, era quella che ogni nave possedeva: dal capitano al primo ufficiale, fino ad arrivare ai mozzi. Ed ora, tutto d’un tratto, ecco apparire i pirati nobili, chi diavolo erano e perché era così importante la faccenda del naufragio?
Curioso, bramoso di sapere ecco in che condizioni ero, ma lo tenni per me. Stetti sulle mie per gran parte del viaggio, a rimuginare sulle parole sentite alla Sposa e unendole ai miei ragionamenti, via, via tutto si faceva  più chiaro, ma non ero sicuro che quanto avevo unito poteva avere collegamenti logici, dopotutto ero estraneo alla faccenda. Mi grattai la barbetta, osservando il mare in contemplazione.

- Non vi ha mai detto nessuno che, un buon capitano, porta sempre un bel cappello con sé? – Riconobbi la voce gracchiante del vecchio Joe e non mi scomposi, voltandomi appena verso di lui, guardandolo con sufficienza.
- So cosa è bene per un capitano, non mi occorrono suggerimenti – commentai mellifluo.
- Non vedo il vostro – continuò insistente, ma calmo.
- Oh! Molto perspicace. Si dia il caso che i flutti oceanici abbiano preferito lui a me – continuai con lo stesso tono, un po’ più stizzito.
- Doveva essere più bello di voi allora, se Calypso lo ha preferito – ridacchiò. Lo guardai torvo e scossi il capo, molti uomini del mare erano così superstiziosi che, alla minima leggenda, credevano a tutto, banali! Soprannaturale, Calypso, quella sottospecie di nave fantasma, tutte storielle della buonanotte.
- Sono semplici storie di taverna, come la vostra, quelle che circondano il nome di Calypso. Semplici e banali storie di taverna, create per stupire i bambini e gli ingenui -.
Il vecchio, non convinto, si alterò appena –Tu credi che, un vecchio segnato dalle intemperie come me, sia un ingenuo? – esclamò poi, con falsa sorpresa.
- E’ probabile – risposi come se nulla fosse.
- Ma non possibile. Arriverai alla mia età ragazzo, arriverai a navigare oltre i confini della mappa prima o poi. Le storie di taverna racchiudono sempre un fondo di verità -.
- Non credo che la vostra esperienza mi faccia cambiare idea, vecchio – ribadii, dove voleva andare a parare? Vecchio pazzo!
- Cosa può dopotutto un vecchio pirata nobile? Eh! – fece con far teatrale. Sgranai gli occhi, ma appena feci per voltarmi per chiedere spiegazioni, il vecchio era come sparito.

Il viaggio durò meno di una settimana, le condizioni del tempo e del vento ci erano state favorevoli.
- Isola dei relitti a dritta di prua – urlò la vedetta a gran voce.
- Molto bene! Timoniere, virate di due gradi a tribordo, dobbiamo entrare nella baia centrale – ordinò Don Rafael. I suoi modi alquanto cordiali, che nascondevano una vena ironica nel suo tono, mi intrigavano, avevo molto da imparare da lui, giusto qualche dritta per ampliare il mio essere di accattivante gentiluomo del mare. Ghignai tra me e me, mentre osservavo il paesaggio che mi circondava: l’isola era per la maggior parte coperta da una folta vegetazione, insenature naturali si erano create sulla roccia dei promontori, che aprivano il passaggio verso la baia, di cui tanto si parlava.
La via era alquanto stretta, lo scafo della nave distava pochi metri dalle pareti rocciose, così come i pennoni degli alberi, ma nessuno sembrava preoccuparsene.
- Capitano, guardate – con voce balbettante, stupita, Pintel mi indicò quello che si ergeva dinanzi a noi: un cimitero di relitti, ammassati l’uno sull’altro, che formavano una sottospecie di torre di Babele piratesca. Lo scuro del legno in contrasto con il colore limpido dell’acqua e la luce delle lampade ad olio, che illuminava non solo la sera, ma anche la struttura.
Non avevo mai visto nulla di così possente ed elegante in tutta la mia vita, tanto che ne rimasi incantato.
- Benvenuto alla baia dei relitti, giovane capitan Barbossa – esclamò, con la sua solita voce gracchiante, il vecchio Joe, mentre mi posava sulla testa quello che era il suo cappello. Mi voltai a guardarlo con aria interrogativa, togliendomi dal capo quell’enorme cappello nero, che tanto bramavo.
- Non vi ha mai detto nessuno che, un buon capitano, porta sempre un bel cappello con sé? – domandai con fare ironico e un ghigno dipinto sul volto, citando le sue stesse parole di qualche giorno prima. Dal canto suo lui ridacchiò e mi batté amichevolmente la mano sulla spalla. – Tuscè – commentò sorridendo – non è bene però tenere un discorso, davanti al consiglio, senza cappello – puntualizzò, accarezzando il suo nuovo, ma comunque trasandato, copricapo, proveniente da qualche vecchio armadio.
- Solitamente non accetto regali da parte di sconosciuti – lo apostrofai sarcasticamente – ne tanto meno tengo discorsi, così su due piedi, giusto perché l’ha richiesto qualcuno -.
- La tua versione dei fatti occorrerà per mettere a freno l’arroganza di Chevalle, che ti piaccia o meno, la esporrai alla fratellanza e per quanto riguarda il cappello, non fingere che non ti piace, conosco quello sguardo, giovanotto -.
Feci un sorriso tirato e mi rimisi quel gioiello, nero come la pece, in testa, mi sentivo completo; ora però, tenere un discorso davanti ai pirati nobili, io, un semplice capitano? Sapevo come incoraggiare una ciurma, quello era vero, ma come fare a convincere il gruppo della fratellanza, parlando di un semplice attacco con annesso un naufragio? Dopotutto, colui contro il quale dovevo puntare il dito, era un loro compagno!
- Non so quanto un semplice capitano possa combinare, ma vedrò di sfruttare le mie capacità – di certo non mi tiravo indietro, era un modo per ampliare le mie doti di buon oratore.
- Se mi hai tenuto testa in taverna e se ora indossi quel cappello, puoi fare molto ragazzo – esclamò alquanto fiducioso il vecchio. – Siamo prossimi all’attracco, preparati – commentò poi.

Non avevo mai visto così tante navi, quelle attraccate lì, erano il doppio di quelle che ospitavano i maggiori porti, in cui avevo fatto scalo; ognuna con una caratteristica diversa, ognuna signora dell’oceano.
- Ammainate le vele e gettate l’ancora, oziosi topi di sentina! – ordinò a gran voce Rafael – si scende! -. 
  
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