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Autore: Anonimous_    01/07/2011    5 recensioni
«Avete gli stessi occhi, sai?»
«Oh.. si me lo dicono tutti… Bè… invece i capelli non sono di certo i miei…»
«Il padre li aveva così?»
«Io… a dire il vero… non lo so. Non ricordo niente che mi possa ricondurre al padre della piccola» E, per la prima volta, un’ombra di malinconia si fece largo nella sua voce. Come se, contrariamente a quanto avesse sempre pensato, conoscere il padre della bambina fosse di vitale importanza.
«Ad ogni modo, come posso esserti utile?» cambiò discorso mandando Alice nel più totale stato di agitazione.
«Bè.. ecco… io, in realtà...»
Ma, Bella non la stava più ascoltando. Era successo tutto in un attimo: La bambina aveva posato la manina paffuta sulla sua guancia e, all’improvviso, rivide se stessa e quella strana ragazza, Alice.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Ciao Ragazze! Ebbene sì! Torno con una one-shot. L'ho scritta mentre ero a casa, senza internet. Il tema è già stato trattato più volte... ma questo è un po' alternativo... Vi lascio al racconto. Fatemi sapere cosa ne pensate, baci!


Andrà tutto bene


 
«Ohhh piccola, hai fame! Adesso la mamma ti da il latte ok?»

Incredibile come fosse cambiata. Non avrebbe mai pensato di riuscire a parlare a quel modo, con un neonato. Poi, però, l’istinto materno si era fatto prepotentemente largo dentro di lei e, adesso, si ritrovava a parlare con una vocina bassa, stridula e dannatamente smielata ad un batuffolo di poco più di sessanta centimetri.

Cosa era successo? Era rimasta incinta. Di chi? Non lo ricordava minimamente.

E, no, questo non era dovuto al fatto che mesi prima era stata una ragazza facile. Tutto ciò che sapeva, era che un giorno aveva scoperto di essere incinta. Da quel giorno, erano passati dodici mesi. Da tre, infatti, la sua vita era diventata piena di:

Poppate, pannolini, creme profumatissime, borotalco e bavette.

Stranamente, questo che solo un anno prima l’avrebbe demoralizzata e portata all’esasperazione al sol pensiero, adesso la rendeva felice, serena e soddisfatta. Lo era davvero, nonostante non riuscisse a ricordare come mai adesso aveva tra le braccia una bimba di tre mesi che reclamava la sua poppata. Come se una nebbia fitta le impedisse di rivivere quei giorni, offuscandoli del tutto, nella mente.

Riusciva a ricordare che, durante tutti i nove mesi, aveva avuto delle tremende litigate con Charlie senza, appunto, ricordarne il motivo. Ad ogni modo tutto si era dissolto e non aveva nessuna voglia di ricordare quel qualcosa che l’aveva fatta stare così male.
D’altra parte, anche Charlie era del suo stesso avviso visto che, anche lui, era ricaduto in quel mondo tutto rosa fatto di sonagli, culle, ninnananne, ruttini, tutine… Non poteva essere più felice e viziava sua nipote come se fosse una sua seconda figlia. In effetti, non avrebbe mai voluto farle rinunciare al suo piccolo tesoro ma, c’era qualcosa che lei proprio non ricordava e che lo aveva mandato in bestia durante tutta la gravidanza. 

Le cose, adesso, andavano a gonfie vele, nessuno sentiva la mancanza di quella presenza che, invece, sarebbe dovuta essere una costante nella vita della bambina. Nessuno toccava mai l’argomento “padre della bambina” e a Bella stava bene, visto che qualcosa, come un presentimento, le diceva quanto fosse meglio così. L’unica cosa che riusciva a ricordare era, infatti, di aver sofferto durante tutto il tempo della gravidanza, senza ricordarne perché.
Un po’ come la tipica domanda che si pone ad ogni neo-mamma: Ha fatto molto male il parto? Tutte ricordano un dolore immenso, nessuna però riesce a ricordare altro. Nessuna, lo saprebbe descrivere o quantificare. Ognuna di loro sa che quell’evento è stato, per certi versi, traumatico ma, ognuna di loro ricorda solamente l’esatto momento in cui un’anonima infermiera ha posato un piccolo batuffolo tra le sue braccia.
Ecco, di quel momento, potrebbero parlare per giorni. Descrivere ogni più piccolo dettaglio delle manine, del viso, dei capelli, degli occhi, del naso, della boccuccia.

Per Bella era lo stesso.

Solo che, oltre al dolore fisico del parto, vedere la sua bambina aveva portato via anche quel qualcosa per cui sapeva di essere stata male. I dottori avevano ipotizzato che quell’amnesia fosse stata una conseguenza ad un parto piuttosto complicato. A quanto pare, la bambina non voleva proprio venire fuori ed il travaglio era stato a dir poco estenuante.
Così, Bella si era ritrovata mamma. Senza un vero passato, ma con un presente che amava ed un roseo futuro ad attenderla.
Charlie, dal canto suo, vedendo sua figlia rinata grazie al piccolo scricciolo che adorava con tutta se stessa, non aveva cercato minimamente di farla rinsavire da quella sorta di amnesia che l’aveva colpita. Anche perché, del resto della sua vita, ricordava tutto.

Il primo ricordo con Reneé, quello con Charlie. Il primo giorno di scuola elementare. Le medie, le superiori. La partenza da Phoenix…Tutto. Solo che… non ricordava nulla che potesse in qualche modo aiutarla a capire chi fosse il padre della piccola.
Egoista a non preoccuparsene? Forse. Ma, secondo Bella, chiunque fosse stato il padre della piccola, se avesse voluto far parte delle loro vite le sarebbe stato accanto sempre, costantemente. Questo, stranamente, non riusciva a preoccuparla. O a deprimerla.
Amava incondizionatamente sua figlia. Non aveva bisogno di altro.

Aveva appena finito di allattarla e la stava rimettendo nel passeggino quando suonò il campanello di casa.
Sull’uscio, ad attenderla, c’era una ragazza bassina, con i capelli corti, neri e gli occhi di un familiare dorato. Era a dir poco sconvolta tanto che Bella pensò che stesse male. Era anche così pallida!
«Hai bisogno d’aiuto? Sei sconvolta, è successo qualcosa? Un incidente forse? Ohh diamine, vieni entra in casa, ti do un bicchiere d’acqua» Non aveva nemmeno lasciato che parlasse. Le era venuto d’istinto, provare ad aiutare quella strana sconosciuta.
«B-Bella?»
«Si? Dimmi! Aspetta, conosci il mio nome?» La ragazza aggrottò la fronte, confusa.
«I-io… - balbettò, insicura - sì… per via di tuo padre sai»
«Oh, certo, è vero: paese piccolo, gente mormora! Avanti come posso aiutarti?» Le chiese di nuovo. Ma la ragazza sembrava in stato di shock. Stava per chiamare un’ambulanza quando un pianto la distrasse.
«Scusami, è la mia bambina» si giustificò, andando verso il passeggino.
«Amore mio! Non vuoi dormire è così?» di nuovo la vocina. Sorrise, amorevole chinandosi per prendere in braccio la piccola.
La ragazza non si era mossa di un millimetro. Sembrava avesse smesso di respirare.
«T-tu ha-hai una b-bam-bina?»
«Oh, si lo so, ho solo diciotto anni ma… sì, è mia figlia» Si leggeva nei suoi occhi color cioccolato tutto l’orgoglio e l’amore che provava tanto che, la ragazza, si ritrovò a sorridere avvicinandosi.
«Posso?»
«Ohhh ma certo! Non ho ancora fatto le presentazioni! Renesmee, lei è »
«Alice!» si affrettò a dire la ragazza. Bella sorrise. Era un bel nome, le trasmetteva simpatia.
«Alice! Alice, lei è Renesmee» terminò compiaciuta.
«Ma ciao Renesmee!  Lo sai, che sei proprio tanto, tanto carina?» A quanto pare, Bella e Charlie non erano i soli a parlare in quel modo così strano con la piccola. Ed a Bella questo mandava in visibilio! Gongolava dalla felicità tanto che non si accorse degli occhi di Alice che adesso erano tornati al suo viso.
«Come mai Renesmee?» le chiese. Doveva sapere. Doveva provare a capire cosa fosse accaduto alla sua migliore amica.
«Oh… è un nome strano, vero? Lo so, lo so. C’è il mio amico, Jake, che si ostina a chiamarla Nessie. Nessie capisci? Come il mostro! All’inizio sono andata su tutte le furie… poi però.. Insomma non lo fa con cattiveria. Accidenti! Sembra invece che la sua vita dipenda da mia figlia!- sbuffò. Poi, vedendo lo sguardo corrucciato di Alice, si affrettò a continuare – ad ogni modo, io.. l’ho scelto prima del parto… non so veramente il perché… ma, mi piace e lo sento giusto per lei»
Alice sorrise di nuovo. Aveva capito subito il perché di quel nome, ne voleva solo una conferma. L’unione dei nomi delle sue due mamme. Si chiese cosa avrebbe fatto Esme. E Rosalie, che amava tanto i bambini. E Carlisle, ed Emmet, Jasper e... Edward.

Che avrebbe fatto, se avesse saputo dell’esistenza di… sua figlia?

«Avete gli stessi occhi, sai?» le disse, emozionata. Avrebbe voluto abbracciarla, avrebbe voluto riempire di baci il visino della piccola.  Avrebbe voluto portarla nella sua vera casa. Avrebbe voluto che… si ricordasse di tutti loro.
«Oh.. si me lo dicono tutti… Bè… invece i capelli non sono di certo i miei…»
«Il padre li aveva così?» non sapere la mandava così in confusione! Col suo dono, era sempre la prima a sapere le cose. Anzi, ne veniva a conoscenza ben prima che accadessero. Renesmee, però, aveva cambiato tutto. Dalla sua nascita, non aveva avuto più alcuna visione su lei e su Bella. Tanto che era convinta che le fosse successo qualcosa. Era per questo, che era tornata a Forks.
«Io… a dire il vero… non lo so. Non ricordo niente che mi possa ricondurre al padre della piccola» E, per la prima volta, un’ombra di malinconia si fece largo nella sua voce. Come se, contrariamente a quanto avesse sempre pensato, conoscere il padre della bambina fosse di vitale importanza.
«Ad ogni modo, come posso esserti utile?» cambiò discorso mandando Alice nel più totale stato di agitazione.
«Bè.. ecco… io, in realtà...»

Ma, Bella non la stava più ascoltando. Era successo tutto in un attimo: La bambina aveva posato la manina paffuta sulla sua guancia e, all’improvviso, rivide se stessa e quella strana ragazza, Alice.

Vide Alice abbracciarla di slancio affermando che sarebbero diventate grandi amiche. Vide Alice costringerla ad ore ed ore di shopping. Vide Alice farle indossare un vestito bellissimo, di seta blu. Sembrava che dovesse andare ad un ballo. Vide Alice farle gli auguri il giorno del suo compleanno, saltandole praticamente addosso.

Poi, così come era arrivata, quella visione svanì e tornò nella sua cucina, con un’Alice adesso preoccupata che la fissava.
«Bella? Che è successo? Non stai bene? Vuoi che chiami un medico? Se vuoi… mio padre…»
«I-io… ho avuto come un’allucinazione»
«C-come?»
«Mi prenderai per pazza ma… appena la bambina mi ha toccato la guancia, ho avuto come dei flash… i-io… Alice, noi due ci conoscevamo?»
Ancora una volta Alice era spiazzata.
Deglutì a vuoto, chinando il capo e fissandosi le scarpe laccate di nero. Cosa avrebbe dovuto fare? Dirle la verità? E se non avesse più voluto vederla? D’altro canto, però… si era ripromessa che non le avrebbe più mentito… Rialzò lo sguardo.
«Sì, Bella, noi due… eravamo grandi amiche, per me… eri… sei una sorella. E lo so… ho fatto tanti sbagli… ma… non avevo scelta… io… ti prego perdonami Bella… Non avremmo dovuto lasciarti sola… non avrei dovuto. Ma ti giuro, ti giuro che non ci saremmo mai aspettati nulla del genere... noi… ti volevamo al sicuro.»

La bambina batté le mani, felice. Nonostante avesse solo tre mesi era già in grado di sorridere e fare tutti quei versetti tipici, invece, di un bambino di sei mesi.
Fu in quel momento, con sua figlia in braccio che batteva le mani contenta, che Bella ricordò tutto.

Ricordò Edward. Il padre di sua figlia.
Come un’onda, tutti i ricordi che erano andati perduto la investirono. Tutti i ricordi che le erano più cari e a cui inconsapevolmente avrebbe rinunciato. Il primo giorno in cui aveva incrociato il suo sguardo, il furgone che l’aveva quasi investita, la prima volta che si erano parlati, a Biologia. Port Angeles.. la radura, il Ballo… E ricordò James e tutto quello che era successo.
Ricordò il suo compleanno. La loro prima volta… Ricordò quel giorno nella foresta, in cui lui l’aveva lasciata. Non sopportava di averle provocato qualche livido, mentre, invece, la stava amando con tutto se stesso. Per questo, se ne era andato.
Ricordò l’amore che provava per lui.
Immenso, incondizionato, folle.
Come quello che adesso provava per sua figlia. Ricordò tutto il dolore che aveva provato, durante tutto il tempo della gravidanza.
La paura che l’aveva attraversata, scoprendo di essere incinta di un vampiro e, d’altro canto, la felicità di sapere che, una parte di lui, cresceva dentro di lei.
Ricordò perché Charlie era stato così in pena, per tutto il tempo.
Ricordò i Cullen, tutti, e capì perché sua figlia avesse quel nome. Perché lo aveva scelto e così tanto voluto. Capì, infine, perché sua figlia era tanto speciale d’averle provocato quell’allucinazione.
Capì che anche la bambina aveva voluto proteggerla dal dolore, facendole dimenticare il motivo per cui quel dolore esisteva.

Tutti, avevano voluto proteggerla. Proteggerla da qualcosa che invece era la sua vita. Avevano sbagliato di certo… ma, lo avevano fatto perché tutti loro la amavano incondizionatamente. Così come li amava lei.

Come se non fossi mai esistito, aveva detto Edward.

E per qualche mese era stato proprio così, dopo il parto. Solo che, nonostante la sua assenza fisica -e mentale- aveva continuato ad amare il frutto del loro amore ogni giorno. Questo non poteva che annullare del tutto la stupida promessa che le aveva fatto, lasciandola.
Sorrise. Tutto era tornato al suo posto. Ogni ricordo, ogni emozione… persino la paura di averlo perso. Ma no, non poteva averlo perso… Alice era qui, di fronte a lei…

La consapevolezza di tutto ciò che aveva passato la fece muovere, si lanciò addosso ad Alice, abbracciandola e facendola, per la terza volta in una giornata, rimanere spiazzata.
«Non sei arrabbiata?»
«Oh, certo che lo sono, - e lo sguardo di Alice si spense, colpevole – ma in questo momento la felicità è troppa… penserò ad un modo per farvela pagare quando l’euforia sarà passata» finì sorridendo. E questa volta fu Alice a stringere Bella e la bambina.

Fu in quel momento che le visioni tornarono. Riuscì a vedere cosa sarebbe accaduto di lì a poco.

Vide Bella ed Edward ritrovarsi e baciarsi con amore, nel giardino di casa Cullen. Poi, vide Edward fissare sconvolto l’esatta copia di se stesso. Lo vide prendere in braccio sua figlia, stringerla al petto e baciarle la fronte, premuroso, stringendo ancora Bella con un braccio attorno alla vita.
Vide tutta la famiglia assistere alla scena. Tutti emozionati, persino Rosalie che, se fosse stata umana, avrebbe pianto dalla gioia.

Poi, così come era arrivata, la visione si dissolse e Alice tornò al presente.
«Andrà tutto bene» disse, felice, continuando stringere Bella.

Fine.

 

Ringrazio chi è arrivato fin qui nella lettura e chi vorrà lasciarmi un commentino. Se volete, vi lascio i link di altre mie storie:

Hope
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