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Autore: LivingTheDream    01/07/2011    3 recensioni
"«E lei» disse rivolto a me «come ha fatto ad uscire da quella nube di pazzia?»
«Ho visto lei, Holmes.» esclamai, tutto di un fiato.
«Me?»
«Si, lei. Era sul punto di morire di pazzia, aveva sul viso la stessa orripilante maschera d'orrore dei defunti. Non avrei sopportato l'idea di perderlo neppure un secondo di più.»"
If we fall, we fall together.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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 Questa storia è stata betata, letta ed approvata da Miss Adler.
-Diffidate delle imitazioni, solo le originali possiedono il bollino!-


 

 

I lettori mi vorranno perdonare se, nel raccontare i vari casi che videro protagonisti me e il mio amico Sherlock Holmes, ammetto di aver omesso alcune situazioni e dialoghi tra me e il mio camerata che invece ho trascritto ma che preferisco tenere riservati esclusivamente a noi due, come ricordo del passato insieme.

Soprattutto, la situazione riportata nelle pagine seguenti è un estratto da quella che ho chiamato “L'avventura del piede del diavolo”.

Queste parole sono state pronunciate da Holmes in persona, e le misi nero su bianco quella sera stessa. Per comodità del lettore trascrivo il momento essenziale nella vicenda, così da dargli almeno un punto di riferimento.

 

Un orrore gelido si impadronì di me, sentii rizzarmisi i capelli in testa, gli occhi uscirmi dalle orbite, la bocca aperta, la lingua come cuoio. Tale era lo sconvolgimento della mia mente che qualcosa doveva necessariamente spezzarsi. Cercai di gridare e sentii vagamente un suono gracchiante che doveva essere la mia voce, ma distante, come distaccato da me. In quel momento, cercando di sfuggire, emersi da quella nube di disperazione e intravidi il volto di Holmes, bianco, rigido, inorridito – la stessa espressione che avevo visto sui lineamenti del morto. E fu quella la visione a darmi un istante di lucidità e di forza. Mi buttai giù dalla sedia, circondai Holmes con le braccia, e insieme ci precipitammo barcollando fuori dalla porta, e un attimo dopo ci eravamo gettati sull'erba del prato, fianco a fianco, consapevoli unicamente della luce del sole che irrompeva attraverso quella diabolica nube di terrore in cui eravamo racchiusi.

 

Il dialogo che seguì fu molto più lungo di quello ufficialmente riportato e, per non costringere il lettore a scavare nei complicati meandri della propria memoria, ne riporterò il punto dove troncai nettamente la narrazione.

 

«Parola mia, Watson», disse Holmes con voce malferma, «le devo i miei ringraziamenti e le mie scuse. È stato un esperimento imperdonabile, anche per me e, a maggior ragione, per un amico. Sono davvero molto spiacente.»

«Lei sa», gli risposi un po' emozionato poiché mai prima di allora Holmes mi aveva così aperto il suo cuore, «che per me è una grande gioia e un gran privilegio esserle d'aiuto.»

In quel momento Holmes, che era rimasto a fissare il cielo della Cornovaglia beandosi della ritrovata aria pulita, si volse verso di me con uno sguardo piacevolmente stupito.

«Anche se l'ho trascinata in una situazione del genere?» mi limitai ad annuire.

«Mio caro Watson, lei è più ingenuo di quanto immaginassi!»

«Se non sapessi che sta scherzando, mi offenderei, sa?» lo sentii ridacchiare, e quel suono arrivò alle mie orecchie come un bicchiere di whisky in una serata ghiacciata. Solo a quel punto mi voltai anche io guardarlo, rendendomi conto di avere ancora il braccio sinistro bloccato sotto le sue spalle.

Ma, sinceramente, non avevo intenzione di spostarlo da lì e, a quanto pareva, ad Holmes non dava fastidio.

«Sa che potevamo morire, vero Watson?»

«Ovvio. L'ho sempre saputo.»

«E la cosa non le ha fatto... paura?» indugiò sull'ultima parola, come intimorito dal pronunciarla. Possibile che il grande Sherlock Holmes avesse paura della morte? Improbabile, ma non impossibile. La morte significherebbe la fine non sono del corpo, ma anche della mente.

Forse per lui non era effettivamente una prospettiva allettante, e me ne resi conto quando, incrociando quegli occhi d'acciaio, mi parvero scalfiti da qualcosa che non avevo mai visto prima.

«Non ho temuto nemmeno per un istante.»

«Un giorno dovrà spiegarmi come fa.»

«Quando vuole, Holmes.» risi, pentendomi però poi delle mie parole.

Se avesse fatto domande, avrei dovuto spiegargli che l'unico motivo per cui io e lui eravamo salvi, era che il solo lontano pensiero di vederlo morire mi aveva spaventato più della nube che la mia mente aveva creato sotto l’effetto della droga.

Fortunatamente non chiese spiegazioni, ma non riuscì comunque ad evitare l'argomento.

«Ho avvertito come se qualcosa, nella mia mente, si fosse rotto. Una situazione da brividi, non oso nemmeno pensarci.» sospirò, perplesso. «E lei» disse rivolto a me «come ha fatto ad uscire da quella nube di pazzia?»

«Ho visto lei, Holmes.» esclamai, tutto di un fiato.

«Me?»

«Si, lei. Era sul punto di morire di pazzia, aveva sul viso la stessa orripilante maschera d'orrore dei defunti. Non avrei sopportato l'idea di perderlo neppure un secondo di più.»

Devo averlo colpito con questa frase, perché si puntellò sul gomito destro, meno ansante di prima, e mi osservò mentre osservavo il cielo.

«Lei mi ha salvato la vita, in pratica.»

«No, non penso di-»

«Watson!» mi sgridò, con un tono autoritario. Non sopportava la gente che sottovalutava le proprie azioni, anche se lui era il primo a farlo.

«In poche parole si.» forse pronunciai così velocemente la frase che sembrò un'unica parola.

«Perché lo ha fatto? E mi risponda sinceramente, mi accorgo quando mente.» sospirai, aveva ragione.

«Perché tengo alla sua vita, e mi sono esposto a quell'esperimento senza timore perché sapevo che lei era con me, e l'ho salvata perché so che lei avrebbe fatto lo stesso.» quella volta non risposte, al che io mi misi a sedere e lo presi per le spalle.

«Holmes, se cadremo, cadremo insieme.» mi osservò in silenzio per qualche secondo.

«Come nelle cascate di Reichenbach?» scherzò, con un sorrisetto malizioso.

«Holmes! Pensavo fosse una storia chiusa!» esclamai, rigettandomi nell'erba.

«Lei è un inguaribile romantico, dottore.»

Ancora quella risata. Ancora quella sensazione.

«Comunque, la ringrazio.»

Rimasi un attimo interdetto. Sorrideva?

Per la prima volta vidi sul volto del mio amico un sorriso; non era di scherno, né malizioso, né furbo. Solamente un sorriso di tenerezza.

«C-come, prego?»

«La ringrazio.»

«E di cosa?»

«Andiamo! Devo spiegarglielo, Watson?»

«Ah.» sospirai, serrando per un secondo le palpebre. Poi mi alzai sulla schiena; riuscivo a vedere il nostro cortile, coperto dalla figura di Holmes nella parte sinistra.

Mi tornò in mente la terribile sensazione di vuoto provata durante i suoi anni di assenza, e non potei fare a meno di paragonarla alla terribile morsa allo stomaco che mi prese quando gli lessi la morte in faccia.

Non riuscii a trattenermi, e tutt’oggi non mi pento di quel gesto; lo rifarei ancora e ancora. Mi voltai nuovamente verso il mio amico ed annullai la distanza tra di noi, abbracciandolo. Appoggiai la testa nell'incavo del suo collo godendo di quel suo profumo di tabacco unito ai tanti odori del posto, e inaspettatamente lui fece lo stesso.

Lo sentii ispirare distintamente, e non potei fare a meno di sorridere.

Poi, fu un attimo, uno sguardo. Rimanemmo qualche secondo così, semplicemente ad osservarci – troppo, troppo vicini.

Quel suo sguardo fiducioso mi affidava troppe responsabilità e faceva sentire importante allo stesso tempo.

Mi alzai, ignorando le proteste della mia gamba malandata e porsi un braccio al mio camerata, che afferrò la mia mano in una presa salda.

«E se cadremo...» ripetei io.

«...cadremo insieme!» concluse lui, strattonando il mio braccio e facendomi ruzzolare al suolo, proprio sopra di lui, e precipitandosi a far incontrare le nostre labbra in un primo, tenero ma impetuoso bacio che sarebbe stato solo il preludio di una vita l'uno accanto all'altro.

Insieme da camerati, da amanti – ma soprattutto da amici.


 

*estratti da "L'avventura del piede del diavolo".
Nda: Il titolo di questa FF è preso dalla canzone Somebody, dei Lemonade Mouth. – Ebbene si, lo ammetto, il film di Disney Channel! –

Nella canzone originale, però, dice “And when we fall we fall together”, cioè “E quando cadiamo, cadiamo insieme”, quindi ho solo apportato questa piccola modifica!
Più della canzone mi ha colpito questa frase, che a me è sembrata più che azzeccata!

Spero di aver fatto un lavoro quantomeno decente! – anche se ne dubito. –

 

Grazie millemila al mio Watson personale, la mia beta e il mio gran consigliere delle decisoni importanti! Ti adoro! – anche se non capisco come fa a piacerti 'sta... cosa! –
Grazie per l'attenzione, a presto.

Alex.

   
 
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