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Autore: Charlene    02/07/2011    14 recensioni
"Una facciata può benissimo essere solo una facciata. Sia che l'apparenza sia positiva, che negativa. Basta saper guardare." Kei è un galeotto tirato fuori di prigione dal padre di qualcuno che conosciamo... e da lì inizierà una nuova vita in un liceo esattamente del tipo che lui detesta. Se la caverà? E il resto lo saprete leggendo.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Rei Kon, Takao Kinomiya, Yuri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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SEDICESIMO CAPITOLO



Il rumore del vento che agitava gli alberi nel giardino di casa Kinomija era incessante e a tratti irritante. Kei si rigirò nel letto, infastidito dalla luce che filtrava dalla finestra. Poi si alzò sui gomiti, osservando la sveglia sul comodino: le 17. Aveva dormito un’infinità di tempo, qualcosa come un giorno e mezzo, o per la precisione dal momento in cui erano ritornati a casa, fino a quell’istante.

-Bene…- bofonchiò, cercando di tirarsi su senza rotolare giù dal letto. Era letteralmente aggrovigliato in mezzo alle coperte, segno che no, non era stato per niente un sonno tranquillo e indisturbato. Non ricordava niente, e forse era meglio così. Si alzò e andò in bagno, intenzionato ad aggiornarsi sulle proprie condizioni. Non erano buone: allo specchio vide una specie di tossico assonnato che lo fissava con sguardo vacuo e accigliato. Sentiva una specie di morsa intorno a tutta la testa, aveva fatto malissimo a bere così tanto. Il viaggio in aereo poi era stato devastante, aveva cercato di addormentarsi senza successo pur di non sentire quel malessere terribile. La Kanagi, seduta accanto a lui, gli aveva gentilmente fatto da infermiera, e quando erano atterrati lui le aveva perfino fatto un cenno con la testa in segno di ringraziamento.

Fortunatamente Kanako era già in aeroporto ad aspettarli (“E ci mancherebbe altro!” aveva detto Takao, riferendosi al ritardo incredibile che il loro aereo aveva fatto), così i due ragazzi erano subito saliti sulla sua Bmw e avevano affrontato un altro piccolo viaggio per arrivare fino a casa. Kei era passato abbastanza inosservato, dato il mare di chiacchiere in cui si era prodigato Takao. Ma l’altro si era reso conto dello sguardo di Kanako, che spesso cadeva su di lui. Aveva capito che c’era qualcosa che non andava.

-E non è tanto difficile. Che diavolo di faccia ho?- mormorò Kei, gettandosi un po’ d’acqua in faccia per svegliarsi. Non contento, infilò tutta la testa sotto al getto freddo, sentendo un rivolo scorrergli lungo il collo, fin dietro alla schiena.

Afferrò un asciugamano e se lo gettò in testa, per limitare i danni e non allagare tutta la stanza. Si accese una sigaretta e aprì la porta, per poi sedersi sul gradino. L’aria fresca (probabilmente gelida, per chiunque altro che non si fosse forgiato in Russia) fu un sollievo.

Chiuse gli occhi e il rumore del vento non gli parve più tanto male. Finì di fumare e spense la sigaretta, per poi afferrarsi la testa fra le mani e premere sulle tempie, in un tentativo di arginare l’emicrania.

A un tratto sentì una mano calda poggiarsi sulla sua spalla e si destò dal suo stato catatonico. Sollevò lo sguardo, incrociando quello di Kanako.

-Una t-shirt, uh?- chiese l’avvocato, riferendosi all’abbigliamento di Kei, che annuì.

-Quante volte ti devo dire di metterti qualcosa di più pesante? Ti ammalerai.-

-Ho sempre caldo, non mi serve.- rispose il ragazzo, mentre Kanako si sedeva accanto a lui sul gradino.

-Allora, Kei. Takao mi ha detto che non è stato proprio un viaggio rilassante.-

Figuriamoci se quello è in grado di tapparsi la bocca” pensò Kei, ma si limitò a scuotere la testa: -No, per niente.-

-Mi ha detto che non ha capito bene tutto, ma che è quasi certo che il posto in cui siete capitati…- continuò Kanako, ma inaspettatamente Kei lo interruppe: -Ci siamo fermati proprio davanti al monastero in cui sono cresciuto.-

-Allora è vero…-

-Sì. Non è cambiato niente, la Borg è ancora in piedi, esattamente come pensavo.-

Kei sentì che era arrivato il momento di parlare, e lo fece. In quel momento l’unica persona di cui si fidava veramente era Kanako, e se non avesse raccontato tutto a lui, non l’avrebbe fatto con nessuno. E doveva dirlo a qualcuno. Senza contare che gli sembrava adatto per dargli qualche consiglio su Yuri.

-La Borg è una comunità nata parecchi anni fa per opera di Vorkov e di mio nonno. Si conoscevano da molto. L’intento iniziale era quello di raccogliere i ragazzi dalla strada e sfruttarli in qualche modo, ma non c’è voluto molto prima che la cosa si facesse più specifica. Mio nonno rimase il principale finanziatore, Vorkov il direttore. La mafia russa assolda ogni anno i migliori ragazzi come sicari, nuovi membri e chi più ne ha più ne metta. Vengono addestrati apposta… gli altri invece cadono ugualmente nelle loro mani, soprattutto i più deboli, e finiscono in giri di prostituzione, traffico d’organi. Le solite cose.- spiegò, per poi fare una pausa, senza guardare il suo interlocutore. Poi riprese:

-Naturalmente in cambio di tutto il suo impegno mio nonno alimentava le sue già discrete entrate, e anche Vorkov, che è sempre stato intoccabile dato l’interesse che l’ Organizatsya aveva ed ha tuttora per quel monastero.-

Seguirono un paio di minuti di silenzio, finché Kanako non si decise a rispondere.

-È terrificante, Kei. Non ho parole.-

-Nessuno può fermarli. È una cosa lontana da ogni tentativo che io o tu possiamo fare. Ci sono troppi interessi di mezzo, chi ci ha provato non ha nemmeno fatto in tempo a rendersene conto, che era già morto- concluse Kei.



*****



Il telefono continuava a squillare a vuoto, e Julia stava per riattaccare quando finalmente sentì la voce di Takao: -Pronto?-

-Takao, sono io. Ti disturbo?-

-Ciao Julia. No, non preoccuparti.-

Lei sorrise, anche se lui non poté vederla, e continuò la conversazione: -Ti va se ci vediamo stasera?-

-Sì, ok! Vieni da me per cena?- propose Takao, già affamato.

-D’accordo, a dopo-

Il ragazzo riattaccò, pensieroso. Aveva riflettuto molto negli ultimi giorni, ed era giunto ad una conclusione. Julia gli piaceva, era bella e, per quanto potesse avere un caratteraccio tremendo, era simpatica ed intelligente. Ma non la amava. In realtà lo aveva capito dal momento in cui l’aveva vista con Boris, rendendosi conto che la rabbia che aveva provato era, appunto, solo rabbia. Non gelosia, o sentimenti affini. Non voleva Julia, voleva per sé la sua ragazza, e soprattutto non voleva che Boris ci mettesse le mani sopra. Una sorta di gelosia del possesso, se così si poteva definire. Il fatto che poi ci fosse finito avvinghiato alla festa, era un altro discorso, una questione ormonale. Si chiese come avrebbe fatto a dirglielo, e fu tentato di andare a chiedere consiglio a Kei, ma poi si ricordò dei loro attuali rapporti e lasciò perdere.

La cena andò bene, tutto sommato. Julia e Hara chiacchierarono ininterrottamente per tutto il tempo, e il mutismo di Kei passò quasi inosservato. Non fu così però per quello di Kanako, che non disse una parola per un’ora e mezza. E mentre Takao e Julia erano troppo distratti per accorgersene, sua moglie lo notò praticamente subito. Dopo il dessert gli si avvicinò, in disparte:

-Tesoro, c’è qualcosa che non va?- gli chiese, poggiandogli una mano sull’avambraccio. Lui cadde dalle nuvole, e incrociando lo sguardo preoccupato della moglie si lasciò andare ad un sorriso e le accarezzò i capelli corvini: -Va tutto bene, cara. Sono solo un po’ stanco e preoccupato per Kei, come al solito.-

-Ma è successo qualcosa?-

Kanako fu tentato dal raccontarle tutto, poi decise: -No, niente.-



*****



-Dunque, vediamo cosa abbiamo qui. Un ammonimento dal preside per Kinomija, Kon e Mitzuara per essere usciti dalle proprie stanze praticamente tutte le notti. Un altro ammonimento più punizione per Kinomija –ehi, ti sei dato da fare!- e Fernandez per atti osceni davanti ai vostri professori… convocazione dal preside, con presenza di genitori/tutori per Hiwatari e Huznestov per le seguenti ragioni: rissa, totale mancanza di rispetto verso i docenti, verso il personale, verso le regole, abuso reiterato di alcool. E per finire, un ammonimento all’intera classe per aver contribuito a trasformare un viaggio d’istruzione in un disastro. Mi sono spiegato?-

Crawford aveva letto un foglio a mo’ di proclama, ma con il suo solito tono di voce di chi sarebbe voluto essere da tutt’altra parte, con ben altra compagnia e a fare qualunque altra cosa. I suoi studenti lo guardavano, sconvolti.

-Che significa “ammonimento”?- chiese Max, sorridendo forzatamente.

-Significa che alla prossima cosa che fate, anche irrilevante come rientrare in ritardo dalla ricreazione, siete finiti. Sospesi, puniti, non saprei, questo dipenderà dal preside. Perché se dipendesse da me, non sto qui ad elencarvi quante cose sarebbero diverse. Hiwatari, Huznestov, dal preside alla fine delle lezioni. Ora riprendo con il programma, abbiamo già perso tempo a sufficienza con queste buffonate.- concluse, afferrando un gessetto e iniziando a scrivere una formula alla lavagna.

-Perfetto. Spero solo che non vi espellano.- disse Hilary, prendendo appunti. Kei non le rispose, ma in realtà sperava la stessa identica cosa.

E per fortuna non furono espulsi. La pena fu minore, si ritrovarono semplicemente sospesi per una settimana, senza obbligo di frequenza, e con una punizione a testa: Boris avrebbe dovuto fare una relazione di venti pagine su argomenti di storia che nemmeno aveva ben capito, mentre Kei fu incaricato di rifare l’inventario della biblioteca, sistemando una quantità deprimente di libri nuovi.

-Tutto sommato non vi è andata male.- gli fece notare Takao, mentre faceva colazione con il suo fratello acquisito.

-Scherzi? Indovina chi mi supervisionerà? Crawford. Peggio di così…-

-Sei tu che scherzi! Avrebbero potuto espellervi, ti rendi conto o no?- insistette Takao, fra un boccone e l’altro.

-Ah, forse l’avrei preferito.- rispose Kei, sorseggiando il suo caffè.

-Effettivamente la tua punizione è da suicidio. Sono in ritardo, papà mi sta aspettando in macchina. A dopo!- Takao si alzò, lo salutò e si diresse verso la porta.

-Takao…- lo chiamò Kei, e l’altro si fermò di scatto e si voltò: era raro che fosse lui a prendere l’iniziativa e cominciare una conversazione. Però poi rimase zitto, e si limitò a ricominciare a bere il caffè. Takao sorrise: sapeva che quello era uno stranissimo modo per accennare a delle scuse. Lo conosceva relativamente da poco, ma aveva imparato a capirlo.

-Di nulla!- rispose, prima di correre verso la porta d’ingresso.



*****

L’uomo si sporse dalla scala, cercando di afferrare un libro posto particolarmente in alto, in cima alla libreria. Lo prese, rischiando di cadere in avanti, poi scese e lo poggiò sulla scrivania. Leggere era decisamente il suo hobby preferito. Non che ne avesse tanti, certo… non per niente si era accollato anche il ruolo di direttore della biblioteca della scuola. Sospirò e si lasciò cadere sulla poltrona, stanco. Sentì il cellulare iniziare a squillare, lo tirò fuori dalla tasca e lesse il nome sul display, per poi rimetterlo dov’era e lasciarlo continuare a suonare. Non aveva la minima voglia. Fu un sollievo quando cessò, ma si mise una mano sugli occhi ed emise un ringhio quando prese a squillare il fisso. Al terzo, si attivò la segreteria telefonica, ed una cristallina voce femminile gli giunse alle orecchie:

-Ehi, Ryo! Ma dove sei finito? Forza, smettila di fare l’eremita e torna ad avere contatti col mondo esterno. È il compleanno di Aki, esci a festeggiare con noi? Insomma, ci stavamo rendendo conto che sei sempre più per i cazzi tuoi, musone che non sei altro. Vabbe’, fatti sentire! Ciao!-

Decisamente, preferiva i libri alle persone. Quelli non ti stavano addosso quando non volevi, se non ti piacevano era sufficiente chiuderli e riporli in una libreria, se avevi voglia di stare da solo non avevano niente da ridire. Le persone erano invadenti, seccanti. Certo, gli dispiaceva. Non voleva che i suoi amici ci rimanessero male (e dal tono di Miho, nonostante l’apparente vivacità, aveva percepito una certa tristezza), perché anche se non sembrava, voleva loro un gran bene. Sì, anche lui ne era capace.

Aprì il suo libro e iniziò a leggerlo, sollevato dall’averlo ritrovato dopo secoli. Era velocissimo a leggere, arrivò a pagina ottanta nel giro di poco tempo. E fu lì che trovò qualcosa, che riconobbe come una foto solo quando la voltò. Sentì una morsa all’altezza del petto, che si affrettò a reprimere mentre teneva tra le mani la vecchia foto. Erano anni che non aveva un diretto contatto con quell’immagine, sopravvissuta solo come un ricordo nella sua mente.

Crawford gettò la foto nuovamente in mezzo al libro, lo chiuse bruscamente e lo lanciò sulla scrivania. Prese la giacca e tirò fuori il cellulare dalla tasca, componendo un numero.

-Miho, dove siete? Ok, sto arrivando.-



*****



-Signore, è qui il signor Rusakov per lei. Lo faccio entrare?-

Vorkov alzò lo sguardo dalle carte a cui si stava dedicando, posandolo sulla guardia: -Sì, fallo entrare.-

La guardia sparì dalla soglia, per poi essere sostituita da un uomo di mezza età, alto e distinto. Vorkov si alzò e gli strinse la mano, particolarmente lieto di vederlo.

-Finalmente, spero che sia l’incontro definitivo.- disse, e il notaio annuì.

-Chiedo scusa per l’attesa, non è facile accordarsi con i servizi sociali giapponesi. Le comunico che, tra l’altro, il monastero ha incassato l’ultimo finanziamento del signor Hiwatari.-

-Perfetto. E il ragazzo?-

Rusakov sorrise senza allegria, e rispose: -Non ci vorrà molto. Anzi, le consiglio di dargli un colpo di telefono. Per avvisarlo, sa… a meno che non voglia mantenere l’effetto sorpresa.-

Vorkov sogghignò di rimando e scosse la testa: -Credo che lo avviserò di persona.-





§§§§§

Mmh… Salve! C’è ancora qualcuno in ascolto? Sì, lo so. Ritardo. Ma c’è una cosa che ritengo sia fondamentale: scrivere quando non si ha ispirazione, quando non si hanno idee, quando si è poco motivati, è deleterio e basta. E io ho preferito mettere in revisione la storia, correggerla, metterla insomma in stand-by per un po’.

Che dire, spero di non avervi deluso. Provvederò a rispondere alle recensioni al più presto! Un saluto e grazie a tutti coloro che commentano, leggono, hanno messo la storia tra le seguite e preferite. Vi amo! <3


  
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