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Autore: Jappy    02/07/2011    0 recensioni
"Chino sul quadrato di gioco, rimase immobile, fissando i pezzi neri che aspettavano che lui facesse la sua mossa. Osservò la scacchiera per diversi minuti, lo sguardo che sembrava perso e la mente sicuramente altrove."
Ogni guerra è come una partita a scacchi: è la mente che muove i pezzi ad essere determinante.
Questa storia racconta di una guerra combattuta dopo la guerra, una guerra fatta di piccole mosse su una grande scacchiera.
La fine è vicina, ma lo scacco matto non è ancora stato dato.
I giocatori si siedano al tavolo e muovano le pedine. Tutti i pezzi sono sacrificabili.
Lo scopo: il matto.
La posta: la vita.
[Nb: La storia si svolge nei giorni immediatamente successivi alla prima scomparsa del Signore Oscuro.]
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Prologo:
Pedone mangia Pedone


Un evento storico, politico o sociale qualsiasi, per quanto lieto, felice e fortunato possa essere, non rende mai tutti completamente dello stesso umore. Si prenda ad esempio il giorno che probabilmente sarà ricordato come l'alba più luminosa di tutta la storia della comunità magica, quello della caduta del Signore Oscuro e del trionfo del Bambino-che-è-Sopravvissuto, la mattina del 1 novembre 1981. Di sicuro, i fedelissimi di Colui-che-non-deve-essere-nominato non furono particolarmente contenti della sua prematura dipartita; nemmeno i giganti scoppiarono di felicità, per non parlare poi delle comunità dei vampiri e dei licantropi. Tuttavia, nessuno fu più scontento di Charles Caius Cromwell.
Nessuno.
Al di là della porta chiusa del suo ufficio, al sesto livello del Ministero della Magia, i suoi colleghi stavano facendo festa abbandonandosi alla gioia più sfrenata. A giudicare dalla musica proveniente da una radio piazzata per l'occasione in corridoio, qualcuno si era addirittura lanciato in una danza dei leprecauni.
-Ehi! Non vieni fuori a festeggiare? Non dirmi che te ne stai lì rintanato tutto il tempo a bere Whisky Incendiario da solo?! La testa di un suo collega, Ozil Vulnerus, fece capolino dalla porta.
-P-Perchè? Rispose lui, con un lieve tremito nella voce, di cui il suo collega non si accorse, oppure lo imputò semplicemente all'alcol.
-Come sarebbe a dire “Perchè”?! Per la barba di Merlino, certe volte mi sembri stupido quanto un troll.
-Voglio dire, s-siamo sicuri che il Signore Oscuro sia veramente morto? Non potrebbe semplicemente essersi nascosto per un po'?
Dal sorriso che gli si era stampato in faccia, sembrava che ci fosse un avvincino dietro di lui a tirargli le guance.
-Tu ti preoccupi troppo, è questo il tuo problema! Lo stanno dicendo tutti: Barty Crouch, Millicent Bagnold, persino Silente è stato intervistato dalla Gazzetta del Profeta stamattina. Tu-sai-chi è andato. AN-DA-TO!
Senza aspettare risposta, Vulnerus lo prese per un braccio e lo trascinò fuori dall'ufficio.
Ora per dovere di cronaca, bisogna dire che Charles Caius Cromwell non era stupido.
Certo, nessuno dei suoi colleghi sarebbe stato d'accordo con questa affermazione, ma c'è una grossa differenza tra il sembrare stupidi, e l'esserlo veramente.
Nato nel 1938, figlio di Antonius Cromwell, mago, e di Martha Blake, babbana, per volere della madre aveva ricevuto un nome e un'educazione babbani fino all'arrivo della lettera per Hogwarts. In questo modo, secondo lei, “
Il ragazzo avrebbe potuto scegliere il mondo in cui si fosse trovato meglio una volta raggiunta la maggiore età”. Come se fosse stato facile farsi degli amichetti con cui giocare quanto i suoi coetanei perdevano sangue dal naso senza motivo, o avevano incredibili fitte allo stomaco ogni volta che lo facevano arrabbiare per qualunque ragione. Così, in risposta agli sguardi sospettosi e diffidenti dei ragazzi della sua età, aveva sviluppato una certa avversione per le attività di gruppo, preferendo di gran lunga la compagnia dei libri a quella dei suoi compagni. Ad Hogwarts le cose non erano cambiate più di tanto: ormai il carattere si era in parte formato, e il danno era fatto: smistato tra i Corvonero, grazie alla sua attitudine allo studio si era distinto più per i suoi voti in Trasfigurazione e in Incantesimi che per la sua abilità con la Pluffa o il suo carisma. E come tutti sanno, nessuno in grande considerazione i secchioni a meno che non facciano i temi di Storia della Magia a tutto il dormitorio gratuitamente. L'unica attività in cui eccelleva, studio a parte, erano gli Scacchi magici: gli veniva facile anticipare le mosse degli avversari, prevederne le strategie. Era anche stato campione del torneo scolastico per due anni consecutivi.
Dopo essersi diplomato con dei M.A.G.O. Eccellenti, aveva lavorato part-time in alcuni negozi in giro per l'Inghilterra prima di trovare impiego al Ministero, presso l'ufficio Passaporte al dipartimento del Trasporto Magico, prima come assistente, poi come impiegato fisso. Preciso, anonimo, puntuale nel suo lavoro: con queste sue caratteristiche non si era nemmeno sorpreso più di tanto il giorno in cui era stato avvicinato da un collega subito dopo una riunione di dipartimento, il quale gli aveva sussurrato nell'orecchio una parola d'ordine e una convocazione al Nono livello, presso l'Ufficio Misteri, dove gli era stato offerto l'incarico di Indicibile sotto copertura.
A quel tempo gli Indicibili sotto copertura non erano pochi. In un momento di grave crisi storico-politica, dove il Signore Oscuro gettava la sua ombra di morte e terrore su tutta la comunità magica, il Ministero aveva ben poche armi per tentare di ristabilire l'ordine e la tranquillità.
Spiare, controllare, sospettare dei suoi colleghi era il suo lavoro. Individuare i devoti di Voldemort all'interno del ministero, capirne e sventarne i piani prima che potessero essere messi in atto.
L'impiego era difficile, ma poteva essere altamente remunerativo, se sceglievi accuratamente i da che parte stare.
Ora, il 1 Novembre 19891, Charles si presentava come un quarantenne dal fisico secco, non particolarmente alto, con il viso scarno e l'aria perennemente stanca: gli occhi scuri, seppur vigili e attenti, perennemente circondati da marcate occhiaie dovute alla lettura notturna assidua e prolungata, i capelli radi e brizzolati e la barba ben curata lo facevano apparire più anziano e deboluccio di quanto fosse in realtà.
Un paio di ore e diversi bicchieri di vino francese (con annessi i brindisi più disparati) più tardi, Cromwell si trovò di nuovo solo nel suo ufficio. Sudava copiosamente, e non solo per l'eccessivo tasso alcolico nel suo sangue. Chiuse la porta e cominciò a pensare, passeggiando avanti e indietro. Poi si sedette alla scrivania e da uno dei cassetti tirò fuori una scacchiera magica. Con due rapidi colpi di bacchetta i pezzi si mossero, andando a disporsi nelle posizioni in cui si trovavano quando lui aveva interrotto la partita. Chino sul quadrato di gioco, rimase immobile, fissando i pezzi neri che aspettavano che lui facesse la sua mossa. Osservò la scacchiera per diversi minuti, lo sguardo che sembrava perso e la mente sicuramente altrove.
-Il re non è ancora caduto. Pedone c5 in d4.
Una statuetta raffigurante un giovane fante in armatura, spada e scudo si mosse in diagonale, sfoderò la spada, caricò il braccio all'indietro e con un rapido movimento in avanti affondò l'arma nel ventre di una figurina ad esso identica tranne che per il colore, la quale provò senza successo a parare con lo scudo prima di spaccarsi in piccoli pezzi.
Una volta fatta la sua mossa, prese la bacchetta e con un rapido movimento di polso fermò la partita di nuovo, poi rimise la scacchiera nel cassetto della scrivania da cui l'aveva tirata fuori, ed estrasse un plico di documenti scritti che cominciò a scartabellare velocemente, separandone alcuni e formando due pile distinte. Quando ebbe finito ne prese una e la rimise nel cassetto, dopodiché afferrò la sua borsa da lavoro e la aprì poggiandola sul ripiano. Era una ventiquattr'ore a soffietto, con diversi scomparti al suo interno. Si fece scorrere più volte i separatori tra le dita finchè non ne individuò uno in particolare: a quel punto ci battè sopra la punta della bacchetta per tre volte, facendo comparire uno scomparto segreto dove ci infilò la pila di fogli che aveva precedentemente separato, poi richiuse il tutto ed uscì dall'ufficio.
Era tardi e non incontrò quasi nessuno prima di raggiungere l'atrio. Mantenne un'andatura flemmatica, ma prestò molta attenzione alle persone che ancora si attardavano per i corridoi del ministero. Erano quasi tutti impiegati festaioli, ma c'era anche qualche Auror che rientrava da qualche missione: i Mangiamorte, e più in generale, i simpatizzanti del Signore Oscuro, stavano quasi tutti fuggendo, nascondendosi, ma c'era ancora qualche testa calda che, infuriata per la scomparsa del suo padrone, aveva deciso di indirizzare il proprio odio contro qualche famiglia babbana. Nessuno comunque diede segno di prestare attenzione a lui o a quello che stava facendo, così raggiunse l'ingresso visitatori e uscì da lì, evitando accuratamente di prendere la Metropolvere. Una volta fuori, in un vicolo di Londra, alzò lo sguardo, una notte senza nuvole si stendeva su tutta l'isola britannica, e lui si allontanò al chiarore della luna piena.




Qualche ora più tardi, sotto quella stessa luna, Ozil Vulnerus camminava nei sobborghi della metropoli inglese, o per meglio dire, ondeggiava visibilmente ubriaco.
Mancavano pochi isolati a casa sua, un grazioso villino bifamiliare, che condivideva con una graziosa famiglia di babbani che vendevano mobili d'antiquariato; loro erano convinti di avere come vicino di casa un simpatico ma quanto mai eccentrico mercante d'arte, per cui si ostinavano a voler fare lunghe chiaccherate su dipinti e arazzi del '500. Ozil Vulnerus aveva già ricorso agli incatesimi di memoria tre volte negli ultimi anni, e stava pensando di cambiare la propria professione.
-Gsià, gsià... Devo prooprio chambiare lavoro. Sharò un avvochat... oh?!
Si fermò, notando qualcosa che luccicava in mezzo al marciapiade. “Ma è un galeone, che colpo di fortuna!” Pensò, chinandosi a raccoglierlo. Ma appena toccò la moneta, sentì uno strappo all'altezza dell'ombelico, poi il mondo cominciò a vorticargli intorno; dopo qualche secondo, atterrò in un posto completamente buio. Ci vollero diversi secondi affinchè potesse avere la lucidità tale da estrarre la bacchetta.
-Ma che diamine... Lumos!
Nella penombra generata dalla bacchetta, potè vedere due occhi gialli che lo fissavano, e una sfilza di denti acuminati pieni di sangue e bava.
Il lupo mannaro ringhiò, poi si avventò su di lui.

   
 
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