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Autore: aoimotion    03/07/2011    6 recensioni
“Ci sono persone che non capiscono come gira il mondo. Persone che non capiscono l’importanza di uno scopo nella vita. Persone che non capiscono che per essere forti non basta avere un cuore puro. E poi… ci sei tu, N.”
Il ragazzo si irrigidì, emozionato, e serrò la mascella in un tentativo quanto mai inquietante di dimostrare la sua impazienza. Ghecis lo osservò, e un sorriso tagliente apparve sul suo volto.
“Che non capisci niente a priori, qualunque sia il tempo e il luogo in cui ti trovi.”

[ N centric ] [ OOC demenziale ] [ Rating giallo per eventuali accessi di volgarità futuri ]
Genere: Avventura, Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Remarkable remark
Minestrone, che passione!






Quattro case contate.
Popolazione decimata.
E un imponente centro pokemon somigliante più ai grandi magazzini che a un ospedale per creaturine ferite.
“Purrloin, guarda, siamo a Quattroventi!”
Quattro case, Quattroventi. Era anche coerente.
Il pokemon dimostrò il suo inesistente interesse dimenando la coda e leccandosi le unghia. “Quando combatteremo contro un allenatore, N?”
Osservate con quanta previdenza la Natura, madre e artefice del genere umano, ebbe cura di instillare in N un allarme capace di isolare il suo cervello dalle cose che lui reputava spiacevoli.
Come se avesse sentito il vento fischiare, N piroettò su se stesso tendendo – invano – le braccia al mondo, animandosi di una candida disinvoltura e incurante delle occhiate omicide che il felino pokemon gli lanciava in successione.
“N…”
“Oh oh oh, guarda, il mondo mi sta chiamando!”
“N… scusa se interrompo il tuo idillio, ma…” Purrloin alzò un artiglio, indicando un movimenti dinamico che si avvicinava sempre di più, sollevando dietro di sé un gran polverone. Un agglomerato di esseri viventi ma non del tutto identificabili: di che specie erano? Non era in grado di stabilirlo con certezza. Ma poi, in mezzo a tutta quella materia organica, riconobbe una figura. La riconobbe, perché… aveva l’identica colorazione verdina dell’imbecille lì vicino. “C’è un tizio verde che si sta avvicinando a gran velocità, N” asserì il pokemon con scarsa enfasi “parente tuo?”
Il mondo di N cadde letteralmente a pezzi. Il cielo si frantumò come vetro, lasciando il posto a una volta annuvolata e nera come la pece. I Pidove che danzavano felici nell’azzurro si trasformarono in Murkrow assetati di sangue, che improvvisarono una marcia funebre girando intorno ed emettendo versi striduli come i cardini arrugginiti della vecchia porta dell’hangar abbandonato nel deserto di Nessuno del continente dei Caucaso non troppo vicino né troppo lontano dalle Falde del Kilimangiaro.
Un grido disperato si levò nell’aria, pregno di un familiare dolore e di una familiare paura.
“Mio padre… è qui…” sussurrò lugubre cominciando ad abbracciarsi per farsi coraggio “lui… mi ucciderà…”
Si figurò divenire porchetta ed essere affettato da un coltellaccio già intriso di ignoto sangue, mentre gli occhi di Ghecis divenivano due fari scarlatti che lo fissavano senza pietà alcuna.
Si udì poi il sibilo dell’aria, e qualcosa di pesante cozzò violentemente contro la sua testa, tramortendolo senza troppi complimenti.
“Rimbambito di un figlio, ti sei scordato lo zaino!” Ghecis si faceva riconoscere ovunque.
“Ehe~” fu il brillante commento, testimonianza di un’ancor più brillante mente. Purrloin fece un gesto schifato e si allontano di tre passi e mezzo.
“Anf… pant… sbuff…”
“Signore!” gridò qualcuno alle sue spalle “State bene?”
“Gliel’hanno detto tutti che alla sua età non dovrebbe più correre…” Amilcare scosse il capo, sospirando e passandosi una mano sul volto. Marina, accanto a lui, lo fissava incuriosita.
“Perché, quanti anni ha?”
Il ragazzo guardò lontano, oltre l’orizzonte, mentre una leggeva brezza si alzava andando a scompigliare loro i capelli. Peccato solo che Amilcare li tenesse tutti e per forza di cose sotto la retina da cavaliere facente parte del suo costume da recluta. “Ricorda Marina, sono tre i tipi di persone a cui non devi mai domandare l’età: le donne, i politici e le persone con i capelli verdi. Non scordare questa preziosa regola di vita, per nessun motivo.”
“Uh? E perché mai?”
“Le donne si sentiranno vecchie, i politici non vedranno l’ora di turpiloquare in parlamento e le persone con i capelli verdi…” Lasciò sospesa la frase, limitandosi ad additare un Ghecis ansimante. “Just look at him, woman.”
“Tu! Stupido figlio beota! Che cosa avevi in quella testa quando sei partito?!” stava dicendo l’uomo con le mani sui fianchi e una forma avanzata di asma “Anzi no, lasciami indovinare! Quello che avevi nella tua testa l’hai messo dentro il tuo zaino e poi hai lasciato lo zaino a casa! Che imbecille, ahahah!”
Un bulleggiato N si massaggiò la testa con fare dolorante, riprendendo coscienza dell’ambiente circostante. “Dove… dove mi trovo?”
“A Las Vegas, N!” rise grassamente suo padre alternando poderosi colpi di tosse che lo fecero piegare in due e accasciare per terra. “Uahahaha! E hai perso tutto, TUTTO! E ti hanno portato via il cervello, ahahah!”
“… Anche se gli domanderai quanti anni ha” stava riprendendo intanto Amilcare “lui non potrà risponderti, perché sarà il primo a non averne la minima idea.”
“È davvero così grave?”
Lui annuì, serio. Marina portò una mano alla bocca con gesto di sorpresa.
“Chi sei… tu?” stava dicendo N con un occhio mezzo aperto e l’aria di chi si è appena scolato ventordici bottiglie di Schweppes.
“Sono tuo padre!” tuonò Ghecis gonfiando il petto e continuando ad ammazzarsi di risate “ahahaha, bella questa!”
“Mi pare evidente che questo… umano” e non sapeva neanche quanto fosse effettivamente calzata la definizione “sia un tuo parente. È chiaro come il sole.”
“Uh? Oh… aspetta, ma io ti conosco…”
“Però, che sagacia!”
“N!” continuò Ghecis che non crepava mai “Figlio mio, forse ho sbagliato a chiederti di diventare l’eroe di Unima! Un posto come coltivatore di pomodori ti sarebbe calzato meglio!”
“Eroe… di Unima?” un lampo di genio si accese in lui, e il ragazzuolo verdino ricordò chi era e perché si trovava lì. Solo, con una piccola variante non prevista dalla legge. “Ma certo!” esclamò balzando in piedi “Io sono… l’eroe!”
“No, tu sei un fottuto cretino” gli rispose Purrloin, ma fu prontamente ignorato dal suddetto. “Sono l’eroe! Padre… no, non più padre. Ghecis! Oh Ghecis, che piacere averti qui, chiederò ai miei servitori di farti accomodare in salotto!” N si voltò, tentando di richiamare l’attenzione dei pochi disgraziati che giravano sotto il sole cocente chiedendosi perché qualcuno avesse avuto la brillante idea di andarli a piazzare proprio in quella città. Ma perché nessuno si inventava le città fantasma, in quel fottutissimo universo?!
“Eeeeeehi!” cominciò, prima che un paio di membri del Team Plasma non gli balzassero addosso tentando di farlo stare zitto. “Mmhhhfg!”
“Che coglione” commentò Ghecis riprendendo il controllo di sé e spolverandosi la sgargiante veste che più di un capo di abbigliamento ricordava un tappeto persiano finto “adesso ha attirato l’attenzione degli abitanti, questo genio!”
Urgeva rimediare al disastro compiuto dal figlio degenere. Molti (per modo di dire) si avvicinarono, convinti che qualcosa stesse finalmente per cambiare nella loro quotidianità. E fu allora che l’uomo che rispondeva al nome di Padre fu colto da una mirabolante illuminazione. “Reclute!” chiamò battendo le mani, come fossero cani “Andiamo a fare un discorsetto a questo branco di stolti!”
Andiamo stava ovviamente per ‘voi mi accompagnate e io mi prendo tutto il merito’, ma nessuno aveva dubbi in proposito.
“Marina, vieni” disse Amilcare tendendole la mano “Ghecis sta per fare uno dei suoi famosi ‘discorsi’ e noi dobbiamo coprirgli le spalle, sai com’è”.
“Come i politici?”
Lui ci pensò un attimo. “Il paragone gli calza, devo dire”.
Lei rise appena. “Un altro motivo per non chiedergli l’età, quindi?”
“Vedo che cominci a capire come funzionano le cose” un lieve sorriso comparve sul suo volto da emotionless “brava.”
Oh, such a pretty love story! Ma andiamo avanti, suvvia.
Le reclute si misero compatte e marciarono verso Ghecis, in piedi con una coppa di vino tascabile fra le dita. “Cosa dobbiamo fare con vostro figlio?”, chiese una di loro.
“Mio figlio?” sembrava che avesse appena sentito una barzelletta divertente “Oh, lasciatelo andare. N, figliolo, mettiti comodo e assisti al mio mirabolante discorso!” gli disse, e a quel punto le braccia ammantate di grigio che l’avevano tenuto fermo si diradarono come nubi grigie. “…?”
“Tuo padre sta per mettersi a cianciare qualcosa” riassunse Purrloin grattandosi un orecchio “fammi un favore, lanciami una sfera pokè. Non voglio starlo a sentire, mi prudono i baffi al sol pensiero.”
“Vuoi che ti catturi?”
“Acuta osservazione.”
“P-posso catturarti?”
“Non diventerò il tuo schiavo se lo farai, tranquillo.”
La frase, che non era per niente rassicurante, riuscì invece a quietare i vaghi sensi di colpa di N, che faceva a pugni con la sua personalità da mongospastico e quella da aspirante eroe della terra delle vacche morte. “Bene!” esclamò frugando nello zainetto che prima lo aveva tramortito “Preparati, adesso ti catturerò! … N-ne sei sicuro, vero?”
“E falla finita!”
“D-d’accordo, allora… vai, sfera poké!”
“Quello è un porro, accidenti a te!!”
“Eh? Cosa?” il ragazzo si guardò le mani, e vide che stavano stringendo un lungo gambo di porro “Perché c’è del porro, qui?”
“E che ne so io?!”
“Forse volevo farci un minestrone…”
“Ma chissenefrega! Datti una mossa, per la miseria!”
“Va bene anche il porro?”
“Prendi la pokeball, cerebroleso!!”
“V-va bene, non ti agitare, ora la prendo!” Gli vide agguantare una sfera rossa, e sospirò stizzito. “Era ora!”
“S-scusa” balbettò N assumendo una posizione lanciativa (?) “a-allora… vai, sfera pokèèèèèèèèèèèè!”
Il corpo sferoidale guizzò nell’atmosfera, fendendo il vento che non c’era. Ruotava vorticosamente, finché il suo cammino non fu interrotto dalla collisione con il muso di Purrloin. E poi… SPLOF!
“Gneeeeow!” strillò il pokemon mentre soffocava nel pomodoro “Era POMODORO!”
“… Ops.”
“Ma io ti-”
“Signori, vi prego, un po’ di attenzione!” La voce di Ghecis irruppe con violenza nel campo auditivo collettivo, e quando fu certo che tutti gli abitanti (che erano sempre e comunque quattro gatti) gli avessero rivolto la loro attenzione, con un colpetto di tosse si apprestò a parlare.
N agguantò il pokemon fulmineo, prese una pokeball dalla tasca interna dello zaino – miracolosamente – e senza tanti complimenti gliela premette sul capo, rinchiudendocelo dentro. Tanto, l’attacco pomodoro l’aveva indebolito a sufficienza in ogni caso. “Fiuuu…”
Una piccola folla si era intanto riunita intorno a lui, bisbigliando perplessità varie ed eventuali. Ghecis mosse un passo verso di loro e cominciò a parlare.
“Il mio nome e Ghecis… Ghecis del Team Plasma. Ciò che voglio dirvi quest’oggi concerne proprio i vostri amici pokemon, in particolar modo la loro liberazione.”
N ripensò al Purrloin che aveva appena imprigionato dentro la sfera e si senti un cattivo ragazzo.
Intorno a lui, i bisbigli si fecero più fitti e incerti.
“Noi umani” stava dicendo Ghecis fingendo lucidità “abbiamo sempre vissuto insieme ai pokemon, aiutandoci a vicenda e considerandoli parte integrante delle nostre vite. E abbiamo sempre creduto di essere nel giusto. Ma è veramente così? Non ci siamo mai posti realmente il problema, e non abbiamo mai considerato la possibilità che ciò non fosse vero.
Gli allenatori ordinano ai pokemon di fare quello che vogliono loro, e loro ci ubbidiscono, impegnandosi duramente.”
Purrloin non sarebbe d’accordo, si ritrovò a pensare N, felice che il ‘suo’ pokemon non fosse nelle condizioni di ascoltare quel discorso.
“Quindi, signori miei… liberare i pokemon non sarebbe una cosa buona e giusta?”
Dopo tutta la fatica che ho fatto?
Mormorii concitati si diffusero nell’aria, riempiendola di dubbi. N stesso sgranò gli occhi, colto dalla più profonda incertezza. Eppure… lui doveva diventare il nuovo eroe! Non era possibile che ci riuscisse senza l’aiuto dei pokemon. Eppure, eppure… forse non avrebbe dovuto catturare Purrloin…
Ma ha insistito lui!
Gli hai tirato un pomodoro addosso e poi lo hai catturato senza preavviso.
M-ma si è trattata di un’emergenza!
Non accampare scuse.
Non lo sto facendo!
Ah no? E perché stai parlando con te stesso?
Perché non ho nessuno con cui parlare di queste cose!
… Che tristezza infinita.
Non farmelo pesare, accidenti!
Sei un mostro.
Non è vero…!
Devi farti perdonare da Purrloin. Una lotta andrà bene.
U-u-u-una lotta? M-ma… non sono pronto!
Devi esserlo. Non puoi rendere triste un pokemon.
Ma non è affatto triste!
…  Tu questo non puoi saperlo. Coraggio, affrontalo!
Ma chi?
Lui.
Ma lui chi?
Lo vedrai presto…
“… In conclusione, vorrei che pensaste attentamente alle mie parole. Grazie per avermi ascoltato.” Ghecis aveva intanto finito il discorso, e impostato l’assetto a impiegato di banca nel mirino del rapinatore se n’era andato con Amilcare, Marina ed altre otto reclute verso neanche lui sapeva dove.
Perché a random è bello.
Ancora perplessa, anche la folla si disperse. N rimase immobile, come fulminato, mentre ancora tentava di capire quello che era appena successo visto che non ne era molto sicuro.
Ma i suoi dubbi vennero dissolti all’istante, nel momento in cui si accorse che altri due ragazzi erano rimasti nella piazza assieme a lui, uno con i capelli neri e gli occhiali e l’altro con i capelli di un bel marrone cioccolato. Stavano confabulando qualcosa. Qualcosa… qualcosa…
E poi, il colpo di genio. Errato, ovviamente. Nonché totalmente fuori luogo.
“Il modo in cui si stanno parlando… m-mi stanno guardando di sottecchi?” Una lampadina si accese nella sua testona verde. Forse… erano stati loro due? Gli avevano provocato un’allucinazione? Perché lo guardavano? Perché non se ne andavano? Ce l’avevano con lui? Con lui?
Fzzzh. Una parte delle sue terminazioni nervose prese allegramente fuoco. E a quel punto…
Una volontà senza nome spinse N ad appropinquarsi ai due giovani. Gli sembrava ancora di sentirla, quella misteriosa voce di prima. Che provenisse… dalla pokeball che il ragazzo dai capelli marroni teneva serrata in un pugno con aria interrogativa?
“… Il tuo pokemon… mi ha parlato…”
Cheren sobbalzò al sentire una simile, cadaverica voce. “Amico, non parlare così in fretta, eh!” Ma tu guarda questo, ma chi è? Sembra un morto!
Touya lo fissò senza dire una parola, limitandosi ad inarcare un sopracciglio.
“E poi, cosa vuol dire che ti ha parlato?”
Ostilità, registrò la sua mente. Gli erano ostili. Allora… erano stati loro!
“Sì, mi ha parlato…” continuò “forse non sei riuscito a sentirli?”
Forse mi ha fatto uno scherzo a sua insaputa?
Effettivamente, ora che lo guardava meglio, non sembrava affatto una persona cattiva. A differenza del tipo con gli occhiali, che sembrava guardarlo con malcelato disprezzo.
“Il mio nome è N”, proseguì poi.
“… Be’, io sono Cheren. E questo è Touya. Abbiamo ricevuto l’incarico di completare il pokedex, e per questo motivo stiamo viaggiando per la regione di Unima. Ma il mio principale obiettivo è diventare campione dei pokemon!”
“Il pokedex…”
Ne aveva sentito parlare, del pokedex, forse in una di quelle lezioni private che Ghecis elargiva con tanta simpatia e divertimento. Per completarlo – così ricordava – era necessario catturare il pokemon che si voleva aggiungere alla lista.
Catturare. Catturare. Catturare. Cosa aveva detto suo padre? Che era sbagliato catturare, giusto? Quindi loro due… erano dei criminali?
“Ciò richiede… un gran numero di pokemon da catturare. Anche io sono un allenatore, ma i miei pokemon devono essere…” ripensò al suo Purrloin, rinchiuso alla bell’e meglio nella sfera pokè “… ehm, felici?”
Qui c’è qualcosa che non quadra. “Comunque sia…” disse, additando improvvisamente Touya “voglio sentire la voce del tuo pokemon!”
Così potrò scoprire se è stato lui a parlarmi!
E la battaglia ebbe inizio.












Note di Vetro: è andato, ce l'ho fatta! Tutto dedicato a questa patata qui, ovviamente. (?) E... non so che dire. 9 preferiti, wow. Signori miei, state commettendo un grosso errore xD ma grazie infinite <3 e al prossimo capitolo!
PS: l'ultima parte del capitolo prende direttamente dai dialoghi nel videogioco, sono stati riadattati per stare nella storia :) adattamento di merda, ma che ci possiamo fare...
E... sì. Ghecis è un troll. 
   
 
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