Un altro Natale a Hogwarts.
“Fra poco ci siamo”
– si disse annoiato il Professor Piton, appoggiandosi con le braccia alla
cattedra e osservando con il solito cupo cipiglio gli allievi chini sui loro
calderoni – “Un altro Natale a Hogwarts…”.
L’idea non gli
sorrideva particolarmente.
Natale. Come ogni
anno, qualsiasi cosa accadesse nel mondo fuori dalle
mura di Hogwarts, la sala grande sarebbe stata tirata a lucido e adornata per
la festa. I soliti enormi abeti, tagliati personalmente da Hagrid, le solite
ghirlande, le luci, la neve che veniva giù lenta dal soffitto stregato, i dolci
e tutti quei gufi con i regali…risate, calore, auguri
ed abbracci…
Severus Piton non
andava proprio matto per il Natale. Al solo pensarci gli angoli della sua bocca
curvarono verso il basso in una smorfia che i suoi allievi scambiarono per
disapprovazione, dal momento che nessuno di loro,
nemmeno i Serpeverde, neanche Hermione Granger, era ancora riuscito a preparare
correttamente la pozione che gli era stata richiesta.
Il motivo per cui Piton non amava il Natale non riguardava il suo
significato profondo.
Intanto, non amava
l’ipocrisia dimostrata da molti in occasione di quella festività. In tanti accusavano lui di avere una natura infida, falsa ed ipocrita, ma,
pur non ritenendosi privo di difetti, il professore di Pozioni non si
riconosceva in questo tipo di critica. Ma molti – oh, sì, molti altri -
tra quelle mura si sarebbero riempiti la bocca di auguri
e belle parole che non sentivano affatto.
Inoltre, il periodo
che precedeva la vigilia era sin troppo caotico per i suoi gusti. Gli studenti, con le vacanze alle porte erano più che mai svogliati
e distratti, scordavano quasi del tutto la disciplina e, durante le lezioni, il
chiacchiericcio si faceva irritante. Persino nella sua classe, sebbene
di solito gli bastasse guardarli in un certo modo per mantenere il silenzio per
tutta la durata della lezione.
A Severus Piton non
piaceva che lo studio passasse in secondo piano,
nemmeno per quei pochi giorni. Durante la sua giovinezza, molte passioni si
erano accese in lui, tanti ideali gli avevano fatto brillare gli occhi, ma solo
uno dei suoi amori di gioventù finora non lo aveva mai tradito, rimanendo fermo
e costante: la conoscenza.
Piton lo sapeva
bene, gli ideali tramontano, o peggio ancora si
rivelano dolorosamente sbagliati, oppure divengono logori e lisi sino a
mostrare quanto esile sia la loro trama. Le passioni bruciano troppo in fretta
e troppo impetuosamente per essere durature ed eterne. Le persone - oh, le
persone, sì - possono tradirti, ferirti o comunque
morire. Alle persone si può far terribilmente e irrimediabilmente del male,
anche quando è l’ultima cosa che si desidera fare. L’amore, poi, lui avrebbe
voluto conoscerlo meglio, quel sentimento più potente di molti sortilegi. Finora,
però, non aveva mai avuto tempo per dedicarvisi, né fortuna in questo campo.
Aveva quasi smesso di sperare che qualcosa sarebbe cambiato e riteneva che, comunque, con la minaccia non ancora sopita di
Voldemort e con il suo passato, l’amore fosse un lusso che non poteva
concedersi e che non meritava.
Ma la conoscenza,
una volta acquisita non ti tradisce mai e non può stancarti, dal
momento che, nemmeno dopo tutta una vita, si può dire onestamente di possederla
interamente.
Ovviamente, anche
la conoscenza poteva portare le persone sulla strada sbagliata, se veniva offuscata dall’ambizione smodata e dall’immaturo
desiderio di potere. Una volta appresa, però, persino la sapienza più terribile
e oscura poteva essere volta al bene, da chi avesse la
volontà di compierlo.
Il professor Piton
riteneva che i suoi studenti non prendessero abbastanza sul serio la questione.
Certo, alcuni di loro ottenevano degli ottimi voti, erano studenti brillanti e si impegnavano al massimo, ma, persino questi ultimi,
sembravano ritenere che l’unico fine di tanto impegno fosse avere in futuro una
buona “sistemazione”. Una posizione sociale più elevata, un posto “sicuro” al
Ministero.
“Sciocchezze” – rifletté
– “Non c’è proprio nulla di sicuro di questi tempi, se mai c’è stato”.
La cultura era
molto più di questo, possibile che non lo capissero? Il sapere avrebbe fatto la
differenza un giorno. L’orgoglio nell’appartenere ad una determinata famiglia,
i bei voti, persino il coraggio o l’intelligenza, non sarebbero serviti a molto,
un domani, senza sapienza. Ciò che avrebbero imparato in quegli anni ed anche
in seguito, se avessero mantenuto la mente aperta alla curiosità, invece,
poteva davvero elevarli, renderli più degni di stima e, forse, in alcuni casi,
anche salvare loro la vita. E, nonostante ciò, eccoli lì a
borbottare sui loro calderoni lamentele sul fatto che aveva assegnato loro una
pozione troppo difficile, proprio ora, sotto Natale.