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Autore: RiceGrain    04/07/2011    3 recensioni
Monroe ha paura di tante cose.
Dei clown, tanto per cominciare. Dei temporali estivi. E del suono del telefono nel bel mezzo della notte. Ha paura della solitudine e di quella voragine che sempre più spesso sente crescere dentro di sè.
Gerard è un po' come lei. Un giovane fumettista dalle vedute troppo larghe e dai sogni ingombranti.
Entrambi fragili, entrambi soli.
Ma il destino, si sa, a volte ci mette lo zampino.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Six.



-Ciao.- esclamò la vocetta squillante di Daisy, costringendomi a sobbalzare sul letto, portandomi una mano sul petto e volgendo istantaneamente lo sguardo alla finestra.

Gli alieni che arrivavano a conquistare la Terra facevano solo parte del mio sogno, per fortuna.

-Mamma dice che è ora di alzarsi, ormai.- aveva certi occhioni nocciola che ti facevano venir voglia di prenderla a morsi in quel faccino morbido.

-Sta per iniziare Phineas & Ferb, non voglio perdermelo per colpa tua.- continuò picchiettando due dita paffute contro la mia spalla nuda.

-Sei triste, zia Monroe?-

Non le risposi perchè ai bambini non si può mentire.

-Dì alla mamma che arrivo nel giro della sigla di Phineas & Ferb, ok? Promesso.-

-Mhmh.- poi annuì e, sgambettando, corse via, dimenticando per terra la sua bambola.

Chissà come sarebbe stata un giorno Daisy, mi chiesi. Chissà se avrebbe incontrato un qualcuno che le avrebbe preso il cuore e l'anima e tutto quello che c'era nel mezzo per mai più ridarglieli indietro.

Chissà se sarebbe stata forte abbastanza da non permettergli di farne tanti piccoli brandelli da bruciare al fuoco del salotto.

Sospirai e decisi di alzarmi. Un tempo, quando l'unica cosa veramente importante era il colore giusto delle scarpe di Barbie da abbinare all'abito per il party a casa di Ken, alzarsi dal letto la mattina era l'inizio di una nuova avventura, quasi un'esperienza adrenalinica.

Adesso era solo la conclusione di una nottata in preda agli incubi.

Avevo scordato come si sorrideva, Marie aveva ragione.

Comunque non potevo neanche trascorrere tutta la mattina a letto, crogiolandomi nelle disgrazie della mia disastrata vita. Non era giusto per nessuno. E così presi un respiro e come se mi dovessi tuffare da una scogliera dritta nelle profondità dell'oceano Pacifico, mi preparai ad affrontare quella nuova giornata.

Marie stava finendo di mettere in tavola un piatto fumante di pancakes ed aveva i capelli così spettinati da farmi scoppiare a ridere all'istante. In realtà senza un vero motivo.

-Di buon umore stamattina?- mi apostrofò lei, spostando immediatamente il suo sguardo sulla soglia della porta.

-Ah, ben alzata.-sorrise, consapevole di come in realtà mi dovessi sentire.

-Mare ieri non ti ho ringraziato a dovere.- feci io prendendo posto a tavola e accarezzando Daisy fra i morbidi capelli biondi.

-Credo di aver avuto paura che tu potessi rifiutarti di ospitarmi e così mi sono affrettata a chiudermi in camera.-

-Sei sciocca. Sciocca, sciocca, sciocca.- mi scoccò un bacio sonoro sulla fronte e poi sospirò. -Mangia, per favore.-

-Se la zia Monroe non mangia, neanche io lo faccio.- esclamò Daisy, distogliendo per qualche attimo l'attenzione dallo schermo del televisore.

-Non c'è ragione per cui la zia Monroe non debba mangiare, tesoro.- le rispose sua madre, statuaria.

-Beh io lo so che è così.- Tornò a guardare i cartoni animati, e ci chiuse del tutto fuori.

-Vai a lavoro stamani?- mi chiese Marie, dopo qualche minuto di colazione silenziosa.

Annuii e basta, forse non avevo voglia di parlare o forse non avevo niente da dire. O forse avevo esaurito tutte le parole.

-Vengo anche io da Spencer. Deve darmi l'ultima paga e poi non ho mai davvero salutato per bene le ragazze.-

-Le farai piangere, lo sai vero?- quasi sorrisi e immaginai la bionda Steph e la quindicenne Ramona correre ad abbracciare Marie sotto il rumore dell'ago per i tatuaggi.

-Mancherai a tutti lì dentro.-

-Ma non a te, vivremo insieme.- mi accarezzò una mano, veloce come se avesse paura delle mie reazioni al suo tocco.

-Già.- e poi, chissà perchè, Gerard e la sua casa mi attraversarono la mente.

-Sai Marie...- le avrei detto di Gerard, lo sentivo.

Ce l'avevo sulla punta della lingua. Bruciavo dalla voglia di parlarle di lui e della sua casa decadente, dei suoi capelli strambi e di quegli occhi di infanzia liquida e concentrata in due gocce di ambra.

There's a 104 days of summer vacation and school comes along just to end it...”

-Shhh!- mi zittì Daisy l'istante stesso in cui la sigla del suo cartone preferito cominciò a diffondersi nella piccola cucina.

-Inizia Phineas & Ferb!-

E così lasciai perdere, limitandomi a spilluzzicare un po' di pancakes.

Pensare a Gerard mi aveva tolto l'appetito.


Arrivammo al negozio di tatuaggi un'ora più tardi. Marie aveva insistito per comprare una scatola di hotdogs per tutti quanti e così avevamo perso tempo a litigare col tizio del baracchino sudato ed imprecante.

-Fanciulle!- Spencer ci venne incontro, abbracciandoci entrambe e togliendoci la scatola dalle mani, posandola sul tavolino di fronte.

-Marie, non credevo che ti avrei più rivista!-

-Dovevi pagarmi, Spence- rispose lei sorridente.

-Giusto.- si battè una mano sulla fronte e poi rise.

-Hai intenzione di abbandonarmi anche tu, Monroe?-si rivolse a me, quasi arrabbiato.

-Per carità. Io ti amo, Spencer. Non potrei mai lasciarti.-

-Sarà meglio per te, dolcezza.- mi accarezzò una guancia e poi scosse la testa. -Basta perderci in chiacchiere. Dobbiamo festeggiare, ragazze! Steph, Ramona!- urlò alle ragazze nel retro bottega, che si affacciarono dalla soglia qualche istante dopo.

-Marie è venuta a salutarci.-

Com'era prevedibile corsero entrambe ad abbracciarla e le lacrime non furono risparmiate. Mi chiesi se ci sarebbe stata la stessa scena, nel caso fossi stata io quella ad andarsene.

Probabilmente sì, probabilmente al posto degli hotdogs io avrei portato una cassa di vodka e ci saremmo ubriacati tutti quanti, per ritrovarci poi a correre per le strade di Brooklyn con le risate e le urla a coronare il tutto.

A Steph si sarebbe rotto un tacco e allora si sarebbe fermata, piegata in due dalle risate, si sarebbe seduta sul marciapiede e ci avrebbe chiesto di aspettarla e Spencer l'avrebbe presa sulle spalle, come si fa con i bambini.

-Roe sei con noi?- Ramona mi sventolò una mano davanti e io sbattei le palpebre più volte.

-Sì, scusate.- mi guardò stranita e poi alzò le sopracciglia.

-Sei stata tu a tatuare quel musicista famoso il mese scorso, vero?-

-Hmm?-

-Sì dai quel batterista assurdo, quello che suona nei Good Charlotte.-

-Aaron?- feci a quel punto io, resuscitata dalla mia trance.

-Sì, proprio lui! Beh insomma, mi ha chiamato l'altro giorno. Mi ha chiesto se mi va di andare a sentirli suonare al Lucky Strike questo sabato.-

-Ma lo sa che hai 15 anni?-

Mi guardò con aria di sufficienza quasi e sbuffò. -Cosa vuoi che gliene importi?-

­-Già, scusa. Dimenticavo con chi si ha a che fare quando si tratta di musicisti.- le regalai una mezza occhiata storta, che lei ricambiò.

-Cosa vorresti dire?-

-Che dovresti lasciarli perdere finchè sei in tempo. Se entri nella loro spirale di chitarre ed aftershow non te ne tiri più fuori.-

-E tu mi stai dicendo questo perchè...?- lasciò cadere il discorso e finalmente Spencer arrivò e, passandomi un braccio sulle spalle, mise fine al discorso.

Forse si ricordava ancora troppo bene l'ultima volta che mi aveva trovata singhiozzante nel sottoscala del negozio.

-Ma anche tu sei una musicista, Monroe. O mi sbaglio?- Ramona non sembrava avere intenzione di lasciar perdere.

-Credo che tu ti sbagli.-

-No, affatto. Sono venuta a sentire la vostra band qualche tempo fa, quando c'era quella serata di beneficenza al Toke. Eri così ubriaca che sei caduta addosso all'asta del microfono, non mi stupisco che non te ne ricordi.-

Abbassai lo sguardo, sperando solo che lasciasse perdere il discorso.

-Sono rimasta strabiliata dall'auto controllo del tuo ragazzo. Ha impugnato il microfono ed ha continuato a cantare dove avevi lasciato tu, come se niente fosse. Come se fosse così che doveva essere. Wow.-

-Non c'è niente di stabiliante in questo.-

Ramona si spostò una ciocca di capelli rosa fluo da davanti gli occhi e accavvallò le gambe magre -Forse per te.-

-Sai cos'è successo quella sera? Dopo che Travis ha finito di cantare al posto mio?-

Marie mi prese per un polso, scuotendo leggermente la testa, ma ormai c'ero troppo dentro e non avrei saputo smettere.

-E' venuto nel camerino mentre cercavo di riprendermi sopra la tazza del cesso e mi ha urlato di tutto, mi ha costretto ad alzarmi e a guardarlo negli occhi e vedi questo segno qui...- mi scostai il collo della maglia e le mostrai la minuscola bruciatura di sigaretta che ancora mi portavo dietro sulla linea della clavicola.

-Non è che un assaggio di quello che ti farò, dovesse ricapitare una cosa del genere.-

Il silenzio calò brutale nel piccolo retrobottega ed io iniziai a sentirmi nauseata una volta ancora da tutto quello nel quale ero invischiata.

Mai avrei voluto riportare alla mente quegli orribili ricordi, ma adesso che l'avevo fatto, rimettere il tappo alla bottiglia delle memorie era impossibile.

La prima volta che mi aveva costretta ad assaggiare la polvere delle fate, altrimenti come diamine sarei mai potuta essere la sua compagna di viaggi, se non riuscivo nemmeno a partire?

Quando mi chiamava puttana, sgualdrina, o il suo preferito succhiacazzi del Greenwich Village.

L' afoso venerdì di Agosto quando mi aveva baciata sulla metropolitana ed io mi ero immediatamente sciolta come un cioccolatino nel deserto, totalmente in balia delle sue labbra che sapevano di musica, quella labbra sottili e determinate, capaci di travolgermi da cima a fondo con un singolo bacio a fior di pelle, e lui ben cosciente del terremoto che riusciva a provocarmi non si era limitato a quello, ma aveva fatto scivolare una mano sotto la mia gonna e mi aveva accarezzato in profondità lì davanti a tutti, in mezzo a una signora con la spesa, un bambino che leggeva i fumetti e tre adolescenti arrapati. Ed io l'avevo implorato di smettere

-Travis, basta. Basta, Travis.-

-Shhh.-

Ma lui aveva continuato imperterrito a fare ciò che stava facendo, incurante di tutti all'infuori di noi, godendo del misto fra imbarazzo ed eccitazione dipinto sulla mia faccia.

-Credo sia il caso di parlare d'altro che dite?- Spencer e la sua volontà di ristabilire l'ordine sempre e comunque. Lui che mi aveva vista nelle peggiori condizioni, sotto ogni aspetto possibile ed immaginabile, con il vomito fra i capelli e le lacrime in fondo agli occhi, lì dove si vanno ad accumulare insieme al resto delle illusioni bruciate, sapeva che quell'argomento era estremamente delicato per me e bastava un niente a farmi crollare.

-Vado a prendere i caffè, scusate.- feci io, allontanandomi bruscamente e lasciandoli tutti e quattro nel loro rumoroso silenzio.

Ramona sarebbe stata rimproverata per quella deplorevole mancanza di tatto nei miei confronti, Marie si sarebbe schierata dalla parte di Spencer in questo.

Mentre Steph sarebbe corsa a difendere la sua giovane amica, utilizzando i suoi 15 anni come giustificazione.

A me, sinceramente, non fregava un accidente.

Che si parlasse o meno di Travis non faceva alcuna differenza. Certo il tappo alla bottiglia delle memorie non era mai facile da richiudere ma stavo diventando sempre più esperta nel farlo. Una volta sarei svenuta dalla potenza dei singhiozzi alla sola pronuncia del suo nome, specialmente dopo una nottata particolarmente movimentata. In qualsiasi senso.

Perchè con Travis potevi toccare le profondità più nere dell'inferno, o sfiorare le vette del paradiso. Allo stesso modo.

Certi giorni in mezzo al blu dei suoi elettrici occhi io scorgevo quello che realmente era, ciò che celava al resto del mondo.

C'era bellezza lì in fondo. C'era verità.

E quando quei giorni capitavano, avrei quasi voluto uccidermi per aver anche solo avuto il pensiero di andarmene e lasciarlo.

In cima al mondo o giù nel fondo del canale(*), ecco cosa mi diceva la sera nel suo letto, dopo aver fatto l'amore, quando scostandogli i capelli dalla fronte sudata mi sentivo felice perchè le sue mani mi stringevano al petto ed io sapevo che non c'era nessun'altro posto al mondo nel quale volesse essere.

-E' in cima al mondo oppure nel fondo del canale, Rory.-

-E noi dove siamo?-

-In cima al mondo, è ovvio.-

-Lo siamo davvero?-

-Solo noi lo siamo.-

Spinsi la porta dello Starbucks di Astor Place e il profumo di caffè e involtini alla cannella mi fece stare un po' meglio.

C'era odore di casa in qualche modo. Forse perchè la cannella mi riportava costantemente alla mente la ricetta segreta di mia nonna per la torta di zucca il giorno di Halloween, con i bambini che correvano alla porta a fare trick or treat e il costume da streghetta ogni anno più piccolo fino a che non ero diventata troppo grande per metterlo ed allora mia madre mi aveva detto che non era più il caso di farsi venire un'indigestione di dolci ogni ultimo giorno di Ottobre dell'anno.

-Hey pupa, cappuccino?- mi chiese Stan quando fu il mio turno di essere servita.

-Per me sì, più 2 caffè neri e 2 macchiati.-

-Ah- si battè una mano in fronte -Stavo per dimenticarmene, povero me- si frugò in tasca e ne estrasse un fogliettino spiegazzato.

-Poi mi spiegherai chi è Gerard, eh?-

E il mio cuore perse un battito.

Stan mi porse il foglietto e per un solo istante mi chiesi se prenderlo o meno.

-Mi sembrava preoccupato, sai? Si è raccomandato 10 volte perchè te lo dessi. Ma cosa gli hai fatto, si può sapere?-

Il cuore mi traboccava dal petto ad ogni respiro e difatti decisi che smettere di respirare era forse la cosa più opportuna da fare.

-Se non lo vuoi lo posso sempre tenere io, sai a casa ho una nutrita collezione di bigliettini indirizzati ad altre persone.-

Glielo strappai dalle mani, ritornando a respirare di botto e soffocandomi quasi per questo.

-Quando l'ha lasciato?- fui solo in grado di chiedere.

-2 ore fa più o meno.-

-Lascia stare i caffè, Stan. Sono a posto così.- non riuscii nemmeno a guardarlo in faccia e in men che non si dica mi ritrovai di nuovo per strada, sul marciapiede e poi su un autobus diretta chissà dove e poi un altro marciapiede e il bigliettino sempre lì chiuso nel pugno, stretto fra le dita quasi per paura che le parole potessero prendere il volo e scomparire nel nulla dal quale provenivano.

Sentivo Gerard dappertutto attorno a me. Lo sentivo dentro e fuori, sopra e sotto. E lui era lì, nascosto in quel pezzo di quaderno strappato, o chissà forse un angolo di menù del diner sotto casa sua.

Me lo immagini scrivere quelle parole di getto con una penna chiesta in prestito a qualcuno, magari ad uno sconosciuto, magari a suo fratello Mikey che era tornato a trovarlo.

E poi i suoi occhi del colore dell'ambra cangiante mentre i pensieri si andavano formando nella sua mente e le idee si tramutavano in parole vere e proprie, parole con un senso, un inizio e una fine.

Forse.

Quali erano poi quelle parole?

Apri la mano e scoprilo, Monroe.

Travis non mi aveva mai scritto un biglietto. Nemmeno la lista della spesa, per quello che contava.

E poi ecco Gerard. Un perfetto sconosciuto dagli occhi sinceri e il naso all'insù che mi lasciava messaggi tramite camerieri di caffetterie.

Gerard che mi accompagnava sulla ruota panoramica e mi leggeva dentro, come nessuno aveva mai fatto prima.

Smisi di camminare e mi sedetti su una panchina che forse si era materializzata lì dietro per l'occasione, dato che non mi ero minimamente accorta della sua presenza.

E finalmente aprii il pugno ed il messaggio era lì, forte e chiaro come se me l'avesse gridato in faccia.


Sono un tale stronzo

Alle 6 finisco il turno in libreria,

97 Warren Street

spero di trovarti lì.

PS

Non sei mai chi credi di essere, è vero

ma ho questa strana sensazione che insieme

riusciremo a scoprirlo


Gerard




Restai non so quanto tempo ad aprire e chiudere il pugno con il biglietto al suo interno, a rileggere quelle parole per cercare di imprimerle bene in testa, ripetendole ad alta voce, recitandole quasi, a volte ridendo, a volte sentendomi soffocare dalla tristezza di non poter essere qualcosa d'altro che la solita vecchia me, la stupida ragazzina che si emoziona per 2 parole su un bigliettino strappato, macchiato di caffè.

Marie e gli altri dovevano avermi dato per dispersa già da tempo e a me non interessava un accidente.

L'unica cosa di cui mi interessava al momento era arrivare in tempo da Gerard.

Non sapevo cosa avrei fatto una volta a Warren Street, ma il destino mi avrebbe guidato, di quello ne ero certa.

E così ripresi a camminare e cambiai autobus 3 volte prima di arrivare a Tribeca, ed ogni volta che qualcuno si sedeva accanto a me non potevo fare a meno di chiedermi se per caso avesse incontrato Gerard o se magari l'avrebbe fatto in un futuro chissà quanto prossimo e mi resi conto che l'unica cosa di cui avessi voglia in quel momento era solo il calore della sua persona e le sue mani fredde e forti su di me.

E lui era lì, quando arrivai.

Fumava una sigaretta e si stringeva nella giacca di pelle.

Il vento gli aveva portato una ciocca di capelli neri davanti agli occhi, ma non muoveva un muscolo per spostarli.

E quello fu il momento, per me.

C'era lui e il vento e la sua sigaretta. Nient'altro.

Aspettava me.

Solo me, nessuna distrazione.

-Sei qui.- disse.

Ma io non avevo parole abbastanza grandi da rivolgergli.

-Ti ho vista arrivare, sai? Nella mia testa, cioè. Ti ho immaginata.-

La sua mano scivolò sul mio polso a coprire la sua stessa impronta del giorno prima.

-Ma la realtà è migliore.-

Ed allora il rumore all'interno del mio petto trovò finalmente senso e le mie mani salirono al suo viso e lo strinsero, la sua pelle così stranamente calda in confronto a quella delle dita, e il mio corpo tutto si avvicinò e gli si strinse addosso e lui allora buttò la sigaretta e mi sollevò fra le braccia e mi guardò così a fondo che mi sentii improvvisamente nuda.

-Monroe-

E lo baciai.

Lo baciai così come si bacia il tuo primo amore. Così come se il mondo fosse crollato e voi foste gli unici sopravvissuti.

Lo baciai e lui indietreggiò.

E poi si riprese e mi baciò a sua volta e niente, niente mai nella mia vita era stato così perfetto, così giusto, così vero.

Così stupefacente.


*Questa frasina non è farina del mio sacco, ma è una citazione da uno dei miei musicisti preferiti, ovvero Carl Barât, e in originale era “it's either the top of the world, or the bottom of a canal”.


Stavolta non è passato neanche un mese, sto migliorando eh?

Va bene, va bene scappo a nascondermi XD Anzi, scappo a letto dato che sono quasi le 3 e domani ho una giornata abbastanza intensa.

Mi scuso per l'orrendenza del capitolo, sì so che lo dico sempre e no non lo dico per sentirmi dire “ma non è veroooo” giuro che io lo penso davvero, ma poi leggo i vostri commenti e mi sciolgo ogni volta ç__ç siete fantastiche ragazze davvero e domani risponderò alle vostre meravigliose recensioni, lo prometto! Ma adesso sto veramente crollando infatti l'ultima parte non l'ho neanche riletta (e si vede, direte giustamente voi XD) e quindi beh è venuta così, anche se credo il flusso stia iniziando a perdere colpi.

Beh che altro dire..esattamente una settimana fa a quest'ora ero addormentata sul pavimento della stazione di Imola assieme alla mia fida compare midnightsummerdreams (l'autrice fra le tante di una fanfiction meravigliosa dal titolo “summertime” che vi consiglio vivamente di leggere ;) ).

Il Sonisphere è stato semplicemente incommentabile, sotto ogni punto di vista, soldi, caldo, alcolici senza tappi resi imbevibili dall'afa, rockstars intraviste nella zona VIP, risate e tante lacrime. Non so se qualcuna di voi c'è stata, comunque credo saprete del casino successo fra il “pubblico” chiamiamolo così.

Gerard era incazzato nero e secondo me anche un pochino frustrato e io con lui.

Dopo gli scarsi 45 minuti di performance volevo solo andarmi a buttare da qualche parte e non smettere più di piangere. Per fortuna mi è stato impedito e beh oltre al fatto che prima di rivederli in territorio italiano passeranno i secoli, è stata comunque una giornata bellissima.

Di sicuro non scorderò mai gli 86 euro spesi.

Un giorno glielo dirò al signor Way, di sicuro, che almeno Thank You For The Venom poteva farmela.

Vabbeh, fanciulle vi saluto davvero adesso.


Sappiate che vi amo sempre e comunque!


A presto!


(Giuro! Essendo ancora in atmosfera Sonisphere ho un sacco di ispirazione, che è praticamente inesistente giudicando lo stato di questo capitolo, ma questi sono dettagli XD)










   
 
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