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Autore: KainObreron    04/07/2011    2 recensioni
Esiste qualcosa che possa mettere in crisi Sesshomaru, le sue certezze ed il suo autocontrollo?
Esiste qualcuno che possa competere con lui, dargli filo da torcere, farlo dannare e sentire umiliato?
Con la fine della serie abbiamo lasciato la piccola Rin al villaggio di Musashi, è il suo destino quello di vivere fra gli umani o tornerà un giorno con Sesshomaru? La sua decisione non dipende solo dai suoi desideri, un nuovo travolgente personaggio influenzerà le loro vite e non sarà da solo!
Sono già passati 5 anni dalla morte di Naraku, ma la pace sembra essere già agli sgoccioli. Una nuova minaccia si proietta sulle loro esistenze, pericolosa e sconosciuta, all'improvviso strane creature compaiono, danno luogo a degli scontri furiosi.
Dei misteri emergono dal fitto, creature senza nome, oggetti particolari, maledizioni ma, soprattutto, Sesshomaru si troverà alle prese con qualcosa di molto più interessante che qualche combattimento!
Tuttavia si vedrà pure costretto a importanti decisioni e come mai prima d'ora rischierà di perdere tutto quello che ha, persino la vita!
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cap 10 ff sesshomaru
10~Tempesta nella quiete

Un tramonto dai colori accesi si era da poco spento, lasciando al cielo qualche striatura vermiglia che Sora non poté fare a meno di paragonare a delle ferite. Stava col mento all'insù da molto ormai, Jaken taceva facendo finta d'interessarsi al proprio pasto. Si erano fermati lì per quella notte, in riva al fiume, così vicino al villaggio di Musashi che al kappa sembrò un chiaro segnale.
“Queste situazioni sono veleno per il corpo.” Commentò fra se e se guardando di sottecchi il ragazzino, quel giorno Tsuki se n'era andata lasciandogli dietro poche parole che lui stesso non aveva compreso. Fosse stato solo quello non si sarebbe preoccupato, no, Sora stava rimuginando su molto altro.
“Non mi aspettavo un'affermazione del genere.” Pensò ancora, gettando un'occhiata al punto dove aveva visto sparire il padrone, defilatosi un po' troppo in fretta secondo lui. Jaken ripensò alle parole di Sesshomaru, Tsuki se n'era andata da poco ed il kappa credeva che fosse finito tutto li. Invece il demone cane si era rivolto a Rin, l'aveva guardata troppo a lungo con uno sguardo troppo accigliato, Jaken se lo immaginava ma si sbalordì ugualmente. “Rin, vieni con me.” le aveva detto, lasciando la bambina del tutto impreparata. “Non deve averla presa bene.” Considerò Jaken fra se e se pensando al ragazzino, che era rimasto di sasso esattamente come lui. Il kappa sospirò, si trovava in una situazione particolare e lui odiava quelle situazioni. Il vento che spirava incessante minacciava il fuoco che aveva di fronte ma non sembrò preoccuparsene, se c'era vento era un bene; il suo padrone era sempre di buon umore quando c'era vento.

L'aria tuttavia gli risultava pesante da respirare, l'atmosfera che aveva circondato Sesshomaru per tutto il resto del giorno era a dir poco venefica, non di meno quella che Sora erigeva attorno a se. Entrambi erano di cattivo, pessimo, umore. Per quanto vento potesse spirare non avrebbe riportato un clima sopportabile attorno a quei due e la depressione di Jaken si fece più intensa. Solo AhUn giaceva placido da un lato, statico.
Rin era rimasta stupita quanto tutti gli altri e si era capito che non sapeva che pesci prendere. Aveva balbettato qualcosa d'incomprensibile e Jaken aveva intuito che quell'insicurezza non presagiva nulla di buono. “Mi dispiace Signor Sesshomaru! Ho deciso che resterò al villaggio, è quello il posto in cui devo stare” aveva risposto la bambina, nulla di buono esattamente come il kappa aveva immaginato. A poco era servito il resto che Rin aveva farfugliato per indorare la pillola. Quel rifiuto aveva dipinto il volto di Sesshomaru esattamente come avrebbe fatto una sconfitta, Jaken lo aveva visto accigliarsi ed in silenzio andarsene, mentre era convinto che Sora vedesse la bambina come una sorta di rivale che potesse minacciare il suo posto accanto a Sesshomaru.

Sora d'altro canto non faceva che ripensare alle parole della sorella, “Proteggila con cura, idiota!”. Più vi pensava, però, più non le capiva. “A cosa si riferiva, a quella bambina umana? Perché mi avrebbe dovuto fare una raccomandazione del genere?” Tuttavia quelle non erano le sole parole della sorella che tormentarono Sora, “Sono sopravvissuta, e senza scappare.” era una frase che lo martellava da quando l'aveva sentita. Gli sguardi brucianti che Tsuki gli rivolgeva gli facevano sempre male e il bambino non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che la sorella l'odiasse. Lui stesso in qualche modo provava dell'odio verso di se, si sentiva colpevole e inutile; entrambi i genitori nel momento del pericolo gli avevano intimato di andarsene e lui aveva obbedito entrambe le volte, caricandosi di dosi sempre più grevi di senso di colpa. “Se solo fossi stato più forte...”
-Non mangi?- Gli chiese Jaken all'improvviso. -Non ho fame.- Il kappa si sentì liquidato a quelle parole. -Fa come ti pare ma vedi di non svegliarmi più tardi, per chiedermi di accendere il fuoco!- Gli aveva borbottato di risposta. Sora lo ignorò, ma ormai destato dai suoi pensieri le parole del kappa gli avevano fatto ricordare una cosa che voleva chiedere da tempo.
-Jaken.- Disse. -Che c'è?- Rispose l'altro. -Cosa mangia il Signor Sesshomaru? Non è mai rimasto a mangiare con noi.- Jaken aprì bocca per rispondere prontamente ma non disse alcuna parola, non ci aveva mai riflettuto in effetti. Quella domanda glie ne portò un'altra alla mente, aveva mai visto mangiare il Signor Sesshomaru in tutti quegli anni di servizio? Più ci pensava più la risposta gli sembrava un ovvio sì, tuttavia non rammentava nessuna immagine del fatto e non gli veniva niente da rispondere al ragazzino. -Jaken? Hai una strana espressione.- Constatò Sora. -Tsè.- Borbottò lui. -Un demone di alto rango come padron Sesshomaru non si abbassa di certo a condividere vivande con quelli come noi!- Sora lasciò che i secondi passassero così, mentre i due si fissavano a vicenda, poi il ragazzino lo guardò piccato e alzò un sopracciglio. -Mi stai forse paragonando a te?-

*

Le fronde degli alberi lo riparavano dalla tenera luce che ancora persisteva, parandosi sopra la sua testa come leggeri ombrelli, a proteggerlo da un cielo meschino che sembrava sapere tutto di lui. Proprio quel giorno poi era così grigio, atto a testimoniare il cambiamento di stagione, e sembrava volesse dipingergli uno sfondo consono ai suoi pensieri. Sesshomaru girò il volto e di risposta un soffio di vento lo investì, lui era lì per attenderlo. “Ho deciso che resterò al villaggio, è quello il posto in cui devo stare”, le parole di Rin gli risuonavano in testa e cadevano dalla cascata dei suoi pensieri con un rombo disarmante. Distorse le labbra amareggiato, lui stesso la pensava esattamente come lei, l'aveva sempre pensata così. Nonostante ciò i recenti avvenimenti gli avevano istillato nel cervello la dolente idea che qualcosa di male le potesse accadere e la convinzione che quegli “inetti” degli umani non erano sufficienti a proteggerla. “Namida.” Riflesse amareggiato.
“...è quello il posto in cui devo stare”, in tutta sincerità non credeva che un giorno se ne fosse resa conto e avesse dovuto scontrarsi con il muro che questa convinzione erigeva inevitabilmente fra di loro. Era ormai fermo in mezzo ad una fitta rete di alberi da molto tempo, coccolato da una tenera penombra ed il sinuoso spirare di un vento particolarmente freddo. Fissando il vuoto, punto indefinito dinanzi a se, gli parve di vedere ancora la figura della sua Rin avvolta dalle fiamme. Una Rin distesa e immobile, cosa avrebbe fatto se fosse morta veramente? Cosa avrebbe pensato, cosa avrebbe detto? A dire il vero il solo pensiero di tornare alla stessa situazione nella quale si era ritrovato qualche anno fa lo fece rabbrividire, portandogli un moto di disgusto. La situazione che vedeva Rin morta e lui impossibilitato a salvarla. A quel tempo fu fortunato, ma se ne rese realmente conto solo quando quella mattina si trovò faccia a faccia con l'ipotetico cadavere della bambina. Scrollò le spalle. Non lo avrebbe mai ammesso in vita sua, quanto si era sentito perso e solo a quella vista.
Rin lo aveva sempre seguito da quando l'aveva incontrata e col tempo si era abituato a rendere quella presenza come scontata, si era sentito soggetto ad un furto quando quella vecchia sacerdotessa disse che c'era bisogno di reinserirla in un villaggio umano. Lo aveva comunque accettato, dividendo la sua mente fra la parte la voleva fra gli umani per sempre e quella che gli intimava di aspettarla.
“Mi dispiace Signor Sesshomaru! Ho deciso che resterò al villaggio, è quello il posto in cui devo stare”, strinse gli occhi e mise a fuoco ciò che quelle parole gli avevano tirato fuori dalle viscere.
Il pensiero di sapere quale fosse il profondo motivo che lo spingesse a sollevare quel polverone di futili ragioni, che dessero un senso al suo volerla con se, lo riempirono di sconforto. Si chiede se in verità lui non fosse altro che un debole, atto a nascondersi dietro fredde maschere di una superiorità che non gli apparteneva, ma che gli era necessaria a sagomare la sua stessa esistenza con l'immagine paterna. Che il vero e profondo motivo fosse la sensazione si sentirsi necessario? Quel calore che gli trasmetteva il sapere che qualcuno aveva bisogno di lui, quell'egoistico desiderio di provare soddisfazione nel vedere qualcuno dipendente dalla sua persona. Si sentì pericolosamente fragile a quel pensiero e fissò l'oscurità come se avesse osato ridere di lui. Quelle erano emozioni che non dovevano appartenergli, proprie degli umani e che rendevano un essere vivente debole, ecco cosa si disse! Lui era semplicemente lui, qualsiasi cosa fosse, ed il suo volere veniva prima di tutto, anche di se stesso. Fissò l'oscurità con serio cipiglio e si convinse di ciò, che Rin gli fosse necessaria era il suo tremendo segreto, e lo avrebbe mantenuto tale, ma non avrebbe mai concesso a nessuno di torcere un capello a coloro che riteneva virtualmente sotto la sua ala protettiva. Lui doveva proteggerla, soprattutto adesso che sapeva che qualcosa le sarebbe successo, prima o poi. Le parole sibilline del kurosuke di quella mattina, ancora più l'affermazione ambigua di Tsuki, gli avevano insinuato in testa dei dubbi che avrebbe desiderato dissipare al più presto. Sapeva che le sarebbe successo qualcosa se non fosse stato lì a proteggerla.
Rin non voleva tornare da lui e questo lo aveva portato a sfiorare l'idea di andare in quel maledetto villaggio e prendersela. Ma lei cosa avrebbe pensato?

*

Rin rigirò la pietra che aveva appesa al collo e si vide riflessa in tante stravaganti sfaccettature blu, Kaede sedeva di fronte a lei e a dividerle c'era una grossa pentola sul fuoco, che bolliva e ribolliva proprio come i pensieri della bambina.
-Così gli hai direttamente risposto di no.- Concluse Kaede commentando ciò che le aveva raccontato e Rin annuì.
-E lui cosa ha detto?- Chiese rigirando distrattamente il mestolo nel brodo. -Niente.- Rispose con voce sottile. Già, niente. Lei era fermamente convinta che si fosse arrabbiato, non faceva che ripensare a quello sguardo truce che le aveva rivolto. Si sentiva in colpa, gli era sembrato di voltare le spalle alla persona a cui doveva la vita, doveva tutto, anche il fatto stesso che di trovarsi nel villaggio di Musashi.
-Non sei molto convinta, vero?- Insinuò Kaede indagando il volto della bambina, che mestamente annuì. -Un villaggio umano è il posto più naturale dove una bambina come te possa stare.- Affermò porgendogli una scodella piena e fumante. Rin la prese fra le mani e ne osservò il contenuto per lunghi secondi, ciò che la sacerdotessa le aveva detto era ciò che voleva sentirsi dire, e cioè che la sua scelta non era stata sbagliata.
-Sono contenta di potermi prendere cura di te, questa vecchia ha ancora qualcosa da insegnare e che sono lieta che tu possa imparare.- Continuò preparando un piatto anche per se. Rin sorrise e per la prima volta alzò lo sguardo in cerca di quello di Kaede.
-Anch'io sono felice. Mi faceva paura l'idea di tornare in un villaggio umano, non ne avevo bei ricordi, ma qui siete tutti così gentili!- Esclamò, felice di poter condividere quel pensiero.
-Tuttavia il posto dove qualcuno dovrebbe stare è dove vuole stare veramente.- Proseguì Kaede guardandola bene in volto, in Rin sfiorò improvvisamente il sorriso colpita da quelle parole inaspettate.
-Anche Kagome, prima di te, era divisa fra due mondi. La sua situazione era diversa, ma allo stesso tempo molto simile. Lo sai anche tu, ormai, che il luogo da cui proviene Kagome è un altro.-
La donna si soffermò, prendendo un boccone. Rin strinse le bacchette fra le dita, non capiva. Si sentiva così frastornata da quel discorso. Annuì e deglutì al contempo, non sapeva dove Kaede volesse arrivare.
-Il desiderio di Kagome di stare accanto a Inuyasha era forte, più forte del legame col mondo a cui apparteneva.- Proseguì lei, lasciando modo a Rin d'intuire, finalmente, dove la sacerdotessa volesse andare a parare e sentì improvvisamente il vuoto nello stomaco.
-Rin, sarai veramente a casa solo quando ti troverai dove senti di voler stare, non conta da dove provieni o dove sembra più giusto che tu stia.- Avrebbe voluto risponderle qualcosa, ma la ragazzina sentiva che qualsiasi cosa avrebbe detto non avrebbe avuto lo stesso peso che quelle parole le avevano creato nel petto.
-Kagome, Shippo e Kirara sono solo alcuni degli esempi che potrei farti.- Aggiunse Kaede abbassando lo sguardo al proprio piatto. Sapeva che Rin aveva capito, non poteva che augurarsi che mettesse in chiaro i suoi desideri e desse loro forma.

Quella notte giunse più lentamente del solito, Rin pensava e rimuginava. Se ne stava seduta fuori casa, sperando che l'aria fresca l'aiutasse a ragionare. Non era dunque giusta la scelta che aveva fatto? Lei lo sapeva bene dove voleva stare, non le era mai svanito dalla mente e, forse, sapeva anche quello che voleva fare adesso. Ma aveva paura. Lo sguardo deluso di Sesshomaru le tornava a galla ogni volta che rifletteva sulla risposta che aveva dato. “Volevo solo non creare più problemi.” Si disse quando uno sbuffo colse la sua attenzione. Rin vide Inuyasha seduto accanto a Kagome, appoggiati alla staccionata, e non poté fare a meno di riflettere nuovamente sulla storia della ragazza. “Il posto dove uno vuole stare diventa la sua casa?” Riflettè, vedendo i due discutere e sentendo la voce di Kagome così serena. “Io so dove voglio stare.” Si disse, portandosi le ginocchia al petto. “Ma non so se quella è la casa di Rin.” Concluse fra se e se, immergendo il volto fra le proprie braccia allo spirare di una folata di vento.
-Tsè.- Sbuffò Inuyasha. -Cosa c'è che non va?- Gli chiese Kagome, stringendo le spalle ad un brivido di freddo. -Sento l'odore di Sesshomaru.-
Rin sollevò subito il volto. “Il Signor Sesshomaru?” Solo sentirlo nominare gli portò subito alla mente quante cose doveva a quel demone, l'aveva salvata, riscattata, accudita. Aveva dimenticato l'orrore della morte della propria famiglia passando il tempo a viaggiare con lui, fra un'avventura e un'altra. Credeva in cuor suo di essergli comunque sempre stata un peso e, come Kaede le aveva fatto notare, la comparsa di Sora gli aveva instillato nella mente il dubbio che non c'era più posto per lei. Tuttavia Sesshomaru era arrivato ad offrirle di tornare con lui, sconvolgendo le sue considerazioni. Improvvisamente quella che gli era sembrata una scelta piuttosto semplice da fare si era trasformata in un'impresa da molte sfaccettature.
Inuyasha sbuffò ancora, facendo ridere Kagome.
-Non c'è niente da ridere, questo dannato vento non fa che portare l'odore di Sesshomaru di continuo! Dev'essere ancora nei paraggi.- Borbottò.
“Il Signor Sesshomaru è qui vicino?” Rin si sentì folgorata, indecisa, decisa, spaventata e le batteva forte il cuore. Non sapeva neanche lei come sentirsi ma, forse, sapeva cosa fare.

*

Si sistemò con le spalle contro l'albero, nell'alto di quel ramo. Gettò un'occhiata al fianco, dove le sue spade pendevano inesorabili, una di esse continuava a darle problemi e portarle a galla nella mente quelli che aveva già. Si sentì sollevata nel constatare che non puzzava più di bruciato ma gli occhi corrucciati di Tsuki ne lasciavano trasparire la preoccupazione.
“Namida.” Riflettè poggiando la testa all'albero, fissò incerta le foglie sopra di lei, già dipinte dei colori più caldi. Gettò uno sguardo a terra e ne vide altrettante. “Che cosa ci faceva la, con loro. Mio fratello è un'irresponsabile!” Corrugò la fronte e strinse l'elsa nera di una sua spada. Effettivamente chiamarla spada le faceva uno strano effetto, non era veramente metallo quello che custodiva il fodero, ma quell'arma gli era indispensabile.
“Devo sbrigarmi ad eliminare tutti i kurosuke restanti, cosicché non possano raggiungere Namida. Ne rimangono pochi ormai, due o tre.”
L'effetto che le procurava stringere quell'elsa era tutto sommato peggiore di quello che le faceva affondare quella lama nella carne di quelle bestie. Istintivamente girò la mano guardandone il palmo, ormai completamente rimarginato dalle bruciature che si era procurata quella mattina.
“Se solo avessi avuto prima questa spada...maledizione!” Strinse a pugno la mano e verse lo sguardo altrove, gli dava così fastidio pensarci che una sorta di serpente le si avviluppava al cuore e la mordeva di continuo. Maledetta Namida!” Avrebbe voluto urlarlo, alzarsi ed andare a prenderla ma in qualche modo che persino lei ignorava riuscì a contenersi. “Ormai ne rimangono pochi, ancora due e la mia vendetta sarà completa!” Se ne convinse, era la vendetta stessa che riusciva ad imporle l'autocontrollo. “Se solo quello spaventapasseri smettesse di mettersi in mezzo! Che razza di tipo, superbo e strafottente, è andato trovare quel pivello di Sora.” Tsuki elargiva veleno a grandi quantità pensando a qualcosa che non le andava a genio e questo la portava sempre a comporre un'espressione adirata, spalancando gli occhi e accigliandosi. Però pensandoci si fece improvvisamente seria. “Dove diavolo è riuscito a trovare una spada che può ferire entità di altri mondi?” Schioccò la lingua seccata, rivolgendo lo sguardo alla sua. “Spero solo non si spezzi prima che abbia portato a termine il mio compito.” La mano che teneva serrata l'elsa scivolò stanca e la donna sospirò, anche quella notte, probabilmente, non sarebbe riuscita a dormire.

*

Jaken si era accoccolato fra le radici di un albero, sospirando per l'ennesima volta. Il ragazzino non si era più mosso dal suo posto vicino al fuoco, stranamente silenzioso. Così silenzioso che gli faceva paura, dopotutto secondo lui ce n'era da averne con Sora nei paraggi! Non poteva fare a meno di preoccuparsi, il carattere turbolento del ragazzo faceva si che Jaken si sentisse sempre sulle spine. Rimase tutto così, in quella sorta di staticità.
Improvvisamente si fece largo un rumore di passi e in breve i due videro comparire Sesshomaru dal fitto del bosco, per la gioia di Jaken, e AhUn alzò il muso sbuffando, una sorta di bentornato al proprio padrone. Purtroppo per il kappa però non bastarono né sorrisi né benvenuti, Sesshomaru non lo degnò di uno sguardo e oltretutto portava con se un'aura più nera che mai. Un'atmosfera che gridava al resto del mondo “statemi lontano e soprattutto tacete”.
Prese posto seduto accanto ad un albero e rivolse lo sguardo soltanto al fiume poco distante, fu allora che Jaken calò nuovamente in depressione.
“Che aria irrespirabile, la quiete né prima, né dopo la tempesta. No, la tempesta nella quiete!” Pensò affranto.

Quel silenzio ostentato si protrasse a lungo e gli faceva paura.
-Di un po'.- Azzardò il kappa. -A cosa si riferiva quella donna quando ti ha detto di proteggere qualcosa?- Chiese senza pensare, sputando una frase sulla prima cosa che gli era saltata in mente. Un paio di occhi felini e, soprattutto molto seccati, gli perforarono le carni, gettandolo nel panico. -Se lo sapessi credi che starei qui a rimuginarci sopra?- Soffiò fra i denti, facendo convincere Jaken che era meglio tacere, tuttavia...
-Tsè, hai proprio un caratteraccio! Non di meno quella smorfiosa di tua sorella, che ha osato offendere persino il Signor Sesshomaru.- Inaspettatamente Sora non gli rispose con rabbia come si aspettava. Il ragazzino strinse le labbra, come poteva difendere la sorella se lei stessa dava modo di parlar male di lei?
-Devi averle combinato qualche guaio tuo solito per farla reagire così.- Andò a commentare a voce alta, meritandosi uno sguardo efferato di risposta.
-Jaken.- Sentì pronunciare, e quella voce lo fece sussultare. -Sta zitto.- Sibilò Sesshomaru.
Il kappa mugugnò qualcosa e tacque, convincendosi a sopportare quel silenzio tagliente per tutto il resto della notte.
-Signor Sesshomaru.- Lo chiamò piano il ragazzino poco dopo. -Voi credete che lei mi odi?- Chiese in un sussurro, indeciso se spostare lo sguardo dai carboni agonizzanti. La risposta si fece attendere, e attese parecchio infatti.
-Ti sei mai chiesto chi ti portò via da quel canneto?- Gli disse Sesshomaru senza distogliere lo sguardo dal letto del fiume. Non era una risposta, era una domanda ma a Sora servì per rispondere a molte altre domande. In pochi secondi ricollegò tutto. “Tsuki.” Fu la risposta frequente che si fece strada a molti di quei quesiti. “La donna che avevo intravisto era lei, non ci avevo mai pensato, ma perché! Quindi il colpo alla nuca, la freccia...dannazione, mi ha tirato fuori lei da quel guaio!”

-Ma perché mi ha buttato in quel fiume?- Chiese in una sorta di lamento.
-Lo dovresti sapere.- Commentò Sesshomaru, dando un tono seccato all'affermazione. -L'acqua cancella gli odori.-
“Ma perché avrebbe dovuto nascondermi di essere ancora viva?” Avrebbe voluto chiedergli, limitandosi però a pensarlo solamente.
D'un tratto i loro sensi si acuirono. Qualcosa, qualcuno, si stava avvicinando velocemente. Sesshomaru scattò in piedi, volgendo lo sguardo in un punto indefinito dal quale emerse una piccola figura. Rin, trafelata, gonfiò gli occhi di gioia nel vederli lì proprio dove si aspettava che fossero. Le venne da sorridere, nonostante tutti la stessero guardando stupefatti. -Il Signor Inuyasha ha detto di aver sentito il vostro odore venire dal fiume.- Disse sentendo di doversi giustificare in qualche modo, i suoi occhi si fecero profondi e ricchi di espressioni, eppure il suo sguardo sembrava affranto.

 -Vi prego di perdonarmi, Signor Sesshomaru.-

***

Note: Ben trovati! Chiedo venia per il ritardo....comunque, questo capitolo si concentra sui pensieri dei vari personaggi, come avrete notato, spero non sia risultato pesante XD
Personalmente non sono molto soddisfatto ma preferirei sapere la vostra, v'invito a dire chiaramente cosa ne pensate di male o di bene, siate pure spietati u_u
Un sentito grazie ed un affettuoso abbraccio a chiunque si sia avventurato nella lettura di questa storia, uno in particolare a tutti coloro che mi hanno lasciato una recensione. Spero di potervi intrattenere ancora X)
Kain
  
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