Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Feel Good Inc    05/07/2011    3 recensioni
La macchina giunse a destinazione ed Aerith portò il piede sul freno così bruscamente che, non fosse stato per la cintura di sicurezza, sarebbe finita sul parabrezza a fare compagnia ai tergicristalli. Tirò il freno a mano e si fiondò fuori senza neppure spegnere il motore, subito imitata da Cloud, con la pistola pronta in pugno già da un pezzo.
Percorsero in fretta lo slargo costeggiato di siepi, e raggiunsero il cortile su cui si affacciava il portone principale dello stabile. Cloud imprecò ad alta voce.
«Merda...»
La sagoma massiccia dell’agente Lexaeus giaceva immobile davanti a loro, e il chiarore della luna inargentava il rosso del suo sangue mescolato all’erba verdissima del giardino da anni abbandonato a se stesso.

* * *
«Entra e fammi vedere.»
«Ma allora avevo ragione.» Axel sogghignò di nuovo, puntando il gomito destro sul davanzale e guardandolo con malizia. «Vuoi
davvero giocare al dottore.»
Roxas si sentì arrossire. «Sei proprio un idiota.»
«Grazie, bimbo, anche tu non sei male.»
Si tirò su ed entrò dalla finestra. Una volta posati i piedi a terra, si guardò intorno ostentando indifferenza – ma Roxas notò che il suo viso era decisamente pallido. Lasciò scivolare il cappotto sul pavimento.
Un tonfo metallico.
Roxas guardò interrogativamente prima il viso impassibile di Axel, poi il punto in cui l’indumento aveva toccato terra. Da una tasca sbucavano pochi centimetri di qualcosa di lucido e scuro.
La canna di una pistola.

* * *
Quando un adolescente in fuga dalla legge si nasconde in un condominio in cui vive un ragazzino che si ostina a fuggire dal suo passato, e quando le loro storie s'intrecciano a quella di una ragazza che torna da un posto che è lontano in tutti i sensi, ci si accorge che qualche volta bene e male non esistono. Esiste solo il destino.
{ AkuRoku; accenni SoKai, MaruDem, RokuNami, CloudAerith, Sorpresa }
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

35

Fidati di me

 

 

 

Naminè guardò quelle scarpe da tennis calpestare esitanti il tappeto e dirigersi lentamente verso di lei. Poi le due gambe che muovevano quei piedi si abbandonarono sul letto al suo fianco, e nella stanza risuonò un sospiro.

La ragazza alzò il viso. «Ce l’hai fatta davvero, Roxas

L’amico le rispose soltanto con un sorriso imbarazzato.

Anche se la notizia della riabilitazione fisica di Roxas era ormai pubblica, c’era stato un lungo periodo in cui nessuno ne aveva saputo nulla. Solo cinque minuti prima, lo stesso Roxas le aveva raccontato tra le risate della faccia che Sora aveva fatto il giorno che era rientrato da scuola e lo aveva trovato in piedi davanti al frigo aperto, mentre lui masticava un panino farcito e gli sorrideva beato.

Naminè si era commossa nel sapere che ormai il ragazzo riusciva ad attraversare la sua stanza praticamente senza appigli. Le lacrime, però, avevano rischiato di cadere soltanto quando lo aveva guardato negli occhi e lo aveva sentito ridere in quel modo.

«Non so ancora se ce l’ho fatta.» Roxas si strinse nelle spalle. «Quel che è certo è che non è per niente merito mio.»

Naminè lo fissò, sorpresa. «Stai scherzando, vero? Sei stato tu a decidere di riprendere in mano la tua vita.»

Roxas distolse lo sguardo. Per quel poco che poteva vedere del suo viso, le sembrò che fosse arrossito.

«Non avrei mai fatto proprio niente, senza Axel

Il tono in cui pronunciò quel nome fece capire a Naminè molto più di quel che c’era in superficie. Gli sorrise, senza malizia.

«Non devi vergognarti di questo, Roxas. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno...»

 

 

* * *

 

 

«... Ma non tutti sono in grado di andare oltre il loro orgoglio e tendere la mano per risalire.»

Tifa guardava con il solito interesse l’adolescente scontroso e ostile che in nome di un’improbabile quanto inevitabile amicizia si trovava lì con lei, invece che in una cella umida o – peggio ancora – in un qualche covo di criminali magari peggiori del suo ex boss.

Axel sospirò e si appoggiò alla poltrona, un braccio disteso sullo schienale. «Arriviamo al punto, tenente. Non credo che il motivo della sua visita sia il desiderio sfrenato di tessere le mie lodi.»

La donna sorrise divertita.

«In parte. Solo in parte.» Si accomodò a sua volta nella sedia traballante di fronte alla poltrona; era piuttosto evidente che Axel non era molto interessato ad offrire il massimo dei comfort ai suoi – ipotetici – ospiti. Ma c’era anche da dire che neppure il resto del condominio, da quanto aveva visto, era in condizioni idilliache. «In realtà sono venuta a parlarti dell’udienza definitiva. È il sedici maggio.»

Axel non disse nulla. Né reagì in altro modo. Si voltò soltanto a guardare il corridoio oltre la porta aperta. Tifa seguì il suo sguardo, indovinando che laggiù da qualche parte c’era una finestra affacciata su una benedetta scala antincendio che univa l’appartamento 2B al 2A.

Guardò di nuovo il suo ospite e si sporse verso di lui.

«Axel» affermò, sicura e diretta. «Lo so che non sono nella posizione di poterti assicurare nulla. So che mi sono esposta molto, troppo, sia con te che con Demyx. E so che questa cosa in polizia non è piaciuta a tutti e che sto rischiando – sarò franca – di finire con il culo per terra. Ma non sono mai stata più convinta di qualcosa in vita mia.» Alzò la voce di un tono. «Quando uscirai da quel tribunale, tu tornerai dal tuo amico a testa alta. Questa è una promessa.»

Lui non si voltò; fece solo un sorriso storto.

 

 

* * *

 

 

«Così oggi torni alle isole.»

Naminè era in piedi davanti alla finestra, i capelli biondi mossi dal vento, lo sguardo rivolto alla scala antincendio di fronte a lei. Roxas la osservava dal letto, senza però provare quel vecchio imbarazzo che un tempo era una costante in sua presenza. E temeva di conoscere bene il motivo di un tale cambiamento.

La ragazza annuì. «Ero venuta proprio per salutarti. Parto questa sera.»

Roxas abbassò lo sguardo, sospirando. «Mi dispiace che tu abbia dovuto passare questo mese di vacanza a preoccuparti per me.»

Naminè si allontanò dalla finestra e tornò lentamente verso il letto. Gli sedette di nuovo accanto e gli sfiorò una guancia con le dita.

«Guardami.»

Lui obbedì. Quando incontrò i suoi occhi profondi e intensi, si ritrovò a pensare ad altri occhi, molto diversi ma in un certo senso anche molto simili, che in poco tempo e più volte – l’ultima delle quali se la sentiva ancora sulle labbra – gli avevano sconvolto l’esistenza. Stordito, s’impose di concentrarsi sulle parole di Naminè.

«Sono due anni che vivi in virtù di altri. Hai fatto quel che hai fatto pensando sempre e soltanto ai tuoi ricordi, ai tuoi genitori, ai tuoi amici che dovevano restare così come li ricordavi, perché non volevi tradire quel che è stato. So che è così, me l’hai detto tu.» Gli sorrise. «Adesso non preoccuparti anche di me, e cerca di pensare a te stesso. Credo che sia ora di cominciare ad essere un po’ egoisti.»

Roxas accolse e ricambiò il suo abbraccio senza arrossire e senza parlare. Le parole avevano perso da molto tempo il loro valore, con lei che sapeva andare oltre.

Fu un rumore da fuori a distoglierlo dalla stretta. Un rumore ormai familiare quanto la luce del sole.

Mentre un fiotto d’imbarazzo lo irrigidiva al suo posto, quasi percependo il suo nervosismo, Naminè si scostò da lui e si protese a guardare la finestra.

Un attimo di silenzio, poi una voce non troppo lontana.

«Ma bene. Oggi il mio piccolo seduttore ha visite...»

Nel tono di Axel c’era un’ironia molto vicina al sadismo. Roxas non riuscì a voltarsi a guardare dalla finestra, ancora immobilizzato da una sensazione stranissima e fastidiosissima che da una settimana a quella parte lo impacciava fin troppo spesso.

Dal canto suo, Naminè sorrise con aria angelica all’inquilino del 2B. «Non preoccuparti, la visita stava per finire. È tutto tuo.»

La ‘sensazione’ crebbe ulteriormente, e in modo esponenziale.

Roxas si decise a seguire lo sguardo dell’amica. Vide Axel, un gomito puntato sul davanzale, l’altro braccio morbidamente abbandonato penzoloni, che guardava fisso proprio lui. Sotto l’ironia, nella sua espressione c’era anche una punta di accusa... Gelosia?

Scosse vigorosamente la testa, ma sentì di non essere riuscito a scrollare via il rossore.

Axel notò di certo il suo turbamento, perché sul suo volto passò il lampo di un sogghigno, prima che tornasse a rivolgersi a Naminè.

«Ma no, posso cederti tranquillamente il privilegio di aiutarlo nei suoi esercizi quotidiani. Dopotutto, a giudicare da come lo vedo zampettare per camera sua, presumo che quella sia ormai solo una scusa per restare solo per qualche ora al giorno con il sottoscritto.»

A giudicare da come mi vede... Cos’è, mi spia?!

Roxas si alzò sulle sue gambe – aveva imparato suo malgrado che la facilità di quel movimento era direttamente proporzionale alle sue emozioni – e andò ad afferrare il davanzale, dal quale lanciò un’occhiata irritata ad Axel e gli consigliò di andare in un posto in cui raramente mandava la gente.

Il rosso sghignazzò e guardò ancora Naminè, sbirciando oltre le sue spalle. «Senti come diventa aggressivo, il tigrotto, quando si sente attaccato?»

Naminè raggiunse Roxas alla finestra e lo fissò, un po’ sconcertata e un po’ divertita. «Davvero. Credo sia la prima volta che ti sento parlare così da che ti conosco.»

Roxas la guardò in tralice, poi tornò a puntare lo sguardo su Axel.

«Non è colpa mia. È lui che mi fa dire cose che... che non dico di solito.»

La serietà intrinseca di quella frase fece calare sensibilmente l’atmosfera scherzosa e il sarcasmo del ghigno provocatorio di Axel.

Fu proprio lui a interrompere il silenzio che si era creato; sembrava voler riprendere il controllo della situazione.

«E va bene, basta con le cretinate. Tra l’altro devo scusarmi del ritardo, bimbo, ma sono stato trattenuto dal grande capo in persona.»

Mentre lo guardava scavalcare la sua finestra e incamminarsi sulla scala antincendio, Roxas lasciò che la curiosità sostituisse l’irritazione.

«Di chi stai parlando?»

Axel arrivò di fronte ai due ragazzi, che si scostarono per lasciargli spazio; Roxas si teneva ancora al davanzale con una mano per non rischiare di perdere l’equilibrio – sarebbe stato troppo imbarazzante se Axel si fosse affrettato a sorreggerlo davanti a Naminè; sapeva benissimo come l’avrebbe fatto. Lui infilò le gambe nel 2A, si appoggiò all’architrave e si stiracchiò, ostentando indifferenza. Alla fine guardò da Naminè a Roxas.

«Il tenente Lockhart. È venuta a farsi quattro chiacchiere... Sapete, sull’udienza.»

Roxas ricambiò il suo sguardo, e di colpo si ricordò che c’erano cose molto più forti, improrogabili e definitive di quel vuoto allo stomaco che avvertiva ogni volta che Axel entrava nel suo appartamento.

 

 

* * *

 

 

Naminè si sciolse dall’abbraccio collettivo in cui Sora e Kairi l’avevano avvolta e si voltò a guardare Roxas. Soltanto in quel momento Axel smise di estraniarsi e di vagare con gli occhi in cerca del punto in cui il taxi era sparito dopo averli lasciati davanti all’aeroporto.

Roxas si alzò dalla poltroncina della sala d’aspetto in cui si era lasciato cadere qualche minuto prima. Aveva voluto accompagnarla così, sui suoi piedi, lasciando al condominio la sedia che ancora usava per quelle poche occasioni in cui si spostava dall’appartamento. Rimase immobile e senza sostegni per un attimo, poi sorrise e allargò le braccia. Naminè si strinse a lui, riempiendo lo spazio vuoto tra loro e rendendolo un incastro.

Axel non si sorprese troppo della fitta di disappunto che gli ghermì le costole.

La ragazzina sollevò la testa, sussurrò qualcosa all’orecchio di Roxas e infine lo baciò lievemente su una guancia.

Axel distolse lo sguardo.

Da quando aveva aperto gli occhi su ciò che quel piccolo naufrago aveva scatenato in lui, da quando aveva rischiato il tutto per tutto in una scommessa che gli era nata dentro e che gli era andata a finire sulla bocca, il pensiero di vederselo sfuggire via gli era ancora più intollerabile. Non gli restava altro da fare che augurarsi che le promesse di Tifa Lockhart fossero affidabili.

Grande. Riporre piena fiducia nel capo degli stessi sbirri che avevano fatto fuori Zexion...

Ma che mi hai fatto, bimbo?

«Ehi.»

Il bisbiglio che gli era appena stato soffiato accanto lo fece sussultare.

All’altezza del suo petto, due occhi blu lo scrutavano fermi. Axel ricambiò l’occhiata, in attesa.

Naminè si sollevò sulle punte dei piedi, avvicinando il viso all’incavo della sua spalla, perché all’orecchio non arrivava. La sua voce quasi si perse nel rombo lontano di un aereo in partenza.

«Tu prova a farlo soffrire ancora e, te lo giuro, ti verrò a cercare anche in capo al mondo per ucciderti con le mie mani.»

Axel non si mosse. Oltre i suoi capelli biondi, oltre le figure silenziose di Sora e Kairi, guardò Roxas; si era seduto di nuovo e aveva gli occhi fissi su di lui, ma quando si scoprì osservato voltò subito la testa, con un sorrisetto timido. Sorrise a sua volta e si ritrasse perché Naminè potesse vedere la sicurezza e la sincerità con cui le rispose.

«Non c’è pericolo.»

La ragazza annuì, convinta. S’incamminò per recuperare la borsa da viaggio che aveva lasciato sul pavimento, accanto alla fila di sedili. Volse intorno un ultimo sorriso e un ultimo saluto.

Dagli altoparlanti dell’aeroporto si diffuse una voce femminile dall’inflessione meccanica.

«Attenzione: ultima chiamata per il volo delle quindici e trenta diretto alle Destiny Islands...»

Roxas alzò lo sguardo su Naminè. «Tornerai quest’estate?»

Lei sorrise. Le sfuggì una lacrima. «Certo che tornerò.»

Doveva essere la prima volta che Roxas chiedeva apertamente la vicinanza di qualcuno, da quando...

No... Axel se ne rese conto all’improvviso. No, non è la prima volta.

«E dai, bimbo, non prendertela. È che mi hai sorpreso, tutto qui.»

«Credimi, sorprende anche me. Solo che... ho qualcosa da fare lì. E ho pensato che forse tu...»

 

 

L’aereo divenne scia e la scia divenne cielo.

Roxas si alzò di nuovo in piedi, oltrepassò Sora e Kairi – che lo guardavano in silenzio, con l’aria di chi ha appena cominciato a credere ai miracoli – e andò ad aggrapparsi alla spalla di Axel.

«Andiamo a casa.»

Gli altri annuirono e li precedettero fuori dall’aeroporto, nella luce smorta di un ennesimo tramonto.

Axel sostenne Roxas con un braccio. Come altre volte, si stupì di quanto sembrasse piccolo anche quando non era seduto su quella dannata sedia a rotelle. Il ragazzino arrossì quando lui lo strinse, e cominciò a muovere i piedi a testa bassa.

S’incamminarono così come erano arrivati. Pochi passi davanti a loro, Sora stringeva la mano di Kairi. Axel non riuscì a trattenere un sorrisetto.

«Che c’è di tanto buffo, stavolta?»

Si voltò per scoprire che il biondino lo sbirciava di sotto in su, ancora un po’ paonazzo.

«Niente, niente... Una cosa che mi ha detto la tua amica.»

Roxas sollevò la testa, incuriosito. «Perché? Che ti ha detto?»

Axel sorrise più apertamente. Si chinò e posò un bacio sulla sua tempia.

«Magari prima o poi ti racconto.»

L’altro distolse lo sguardo e arrossì ancora di più, ma il luccichio nel suo sguardo aveva tutta l’aria di essere di divertimento. La mano con cui si teneva alla sua spalla gli strinse più forte la felpa.

«Axel...»

«Cosa c’è?»

Roxas tacque per un attimo, apparentemente concentrato sui passi di Sora e Kairi, forse augurandosi che non si voltassero all’improvviso ad interromperlo. Lui se l’augurava di certo. Alla fine lo vide sorridere.

«Il giorno dell’udienza» mormorò, «andrà tutto bene. Lo so. Fidati di me.»

Axel non rispose. Continuò a camminargli accanto, guardando la strada.

In cuor suo, sentiva di potersi fidare di Roxas mille volte più che di Tifa Lockhart, di se stesso o di chiunque altro.

 

 

 

 

 

_________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

 

 

 

Già, già. Un capitolo un po’ giù di tono. Non so, dovevo congedare Naminè e non ho saputo farlo meglio di così. Personalmente penso che quella ragazza si meriti più attenzione; non siate crudeli con lei ç_ç

Ci avviciniamo al processo. Axel e Demyx saranno giudicati colpevoli o innocenti? Ai posteri l’ardua sentenza... No, aspettate: quella è un’altra storia. xP

Grazie come sempre di essere qui. A tutti voi. <3

Aya ~

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Feel Good Inc