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Autore: LiamThePianist    05/07/2011    0 recensioni
Faye è una ragazza che conduce una vita abbastanza normale, condita da alcuni litigi con la madre ed alcune amicizie a cui pensare. Un giorno, in un umore già pessimistico, si ritrova ad affrontare una realtà che va oltre ai semplici dilemmi adolescenziali: un problema finanziario rischia di rovinare per sempre la già difficile situazione familiare. Coperta di bugie e scuse inaccettabili, Faye si ritrova a cercare conforto in due braccia amiche, fallendo. Quella che sembrerà essere il gradino più basso della giornata ed una tragica conclusione, però, si rivelerà l'inizio di una particolare avventura, grazie alla quale insieme ad un eccentrico pianista ed il suo mondo riuscirà forse a capire meglio la sua realtà.
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
L'Appassionata


Mancavano pochi minuti al suono della campana, in breve quel semplice trillo sarebbe echeggiato per tutto l’istituto accontentando la voglia di libertà degli studenti.
Gli anonimi corridoi privi di vita avrebbero nuovamente accolto quella folla di ragazzi e ragazze che da zombie delle prime ore diventavano animali da festa alla fine delle lezioni. In quel momento la campana non emetteva ancora nessun suono, ed i capi degli studenti erano chini sui banchi, gli occhi fissi sui fogli e le mani intente a trascinare le penne lungo ogni riga, scrivendo ciò che la consegna dell’esercizio chiedeva, o semplicemente fingendo di scrivere qualcosa di sensato. In una classe, però, non tutti erano curvi sui loro compiti, una ragazza seduta all’ultimo banco della fila centrale aveva gli occhi marroni fissi sull’orologio a parete, il gomito sinistro a coprire metà del foglio, e l’indice ed il pollice intenti a tenere la penna nella metà, in bilico, lasciando che le estremità battessero sul banco, cercando di seguire il tempo delle lancette. Il suo compito era già stato eseguito nel migliore dei modi secondo lei, con alcune domande forse troppo brevi ed altre forse imprecise. Quella parte di lei che si preoccupava della scuola aveva deciso di non commentare tale comportamento, lasciando spazio ad altre preoccupazioni.
Qualcosa colpì la sua spalla, facendole perdere il tempo e cadere l’estremità della penna prima che la lancetta scattasse. Leggermente infastidita da quell’interruzione, Faye si voltò brusca, andando con gli occhi alla ricerca dell’oggetto che l’aveva appena toccata. La sua perlustrazione della classe si concluse in fretta con la localizzazione di un foglio accartocciato nella gamba destra del suo banco, con scritto sopra: “Per Faye”. Piegandosi velocemente la sua mano lo agguantò, ed una volta srotolato iniziò a leggerlo con gli occhi: “Vuoi venire al party di Julian stasera?”
Faye alzò lo sguardo alla ricerca del mittente, una volta incontrati gli occhi di Matt capì che si trattava di lui. Senza neppure esitare, andò a scrivere un “No, non posso” sotto la domanda, accartocciando nuovamente il foglio e rispendendolo indietro. Non era per antipatia di Matt che aveva rifiutato, ma per la consapevolezza di non essere di buon compagnia ultimamente. La situazione con sua madre si era fatta sempre più tesa, e con tale pressione addosso mista a varie preoccupazioni non riusciva ad evitare di comportarsi in modo distante ed anche abbastanza rigido.
Al suono della campanella, Faye raccattò tutto il materiale sul banco rimettendolo dentro lo zaino, ed una volta che ebbe quest’ultimo in spalla ed il giubbotto ben chiuso addosso, si affrettò a lasciare la stanza, senza neppure voltarsi per notare la reazione al suo declino. Superata la folla di studenti l’aria intrisa d’umido dovuto alla recente pioggia l’avvolse, accompagnandola durante tutto il tragitto verso casa.
Più si faceva vicina alla sua meta, più la sua mente si dedicava alla riproduzione delle ultime discussioni con sua madre, portandola a chiedersi se anche quella volta sarebbe successo lo stesso. Quasi riusciva ad udire la voce di sua madre e la sua che si fondevano tra la rabbia espressa, i suoi passi su per le scale e la porta della sua camera sbattuta. Quella ricostruzione mentale era così vivida che Faye non riuscì a non trasalire quando arrivò al momento della porta sbattuta con forza. Il tutto la portava ad un’altra giornata spesa interamente ad ascoltare musica e fare qualsiasi cosa potesse tenere la sua mente occupata.
Non fece in tempo a chiedersi a quale parte del tragitto era arrivata, che le sue scarpe toccarono l’entrata del patio di casa. Seguendo le sue abitudini, prima di infilare la chiave nella serratura, le sue mani andarono ad aprire la cassetta della posta ed a raccogliere le lettere ricevute. Un brivido la percorse, ed i suoi passi aumentarono la velocità per raggiungere il calore di casa più in fretta. Tolto il giubbotto ed appeso sul gancio accanto alla porta principale, la posta venne lasciata sul tavolo, mentre Faye s’interessava alla legna vicino al camino, chiedendosi se fosse abbastanza per produrre un fuoco decente. Voltandosi di scatto, però, con la coda dell’occhio notò una scritta su di una delle lettere che la catturò particolarmente, e non in modo positivo. Timorosa andò a rileggere la scritta, scoprendo di non essersi sbagliata, le parole “Rifiuto prestito” erano davvero impresse su quella busta. Sentì il battito del suo cuore accelerare, mentre quasi incoscientemente andava ad aprirla ed iniziava a leggerne il contenuto. Gli occhi scorsero rapidamente quella fila di lettere, dando nascita ad un chiaro pensiero nella sua testa: la sua famiglia aveva problemi finanziari e la banca si rifiutava di aiutarli. Non avevano abbastanza soldi per permettersi la casa in cui lei si trovava in quel momento. Come pezzi mancanti di un puzzle, ogni cosa cominciò ad avere più senso. Tutta quella parsimonia negli acquisti e necessità di risparmio non era di certo dovuta ad un imminente desiderio di una nuova cucina. Nonostante le prove di tutto fossero nelle sue mani in quel momento, Faye continuava a sperare di starsi sbagliando. Un’ingenua voce le sussurrava che se si fossero trovate in una situazione simile sua madre l’avrebbe avvertita, ma sapeva che non era vero, era capacissima di mentirle anche su di una cosa simile. In perfetto tempismo con il suo corso di pensieri, la porta venne nuovamente aperta rivelando sua madre che tornava a casa da lavoro. Il sorriso che le venne rivolto sparì non appena il suo sguardo cadde sulla lettera che Faye teneva in mano. Impacciata, la donna, si avvicinò a lei, cercando di afferrare ciò che aveva appena rivelato la sua più grande bugia.
«Dammela» esclamò, tentando di apparire fredda, nonostante fosse visibilmente vulnerabile.
«È vero? Ciò che è scritto in questa lettera… è tutto vero?» domandò Faye, quasi tremando dalla rabbia crescente, con l’ombra della paura che la sormontava. Sapeva di aver ricevuto una risposta già dalla reazione di sua madre alla vista del foglio che teneva in mano, ma voleva vedere se aveva il coraggio di ammetterlo a voce alta. L’unica cosa che ottenne fu silenzio ed uno sguardo che usava una finta sicurezza come maschera per camuffare il senso di fallimento ed imbarazzo che trasmettevano quegli occhi se ben fissati. Più prendeva conoscenza della reale situazione e più Faye sentiva il suo corpo tremare, quasi incapace di reggere tutte quelle emozioni.
«Siediti» disse sua madre, quasi arrendendosi con quella pantomima e mostrando il suo vero dispiacere ed imbarazzo sul volto. Faye si accomodò sulla sedia da lei indicata, attendendo spiegazioni. Una volta che entrambe presero posto, la realtà iniziò a prendere più forma e senso attraverso le sue parole: «Era da prima che tuo padre partisse che la situazione finanziaria non andava bene. Perso il lavoro da infermiere si era ritrovato a spendere intere giornate a cercare lavoro, fallendo ogni volta. Il suo viaggio è dovuto ad una piccola possibilità di una carriera e non ad un obbligo del lavoro che lo aveva già licenziato da tempo. Ora manda parte dei guadagni che riesce a racimolare a casa, mentre io faccio i doppi turni al negozio. Tutto ciò a quanto pare non è abbastanza, per questo ho chiesto quel prestito».
In quel momento Faye capì che la storia che andava a fare da babysitter ai figli di zia Vivian era una bugia usata per coprire le ore in più spese a lavoro. «Da quanto tempo siamo in questa situazione?»
Gli occhi di sua madre incontrarono il pavimento mentre mormorava un: «Quattro anni».
«Perché non me ne hai mai parlato prima d’ora?!» sbottò Faye, alzandosi in piedi dallo stupore.
Sua madre esitò, trovando difficoltà nel risponderle senza abbassare lo sguardo.
«Non siamo mai state in buoni rapporti e temevo…» fece una timida pausa «…temevo che questa potesse essere la pietra che avrebbe affondato il nostro già instabile rapporto».
Faye la fissò incredula. «Perciò secondo te una bugia simile ci avrebbe tenute unite?!»
sbottò con totale sconcerto.
« inoltre sei troppo giovane per affrontare una situazione simile, non volevo che ti preoccupassi! » Faye aveva smesso di ascoltarla. Ancora una volta l’impulso di scappare da quella soffocante situazione si fece sentire, venendo assecondato. Né la mano di sua madre sul suo braccio né la sua espressione dispiaciuta riuscirono a fermarla.

Diciassette anni ed ancora non mi reputa in grado di gestire un problema. Diciassette anni ed ancora quella donna si dimostra essere tutto meno che una madre. Diciassette anni.
Questi pensieri le affollavano la mente, mentre le ciocche castane dei suoi capelli le andavano in faccia durante la corsa fuori di casa. I piedi battevano sul selciato bagnato che portava ad un differente quartiere, quello delle famiglie più benestanti. Arrivata all’inizio della strada rallentò il suo passo, acquistandone uno più rilassato. Non le era mai piaciuto venire lì e subire tutte quelle occhiate piene di pregiudizi dei ricchi che vivevano in quella zona, ma doveva affrontare quegli sguardi se voleva incontrare l’unica persona che le poteva dare un po’ di supporto.
La sua migliore amica Michelle viveva lì, parte anche lei di una classe sociale considerata superiore, ma comunque diversa dalle donne che la fissavano in quel momento. Superate una decina di ville imponenti, Faye si ritrovò finalmente davanti alla rustica dimora della famiglia Cronwell. La vicina di casa non si tirò indietro al mostrarsi dello stesso atteggiamento delle sue simili, affacciandosi alla finestra ed osservandola mentre cercava di passare per il giardino senza inciampare in nessuno dei vasi e delle decorazioni disposte tra la stradina in pietra e l’erba perfettamente tagliata. Sentì alle sue spalle elevarsi un brusio, scoprendo che la vicina impicciona era stata raggiunta da un’amica ed ora erano in due a godersi lo spettacolo. Gran parte del loro discorso era inudibile visto il basso tono, alcune frasi, però, arrivarono forte e chiare: in sostanza si chiedevano quando sarebbe inciampata e caduta sugli Anthurium. Faye non aveva idea di cosa gli Anthurium fossero, ma sapeva che quelle pettegole con la puzza sotto al naso stavano giocando con la fiamma generata dalla rabbia accumulata dentro di se. Ed una volta arrivata davanti alla porta principale, nulla la fermò dall’urlare: «Non mi serve una montagna di denaro per sapere come camminare, ma a voi non basta neppure quella per imparare che i pregiudizi sono frutto d’ignoranza!».
Le due donne sbuffarono indignate, chiudendo la finestra. Leggermente sollevata, Faye si apprestò a suonare il campanello della casa, quando una voce la interruppe prima che il suo dito potesse compiere ogni movimento.
«Qualcosa mi dice che sei di cattivo umore». Quella voce apparteneva a Michelle, che affacciata dal balcone dimostrava di aver assistito alla scenetta di poco prima.
«Si nota così tanto?» chiese Faye, volgendosi verso l’amica.
«Beh, di solito preferisci ignorare chi spettegola alle tue spalle. Un attimo e vengo ad aprirti».
Così dicendo sparì dentro la stanza. Pochi secondi dopo la porta al suo fianco si aprì, ed una sorridente Michelle l’invitò ad entrare. All’interno di quella che per Faye era sempre stata una riproduzione di una casa delle bambole, le due ragazze salirono le scale passando dalla classica mobilia alla moderna camera di Michelle. Ogni cosa all’interno di quella stanza s’intonava con la personalità e lo stile di quest’ultima, che sembrava condurre una vita da popstar.
«Cos’è questa volta che provoca quel tuo broncio in viso?» le domandò, dandole un colpetto con l’indice sulla punta del naso, e correndo subito dopo davanti allo specchio. Dopo aver dato una veloce sistemata con le mani ai capelli castani già ben pettinati, passò a confrontare due differenti tipi di orecchini accanto al viso, con gli occhi che si alternavano dal suo riflesso a Faye, seduta sul letto vicino al cumulo di vestiti posti sopra il materasso. Ogni cosa suggeriva che Michelle si stesse preparando per andare ad una festa, o a portare a spasso il cane, ormai nulla avrebbe più sorpreso Faye.
«Ho avuto un serio litigio con mia madre».
Ascoltando l’ultima parola Michelle non riuscì a contenere uno sbuffo. «Se non fosse che vi odiate a morte direi che sei una cocca di mamma dal numero di volte in cui la nomini».
Ignorando quel commento, Faye trasse un bel respiro e si fece forza per continuare a parlare di quell’argomento. Sentiva il bisogno di sfogarsi, di trovare qualcuno che anche se non risolveva il problema almeno si mostrava disponibile ad ascoltarla.
«Questa volta è diverso, si tratta della situazione finanziaria familiare. Siamo praticamente al verde».
Quando concluse la frase e posò lo sguardo su Michelle, notò come quel sorriso che teneva in viso s’incrinò per poi trasformarsi in una strana espressione d’imbarazzo, mentre le mani che tenevano gli orecchini caddero lungo i suoi fianchi. Voltatasi dallo specchio, l’amica cercò di portare in viso un sorriso d’incoraggiamento.
«Che sciocca che sei, esageri come al solito, di sicuro si tratta solo di un brutto momento. Vedrai che passerà».
Si avvicinò poi a Faye e le diede una leggera ed impacciata pacca sulla spalla, cercando di mostrarsi più comprensiva. Quel gesto venne seguito da un momento di silenzio, rotto poco dopo dalla voce di Michelle.
«Ho un idea! Che ne dici di uscire a divertirci? Al party di Julian!» esclamò, come se fosse stata appena colpita dall’idea del secolo.
Faye le rivolse un’occhiata stupita, sorpresa dal poco tatto dell’amica.
«Una festa?!» domandò delusa. Michelle annuì, mancando il significato di quello sguardo.
«No, una festa non mi aiuterà ad avere un normale rapporto con mia madre o a tenere una casa! Non ho bisogno di divertimento, ho bisogno di un po’ di comprensione!» sbottò Faye, rendendosi conto che quella era la terza volta che qualcuno giocava a mettere le dita tra quella fiamma che cresceva dentro di lei.
Mi trovo in una specie di scherzo? Com’è possibile che nessuno riesca a capire quello che provo in questo momento?
Michelle rimase sbigottita da quella reazione, incapace di dire qualcosa si limitò a fissarla, mentre ancora una volta Faye si ritrovava a correre via da una delusione, questa volta anche con gli occhi velati dalla lacrime, addirittura dimenticandosi il cappotto. La visione che aveva era completamente sfocata, e mentre correva via si chiese se aveva calpestato quei dannati Anthurium. Incapace di avere una vista chiara non seppe dirlo, e poi continuava a non sapere cosa esattamente fossero. Non fu neppure in grado di vedere il camion che viaggiava nella sua direzione, fino a che i fari l’accecassero facendole capire dove in realtà si trovasse, ovvero in mezzo alla strada. Spostarsi fu inutile, e la luce l’avvolse comunque, portando via con sé la sua attuale realtà. Sua madre, Michelle ed ogni altro problema risucchiati via dalla sua mente, lasciando spazio al pensiero che quella luce dominava sulla sua visuale e stava per portare via la sua vita.


Hello! Speriamo vi sia piaciuto questo capitolo e siate così gentili da lasciarci un parere, se volete controllare nelle note dell'autore vedrete che c'è anche un fumetto della storia, date un'occhiata anche a quello ;)
Saluti, Cecilia e Silvia

  
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