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Autore: Blaze    15/03/2006    3 recensioni
Un temporale estivo, e una voglia di correre...
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nella calda aria afosa di quell’estate di tanti anni fa, un potente tuono ruppe il silenzio cocente

Nella calda aria afosa di quell’estate di tanti anni fa, un potente tuono ruppe il silenzio cocente. Un boato assordante che fece trasalire il ragazzo seduto sul suo letto a leggere I principi della Matematica. Alzò gli occhi dal libro, e con mezza bocca aperta, si voltò verso la finestra della sua camera. Fino a quel momento non si era accorto di come il tempo fuori stesse cambiando, e assumendo toni sempre più scuri e minacciosi. “Porca miseria…” bisbigliò, e lasciando cadere il libro sul materasso, si alzò e corse verso la finestra. Scostò una tenda, e ciò che vide al di là del vetro lo rese dapprima impaurito, poi sbalordito, poi eccitato.

C’era aria da temporale, ragazzi, uno di quei temporali estivi che fanno paura persino agli adulti, anche se loro ci scherzano sopra. Aprì la finestra e inspirò profondamente il vago odore di ozono che pervadeva l’aria. Ma la cosa più straordinaria era la luce; sembrava quasi che fosse una specie di lotta tra il dio Notte e il dio Giorno: e la situazione era di parità assoluta. Un’atmosfera verde, non nera né luminosa; proprio una via di mezzo che ne faceva una cosa spettacolare agli occhi del ragazzino. Stette lì ancora un momento, a guardare i riflessi strani sui vetri delle finestre delle altre case, e a inspirare un po’ di quell’aria così strana. Dopodiché, chiuse la finestra, e correndo all’impazzata attraverso la casa – quasi non urtò sua madre, e attento a dove corri prima di andare a sbattere contro qualcosa – e si diresse alla porta di casa.

Uscì sulla verandina, e iniziò a guardare il cielo… diavolo ragazzi, era così scuro! Ma da un lato era pure limpido e chiaro, quasi fosse una mescolanza tra due giorni diversi! Andò al cancello del giardino, tutto eccitato, e con le mani aggrappate alle fredde trame di ferro, guardò in strada: non c’era in giro nessuno, nemmeno un cane. Tornò velocemente indietro sui suoi passi, e aprì, tramite il pulsante sulle scale, il cancello del condominio. Uscì in strada, e proprio nel momento in cui metteva un piede fuori dal giardino, un altro tuono scosse la giornata di quel 10 luglio 1997. Preso da chissà quale ispirazione, il ragazzino prese a camminare, sempre più velocemente, per la strada. Tempo trenta secondi e stava correndo, non all’impazzata come poco prima in casa, bensì ad un’andatura regolare e non faticosa per il suo giovane corpo. Un’andatura da jogging, se vogliamo. Intanto, i suoi giovani occhi schizzavano quasi nelle orbite, prima a guardare il giardino della signora Maria, poi il negozio della cartolaia. “Sembra tutto così strano!” si disse mentre perseguiva a correre. Quasi senza rendersene conto. Eppure macinava metri dopo metri, e dopo pochi minuti stava già correndo sullo stradone che divideva in due il paese. Una macchina – bella grossa, un BMW – gli schizzò accanto a tutta velocità, lui spaventato si appiattì per quanto poteva contro il muro in possente pietra che costeggiava la strada, poi, sorprendendosi pure lui della sua intraprendenza, levò in aria un braccio, e fece il Gestaccio, quello che usava fare insieme ai suoi (pochi) amici.

«Vaffanculo!» - gridò al conducente della BMW, che comunque non se ne accorse poiché andava veramente troppo veloce, e il ragazzo tenne il braccio alzato per tutto il tempo finché non vide più la macchina, che scomparve dietro una curva. Nel momento in cui abbassava il braccio sentì la prima goccia. Lo urtò sulla mano con talmente tanta forza che dapprima penso che qualche uccello gli avesse scaricato un ricordino addosso. No, poi guardò meglio e capì che era proprio acqua e che il temporale stava finalmente aprendo le danze. E per quel giorno lui corse, corse… sotto alla pioggia, si sentiva libero, il temporale non lo spaventava più, anzi dannazione, gli piaceva, lo faceva sentire leggero e volare nell’aria di quella giornata così speciale… e quelli che lo guardavano dalla finestra delle loro case! Oh mio Dio, guarda quel bambino! E lui intanto correva, con un sorriso sulle labbra, e si sentiva così felice, dannazione, si sentiva libero. E la pioggia non accennava a smettere, anzi, se possibile aumentava costantemente d’intensità! Eppure faceva un caldo assurdo, ed era così bello sentire il ciaff ciaff che facevano i suoi piedi – le sue Nike Air, Dio come gli piacevano quelle scarpe, grazie mamma, ti voglio bene! – sull’asfalto fumante, e le gocce che gli cadevano in testa, sembrava una doccia! Una doccia assolutamente naturale e imponente… E continuava a correre, sotto quelle nuvole per altri minacciose e che lui trovava così meravigliose. Corse quasi fino al paese sotto il suo, distante 6 km. Eppure pioveva ancora, e sentiva di poter correre fino in capo al mondo, finché avesse continuato il temporale. Ma quando sarebbe finito? Eh vabbé, ci avrebbe pensato al momento, per ora continuava a correre nella pioggia, e i capelli gli ricadevano sul viso, quei capelli che erano sempre stati ricci ora ricadevano lisci e scuri sulla sua faccia e – Dio quant’era bello! – arrivò al centro del paese sotto il suo, non c’era nessuno per le strade, tanto meno BMW spericolate. E quindi si sentiva potente, e libero e leggero, e quindi passò troppo leggermente, troppo liberamente, troppo prepotentemente in mezzo all’incrocio principale della città, e poi qualcosa lo prese in pieno, giusto il tempo di accorgersene, e di sentire vagamente il rumore assordante di un clacson nell’aria così calda di quella giornata e lui era per terra, e tutto perse consistenza, e un attimo dopo tutto diventò buio e freddo.

«Hey ragazzo, oh mio Dio, ragazzo! Oh cazzo no, cazzo no fa che non sia così, no!» - il grosso conducente del grosso TIR scese con un balzo dalla sua cabina, senza nemmeno preoccuparsi di chiudere quella maledetta portiera, e, MALEDIZIONE!, cosa diavolo aveva combinato, non ci poteva credere. Si diresse verso quel corpicino riverso in mezzo alla strada, e si accorse in quel momento che sull’asfalto fumante di quel tratto di strada, l’acqua che defluiva verso i tombini era colorata di rosso, un rosso scuro, un rosso che lo avrebbe perseguitato per tutta la vita nei suoi sogni agitati. «NO CRISTO NO, EHY RAGAZZO SVEGLIATI PER PIACERE, SU ALZATI TI PREGO! OOHH!» Singhiozzi proruppero nella sua gola, e gli impedirono di dire altro, mentre, accasciato contro il corpo ancora caldo del ragazzo, guardava il viso – era così giovane ancora, Dio perché?! – e gli occhi spalancati e senza vita che cominciarono, lentamente, a riempirsi di pioggia.

  
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