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Autore: Luce Lawliet    06/07/2011    12 recensioni
Il mio nome è Lyanne Stoinich e questa è la mia storia.
A sedici anni sono stata rinchiusa in un istituto, con altri pazienti, molto...speciali.
Già, perchè il Wammy's Hospital è un luogo molto particolare, decisamente non adatto a voi se non sapete sopportarne la tensione.
Il Wammy's Hospital è un Ospedale psichiatrico.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, Mello, Misa Amane, Near, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                           7
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                                                                            Sommersa nel buio.

 

 

Mentre mescolavo controvoglia uno yogurt, il martellio alle tempie finalmente era diminuito, pur senza sparire del tutto. Misa era ancora incuneata in un'interminabile fila, nell'attesa di riuscire a prendere un po' di carne.
Pizza.
Quanto mi sarebbe piaciuto stringere tra le mani una fetta di pizza, un piatto di pasta...insomma, qualcosa di decente. Invece, dovevo accontentarmi di quella poltiglia bianchiccia. Avvertii uno spostamento d'aria di fianco a me e mossi appena gli occhi per distinguere la chioma dorata e inconfondibile di Mello.

<< Cosa offre la casa, stasera?>>, mi chiese, allungando il collo per sbirciare ciò che conteneva il mio vassoio.

<< E' ancora mezzogiorno>>, risposi, atona.

<< Oh? Non me n'ero accorto>>, replicò lui. In effetti, il tempo era seriamente peggiorato, mantelli di nubi nere avevano coperto l'azzurro smorto del cielo, senza risparmiarne neppure uno spicchio, e la pioggia continuava furiosa.

Il cielo si estende all'infinito e perciò ha un numero infinito di lacrime da versare.

<< Sei a dieta, dolcezza?>>, mi chiese ancora, addentando una fetta di ananas.

<< Non ho fame>>.

<< Yogurt magro, senza grassi, senza colesterolo, senza frutta e con due gocce di latte. Sembra gustoso>>, commentò.

<< E' una merda>>, sbottai, strappandogli una risatina stupita.

<< Stare assieme a Misa ti condiziona molto più di quanto tu stessa credi, lo sai?>>, sghignazzò.

<< Non parlavo dello yogurt, ma di quel bastardo>>, aggiunsi, gli occhi fissi, intenti a squadrare con odio quel mostro di nome Sean, il quale era appena entrato in Mensa, dirigendosi a passo traballante, come quello di un ubriaco, verso il ripiano sul quale era stata appoggiata una pila di vassoi puliti. Ne prese uno e si diresse verso il bancone del cibo, superando tutta la fila. Scossi la testa, disgustata. Nessuno di quei poveri vigliacchi, poi, contestava nulla. Ovviamente.

<< Mello>>.

Lui si voltò verso di me.

<< Spiegami per quale dannatissimo motivo non ha reagito.>>

<< Che cosa?>>, mi chiese lui, aggrottando la fronte.

Incrociai il suo sguardo cristallino. << Mi sembrava di aver capito che quell'aggeggio alla caviglia servisse per non farlo uscire di testa e per impedirgli di fare male a qualcuno!>> Ridussi la voce a un sibilo. << Mi spieghi allora che cazzo è successo?! Come ha potuto aggredirmi, senza che quel coso lo elettrificasse?!>>

Lui spinse il suo vassoio da parte. << Non è semplice da spiegare. Sono macchine elettroniche, programmate per reagire in caso di violenza. Il problema è che possiedono un sensore capace di rilevare i battiti del cuore, tenendoli sotto controllo 24 ore su 24. Reagiscono solamente quando i battiti superano una certa velocità al minuto. In genere ciò avviene quando un individuo è arrabbiato o soggetto a un momentaneo sforzo fisico>>. Iniziò a giocherellare con un ciondolo che portava appeso al collo. << Si vede che Sean non ha dovuto sforzarsi più di tanto. D'altra parte, se ci pensi, anche quella volta con B è successa una cosa simile. Ma credimi se ti dico che se avesse voluto farti male sul serio, avrebbe reagito eccome>>.

<< Voleva farlo. Gliel'ho letto negli occhi, in quel momento aveva intenzione di ammazzarmi>>, mormorai, senza guardare la stampella che avevo appoggiato di fianco a me. Vidi Misa avvicinarsi al nostro tavolo con passo svolazzante e il vassoio pieno tra le mani coperte da guanti neri. Si sedette di fronte a Mello e aprì un cartoncino di latte.

<< Mel, Lilly ha un favore da chiederti>>, esordì, trangugiando una lunga sorsata.

Esitai. E se i dottori non avevano ancora scoperto nulla su di me?

Se l'avessero fatto mi avrebbero messa al corrente...o no?

<< Oh, a proposito, restituiscimi la penna>>, aggiunse, rivolgendosi a me. << E tieni questa, scrive in nero. Ci sono troppo affezionata a quella blu, mi serve per farmi i tatuaggi>>.

Frugai nella tasca anteriore dei jeans e le porsi la penna, sporgendo il braccio. Me la tolse di mano con una manata. << Imbecille! Non sventolarla così, davanti a tutti! Lo sai cosa mi farebbe Naomi se scoprisse che le ho rubate dalla sua borsa?>>, mi ammonì, lanciandomi un'occhiataccia.

<< Le hai rubate?>>, ripetei, fingendomi interessata, mentre seguivo con lo sguardo la lettera S.

<< Dove pensi di essere? Certo che le ho rubate, qui non ti danno niente in prestito, se non sotto la loro supervisione...ecco perchè ho preso anche questi!>>, rispose, infilando due dita sotto la manica dei lunghi guanti di velluto, per mostrarci un accendino. << Nel corsetto ho le sigarette>>, ghignò, facendo un'occhiata d'intesa a Mello. << Te ne offrirei una, ma sono certa che tu non abbia mai fumato in vita tua, vero Virgin Mary?>>, concluse, schernendomi.

<< Se ti diverte tanto attribuirmi certi soprannomi>>, mi lasciai sfuggire, più per stizza che per altro. << non oso chiederti a che età hai perso la verginità>>.

Stranamente, Misa rimase muta.

Un gemito inaspettato sfuggì dalle mie labbra, quando il martellio nella mia testa si acuì.

<< Scusate>>, borbottai, afferrando la stampella e dirigendomi verso l'uscita della Mensa. C'era troppo chiasso, lì dentro, la cosa non mi aiutava per niente.

In realtà non ero poi così sorpresa, avevo sempre sofferto di emicrania, era una cosa frequente, ma oggi mi dava particolarmente fastidio.
Stare in quel corridoio, tuttavia, equivaleva a dire incontrare parecchi infermieri, perciò mi diressi con decisione verso le scale, superando vari reparti.

Ce n'era uno, in particolare, che avevo sempre adocchiato di sfuggita, il reparto numero 2, nel quale venivano tenute le persone che non erano più in grado di interagire normalmente con l'ambiente esterno. Ad esempio, qualche giorno fa, una donna aveva fatto un disegno, colorandolo con le dita e poi me l'aveva regalato. Non mi aveva parlato, non mi aveva sorriso. Naomi mi aveva rivelato che si trattava di una donna matura, ma autistica, il cui corpo era imprigionato nella mente di una bambina di otto anni. Mi aveva anche detto il nome di quella malattia, ma proprio non me lo ricordavo.

La mia pancia brontolava come non mai, mentre iniziavo ad allungare la gamba sul primo piolo. Porca miseria, non avevo mai avuto bisogno delle stampelle in vita mia e in questa specie di Alcatraz non c'era nemmeno un ascensore!
Be', per la verità uno c'era, ma ai pazienti non era permesso usarlo... non era giusto, però. Davvero pretendevano che salissi quattro rampe di scale conciata così?
Mi bastò mezzo secondo per decidere e mi diressi verso l'ascensore.

<< Ragazzina, l'ascensore è vietato per te, lo sai?>>, berciò una voce sibilante e severa, che mi fece imprecare mentalmente e allo stesso tempo quasi inciampare.

Balbettai qualche scusa, voltandomi in imbarazzo per essere stata immediatamente sgamata, ma rimasi a bocca aperta quando vidi B davanti a me. Sghignazzava, compiaciuto.
A stento mi trattenni dal mandarlo a quel paese...credevo fosse uno degli infermieri.

<< Una ragazza momentaneamente impossibilitata a camminare bene non può scalare una montagna di scale, lo sai?>>, ribattei, mimando il tono della sua voce. Non mi riuscì granchè bene e mi parve che lui non avesse nemmeno colto l'ironia.

<< Vieni qui, allora>>.

<< Come?>>

<< Ti porto io>>.

<< Mi po... stai scherzando? Peserò cinquanta chili!!>>, esplosi, voltandomi per schiacciare il pulsante di chiamata dell'ascensore.

Premettendo che ancora non capivo come avesse fatto a portarmi in braccio fino all'infermeria, in quanto a muscoli non gli avrei mai dato un centesimo... ma questa sua improvvisa disponibilità mi aveva preso in contropiede.

<< Veramente, sarei pronto a giurare che pesi di più...>>, osò lui, il quale sembrò saggiare col pensiero il momento in cui mi aveva sollevata da terra.

Cos'era quella?
Una frecciatina?!
O solo un'osservazione?
Bah.

Spinsi con foga l'interruttore, ostinandomi a restare voltata per non guardarlo.
Il mal di testa non mi dava tregua.

<< Grazie, ma preferisco usare l'ascensore>>, mormorai. << E poi, sbaglio o avevi detto di non volermi fare più gentilezze?>>

<< Sbagli. Avevo detto che non ti dovevo più nulla. La proposta di adesso l'ho fatta solo perchè mi andava.>>

A me però non importava. Non mi era ancora sbollita la collera per la menzogna che aveva detto al dottore. Perciò rimasi muta, a testa alta, ascoltando il rumore dell'ascensore che scendeva pigramente verso di noi.

<< O forse... cerchi di tenere le distanze da me perchè ti piaccio?>>

Istantaneamente, le mie dita divennero della stessa consistenza di un ghiacciolo, mentre il soffio d'aria che avevo percepito all'orecchio - dato che si era tremendamente avvicinato - si trasformava velocemente in un brivido, un tremito che mi accarezzò i capelli, per poi scivolare come una goccia d'acqua lungo il collo e la schiena.
Non so di preciso cosa mi stupì maggiormente: ciò che aveva appena detto o il fatto che me lo avesse letteralmente sussurrato, con le labbra appoggiate al mio orecchio.
Mi voltai per sputargli in faccia una risposta decente, ma mi persi nel sorriso che stava nascendo in quell'attimo che pareva ancestrale.
Un sorriso che prometteva guai.
Dipendeva dalla mia risposta.
Il mio ego orgoglioso cominciò a farsi sentire poco dopo.

Due volte!

Erano due volte sì e no che ci eravamo parlati - ed era anche un ottimo record, considerando il tizio in questione -, ma cinque minuti di normale scambio di frasi piatte e prive di emozioni - da parte sua, ovviamente -, non lo autorizzavano a sparare certe cazzate sul mio conto.
Subito dopo aver formulato quel pensiero nella mia testa, sospirai con aria afflitta, rendendomi conto che quel Mello aveva ragione, quando aveva asserito che stavo diventando volgare almeno quanto Misa.

<< Ora come ora saresti l'ultima persona per la quale mi prenderei una cotta in questa gabbia di leoni>>.

Le porte dell'ascensore si aprirono e mi ci infilai dentro, il più in fretta possibile. I pulsanti andavano dal primo al quinto piano. Premetti il pulsante del secondo, ma prima che le porte si chiudessero, lui infilò in mezzo una mano, bloccando la chiusura. Le porte emisero un brontolio sordo e si riaprirono.
Cercai di mantenere un'espressione tranquilla.

<< Io sarei l'ultima persona?>>, quel ghigno era disgustosamente irritante. << Io no e Sean sì?>>

<< Non ho mai detto niente del genere>>, sibilai.

Lui ridusse gli occhi a due fessure rosso fuoco. << Spiegami una cosa, come mai ogni volta che mi fissi sembra che ti venga il voltastomaco?>>

Avevo ripuntato lo sguardo sui pulsanti, ma non mi servì guardarlo per capire che stava ancora sorridendo.

<< Questo dovrei chiedertelo io. La prima volta sei stato tu a dire che il mio volto ti faceva venire il voltastomaco. Stavolta sono certa di non sbagliarmi>>.

<< La prima volta avevi la mia marmellata ben spalmata sotto le narici, raccapricciantemente simile al sangue... credo che avrebbe fatto lo stesso effetto a tutti>>, asserì, abbassando il braccio.

Adesso avevo due opzioni: la prima era di pigiare nuovamente quel benedetto pulsante e sperare che stavolta mi lasciasse in pace. ( Altamente improbabile).
La seconda era uscire da quella scatola metallica che stava iniziando a causarmi attacchi di claustrofobia e affrontare con le mie sole forze le scale. ( Altamente impossibile).
Perciò schiacciai nuovamente il tasto del secondo piano più volte, pregando che le porte si chiudessero in fretta.

Questa volta, neanche il tempo alle ante di mettersi in funzione, che Beyond con un solo movimento fluido entrò nel vano, piazzandosi esattamente di fronte a me e distanziandomi di pochissimi centimetri; dalla sorpresa mi ritrassi, sbattendo contro la parete dietro di me.

Esci. Subito. Di. Qui.

L'ordine che il cervello impartì al mio corpo fu rapido, ma la mia gamba fasciata no. Infatti, prima di poter fare un passo, le porte cigolanti si chiusero e io mi ritrovai per l'ennesima volta quella mattina ad inveire mentalmente in modo davvero preoccupante.
L'occhiataccia che gli rivolsi lasciava intendere che volevo una spiegazione. Si strinse nelle spalle. << Anch'io devo andare al secondo piano>>.

<< Non avevi detto che l'ascensore era vietato ai pazienti? A prima vista sembri uno che rispetta le regole...>>, mi serrai le labbra con circospezione. Era a causa del male alle tempie se parlavo così, ma avevo paura di essermi spinta oltre, stavolta.

B aprì la bocca per dire qualcosa, ma il rumore cigolante dell'ascensore sovrastò la sua voce. Udimmo una specie di tremolio, come se il vano stesse graffiando contro le pareti della galleria verticale nella quale era racchiuso. La cabina traballò e mi sfuggì la stampella di mano.

<< Ehi...! Ma che...>>, esclamai, spaventata. Ora che non avevo più l'appiglio a cui tenermi, d'istinto allungai la mano verso il braccio di B, ma mi ritrassi, aggrappandomi come meglio potevo alla parete alle mie spalle.

<< Fa sempre così>>, mi rispose lui, completamente a suo agio. Un altro scossone e l'ascensore riprese a salire.

<< E' incredibilmente lento>>, sbuffò lui, ruotando il collo in una maniera a dir poco incredibile. Per fortuna non avevo mangiato niente: una visione del genere mi avrebbe fatta rimettere, il suo collo sembrava fatto di gomma!

<< Facevamo prima a prendere le scale>>, mi lanciò un'occhiata di falso rimprovero. << La prossima volta vedi di obbedire senza fare storie>>.

<< Non ci sarà una prossima volta>>.

<< Sei incredibilmente indisponente, oggi>>.

<< E' l'istinto di conservazione>>.

<< Credi in Dio?>>

<< Cosa?>>

Ed ecco che venimmo nuovamente scossi dall'ascensore, questa volta violentemente, tanto che io riuscii a tenermi dritta solo grazie al muro d'acciaio dietro di me. B invece, si sbilanciò in avanti, allungando le braccia ai lati della mia testa, appoggiandosi alla parete con le mani ed evitando così di finirmi addosso. Ma io rimasi pietrificata.

Ora i centimetri si erano estinti.
Rimaneva solo un misero pugno di millimetri a separare il suo volto dal mio.
Percepivo il suo odore, avvertivo il suo respiro regolare contro le mie labbra. Odorava di fragole.
Caricai i polmoni d'aria per gridargli di togliersi immediatamente, ma lui fu più svelto.

<< Hai gli occhi color glicine>>, disse, e sembrava sinceramente colpito. << Non me n'ero accorto>>.

Il mio respiro fece presto a diventare affannato e irregolare.

<< Nessuno ci fa mai caso. Ti sposteresti?>>

Lui non si mosse. << Guarda che non mi dai fastidio>>.

<< Tu ne dai a me!>>, ribattei.

<< Non ti piace questa posizione?>>, mi domandò inaspettatamente, ed ecco il solito ghigno superbo e malizioso.

Grazie al cielo, le ante dell'ascensore si aprirono con un lamento e la vista del corridoio mi provocò un sospiro di sollievo.

<< Non mi piaci quando fai così>>, dissi, ma il sorriso sul suo volto non fece altro che ampliarsi. Secondo tentativo. << Non mi piaci quando usi quel tono...>>. Quel tono...quel tono?? Accidenti, non avevo il coraggio di usare l'aggettivo a cui stavo pensando. Terzo tentativo. << Non...non mi piaci tu!!>>

Con uno scatto, si allontanò da me e si chinò a raccogliere la stampella caduta. Se la rigirò tra le mani, poi me la porse.
Gliela sottrassi con una manata, solo perchè non volevo notasse le mie mani tremanti. Uscii dall'ascensore, puntellando la stampella, nel ridicolo tentativo di trovare un minimo di equilibrio. Sembravo un'impedita e probabilmente era ciò che stava pensando anche lui.

<< Bene. Ci vediamo, ragazzina>>, disse lui, dirigendosi verso le scale.

Rimasi spiazzata.

<< Come...? Non avevi detto che dovevi salire anche tu qui?>>

<< Ho mentito>>, rispose, come se niente fosse. Intrecciò le mani e fece scrocchiare le nocche. << Odio usare l'ascensore, ma i novellini infortunati si spaventano sempre, poichè nessuno si prende la briga di avvertirli che quella vecchia ferraglia fa le bizze. Che tu ci creda o no, basta poco perchè i leoni imprigionati in questa gabbia si trasformino in teneri agnellini piangenti...>>, il suo sguardo volò vago verso il mio volto e mi augurai che non si stesse riferendo a me. << Ho pensato che se fingo di fare il bravo ragazzo, forse il dottore mi concederà un po' di libertà in più. Miro a liberarmi della cavigliera. E' proprio fastidiosa, specialmente quando sono sotto la doccia>>.

Perchè me lo sta dicendo?, rimuginai, mentre mi sforzavo di non proiettarmi nella testa la sua immagine nuda sotto lo scroscio dell'acqua.

<< E speri che io ti aiuti nell'impresa?>>, azzardai, con aria incredula.

<< Non lo spero. Lo so>>.

Superbo, non c'è che dire.

<< Cosa ti dà tanta sicurezza?>>

Lui mi concesse un ultimo sorriso, prima di iniziare a scendere la rampa. << Mi devi un favore!>>, esclamò, prima di sparire dalla mia vista.

 

 

                                                                                            ***

 

 

Ore 17.46.

Anzi, più precisamente sarebbe stato corretto dire: "ora dello sclero improvviso e assolutamente irrispettoso di Misa nella mia camera".
Era impazzita per due ragioni.
La prima era che aveva stranamente litigato con Mello; non mi ero neanche sforzata di capire il motivo, attraverso le sue parole spezzate e prive di senso. La seconda era che aveva portato in camera mia un completino che si ostinava a farmi provare, vogliosa di giocare alla personal stylist. Era piombata in camera proprio mentre stavo leggendo quello strano quaderno e la cosa non mi aveva fatto granchè piacere.
Dopo venti minuti di parlantina e di litigi nel tentativo di tener lontane le sue mani guantate che volevano levarmi la maglietta, mi scocciai.

<< Senti, invece di sclerotizzarti parlando sempre di Mello e giocando alla Barbie con me, perchè non vai a fare qualcosa di utile, che ne so... le parole crociate, ad esempio?>>

<< Che? Ti sembro una vecchia?>>

<< Io le facevo spesso>>, obiettai, non prendendola come un'offesa.

<< Oh, povere noi!>>, borbottò lei. << E non possiamo andare all'aperto. Le previsioni hanno detto che lungo la costa arriverà un uragano, stanotte.>>, mi avvolse attorno al collo una sciarpa di cachemire viola. << Questa ti sta d'incanto. Peccato che non ci tieni al tuo aspetto, saresti così kawaii se solo mettessi più in mostra le tette>>.

<< Kawa che?>>

<< Vieni, andiamo a fare un giro>>, mi prese per mano e mi guidò al primo piano. Quasi tutti i pazienti avevano assalito la Sala Giochi, i corridoi erano deserti. Misa arricciò le labbra scintillanti di gloss e mi lanciò un'occhiata furbetta.

<< Andiamo a farci una doccia?>>, propose, aumentando la stretta sulla mano.

<< Ma le docce aprono alle 18...>>

<< Tra poco, quindi! Aspetta, ho visto Mello...>>, mi fermò, frugando con gli occhi in mezzo a quella baraonda di gente.

Le lasciai la mano. << Vai da lui. Io devo andare al bagno...>>

<< D'accordo. Dieci minuti e arrivo anch'io>>, mi fece l'occhiolino e si diresse con coraggio in mezzo al branco.

 

 

Mi bagnai il viso lentamente, approfittando del fatto che non ci fosse nessuno, in quel momento. In genere l'acqua calda calmava le pulsazioni alle tempie, ma oggi sembrava tutto inutile. Forse dovevo chiedere un'aspirina al personale...

Mi asciugai con un pezzo di carta e gettai un'occhiata al quadrato di latta attaccato al muro. Provai a sorridere. In effetti, la sciarpa di Misa era la più bella che avessi mai visto in vita mia. Vellutata al tocco, sembrava viola, ma sotto le luci al neon assumeva delle sfumature blu ed era finemente intrecciata in disegni di ghirigori fantasiosi, che sembravano accendere il colore dei miei occhi. Afferrai gli estremi, per vedere se ci fosse una firma.

Burberry.

Strabuzzai gli occhi, incredula.
Quanto caspita guadagnavano le modelle?
O Misa era una shopaholic o le riviste di moda la ammiravano davvero tanto.

Uscii dal bagno e percorsi il corridoio del sotterraneo per dirigermi verso l'ascensore. La mia stampella produceva un ticchettio ovattato quando la appoggiavo a terra, simile ai rintocchi di un orologio.
C'era un'unica, lunga luce al neon che percorreva il soffitto del corridoio e in quel momento sfarfallava appena.
Tra me e l'ascensore c'erano le scale, dalle quali vidi scendere una Misa piuttosto scombinata.

<< E' scoppiata una zuffa di sopra?>>, le chiesi, osservando i suoi capelli spettinati.

Adesso il lucidalabbra si trovava dappertutto, tranne che sulla sua bocca. Compresi all'istante.

<< Mello e io abbiamo fatto pace>>, rispose, sistemandosi il colletto della camicetta nera. << Dove stai andando?>>

<< In ascensore. Le docce sono ancora chiuse>>.

Misa mi restò a fianco, osservando divertita il mio modo di procedere con la stampella.

<< E per la tua cartella clinica? Hai deciso cosa fare?>>

<< Ci sto lavorando...forse, però, la cosa più semplice è chiedere direttamente al dottore, ma...>>

<< Quel dottore è un fesso galattico. Fa tanto il paparino premuroso, quando poi è un gran brocco superficiale. Dammi retta, meglio evitare come la peste di instaurare un clima di fiducia con lui o con l'infermiere del tuo... oh, cazzo!>>, le sfuggì, quando la luce sopra le nostre teste si fulminò.

<< Che palle, non di nuovo!>>, sbottò.

<< Un altro black out?>>, chiesi, incredula. Avvertii il respiro di Misa accanto a me. << No. E' questa maledetta luce che si fulmina sempre. Ho perso il conto di quante volte mi sono ritrovata al buio, nuda, mezza insaponata, sotto la doccia. No, sta ferma; vedo se riesco a raggiungere l'ascensore. La luce all'interno del vano dovrebbe essere funzionante>>.

Percepii il suono dei suoi tacchetti che avanzavano esitanti e la sua mano che strofinava la parete.
Mi portai una mano alla testa, massaggiandomi con le dita una tempia. Avevo una strana sensazione, un formicolio alle dita che non accennava a sparire. E c'era un odore nell'aria che prima non avevo notato.

<< Vieni avanti, Lyanne! Occhio a non cadere!>>

E' una parola, pensai, mentre mi facevo strada, tastando il pavimento alla cieca con la stampella. Per un momento, mi sentii come una non vedente.

<< Trovato!>>, esultò lei. Sentii il click del pulsante di chiamata e il rumore metallico dell'ascensore che scendeva giù.

Con la stampella urtai inavvertitamente la sua gamba.

<< Ahi! Mi hai fatto male!>>, berciò.

<< Scusa>>.

<< Fa' attenzione. Non voglio finire come te>>.

<< Quest'Ospedale è da demolire. Non c'è niente di buono qui>>, sbottai, contrariata.

<< Cos'è quest'odore?>>, chiese lei, tirando su col naso. L'aveva sentito anche lei. Un odore dolciastro, leggermente nauseante. Mi voltai, cercando di capire da dove provenisse.

Ed ecco che le porte si aprirono. La forte luce dell'ascensore illuminò gran parte del corridoio.

Misa trasse un respiro di sollievo. << Alla buon'ora! Vieni Lilly. Mi sono davvero rotta, ho intenzione di dirgliene quattro a quell'idiota del dottore. Che ci vuole a chiamare un tecnico come si deve?

Inoltre, potrebbero anche dare una sistemata ai bagni, i lavandini sono praticamente mezzi diroccati e...Lyanne? Che hai?>>

Non risposi.

Avevo perso la voce.

La mia mente si era paralizzata.

<< Lyanne?!>>

Sapevo che Misa mi stava fissando, ma non stava guardando nella direzione giusta. Non appena i miei occhi si dilatarono dall'orrore, la ragazza seguì il mio sguardo, verso la parete di fronte a noi.

Non so cosa attirò per primo la sua attenzione, ma so che io vidi prima il corpo. Un corpo avvolto nell'ombra, rigido e penzolante.

La seconda fu la sua gola, che reggeva a malapena la testa, gli occhi sporgenti, ruotati fino a mostrare solo il bianco, la pelle del collo segata dal filo metallico allacciato varie volte attorno ad esso, e annodato attorno a uno dei tubi della luce, ormai spenta.

La terza fu la persona accovacciata per terra, esattamente sotto il cadavere, che teneva la testa verso l'alto, come se stesse ammirando la scena da un' angolazione molto interessante. Dalla mia gola sfuggì un gemito soffocato, e lui voltò di scatto la testa verso di noi.

<< AaaAAAAAAAaAaAaaahhhhh!!!!!!!!!!!>>, l'urlo che si sprigionò dalla bocca di Misa era imbevuto di terrore e panico, mentre la lunghezza del sotterraneo amplificava la sua voce in un'eco mostruosa.

Indietreggiò bruscamente, inciampando per terra.
Si rialzò e corse verso le scale, ma perse nuovamente l'equilibrio.
Raggiunse i gradini e sparì dalla mia visuale, senza smettere di lanciare urla d'orrore.

Io non provai neanche a correre.
Non riuscivo a muovermi, qualsiasi tentativo della mia testa di connettersi al corpo era vano. Lo vidi alzarsi in piedi e dirigersi verso di me.
Mi rattrappii contro il muro, lasciandomi scivolare a terra, la voce congelata, gli occhi bloccati dalo sgomento e dalla paura agghiacciante.
Riuscivo a vedere le gocce di sangue che colavano dalla gola lacerata di Sean, per poi battere dolcemente sul pavimento, scandendo il suono dei passi della persona che si stava avvicinando a me.
Le porte dell'ascensore si chiusero, sommergendo nuovamente l'angusto corridoio al dominio dell'oscurità.

Nascosi il volto tra le mani, anche se ormai il buio non mi permetteva di vedere nulla. Mi coprii le orecchie con disperazione, per non sentire il suono dei suoi passi.

Rimasi così, senza sapere nemmeno cosa stessi attendendo.

 

 

<< Lyanne?>>

Quando avvertii una mano posarsi sulla mia spalla, lanciai un urlo e iniziai a dare colpi alla cieca con le braccia, ma due mani forti bloccarono i miei polsi.

<< Calma, calma! Venite, serve aiuto!>>, la voce mi era famigliare.

Era uno degli infermieri addetti al reparto numero uno. Mi fece alzare in piedi, ma le mie gambe tremavano convulsamente ed evitai di sbattere sul pavimento, solo perchè le sue braccia mi sorressero in tempo.
Il mio sguardo vagava sul pavimento, mentre il sudore aveva ricoperto la pelle pallidissima delle mie mani.

<< E' sotto shock. Portatela di sopra, immediatamente. Non fate scendere nessuno!>>, questa sembrava la voce del dottore.

Un'altra fitta alla testa mi costrinse a chiudere gli occhi.

 

 

Ore 22.30.

La polizia aveva caricato via il cadavere ed era rimasta ore a controllare la scena del delitto, andandosene solo pochi minuti prima.
Dopo avermi accompagnata in infermeria, l'infermiere aveva notato che la mia schiena era sporca di sangue. Inizialmente pensava fossi ferita, ma poi venni a sapere che avevano trovato una scritta sul muro, quello su cui avevo sbattuto.

Qualcuno aveva scritto col sangue la frase " emendavi fu rovi".

Il dottore aveva insistito a visitarmi personalmente, azzardandosi a chiedermi cosa fosse successo e facendo altrettanto con Misa.
Più tardi, lei ed io ci trovavamo nella sua camera, nel più completo silenzio. Il dottore aveva già avvertito gli altri pazienti di lasciarci in pace e sembrava che il messaggio fosse arrivato chiaro e tondo. Adesso, tutti quanti non facevano altro che parlare dell'omicidio della lettera S.

Mi stropicciavo la sciarpa di Misa tra le dita. Le mie mani tremavano ancora.

<< Si è macchiata di sangue. Mi dispiace>>, la informai, mostrandole la stoffa rovinata.

Lei le lanciò un'occhiata, senza cambiare espressione.

<< Era di Burberry>>, mormorò con voce scialba.

Ripiombò il silenzio.

Feci un respiro profondo.

<< Misa...tu l'hai riconosciuto?>>

Lei deglutì. << All'inizio no. Poi, quando ho visto la cicatrice...oh, merda. Sento che tra poco rimetterò di nuovo...>>

<< No>>, insistetti. << Intendevo il...sì, insomma...l'altra persona. Tu cos'hai detto al dottore?>>

Lei mi fissò, corrugando appena la fronte.

<< Gli ho detto che ho visto il cadavere>>, rispose, scandendo la frase lentamente.

<< E l'altra persona?>>, chiesi, impaziente.

<< Ma di chi parli?>>

<< Dell'uomo...di...di quello accovacciato per terra, che...>>

Misa chiuse gli occhi, scuotendo la testa. << Cazzo, Lyanne! Non ho guardato se c'era qualcun altro lì! Come dire, ero un tantino preoccupata per il cadavere appeso con il collo mezzo tranciato... o forse tu non l'hai notato?>>, mi schernì, con un'espressione esasperata nello sguardo. << Senti, per favore vai via. Io non... non ce la faccio a parlare, scusami. Ci vediamo domani, magari>>.

Detto ciò, non mi restò che andarmene.

I corridoi erano controllati dagli infermieri, quella sera più nervosi del solito. Quando giunsi al mio reparto, Light mi venne incontro.

<< Ciao>>, mi salutò, avvicinandosi con premura.

Non gli risposi.
Avanzai a fatica fino alla mia camera, lasciandomi cadere sul letto, che cigolò più del solito.

<< Lyanne...vuoi parlarne?>>, mi chiese il ragazzo, sedendosi sul materasso, accanto a me.

<< No.>>, risposi. << Però...ho paura a restare sola>>, aggiunsi, affievolendo la voce.

Lui si morse il labbro. Sembrava indeciso a dire qualcosa. << Questa sera chiuderemo tutti i pazienti a chiave, nelle loro stanze. Non devi preoccuparti. Ci sarò io a sorvegliare il reparto>>.

Lo fissai, incitandolo a continuare.

<< Molto probabilmente, l'assassino si trova all'interno dell'Ospedale, la nostra è una premura. Utilizzeremo qualsiasi forma di precauzione finchè la Scientifica non avrà trovato una pista>>.

<< E la scritta lasciata sul muro?>>

<< Non hanno saputo trovarci un senso. Il che inclina ulteriormente a pensare che il colpevole sia uno dei pazienti... forse, un altro caso grave.>>, tacque, alzandosi dal letto e uscendo dalla stanza.

<< Cerca di dormire>>, disse, prima di chiudere la porta.

 

 

 

                                                                                      [ continua...]

 

 

 

 

Oh be', posso affermare che mi è venuto meno cruento di quanto pensassi XD

 

Inizio subito a dire una cosa: la scritta sul muro sembra priva di significato, ma in realtà è un anagramma.
So che probabilmente non ve ne importerà, ma lo dico solo per coinvolgervi un po' di più; se c'è qualche audace ( e paziente) lettore in grado di risolverlo, ci provi pure!

Tanto la soluzione verrà svelata nel prossimo capitolo...;)

Allora, che ne pensate?

Alla fine non ho aggiunto l'avvertimento " non per stomaci delicati", perchè secondo me non ce n'è poi tanto bisogno :)

 

E vi chiedo scusa se non ho risposto alle vostre recensioni, ma questa settimana non avevo quasi nemmeno il tempo di concludere il capitolo!!

Avrei preferito pubblicarlo dopo avervi risposto, ma non volevo farvi attendere troppo!

Non succederà più =)

Grazie alle 16 persone che hanno inserito la fic tra le Preferite,

alle 2 che l'hanno inserita tra le Ricordate

e alle 29 che l'hanno aggiunta tra le Seguite

e grazie di cuore ha chi ha recensito lo scorso capitolo!! <3

Grazie anche a chi ha semplicemente letto,

a presto, bacioni

Luce 

   
 
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