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Autore: Stukas are Coming    06/07/2011    1 recensioni
Ho iniziato questa storia quando ero in prima media,gettando le parole sui fogli di nascosto per paura che le prof mi vedessero. Non so come possiate giudicarla,probabilmente non granché,ma ne sono molto affezionata perché ha raccolto ogni sviluppo del mio amore verso quel gruppo incredibile che sono i TH,e soprattutto verso Tom Kaulitz.Voglio ricordare che non è copiata da Twilight,anche perché lo detesto.I luoghi sono tutti reali, è Genova.Spero vi piaccia, almeno un pochino.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono sdraiata sul letto ad annoiarmi. I compiti li ho fatti, il libro l' ho finito senza godermelo. Colpa di quella discussione con Tom. E' vero, sono stata una stupida a non pensare che potesse esserci anche Judith, ma nemmeno lui è nel giusto: se avesse risposto me ne sarei stata tranquilla sotto le coperte. Girovagare di notte in simili condizioni non è precisamente il mio hobby favorito.

D' altra parte continuo a sentirmi in colpa per ciò che gli ho detto, e a rivivere quel morso con un brivido di paura.

Sento un cigolio da basso, la porta d' ingresso... I miei sono già tornati? Erano usciti per andare a una cena coi parenti, mi hanno lasciata a casa essendomi non ancora perfettamente ripresa, evidentemente sono già qui. Strano però che non mi salutino. Mi metto a sedere per sentire meglio, lievemente preoccupata, e faccio un balzo quando vedo la porta di camera mia aprirsi. Ma rimango esterrefatta quando invece vedo Tom !

<< Come hai fatto ad entrare ?! >>

Esclamo. Non credo abbia scassinato la porta...!

<< Era aperta >>

Commenta, con aria indifferente.

<< Eh ? >>

<< L'ho trovata aperta. >>

<< Dio, mi sono dimenticata di chiuderla! >>

<< Distrazione >>

Replica, con un sorrisetto. Corro giù a chiuderla a chiave, trovandola effettivamente senza serratura inserita. Torno in camera portando con me una ciotola di fragole e un cucchiaio, mi siedo sul letto e inizio a mangiarle, un po' imbarazzata: non so che dirgli. Faccio cenno di sedersi e lui si mette sulla sedia. A quanto pare anche lui prova i miei stessi sentimenti... Chiedo se vuole fragole e lui ne mangia qualcuna, infine rimaniamo in silenzio entrambi, con gli sguardi bassi.

<< Facciamo pace sul serio ? >>

Dico, per tagliare la testa al toro. Lui alza la testa e mi guarda con una strana espressione, indefinibile.

<< Io non sono come gli altri, Sofia. Devi ricordarlo sempre. Con me corri più rischi, non riesco sempre a controllarmi alla perfezione. Mi disgusta il solo pensiero di poterti farti del male, ma devi tenere a mente che non sono umano... Non riesco in ogni momento a tenermi d' occhio. Mi faccio schifo quando non ci riesco, ma non so come fare. Devi aiutarmi... Dimmi quando inizio a esagerare, così mi

allontano >>

<< Non sei un animale con la rabbia, Tom >>

Rispondo, perchè mi fa molta pena e anche perchè so che è vero.

<< Posso diventare cento volte peggio. Non me ne frega nulla se lo facessi con altri, a me fa paura stare a contatto con te sapendo che potrei schizzare come quella volta. Ma ti giuro, non riesco a

frenarmi >>

<< E'... E' normale, credo. Sei vampiro da poco, immagino derivi da questo. E... >>

<< Ti faccio sul serio schifo ? Se fossi umano sarebbe meglio, vero? Io almeno lo penso. Non potrei farti del male. >>

Interrompe, con sguardo mesto.

<< No no no, Tom, quella cosa l'ho detta solo perchè avevo paura, credevo... (che volessi ammazzarmi, penso, ma non lo dico) Non lo so cosa credevo. Ho sparato le prime cose che avevo in mente, ma non le pensavo, giuro. Se mi facessi schifo non ti cercherei, non ti manderei messaggi... Non ti amerei. Se c'è qualcosa che posso fare per farmi perdonare, comunque solo da te e non da me stessa, dimmelo. >>

Rimane zitto a fissare il pavimento per qualche istante, poi mormora:

<< Aiutami solo ad essere bravo con te. Dimmi quando esagero, così mi allontano e non ti do fastidi. Dimmi tutto quello che provi senza bugie, perchè non voglio ricreare quel che è successo >>

Il senso di colpa per quella frase che ho detto cresce, sentendomi un vero schifo. Gli faccio cenno di venire vicino a me e lo abbraccio fortissimo, affondando tra le immensità di felpa e due magliette prima di raggiungere il corpo.

<< Non posso raccontare bugie su quello che provo per te. Non riesco ad esprimerlo con parole sincere, come posso dirtelo falsamente? >>

Non risponde ma so che sta sorridendo.

<< Io ti prometto che risponderò a ogni tuo messaggio, ma te giura di pensare prima di fare una cosa simile a quella. Non so se la prossima volta riesco a trattenerla, se dovesse succedere di nuovo. Ok ? >>

Mi separo da lui e mangio un altro po' di fragole.

<< Ok. Ma vedi di fare andare quelle belle ditine sulla tastiera o la prossima volta vengo a casa tua con un carrarmato >>

Intanto gli porgo un' altra fragola.

<< Dove sono i tuoi ? >>

Domanda, con aria apparentemente distratta, guardandosi in giro. Però si sta torcendo le mani, quindi dovrebbe essere abbastanza nervoso. Ignoro il motivo.

<< Sono fuori, dai miei parenti. Torneranno per le undici e mezza, di solito è sempre così >>

<< E ora che ore sono ? >>

<< Manca un quarto alle dieci >>

Vedo che aggrotta le sopracciglia e gli ripeto l'ora con i numeri normali, perchè non riesce a intenderli in altro modo.

Fa un sorrisetto strano e si alza in piedi. Ogni volta mi fa sentire una formichina, è altissimo! Io, miserella, sono alta solo 159 cm, e quindi in confronto lui è una montagna, con 185 cm.

Gironzola per la camera senza che io capisca cosa voglia fare, sempre con quel sorrisetto un po' imbarazzato o nervoso... Lo guardo con aria interrogativa. Poi si riavvicina e dopo un lieve tentennamento si lascia cadere sul letto, mi abbraccia e mi bacia.

Come romanticismo ne deve fare di strada! Penso, divertita dalla passeggiata per la stanza prima, e poi per la sua goffaggine dopo. E' delizioso.

Mi va il cuore in gola quando mi fa sdraiare delicatamente e mi viene sopra. Ora capisco a cosa era dovuto il suo nervosismo!

<< Tom... >>

Inizio, felice ma agitatissima avendo capito le sue intenzioni, ma mi scocca un' occhiata delle sue, di quelle da sciogliere l' Antartide, e non dico più nulla.

Inizialmente giocherella col bordo della mia canottiera e poi fa salire la mano sulla mia schiena. Essendo fredda come al solito, mi parte un brivido. Vorrei tanto vedere che faccia ho in questi momenti.

Scende di nuovo, prende i lembi e la tira su. A me scappa un gemito perchè sono agitata come non mai ed evidentemente questo lo “motiva” ancora più, perchè me la toglie e passa ai pantaloncini. Gli premo una mano contro la testa ma mi fa un sorriso dei suoi e smetto di pensare a fermarlo. Si toglie la felpa e le due magliette; per un istante mi fa pensare ad uno strano calamaro umano che si sveste perchè i rasta gli pendono fuori dalla scollatura, come tentacoli.

Incredibile a quante cazzate si pensano quando si è in situazioni come questa, penso, e ridacchio nervosa. Anche lui si aggiunge e sorride senza sapere il motivo. Solo con i pantaloni, larghissimi, mostra ancora di più quanto è sottile e snello. I rasta gli si sono slegati e ora ha la sua fedele matassina color del grano e nocciola che va in tutte le direzioni.

Si china per slacciarmi il reggiseno e io scoppio in una risata isterica... Ma che belle figure, Sofia!

Mi guarda leggermente interrogativo, sorridendo. Probabilmente sta pensando “ma guarda questa cretina”. Smette di sorridere quando me lo toglie e mi ritornano a mente i commenti delle mie amiche sulle mie tette. Mi viene un altro attacco di riso isterico ma riesco a trattenerlo.

Infine (momento accolto con una rizzata di capelli spaventosa), con una delicatezza che mi da una stretta al cuore, mi toglie le mutandine e fa un ulteriore dei suoi sorrisi ammazza-reticenze. Forse è il momento che mi fa leggermente delirare, ma non ricordo di aver mai visto un sorriso così dolce da nessuno, neanche dai miei genitori.

Si spoglia anche lui e mi si china sopra. Lo abbraccio neanche fosse una boa di salvataggio.

<< Ho paura >>

Bisbiglio, con il mio sorriso agitato.

<< Lo so. Non credere che io sia calmo... Non l'ho mai fatto con una persona che amavo. Anche io ho paura. Vuoi? >>

<< Si... Ho una paura marcia, ma si. Fai piano >>

E mi stringo a lui ancora più forte, strizzando gli occhi. Si direbbe che mi stiano per sparare alla nuca, mi dico per farmi assumere un contegno un po' migliore. Lui non sembra darci peso. Immagino.

Il cuore batte talmente forte che ho quasi timore rompa lo sterno ed esca.

Sento dolore e gemo di nuovo, poi un' altra strana sensazione: penso “mi sta scivolando dentro” e un' ennesima risata fa di tutto per uscire. Possibile che debba sempre ridere? Forse è il mio modo per scaricare la tensione.

Mi aggrappo a lui con forza e cerco di assecondare i suoi movimenti. Spingere, tornare indietro, spingere... Mi sento in un film porno.

Ansima forte e mi viene paura che gli stia facendo del male, qualcosa del genere, ma poi mi bacia e mi rassicuro.

E' dannatamente bello... Sia lui sia quel che sta facendo. Sento le vertebre della sua schiena sotto le braccia intrecciate, e le costole, e le sue gambe, e il suo respiro, e i suoi capelli che mi pizzicano, e le sue mani che mi stringono le spalle. Mi rendo conto che non esiste una lingua per dirgli quanto lo amo, come faccio? Ogni lettera perde significato di fronte ai miei sentimenti per lui. Mi si accatasta tutto contro lo sterno, il peso di un amore immenso, è quasi una sensazione fisica. Gli faccio appoggiare la guancia sul petto nella speranza senta un decimo di quel che provo, accarezzandogli la nuca.

In questo istante, veloce come una saetta, capisco. Capisco che non ho più nulla a che fare con i miei genitori, con i miei amici che già da un po' hanno iniziato ad allontanarsi, con tutto. L' unico appiglio ora è lui, l' unica cosa con un senso. Tutto il resto può andare a farsi benedire. Non mi serve più.

Lo sento crollare accanto a me, ansimando come se avesse fatto una corsa campestre (oh si, come abbiamo corso!) con gli occhi chiusi.

Mi accorgo di stare tremando. Mi avvicino a lui e gli appoggio la testa sul petto, sentendolo andare su e giù anche se di ossigeno non ne ha più bisogno. Il timore che possa mordermi di nuovo non mi sfiora neanche per un secondo.

Quanto tempo è passato? Cinque o sei minuti, credo. Sembravano anni.

<< Sono tutta sudata >>

Mormoro, con voce tremolante.

<< Non importa >>

Risponde lui, dandomi dei baci sulla fronte.

<< Anche questo è così romantico.. >>

Dico, sorridendo, per provocarlo.

<< E' l' unico tipo di romanticismo che adoro >>

Rido.

Rimaniamo così, mezzi rintronati fino a quando sentiamo i miei genitori ritornare. Appena sono entrati in casa, salta giù dalla finestra e se ne va, dopo un bacio che mi sembra diverso da tutti gli altri, più pieno, mi vesto distrattamente e rimango sul letto a guardare il soffitto.

 

 

Oggi torno a scuola. Sono le sette e dieci e mi sto vestendo.

Tom mi sta aspettando dal cancello con la Cadillac.

Il tempo è brutto e piove a catinelle in un modo che il soffitto sembra lamiera presa a mitragliate e la strada si vede poco, piena di rivoli d' acqua che si gettano nel ruscello qui accanto. Ci sono anche addirittura ancora i lampioni accesi, tanto il cielo è nero.

Finisco di mettermi gli stivali e il cappotto, quindi prendo lo zaino e scendo giù per salutare mia madre e per uscire.

Appena apro la porta il rumore della guerra della pioggia ( le tante gocce fanno un rumore secco cadendo, e mi ricordano un trasparente esercito che spara al nemico cemento con veemenza ) aumenta di un bel po', perciò apro l' ombrello e chiudo subito la porta per evitare che si allaghi il soggiorno.

Faccio una corsa fino al cancello con i tuoni che continuano imperterriti il loro concerto heavy metal e monto in macchina. Tom mi sorride e fa:

<< Ciao. >>

<< Ciao >>

Rispondo, leggermente imbarazzata.

Il ginocchio ovviamente non mi fa più male e la febbre se n' è andata del tutto, però mi sento vuota come se camminassi nell' aria e felice, anche se il tempo di oggi cerca di soffocare ogni buonumore.

Parte e io sospiro.

<< Come va ? >>

Chiede, e dal tono di voce capisco che sta provando le stesse cose mie.

<< Bene. Non un gran bel giorno, ma chi se ne importa >>

<< Eh, già. >>

Tace, con un sorrisetto sulle labbra che a volte stringe fino a farle diventare una sottile linea rossa.

Stiamo zitti tutto il tempo e quando arriviamo in classe qualcuno mi saluta calorosamente perchè sono stata assente per qualche giorno. Io ricambio e mi siedo vicino a Tom, che sta tirando fuori i libri. Faccio un bel sorriso a Giada e sollevo il pollice, lei alza le braccia al cielo e poi si mette accanto a Bill.

Anche Tom mi sorride, borbotta qualcosa che non capisco e si mette a leggere.

Fuori dalla finestra vedo acqua su acqua che si riversa da un cielo plumbeo, ma dentro all' aula si sta bene. Le giornate calde degli ultimi giorni sono ormai terminate.

Durante la lezione mi lancia sul libro un bigliettino con su scritto se sono arrabbiata con lui.

No, perchè ? ”

Così, mi sembrava. Sei nervosa ? ”

Negativo, comandante … ”

É per ieri, scommetto ”

Beh, un pochino, sai. ”

Se non volevi, me lo dicevi... E' che, avendoti vista vestita così, mi sembravi abbastanza pronta... ”

Oh si che volevo, però il giorno dopo un po' di non so, imbarazzo c' è sempre … ”

Ti ho fatto male ? ”

No, no”

In realtà un po' si, ma non importa.

Mi fai un sorriso ? ”

:D ”

Apprezzo lo sforzo, ma gradirei se fosse reale … ”

Glielo faccio e lui ghigna.

La giornata passa veloce ma pacata, con la classica tranquillità che solo la pioggia autunnale sa infondere, e quando la campanella suona, sembra che dalle otto di stamattina ad ora siano passati solo venti minuti.

Mia madre sa che Tom, Bill ed io ( in verità non le ho detto i loro nomi, ma quelli delle mie amiche visto che non gradirebbe sapere che esco con loro due insieme ) andiamo in giro e torno circa verso le tre e mezza, perciò le invio un messaggio solo per informarla che siamo fuori e poi andiamo in piazza De Ferrari.

Ci sediamo sui gradini di Palazzo Ducale, intanto la pioggia ha smesso di cadere circa a mezzogiorno, e anche se il cielo è minaccioso, penso che per ora non si metta di nuovo a piangere.

A dispetto del tempo c' è lo stesso molta gente, seduta sui muretti che delimitano la piazza e la fontana, e le solite combriccole di turisti che si fanno la foto con il monumento alle spalle.

Non ho fame, perciò non mangio niente. Bill telefona mentre Tom sembra attratto dalle persone che vanno e vengono da via San Lorenzo, poi si avvicina a me quasi fino a toccarmi la spalla con la sua e mi ghigna con la sua solita smorfia. Gli faccio una linguaccia e lui mi tira i capelli, allora gli do una spinta e ribatte col saltarmi addosso facendo un balzo stile gatto. Io faccio un gridolino e mi sbilancio all' indietro … Giusto per finire quasi a sbattere contro le gambe di una donna di mezz' età che sta salendo i gradini per entrare nel palazzo.

Ops ! Esclamo subito “ mi scusi, mi scusi ” e questa qui mi guarda male sbuffando e tirando dritta.

Mi risiedo bene e lui sghignazza con aria divertita.

Mentre ghigna ancora, un ragazzo e due ragazze si avvicinano a noi e il tipo, schiarendosi la gola, fa:

<< Scusatemi, so che dall' aspetto non sembra, ma devo farvi una domanda: voi credete nello Spirito Santo ?? >>

Ci guarda con un' espressione cauta come se avesse paura che da un momento all' altro lo prendessimo a calci, e dopo un istante di silenzio di entrambe le parti Tom esclama:

<< Ci crederò solo quando me lo dirà Ozzie Osbourne e me lo mostrerà in carne e ossa >>

Giusto, mi dico io, il suo nome è Tommaso: esattamente come San Tommaso, se non vede non crede. O forse è solo mentalità concreta tedesca.

Ridono entrambi e poi chiede la stessa cosa anche a me.

<< No >>

<< Grazie ! >>

<< Ma chi è che vi ha fatto fare quest' inchiesta ? >>

Chiede il mio succhiasangue personale, mentre loro si stanno voltando per andarsene. Si fermano e si girano.

<< I testimoni di Geova ci hanno assoldato, allora dobbiamo andare in giro a fare queste domande >>

<< Non ci pagano neanche >>

Esclama una delle due ragazze. Sono vestite in un modo pazzesco: una ha i capelli rosa e l' altra verdi. Quella rosa ha anfibi, delle collant allucinanti zebrate, dei pantaloncini sgualciti e stinti molto corti e una canottiera viola, più due bracciali borchiati. La verde ha anche lei anfibi, collant leopardati, calzoncini corti e una larga maglietta nera con stampata sul davanti una foglia di marijuana e dietro la scritta

Legalizaciòn ”.

Bill finisce subito di parlare al telefono, viene interrogato con la domanda, ovviamente risponde di no e i tre ragazzi si siedono davanti a noi, sui gradini. Il ragazzo ci dice che si chiama Daniele, la rosa è Alessandra e la verde Giorgia. Ci presentiamo anche noi, chiedono se sono tedeschi.

<< E quanti anni avete ? >>

Domanda la rosa.

<< Diciotto entrambi, siamo gemelli. >>

<< Quindici >>

Dico io.

<< Scusa un po', come diavolo fai a tenere su i capelli in quel modo, com' è che ti chiami te, Will, Bill ? >>

Borbotta Daniele.

<< Geheim -segreto. No, uso la lacca … >>

<< Anche io la uso a volte, per spararli, ma così non ne ho mai visti. Fai l' artistico, vero ? >>

<< A dire il vero siamo qui in Italia da non molto e andiamo in una scuola privata. >>

<< Il Matteotti >>

Aggiungo.

Alessandra si accende una cosa che a prima vista mi sembra una sigaretta, ma poi sentendo l' odore capisco che è una canna, e ce la offre. Rifiuto, ma i gemelli accettano ringraziando in tedesco.

Rimaniamo a chiacchierare del più e del meno; le ragazze vogliono andarsene di casa e Bill propone loro di venire in Germania. Loro rifiutano perchè è troppo lontano...

Alle tre e un quarto me ne devo andare, i tre sono già andati via ma prima di scendere i via XX Settembre prendo un attimo da parte Bill.

torno da Tom. Gli tiro una manica e ci sediamo ancora un po'. Sono triste.

<< Tom >>

<< Si ? >>

<< Beh, insomma … Tu lo chiederesti a me una cosa così ? >>

<< Oh, beh, proprio no. Cosa me lo chiedi, scusa? Lo sai, mi sembra ovvio che non lo farei. >>

Mi sento gelare il cuore, che poi inizia a galoppare dalla paura. Che non mi voglia più bene ?!

<< E perchè ? >>

Faccio, deglutendo a fatica.

<< É una cosa implicita, non avrei bisogno di chiedertelo ! >>

Esclama, con un sorrisone.

<< Maledetto, mi hai fatto paura ! >>

Sospiro rilassandomi.

<< É una cosa inclusa nel pacchetto >>

Aggiunge, dandomi un bacio sulla fronte.

<< Però non potrei, lo sai, ma vorrei stare con te … >>

<< In questo caso aspetterei che compi diciott' anni e poi ce ne andiamo insieme lassù, no ? Ma magari litigheremo, non so, tu mi prenderai a bastonate e io ti taglierò i capelli mentre dormi, e di stare assieme non vorremmo mai più sentir parlare, chissà. Quindi per ora è presto parlarne, puoi stare tranquilla. >>

<< Tu credi che succederà una cosa del genere ? >>

<< Forse, è possibile, come è naturale che sia. Non mi aspetto il finale “E vissero felici e contenti fino alla fine dei tempi”, ecco, ma magari invece sarà proprio così, non si sa. E non voglio saperlo. Sarà la ciliegina sulla torta … Il futuro è sempre una ciliegina sulla torta. >>

Lo abbraccio forte poggiando la testa sul suo petto.

Mi piace abbracciarlo perchè è morbido, con tutte le maglie che ha addosso, ed essendo così vestito un minimo di calore ancora lo conserva, se mi tengo attaccata stretta a lui lo sento. Invece Bill dev' essere così freddo, con quelle magliette corte e sempre mezzo spogliato.

<< Tra due giorni vengono giù i vostri amici, vero ? >>

<< Immagino te l' abbia detto mio fratello. Si, vengono. >>

<< Per avere una mano in più. >>

<< Esatto. >>

Annuisco.

<< In Germania fa già freddo, a quest' ora. Magari nevica pure … Sarebbe bello che venissi su, queste vacanze invernali, lassù è molto bello quando fa freddo. Ti farò provare che delizioso che è starsene alla finestra e vedere la neve che viene giù con il vento che tira come un dannato, nel caldo dentro casa. Mi piace molto la Germania, quando è così. L' Italia ci batte per l' estate, ma con l' inverno credo che sia molto più caratteristico da noi. Sarebbe bello, che riuscissi a venire … >>

<< Già. >>

<< Certo, una volta c' è anche stata una punta di trenta gradi sotto zero nella regione dove abitiamo noi, Sachsen, ma se stai dentro non lo senti >>

<< Ti manca casa tua ? >>

<< Si. Qui è bello, ma sto meglio lassù, almeno qualche amico lo abbiamo. E poi mi manca la mia stanza, che avrà le persiane chiuse e sarà tutta buia e morta, la sala che aveva sempre un profumo di cannella che mia madre metteva sempre e ora non ci sarà, il nostro piccolo giardinetto davanti alla porta e quello dietro più grande. Chissà se il paletto è caduto. Bill aveva piantato un paletto, a sinistra, sul retro, vicino alle rose. Non mi ricordo qual' era il suo scopo, ma era stato mezzo pericolante da sempre e forse ora è finalmente caduto, magari il vento lo ha ribaltato. Quelle rose … Quante volte ci siamo dovuti togliere le spine a vicenda per recuperare le cose che ci finivano dentro. Era sempre Georg quello che tirava la palla nelle rose, e una volta ci stava pure cadendo dentro, ma l' avevamo acciuffato in tempo. Un giorno stavamo giocando a prendere a pedate un caco acerbo, Gustav aveva tirato troppo forte e aveva decapitato un ramo intero di rose. Non so che fine abbia fatto. So solo però che alla fine avevamo quattro o cinque spine nelle mani, e nostra madre ci aveva detto di tutto perchè le avevamo rovinato la pianta. Era stato uno sballo. Un po' meno toglierci le spine. >>

<< Quando andremo su farai tirare anche a me un caco come se fosse un pallone da calcio ! >>

<< Se vuoi, però tira piano... E poi se avrai fame, abbiamo anche delle fragoline. Sono nate da sole, c' era un punto con del muschio umido, e ad un certo punto abbiamo visto dei puntini rossi. C' è anche un albero dove ti ci puoi arrampicare sopra. C' è una biforcazione che sembra una chaise longue, ed è molto piacevole sdraiarti là e guardare il sole attraverso le foglie, e sentirti sospeso dal terreno. >>

<< Ci andremo, dai … Vedrai che ci verrò, su. Sarà una bellissima vacanza. >>

Rimane zitto per un po', e alla fine devo andarmene, lo saluto, vado a prendere il bus e arrivo a casa.

 

Di sera la stanchezza mi viene abbastanza presto, infatti mi sdraio velocemente e rimango lì a pensare a Tom e me.

É stato bello farlo con lui, eccome. E in fin dei conti, credo di poterlo nascondere a mia madre, ho subito rifatto il letto visto che c' erano le lenzuola tutte per terra, le ho rimesse in fretta e furia nel letto e poi ho tirato su il copriletto, stirandolo con la mano per farlo appiattire e ad ogni manata mi risaliva tutta l' emozione di quei quattro-cinque minuti dal braccio al cervello.

Sbadiglio. Sono le undici e venti di sera.

Fino a mezzanotte rimango sveglia, non molto vispa ma neanche morta di sonno.

Poi, mentre mando un messaggio a Giada chiedendole cosa fa, una fitta improvvisa mi pugnala alla pancia talmente forte che mando un gemito e mi accoccolo tutta, stringendomi stretta la vita.

Ma che diavolo è ?

Di nuovo, questa è più forte. Per un istante vedo delle stelline nere sbocciarmi davanti agli occhi, e mi scappa ancora un verso pietoso.

É come avere dentro un qualcosa che con un coltello ti fa dei buchi invisibili da fuori.

Stringo i denti fortissimo e stavolta la fitta che arriva dura per un bel pezzo, tre o quattro minuti nei quali la parola “ svenimento ” si fa sempre più reale e minacciosa. Sto per chiamare mia madre perchè non riesco quasi a respirare, ma poi resisto.

Non so come faccio ad addormentarmi, però ci riesco verso l' una dopo una serie dolorosissima di fitte come pugni, e prendo sonno ancora spaventata dalla loro violenza.

Sogno di correre lungo un lunghissimo viale delimitato da cipressi morti, sotto un cielo grigiastro e greve di neve.

Corro senza mai essere stanca, passo sopra ad un ponte, continuo a camminare fino ad arrivare in una radura dove c' è un grande edificio squallida e diroccata. Alle spalle ha un bosco, ma anche quegli alberi sono morti. I loro rami frammentano il cielo in minutissimi pezzi di vetro freddo e crudele.

Mi fermo mentre inizia a nevicare fittamente. Ogni cosa è coperta di uno spesso strato bianco quasi accecante dal riverbero, e le mie impronte già si vanno nascondendo, coperte nuovamente da altro strato di candidi fiocchi. Mi siedo e osservo l' edificio.

La facciata ha cinque finestre e un tempo doveva apparire molto austera e severa; ora non solo è severa, ma anche inquietante. I muri portano le cicatrici del fuoco, l' intonaco s' è screpolato ritirandosi come pelle avvizzita su un cadavere, e lascia intravedere mattoni marci sotto.

Doveva essere un istituto, una scuola, ma la sua tremenda durezza scoraggerebbe chiunque ad entrarci, anche rimessa a posto e tirata a lucido.

L' ingresso, un' alta porta che probabilmente era in legno e vetro ma ora uno scheletro con schegge aguzze rimaste nell' intelaiatura, è preceduta da cinque scalini storti e mangiati dalle gelate invernali, e un' arrugginitissima targa posta proprio sopra all' entrata, fa venire i brividi anche se ormai è illeggibile.

Da l' idea di qualcosa di … Carnoso. Le bolle che il ferro ha creato sono disgustose. Le finestre sono rotte e osservano senza neanche un ricordo d' umanità il mondo esterno.

Pare che qui ci sia solo un lunghissimo inverno.

Di colpo sento un grido provenire dall' interno e dei rumori metallici, seguiti da una serie di suoni concitati che capisco sono appartenenti a qualcuno che corre. Continuo a guardare la funesta costruzione mentre il suono della corsa si fa sempre più vicino alla porta d' ingresso, ma ad un certo punto viene coperto da un clangore di un oggetto pesante che cade, ed uno strillo indemoniato niente affatto umano.

La porta si spalanca e ne spunta Judith, ma il suo corpo è marcito, è quello di un cadavere, le orbite vuote, la pelle tesa e lacerata sugli zigomi a lasciare esposti pezzi dell' osso lisci come ghiaccio. Sorride ed espone una fila di lapidi scheggiate. Solo i suoi capelli sono rimasti identici.

Solleva un braccio per indicarmi e una mano adunca protende l' indice verso di me, il dito è uno scheletro con della pelle marcia e bruciata sopra, nerastra e disgustosa. Le dita ad artiglio si richiudono piano sulla maniglia con un tentativo forse quasi di essere sensuale ma accresce solo il senso di obbrobriosità del tutto.

Noto che ha unghie lunghissime e nerastre, in alcuni punti mangiate da chissà quali bestie allucinanti.

Quella del mignolo è ridotta a una scheggia mezza strappata dal dito.

Chiude la porta, la serratura fa uno scatto che risuona come un colpo di cannone in quest' atmosfera ovattata, e da un vetro ancora rimasto nella sua sede mi pare di vedere un volto devastato, ma scompare subito.

Mi sveglio di soprassalto, sudata e col cuore a mille.

Che incubo orrendo; per cinque e più minuti mi rimane addosso la patina viscida del sogno, e un sacco di volte mi domando come faccio a immaginarmi certe cose.

Intanto le fitte, quelle veramente forti, sembrano essersi diradate, rimangono quelle meno dolorose ma ugualmente fastidiose.

Da cosa diavolo derivano ? Non ho mangiato niente che potesse accidentalmente essere avariato o roba del genere, ma a metà mattinata a scuola devo per forza farmi venire a prendere perchè sto per svenire dal dolore.

Arrivata a casa, i miei mi girano attorno preoccupatissimi perchè la mia faccia è estremamente pallida, quasi verdognola, e in effetti credo sia proprio così a giudicare da come mi sento.

Il dolore mi fa tornare in mente quando Tom mi aveva morso, che

c' era sangue dappertutto, quando ero caduta sul ginocchio scivolata su un gradino, e questi ricordi mi rendono triste. Però stavolta lui non c' entra !

Mi fanno andare sul letto, obbedisco subito perchè ne ho proprio voglia.

Le fitte più dolorose sono state mentre aspettavo che i miei arrivassero per raccattarmi da scuola, là ero ciondolante in segreteria piegata in due come se dovessi stare dentro ad un uovo, e credo anche che stessi tremando, ma ora sono tornate leggermente meno forti.

Mi sento strana.

Non è che sono stata male molte volte, ma quelle volte sono state dei mezzi disastri: o per le costole e la spalla rotte, o per la febbre vampiresca con le varie ferite, o per questo tremenda serie di fitte.

E se fossero sintomo di qualcosa di più brutto ?

Ma no, ripensandoci solo una volta, cioè questa, sto male per colpa mia. Quindi …

E se fosse un tumore all' utero ?? É a quell' altezza che sento male. Oddio.

Ma no, è impossibile … Tumore ? Ma va ! Ci sarebbero stati altri sintomi, no ?! Ma si, infatti. Sarà un semplice attacco. Cerco di pensare ad altro.

Tra due giorni arrivano gli amici dei nostri quattro … Sono curiosa di vedere quella Jade, no, Janice.

Per pranzo non mangio niente a parte due pesche, e per cena del formaggio. Mi metto a letto presto e questa volta, grazie al cielo, non faccio alcun sogno tremendo. 

   
 
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