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Autore: _Calliope_    07/07/2011    1 recensioni
Ovvero i vaneggiamenti di un'arpista affetta da ansia da prestazione. Quello che succede quando non si affronta la paura con le proprie forze. E quando si accettano caramelle dagli sconosciuti!
{Giallo per catastrofiche catastrofi naturali.}
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leave out all the rest 

A settembre avrebbe iniziato l'università.

 Che bello: indipendenza, libertà, nuovi amici, nuova città, eccetera. C'era solo un particolare che stonava: non era ancora riuscita a fare un concerto decente, e la cosa la irritava assai.

Mettiamo i puntini sulle i. Quando si inizia a suonare uno strumento, ci sono due strade possibili, una volta raggiunto un buon livello: entrare in conservatorio o continuare a studiare privatamente, facendo magari qualche esame in mezzo.

La ragazza studiava arpa da nove anni e non aveva intenzione di entrare in conservatorio: non si sentiva abbastanza preparata, abbastanza motivata, abbastanza talentuosa. Era sicura che ci fossero un sacco di persone più brave di lei con le quali sarebbe dovuta entrare in competizione, e la cosa non le andava giù (e, detto tra noi, non aveva neanche voglia di farsi il mazzo a studiare teoria e solfeggio, materie che detestava). Non rendeva al meglio sotto pressione. Però non le sarebbe dispiaciuto avere un "pezzo di carta" che attestasse quanto avesse studiato negli ultimi nove anni. Così, d'accordo con la sua insegnante, aveva iniziato a prepararsi per l'esame di settimo (quello che precedeva il diploma).

Un mese prima che la riforma stabilisse che non era più possibile sostenere il suddetto esame da privatisti.

Quando l'aveva saputo aveva tirato giù tutti i santi dal paradiso, ma alla fine si era rassegnata a continuare a suonare solo per piacere personale ed aveva deciso che a settmbre si sarebbe portata lo strumento a Milano e avrebbe proseguito gli studi da sola. Ma c'era un grande problema.

La ragazza amava suonare. Dopo un periodo di crisi (dovuta ad impegni scolastici e ribellioni adolescenziali), aveva riscoperto quanto fosse bello fare musica e ad apprezzare il suo strumento. Pensateci: quante persone che suonano l'arpa conoscete?

Appunto. Uno strumento raro e prezioso, difficile da suonare, dal suono versatile e dalle infinite possibilità. La rendeva speciale, e la cosa le faceva piacere.

Non faceva neanche tanto schifo. Cioè, ok, le sue dita non erano particolarmente lunghe ed agili e a volte era eccezionalmente pigra nello studio, ma era riuscita ad imparare perfino due pezzi di Salzedo, nell'ultimo periodo. E scusate se è poco.

Ma erano quasi cinque anni che non faceva un bel concerto.

Di solito, nelle scuole di musica, gli allievi si esibiscono alla fine dell'anno in uno spettacolo, per far sentire a genitori, amici e parenti i loro progressi. E la ragazza l'aveva fatto senza problemi per quattro anni. Poi, il quinto, era successa una cosa strana. In sostanza, era arrivato il suo turno, era salita sul palco, si era inchinata, si era seduta ed aveva iniziato a suonare.

Ma c'era qualcosa che non andava. Si era resa conto di avere le mani sudate ed il cuore in gola. Aveva sbagliato un accordo. Poi due.

Al terzo, aveva lanciato un'occhiata al pubblico, in cerca di... che cosa? Rassicurazioni? Non lo sapeva neanche lei. Ma aveva visto solo una distesa di volti nasconsti nell'ombra.

Era proseguita sempre peggio. Era riuscita, miracolosamente, ad arrivare all fine del primo pezzo. Il secondo era stato un disastro. Le erano scivolati i piedi sui pedali e le mani sulle corde. Si era bloccata per dieci secondi. Alla fine aveva trasformato la Sonatina di Dussek in una composizione di Stockhausen. Orribile.

Una volta terminato, si era alzata ed inchinata meccanicamente. Non aveva neanche sentito gli applausi, era solo fuggita via piangendo.

E da quel giorno non era più riuscita a fare un concerto decente che fosse uno.

Prima di salire sul palco cominciava a tremare e sudare. E, capirete, suonare l'arpa con le mani tremanti e sudate non è proprio il massimo. Con gli anni aveva imparato a barcamenarsi fino alla fine, suonando più lentamente e cercando di rimettere a posto in corsa i pedali sfuggiti al suo controllo.

Ma le mancava la soddisfazione di suonare i suoi pezzi correttamente, dall'inizio alla fine, senza errori. E voleva togliersela.

*

Quel venerdì fatidico, il giorno prima del concerto, ne aveva parlato a Matteo, un suo compagno di classe. Avevano poco in comune ed in genere non parlavano molto, ma lui suonava il pianoforte e a volte discutevano dei loro studi e dei pezzi che suonavano.

"È che non so quando mi ricapiterà l'occasione di suonare in pubblico, e per una volta vorrei farlo bene", gli aveva spiegato, torcendo le proprie mani traditrici.

Matteo l'aveva guardata per qualche secondo, pensieroso. Poi, lentamente, aveva detto:
"Avevo il tuo stesso problema. Sai, una volta, quand'ero piccolo, mi hanno fatto suonare davanti a circa cinquecento persone. Era tipo una cerimonia d'inaugurazione, non me lo ricordo neanche bene, so solo che sono arrivato lì, mi sono seduto al pianoforte e ho visto tutti questi signori seri che mi fissavano. A metà del mio pezzo sono andato nel panico, ho pensato: "No, non ce la faccio", ho tirato una stecca assurda e sono corso via. Per i due anni successivi ai saggi ho sempre suonato malissimo".

Lei l'aveva guardato curiosa.

"E poi come hai risolto?"

lui aveva fatto una lunga pausa e poi aveva tirato qualcosa fuori dalla tasca. Era un barattolo di compresse bianche.

"Con queste. Me le ha date un mio amico che suona la chitarra. Sono quasi magiche: praticamente te ne fai sciogliere una in bocca e pensi intensamente a quello su cui devi concentrarti. Non so come sia possibile, ma durano sempre esattamente il tempo necessario. Per esempio, se devi suonare, pensi intensamente al tuo pezzo e quando sei sul palco ti... dimentichi del pubblico".

La ragazza l'aveva fissato, dubbiosa. La cosa aveva l'aria losca.

"E non sono pericolose?"

Matteo aveva alzato le spalle.

"A me non hanno mai causato effetti collaterali.immagino che si debba esagerare, ma io non ne prendo mai più di una all'anno. Comunque, capisco che tu sia perplessa. Senti, prendile e fai quello che vuoi, va bene? Tano io ne ho altre".

Le aveva prese e aveva sorriso, incerta. "Grazie".

"Di niente".

*

La gara di sguardi durava ormai da un'ora. Lei fissava il barattolo, il barattolo fissava lei, i bambini suonavano i loro pezzi e il suo turno si avvicinava.

"Ma sei scema?", diceva una parte del suo cervello. "Si vede lontano un miglio che quegli affari sono pericolosi. E poi devi farlo sono con le tue forze, altrimenti che senso ha? Su, metti via quelle cose".

Però l'altra parte ribatteva: "Ma saranno solo le tue forze, no? Non ti faranno diventare più brava nè niente, ti aiuteranno solo a dimenticart del pubblico. E poi, Matteo ha detto che le prende da anni ed è ancora vivo e vegeto, no? Dai, mangiane una".

Alla fine però aveva deciso di usare il buonsenso ed ascoltare la prima voce.

In quel momento, però, Veronica era salita sul palco.

Veronica, pur avendo un anno meno di lei, aveva iniziato a suonare da piccolissima ed era molto più brava. Non s'incontravano spesso, ma ogni volta la squadrava dall'alto in basso. La ragazza la detestava.

Sentendola eseguire alla perfezione due brani molto difficili, la ragazza aveva pensato irrazionalmente: "No. Questa volta non l'avrà vinta lei". Aveva preso una compressa e se l'era fatta sciogliere in bocca, ripercorrendo con la memoria le corde che doveva pizzicare ed i pedali che doveva spostare. E basta.

Si era riscossa solo sentendo la voce della sua insegnante: "Muoviti, tocca a te!"

Aveva aperto gli occhi ed aveva visto lo strumento sul palco. Aveva pensato: "Devo suonare quei due pezzi. Sono nata solo per questo".

*

Entrambi i brani erano di Salzedo. Il primo era la Chanson dans la Nuit. A dire la verità non era particolarmente difficile, bisognava solo fare un sacco di cazzate che però risultavano molto d'effetto: armonici, glissati, battere sulla cassa armonica. Filò via liscio.

Era il secondo pezzo, la Seguidilla, il vero problema. Non durava neanche un minuto, ma era molto veloce e suonarlo richiedeva tantissima concentrazione.

Dopo la Chanson, la ragazza non si fermò neanche ad ascoltare gli applausi, non staccò gli occhi dallo strumento, non si risistemò sullo sgabello. Mise i pedali nella posizione giusta e ricominciò a suonare. Non poteva fare altro. Sentiva che la sua vita non aveva altro scopo.

Il pubblico rimase sorpreso dall'insolita sicurezza ed agilità di quella ragazza che di solito suonava in modo abbastanza mediocre. Alla fine del primo ritornello, metà del pubblico stava sorridendo.

Poi la terra tremò.

Panico! Gli spettatori gridarono e corsero verso le uscite. Qualcuno urlò il nome della ragazza, ma sei scema, smettila di suonare, vattene!

Lei non lo sentì. Non sentì neanche il tremito della terra, i pezzi d'intonaco che si staccavano. Doveva suonare. Non sapeva, non poteva e non voleva fare altro.

Terminò il secondo ritornello e attaccò con il finale mentre il mondo si sgretolava intorno a lei. Fece il primo glissato. Non sentiva, vedeva, respirava nient'altro che la Seguidilla.

Finalmente arrivò in fondo. Concluse con il secondo glissato, smorzò le corde e posò a terra lo strumento. "Ce l'ho fatta!", ebbe il temp di pensare, prima che un pezzo del soffitto si staccasse e la colpisse in pieno.

La sua mente ebbe il tempo di elaborare solo due pensieri: "Ahia!" e "Non ci posso credere".

Poi cadde all'indietro con le braccia spalancate e tutto diventò buio.

L'arpa rimase intatta.

 

 

 

 

 

 

 

NdA

Prima storia. Yay! Cioè, bboh. Non è la mia opera migliore (per nulla), ma avevo bisogno di espellerla dal sistema. In parte autobiografica (ho suonato davvero questi pezzi e DIO L'ANSIA DA PRESTAZIONE ARGH) ed in parte no (non sono morta e non accetto pillole da semisconosciuti 8D non fatelo neanche voi!).

Per chi desiderasse asoltarle, questa (http://www.youtube.com/watch?v=BpfoBfroiMc) è la famigerata Seguidilla, mentre questa (http://www.youtube.com/watch?v=PYKgNGkMWJI) è la Chanson dans la nuit.

Se l'accozzagli di parole qui sopra vi è piaciuta (o anche se vi ha fatto schifo), sarei molto contenta di saperlo :3 aprestobye!

~ Callie

  
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