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Autore: Deirdre_Alton    07/07/2011    2 recensioni
C'è un piccolo ragno di nome Agravain che tesse la propria tela, nella sua trama saranno in molti a cadere. Sarà l'imprevisto però a far crollare il suo mondo.
C'è un'altra tela, grande, immensa, tessuta da Dio e dalla Dea. Questa trama si espande, oltre il mare, chi ne rimarrà impigliato?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agravaine, Gawain, Mordred, Morgana, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17

Andai in cucina, c'era fin troppa gente lì dentro, sperai di passare inosservato in mezzo a quell'andirivieni. Riuscii a prendere del pane da un cestino e mentre cercavo di far entrare un formaggio nel mio misero fagotto, saltai spaventato sentendo la voce di Kay. «Strano modo di dormire il tuo, Ser Mordred.» Ero certo che fosse la prima volta che dalla sua boccaccia era uscito quel Ser e mi suonò strano e fuori posto.
Mi voltai, ancora litigando con il nodo del fagotto, mi stavo muovendo in modo ridicolo, lo sentivo chiaramente. «Ho dormito a sufficienza, ma non è forse mattina? Volevo fare colazione sulle mura, sai il fresco vento dell'alba.»
Lui mi guardava serio, evitò di commentare le stupidaggini che avevo detto. «Sai stanno già girando delle voci su di te.»
Sbattei le palpebre. «Girano sempre delle voci su di me, non mi racconti nulla di nuovo, caro siniscalco geloso.» Lui serrò la mascella sentendosi apostrofare in quel modo, anche questa volta lasciò correre. «Dicono che Galahad ti ha ucciso e che sei stato trovato morto lungo il porticato.»
Erano stati i paggi o era stato lui a mettere in giro questa storia? Lui mi lesse in viso il sospetto che mi era passato per la testa.
«I paggi.» Disse semplicemente. Mi squadrò dalla testa hai piedi. «Hai intenzione di fuggire?»
Non avevo voglia di dare spiegazioni, tantomeno a lui.
«Cerco di fare qualcosa di buono, rendendo felici molte persone. Potresti... dire a mio... Artù, che non faccio così perchè sono un codardo, ma perchè tutti si opporrebbero a quello che voglio fare? So che la Corte starà meglio senza di me. Parto con Galahad, anche se lui ancora non lo sa.» Feci per scansarlo ed andarmene. «Glielo dirò, ma tu cerca di tornare, che tu e lui lo vogliate o meno, Artù è tuo padre e tu sei suo figlio. Quello che si deve prendere la responsabilità delle proprie azioni è lui.»
Non mi voltai, avevo incominciato a capire perchè Artù amasse Kay, il siniscalco non era solo uno sputa sentenze.
Andai alle stalle, trovai Elvellon tranquilla, non si agitò vedendomi entrare nella sua stalla con la sella. Sistemai le mie poche cose vicino ad un pannello, ammucchiai abbastanza paglia per crearmi un giaciglio decedente e mi stesi.
Ora non mi restava che sperare di rimanere sveglio e che nessuno si mettesse a curiosare per la stalla e mi trovasse. Il sonno tanto temuto non venne, rimasi per tutta la notte a pensare se non fossi un folle, un folle ben peggiore di Galahad, a fare tutto questo. Mi sentivo stranamente nel giusto, non avevo timore di sbagliare, solo di essere respinto, come quanto lui aveva cercato di restituirmi la ciocca di capelli. Chissà dov'era ora quel ciuffo? Forse era volato giù in giardino, oppure qualche sciocco paggio lo stava mostrando a tutti come prova inconfutabile della mia morte violenta. Risi amaramente, in troppi avrebbero tirato un sospiro di sollievo sentendo parlare della mia scomparsa.
Mi accorsi che non era più così buio, c'era una luce grigia che filtrava attraverso le finestrelle poste in alto sul pannello di legno che era la parete esterna della stalla, sentii un gallo cantare.
Passi.
Leggeri e inconfondibili per me, mi sentii il cuore in gola. Rotolai verso Elvellon, per nascondermi, volevo evitare che lui mi vedesse passando davanti alla porta. La mia giumenta, interessata ai miei strani movimenti, abbassò la testa e mi mordicchiò una manica.
Galahad passò insieme ad uno stalliere nel corridoio, sentii il rumore dei finimenti, il respiro di Elvellon sul mio volto e poi lui uscì. Quanto la porta fu chiusa, mi alzai, sellai la mia giumenta direttamente dentro la stalla, assicurai i miei averi alla sella e tirando Elvellon per la cavezza mi avvicinai alla porta principale. Vidi Galahad dirigersi verso la porta Sud, aspettai ancora pochi istanti e poi uscii, salii su Elvellon e a passo lento, mantenendo una bella distanza dal mio piccolo monaco, lo seguii.
Le porte erano già aperte, i contadini uscivano per andare a lavorare i campi ed i commercianti entravano per vendere le loro mercanzie al mercato.
Galahad era ormai lontano sulla strada, lo vidi aumentare il passo al trotto, mi fermai appena fuori dalle mura per capire in che direzione si stesse dirigendo.
Non c'erano più carri sulla strada, il traffico era notevolmente diminuito, vedevo ormai Galahad farsi piccolo, era ormai al galoppo sul suo baio, spronai la mia giumenta, mi affidai a lei. Elvellon sembrò capire cosa pretendevo, o forse aveva solo voglia di correre come il vento e vidi la schiena di Galahad farsi più grande. Potevo farlo, anche se ero un pazzo, anche se non era il mio viaggio, l'avrei fatto, anche se non mi avesse voluto, lo avrei seguito e gli avrei imposto la mia presenza.
Lui sentì che qualcuno lo stava raggiungendo, lo vidi irrigidire le spalle, voltò il viso nello stesso momento in cui lo superai. Urlò il mio nome. Lo urlò ancora e ancora.
Io andavo avanti, volevo che mi seguisse.
Volevo che fosse preoccupato, volevo che mi pregasse per poter sapere cosa facevo lì.
Mi superò e bloccò la strada, era rosso in viso, ansante, preoccupato.
v«Hai vinto tu anche questa volta, devo pagare pegno.» Dissi respirando a fatica, recuperai il pugnale e mi tagliai alla cieca dei capelli, decisamente troppi, me ne accorsi quando li vidi in mano.
Glieli porsi, lui ora era pallido, guardava a scatti me e la mia mano che faticavo a tenere ferma.
«Per la Dea, ti decidi a prenderli o te li devi ficcare in mano?» Sbottai affiancando la mia giumenta al suo cavallo. Li prese, disse: «Mordred ti sei quasi rapato, lo sai? Hai bisogno di una sistemata». Sorrise, lo guardai trafficare con le sue borse, dove infilò il mio dono.
«Te l'ho già detto ieri, devo andare, non posso tornare indietro, è una cosa che devo fare-» Lo interruppi. «C'è qualcuno o qualcosa che ti obbliga a fare questa pazzia da solo?»
Lui aprì la bocca e ci mise un po' per articolare la risposta.
«Mi sono seduto sul seggio periglioso, solo un cavaliere può stare su quel-»
«Oh che si fotta quel dannato seggio! Io verrò con te e non me ne importa nulla se al tuo Dio la cosa non va bene e se ha qualcosa da dirmi, che lo faccia, sarò ben felice di fargli sapere la mia opinione!» Stavo urlando, ero davvero un folle, stavo sfidando un dio.
Pregai la Dea che mi proteggesse.
Vidi Galahad smettere di respirare, non sapevo se per il fatto che lo volevo seguire o se perché avevo sfidato il Dio dei cristiani.
«Mordred, tu, io... non devi fare questo per farmi capire che ti... che ci tieni davvero a me, sei folle a fare tutto quest-»
«Non ti permettere di dirmi che sono un folle, chi è che sta partendo per quest'impresa senza ritorno? Lo sai perfettamente, altri sono andati e non sono più tornati.»
«Stai parlando in questo modo solo per farmi tornare indietro e non posso, Mordred! Ho dato la mia parola!»
«E io ti sto dicendo che verrò con te, che tu lo voglia o no.»
Avremmo potuto continuare così per ore, ma giurai, per la prima volta nella mia vita giurai, giurai dicendo: «Communia esse amicorum inter se omnia.»
Lui mi credette e vidi il suo viso aprirsi, rasserenarsi come il cielo dopo un temporale e il nostro viaggio iniziò.
Pensandoci ora, so che eravamo pazzi, tutti e due, mai e poi mai se dovessi tornare indietro cambierei qualcosa, rifarei tutto.


   
 
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