The Beauty Mark
Part II.
Era impossibile toccarla
o sentire la sua voce, era quasi proibito vederla.
Nathaniel mi portava sempre via i giornali, pensando di riuscire a sequestrarli
prima che potessi vederli. Si sbagliava. I miei occhi correvano rapidissimi
sulla carta lucida, riconoscevo subito quel visetto roseo e il profilo del suo
principe incolore. Blair aveva sempre voluto splendere, “come i capelli di
Serena al sole” era solita dire da bambina, ma poi crescendo cominciò a non
bastarle più: voleva essere una regina.
Mi era capitato spesso
di assistere alla sua auto incoronazione giornaliera: con le mani affusolate si
posava il cerchietto tra i boccoli. Un rituale preciso, ma delicato, che
iniziava con un’occhiata critica allo specchio e finiva con un sorrisetto
compiaciuto. Sapevo che quel semplice accessorio per capelli era il simbolo del
suo potere e della sua perfezione, sapevo che non si sarebbe fermata finché non
avrebbe avuto tutto quello che desiderava, anche ciò che apparentemente non
sarebbe mai potuto essere suo. Questa smania di essere sempre al centro
dell’attenzione la obbligava però a un comportamento rigido e controllato, che
io riuscivo trovare seducente. Anzi, era uno degli aspetti che più mi attraeva:
amavo vederla arrendersi a me. Dopo il suo primo spogliarello alVictrola, ne seguirono molti altri: Blair si liberava i
boccoli da quella regale costrizione si muoveva in modo così
sensuale da bloccarmi il fiato.
Blair desiderava luce e
splendore, ma non per questo aveva paura del buio. Da piccola aspettava
paziente, nel nero più pesto, che Eleanor e
Harold smettessero di litigare, che Dorota le
portasse la medicina, che Serena si svegliasse, che Nate le facesse unacarezza… Tante volte l’avevo vista camminare per l’Empire a
tentoni, in cerca di una Louboutin smarrita
sotto il letto o della sua biancheria abbandonata tra i cuscini. Delle volte
poi, la trovavo ad aspettarmi nascosta, con le luci spente e vestita di seta
impalpabile, veli traslucidi e disdicevoli pizzi. Quando le chiedevo se non
aveva paura ad attendermi così nell’oscurità, mi rispondeva viziosa: “E perché
dovrei? E poi… non mi vedi forse meglio al
buio?”.
***
Ogni volta che succede
qualcosa che non rientra nei tuoi piani, fai finta che non esiste, ti comporti
come se fossi in questo film sulla tua vita perfetta, quindi devo ricordarti
che l’unica che guarda quel film, sei tu!
Mi annodo alla francese
un foulard bianco e mi posiziono gli occhiali fumé sopra il naso. Allo specchio
mi dico che un test di gravidanza positivo non è sufficiente per essere incinta
e che, se sento di esserlo, è solo perché sono sopraffatta dalla paura che sia
vero. Di notte poi, mi sembra addirittura di sentire il mio cuore battere
doppio, un’inquietudine che mi coglie quando le braccia di Louis allentano la
presa e si addormentano deboli intorno al mio corpo. Mi sistemo maniacale i
capelli che ricadono ondosi su un lato del viso, cercando di combattere la
tentazione di alzarmi la camicetta per controllare che il mio ventre sia ancora
perfettamente piatto; ma poi non resisto e, nervosamente, con il cuore che
batte all’impazzata, slaccio i bottoni di perla. Nessun cambiamento e nessun
gonfiore anomalo: non posso fare a meno però di accarezzarmi la pancia
teneramente, ricordandomi di quella volta che avevo fatto lo stesso gesto
insieme Chuck, con la sua mano forte sopra la mia. Il mio sguardo allo specchio
si indurisce e mi rimprovero subito: è solo suggestione. Io non sono
incinta. Io ordino a me stessa di non essere incinta.
Quando esco dalla villa
dei Grimaldi, le mie valigie sono già state caricate su un camioncino bianco
gesso. In mano ho solo una pochette e un vestito brillante di Jenny Packham, avvolto nel chelopane,
appena stirato da una delle domestiche. Louis mi attende appoggiato alla sua Rover
P61: una macchina d’epoca color spuma di mare con il telaio
senza capote, di cui è molto orgoglioso. Indossa dei semplici jeans e una polo
chiara con lo stemma dei reali. Non sono affatto stupita dell’assenza di un
autista, so che il principe è progressista e indipendente, insomma gli piace
guidare: durante il nostro primo appuntamento mi aveva anche costretta a sedere
davanti, per la prima volta nella mia intera vita. Esperienza che avevo
ripetuto con Humphrey e che ormai ero abituata a vivere da quando Louis e io
eravamo arrivati a Monaco. Così sorrido radiosa, adagio il vestito sui sedili
posteriori e prendo posto a bordo con estrema naturalezza.
Nonostante abbia le
sembianze di una caffettiera vintage, il rombo dell’auto è incoraggiante: sento
che raggiunge una discreta velocità, tanto che il foulard si allenta sopra la
mia chioma, gli alberi fioriti passano veloci e la musica dell’autoradio si
perde nel vento.
... Mes jours comme mes nuits... Sont en tous points pareils... Sans joies et pleins d'ennuis... Quand donc pour moi brillera le soleil?-
... I miei giorni come le
mie notti ... Sono tutte simili ... Senza gioie e
piene di guai ... Quando splenderà per me il sole?2
Louis canticchia e
distoglie lo sguardo dalla strada per guardami incantato. Il suo sguardo
sognante è l’ultima cosa che vedo. Poi, in un attimo, tutto diventa buio.
NOTE:
1. La Rover P6 è
la stessa macchina con la quale Grace Kelly ha avuto l’incidente che l’ha
uccisa
2. Sono i versi della
canzone di Françoise Hardy, Tout les garçons e les filles.
***
Volevo ringraziare tutti i lettori che
stanno seguendo la fic e che hanno
recensito <3 questo capitolo è stato un po’ breve e di passaggio, nel
prossimo – che è anche quello conclusivo – capiterà qualcosa di più.