Note dell’autrice: Questa è la prima ff lunga che scrivo quindi spero di cuore che possa piacervi e che la recensiate in tanti. Mi farebbero molto piacere consigli ed opinioni, io non sono mai soddisfatta di ciò che scrivo ed avrò corretto questa pagina almeno trenta volte! Questa storia è nata dalla mia passione per il Doctor Who ed in particolare per questa coppia un po’ strana che si è trovata vicino quasi per caso, Rose ed il Dottore mezzo umano. Vorrei dirvi di cosa parla la storia e che ci sarà un lieto fine ma in realtà scrivo capitolo per capitolo perciò neppure io so dove andremo a finire! A parte questo, spero apprezziate questo primo capitolo, a presto col seguito! :)
Disclaimer: i personaggi e le storie del Doctor Who appartengono ai legittimi proprietari e questa fanfiction non è scritta a scopo di lucro.
Guardo me
stesso andarsene, per sempre.
«Guardo
me stesso andarsene, per
sempre. Vorrei fingere che l'universo non mi stupisca più ma
non è così. Mi
sento perso, sono appena nato eppure porto sulle spalle il peso dell'
universo
e centinaia di anni di ricordi; mi volto verso di lei perché
è l'unica cosa che
dia senso a questo mondo, a tutto ciò che sta succedendo. Le
prendo la mano e
la stringo forte, fortissimo, cercando di aggrapparmici disperatamente
mentre
ora anche lei guarda me; il suo sguardo mi chiede che ne
sarà di noi ed io,
amore mio, non ne ho la più pallida idea.
Credo
che dovrei dire
qualcosa, è evidente che è ciò che tu
vorresti. Ma non ho parole. Tutto il mio
destino collassato in un secondo, un singolo istante, in cui decido di
baciarti
di nuovo, immensamente stretta a me, mentre dentro mi chiedo se non
sarebbe meglio
l'oblio a questo mare di ricordi che mi riempie la mente, lontanissimi,
di un
tempo in cui la Terra non portava ancora alcuna traccia di te. I
ricordi che io
e lui condividiamo. In una frase ti ho regalato la mia unica vita e
benché tu
non abbia accettato tutto questo, nonostante tu non l'abbia trovato
giusto, io
potrei passarla con te, se vorrai. Ti bacio fino a perdere il fiato
come se
questo fosse l’unico scoglio di una realtà che sta
scomparendo, l’amore che
provo per te è tutto ciò che mi resta e mi
è costato l’ intero universo. Ma
potendo, sceglierei sempre te, anche se non avrò mai il
coraggio di dirti
quanto questa esistenza mi faccia paura. Mi accorgo di tremare
leggermente ma
spero tu possa pensare si tratti del bacio, che in effetti mi sta
coinvolgendo
ormai così vorticosamente che fatico anche solo a pensare di
separarmi dalle
tue labbra, ora. Sento il tuo sapore, è ricco dell'anima
forte che possiedi ed
è il tuo modo per farmi capire che questo istante di
confusione è durato anche
troppo a lungo, è ora di riprendere in mano il mio futuro.
»
- Rose Tyler... - disse
cercando di ritrovare il contegno perso nei lunghi attimi trascorsi
appeso alle
labbra di lei.
- Aspetta... - rispose Rose
ancora scossa dagli avvenimenti appena accaduti appoggiandogli una mano
sul
petto; era come se cercasse di accarezzarlo per assicurarsi che fosse
davvero
lì con lei e di allontanarlo, rendendosi conto che non era
completamente lui.
- Non mi dirai che ho già
sbagliato qualcosa! Eh, ma voi donne Tyler siete incontentabili!
– provò allora
a scherzare il Dottore, più sereno vedendola iniziare a
sorridere fra le
lacrime che ancora le solcavano il volto.
- Non hai sbagliato nulla,
davvero... Solo che... –
- E' tutto molto difficile,
vero? –
- Già, è vero… - annuì lei,
cercando di asciugarsi le lacrime con la manica del maglia.
- No, no, no... - gli disse
lui gentilmente asciugandole il viso con il bordo della sua giacca
– Ora ci
sono io con te. Usa la mia manica, è più
resistente, sai? Prodigi dei Signori
del Tempo!
A
quel punto lei non riuscì a
resistergli ed un leggerissimo riso spuntò sul suo viso ed
il Dottore fu certo
che avesse lo stesso calore del primo sole che spunta dopo la
lunghissima notte
artica: ancora freddo, ma così ricco di speranza. Lui
iniziò allora una piccola
ed improvvisata scena dove le raccontava dei tessuti più
incredibili dell’universo,
contento per ogni istante in cui riusciva a distrarla dai pensieri che
sapeva
le stavano straziando il cuore.
-
So che probabilmente dovrei essere più serio, rispettare il
tuo dolore ed è ciò
che faccio ma… Io ora vivo solo per vederti sorridere. -
ammise a quel punto il
Dottore non senza un certo imbarazzo sul viso.
-
Ma come ben sai, non sono
bravo in queste cose e mi sto tragicamente rendendo conto che primo,
sto
parlando solo io da un bel po’ e secondo, Jackie sta
avanzando con un incedere degno
di mamma dinosauro! - disse deviando gli occhi da Rose per il primo
istante da
quando l'altro se stesso era svanito nella sua amata cabina blu.
-
Allora Spilungone, o “secondo”
Spilungone dovrei dire visto che adesso vi producono in serie, non
sarebbe ora di
far smettere di piangere la mia povera Rose? – disse
voltandosi per accarezzare
la guancia ancora bagnata della figlia.
-
Tesoro mio, sembri distrutta…
Credo sia ora di mettersi in viaggio per tornare a casa ma se
preferisci
possiamo cercare un posto in cui passare la notte e partire domani
quando avrai
ripreso un po’ le forze. – concluse allora
guardando il volto sciupato della
figlia.
-
Ma il Dottore…? – disse Rose
non resistendo all’impulso di tornare con lo sguardo a
fissare il punto in cui
il TARDIS era
scomparso.
-
Tesoro, sai che non tornerà
più, stavolta. – dovette risponderle la madre, pur
sapendo che così avrebbe
causato alla figlia un profondo dolore. Rose, infatti, non
poté trattenersi dal
rompere in un pianto disperato per il suo amore che era sparito
così come un
giorno era arrivato, anni prima, piombato di colpo nella sua vita. In
quell’
istante il Dottore umano combatté contro la sua paura di
ferirla ma decise infine
di avvicinarsi a lei cingendole con un braccio le spalle.
-…
Insieme… - le disse
soltanto, facendole comprendere quanto profondamente anche lui stesse
soffrendo
per aver perso in un soffio non solo il suo amato TARDIS, ma intero
l’universo
in tutto il suo spazio ed in ogni suo tempo. Lei capì che
lui aveva vissuto
l’equivalente di almeno dieci sue vite correndo senza mai
fermarsi, qualcosa
che andava ben oltre quello che lei, umana, potesse immaginare come
vita;
adesso però lui era lì, non proprio il suo
Dottore ma identico in tutto e per
tutto, ed avrebbe lottato per farsi spazio nel suo cuore e per
condividere con lei
proprio quella vita. Rose in fondo si augurava che potesse riuscirci,
non
perché ciò sarebbe significato dimenticare il
Dottore, quello che era andato
avanti, bensì per poter insieme curare le proprie ferite e
magari, chissà,
sperare in un avvenire felice.
Entrambi
persi nei loro
pensieri, i due ancora vicini contro il vento freddo di Dårlig
Ulv Stranden si
erano nuovamente scordati di Jackie che invece non si era per niente
dimenticata di loro, bensì allontanata per cercare campo col
proprio cellulare.
-
Allora Rose, cosa vuoi fare?
– le chiese quindi impaziente di una risposta. Voleva
allontanarsi al più
presto da quella dannata spiaggia che non faceva altro che portare
guai, oltre
ad essere incredibilmente fredda tutto l’anno.
Rose
avrebbe voluto correre a
casa per riprendere una vita che già sapeva non sarebbe mai
più potuta essere
“normale”, ma che da allora sarebbe stata
la sua. Tuttavia si rendeva conto che
non era ancora pronta per tornare a correre e che forse una serata
sottozero
l’avrebbe potuta aiutare a riprendere le redini della sua
esistenza sconvolta.
-
Se non ti spiace vorrei
fermarmi da qualche parte per la notte, sarà un lunghissimo
viaggio ed io sono
davvero stanca. E tu…? Ti va di riposarci un po’?
– disse rivolgendosi al
Dottore umano che in quel momento che le sembrava così
perso, in un mondo
troppo piccolo per lui. Ma, come sempre, lui la stupì
rivolgendole un luminoso
e furbo sorrisino.
-
Vorrei sperimentare com’è
dormire da essere umano, sarà interessante! – le
disse tendendole la mano ed
avviandosi insieme verso la madre di lei che stava nel frattempo
avvertendo
Pete della loro decisione.
Rose
Tyler, con a destra il
Dottore stretto nella sua mano e alla sua sinistra un passato da
superare.
Il Dottore, con a sinistra la
sua Rose ed alla sua destra una mano infilata in tasca e una vita da
riscrivere.