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Autore: Cupcake_    09/07/2011    7 recensioni
Sono presenti spoiler per chi non avesse visto gli ultimi episodi della quarta stagione che ancora non sono stati doppiati in italiano, tutto il resto che è scritto nella fan fiction è frutto della mia immaginazione, solo quello che ho pensato potesse essere il continuo della storia.
Tante cose ci ha lasciato in sospeso "L'addio sbagliato" che, in modo assolutamente sbagliato, vuole farci attendere almeno fino a settembre! Troppo, troppo tempo, la mia mente malata ha decretato e così... eccoci qui.
Questa è la "mia" quinta stagione della serie TV, appunto prima del tempo.
Primo esperimento, per me, sul fandom di Gossip Girl. Vi posso solo pregare di essere clementi e augurarvi buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Quasi tutti, Serena Van Der Woodsen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Sorelle caramelle? No, grazie

 

Sono Gossip Girl, la vostra sola fonte di notizie dalle vite scandalose dell’élite di Manhattan.
Un nuovo giorno è arrivato, anche per chi ha un fuso orario della costa occidentale! Aprite gli occhi e guardatevi intorno: chi davanti a voi sorride, nell’ombra che pensa?
Principessa B – ormai lo sei davvero –, il grande giorno è arrivato: stai per conoscere la tua futura famigliola! Pronta per tutti i fratelli coltelli e gli adorabili parenti serpenti?

 
«Blair».
Una voce che la chiamava dolcemente la svegliò. Louis. E, dall’odore aveva anche la colazione.
Il fidanzato si sedette sul letto e appoggiò la colazione sul comodino della ragazza, poi si allungò per darle un breve bacio sulle labbra e le scostò la mascherina dagli occhi.
«Buongiorno anche a te» si mise a sedere sul letto.
Quant’era stato carino a portarle la colazione a letto. Era sempre paziente e, soprattutto, sorridente. Difficilmente lo aveva visto con il broncio, da quando erano iniziate le vacanze. E la cosa più carina di quando sorrideva erano le fossette che si formavano ai lati della bocca, lo rendevano così tenero.
«Ti amo» cominciare la giornata con una dichiarazione d’amore riassunta in cinque lettere era quello che ci voleva. Era molto più facile che dirlo a chiunque altro ed era quasi un routine. Soprattutto se tale manifestazione avesse ricevuto risposta positiva.
«Ti amo anche io, mia Blair» forse mettendo a tacere tutti i suoi dubbi su quella domanda, fatta nel sonno, dalla sua futura sposa.
Sorrise. Oh, com’era carino quando sorrideva, non si sarebbe mai stufata di guardarlo. Lo baciò felice, poi focalizzò la sua attenzione di nuovo sul presente.
«Che mi hai portato di buono?»
«Un succo di mirtilli, i cereali e un dolce particolare, una specialità della nostra cuoca» elencò indicando quello che si trovava sul vassoio «Se poi vuoi il caffè…»
«No, no, no» si affrettò a rispondergli «Non voglio delle occhiaie più giganti di quelle che già sicuramente ho. Sai, non mi ha fatto assolutamente bene sballare i miei orari e finire per dormire così poche ore… non farà affatto bene alla mia pelle…»
«Lo so, mia Blair, ma mia madre stava male e siamo dovuti tornare» le spiegò paziente.
«Certo, ma chiunque prende l’influenza ogni tanto…» protestò lei.
«Mia madre è stata molto male negli ultimi anni e si spaventa ogni volta che sta poco bene, sai…»
In quel momento Blair ebbe un lieve stordimento, seguito da un senso di nausea: doveva andare immediatamente in bagno, possibilmente senza testimoni.
«Capisco, allora va’ da lei a vedere come stai e falle gli auguri di guarigione anche da parte mia».
«Tornerò tra pochissimo» assicurò Louis mentre usciva dalla camera.
Nello stesso momento, di corsa, Blair si alzò dal letto diretta nel bagno attiguo alla camera. Si ritrovò in ginocchio ancora prima di accorgersene, a vomitare quello che ancora non aveva mangiato. Quella sensazione sgradevole che l’attanagliava ormai da almeno dieci giorni. Era sicura che non fosse bulimia, non più ormai, ma nello stesso tempo non poteva – anzi, riusciva – proprio a realizzare che l’esito positivo di quel test le avrebbe rovinato la vita, quelle due stanghette che si tagliavano perpendicolari andando a formare un più; soprattutto dato un punto cruciale che si presentava in relazione a quello.
Era ancora così, con la camicia da notte, in ginocchio davanti al water, quando una cameriera bussò alla porta della stanza.
«Mi scusi… mademoiselle Blair…? Le ho portato il caffè che monsieur Louis aveva chiesto per lei».
«Sì, lo metta sul comodino!» strillò la ragazza, maledicendosi per non aver chiuso la porta del bagno.
La cameriera, infatti, si affacciò a vedere. Che diavolo…
«Tutto bene?»
«Sì, sì, mi è solo caduto un… orecchino» fece finta di affaccendarsi «ma, eccolo, l’ho trovato! Può andare, grazie».
Sul viso della donna passò per un istante un’espressione stranita ma si dileguò, lasciandola sola. Ci mancava solo che la servitù pettegola scoprisse che la mattina vomitava ed era a cavallo, già la sua popolarità non era alle stelle, ci mancava solo una caduta di stile come quella.
Si alzò per tirare lo sciacquone e per sciacquarsi il viso. La cosa peggiore di quella situazione era che si sentiva consumarsi dai dubbi e dalle indecisioni. Avrebbe voluto parlarne con qualcuno, ma a chiunque l’avesse raccontato l’avrebbe giudicata male. Ok, quella sera al Mitzvah si era decisamente lasciata prendere la mano, ma era tutta colpa di Chuck alla fine, lei aveva pensato di lasciare Louis e invece lui l’aveva buttata tra le braccia del principe. E se fosse andata diversamente, che cosa sarebbe cambiato? Nulla, le sussurrò una vocina nella sua testa. Ma per lo meno non avrebbe provocato uno scandalo nel cattolicissimo principato di Monaco.
Per questo motivo doveva assolutamente sposarsi il prima possibile, forse era ancora meglio ottobre che novembre, ma ne avrebbe parlato con Louis, anche per non tenerlo all’oscuro e farlo sentire partecipe nelle decisioni di coppia. E magari il giusto modello di vestito e lo spessore della stola di pelliccia avrebbero fatto il resto per nascondere il rigonfiamento sul ventre.
Si guardò allo specchio: quel giorno neppure un miracolo l’avrebbe riportata ai suoi standard.
Ad ogni modo aprì l’armadio e cominciò a cercare qualcosa da mettersi, doveva apparire sofisticata ma senza eccedere o far sembrare che avesse passato un’ora per scegliere la mise.
E della paternità del bambino se ne sarebbe occupata in seguito, insomma Louis e lei si erano dati abbastanza da fare perché non sospettasse nulla anche se il bambino non fosse stato suo. E Chuck non era albino, quindi non c’era pericolo che il bambino nascesse biondo con gli occhi azzurri. Sempre che il bambino fosse stato concepito in quella notte perché, in fondo, poteva benissimo anche essere di Louis.
Cominciò a scartare le mise che non sarebbero potute andare per il brunch di quel giorno e le cose che aveva già messo.
Nel frattempo fece una lista mentale dei suoi impegni per la mattina, scocciata dal fatto che Dorota non fosse lì a metterli per iscritto mentre lei dettava. La cosa migliore, una volta lasciata la camera, sarebbe stato andare a vedere di persona lo stato di salute della futura suocera, anche perché era l’unica che non la odiava e che avrebbe potuto mettere un’ipotetica buona parola per lei con i suoi parenti. E in più avrebbe fatto piacere a Louis vedere che si interessava a queste cose. Sarebbe sicuramente stata una regina magnanima e attenta ai bisogni dei suoi sudditi. Sorrise mettendo sul letto ancora sfatto i vestiti scelti.
Si accorse allora di non aver fatto colazione e si diresse verso il vassoio che le aveva gentilmente portato Louis. Fu investita dal forte odore del caffè e si ritrasse; poi, con una mano che si chiudeva a molletta sul naso e l’altra con in mano la tazzina andò in bagno a rovesciarne il contenuto nel lavandino.
Louis, qui fanno proprio un caffè delizioso!
Rimise la tazzina sul piattino e si mise a sgranocchiare i cereali. Una volta finita la colazione tornò sui vestiti da mettere.
 
 
Stava vagando per i corridoi in cerca delle stanze della madre di Louis, Sophie. Non che non avesse chiesto – con molta discrezione – dove si trovassero gli alloggi della futura suocera ma, fatto stava, che si era persa comunque.
In quel momento, con la code dell’occhio, vide una cameriera che stava pulendo il corridoio per il quale era appena passata. Veloce, per quanto le permettessero le sue Louboutin, corse verso la donna.
«Excusez-moi, madame!» la chiamò.
«Oui?» fece lei spostando la sua attenzione dalla pulitura di un vaso Ming a lei.
«Sapete dove posso trovare le stanze della principessa Sophie?»
«Alla fine del corridoio» rispose lei «la porta che si vede anche da qui, quella con accanto la pianta».
«Merci beaucoup, madame».
«Pas du tout, mademoiselle».
Ma lei non la sentì, essendo già arrivata alla porta indicatole. Bussò e le venne ad aprire una cameriera.
«Posso vedere la principessa Sophie?»
«Vi annuncio».
Scomparve un attimo lasciando sulla porta per poi tornare e farle strada attraverso l’anticamera fino alla stanza da letto. La principessa, seduta sul letto, stava comoda su una caterva di cuscini, mentre un’estetista si stava occupando della manicure.
Stava veramente tanto male, considerò sdegnata Blair, era per quello che loro erano partiti a metà della notte? Era a dir poco furente, ma mostrarlo non l’avrebbe certo aiutata.
«Buongiorno, Sophie, Louis mi ha detto che sei stata poco bene…»
«Sì, sto davvero male, molto male» si lagnò lei.
Una suocera rompiscatole e ipocondriaca, che grande alleata.
«Spero solo che potrai essere dei nostri per il brunch di oggi…» buttò lì Blair, sperando che tra le “qualità” di Sophie ci fosse anche un po’ di egocentrismo.
«Ah, spero proprio di sì» sospirò «mi ha fatto piacere la tua visita».
«Figurati. Ci vediamo» la salutò la ragazza.
 
 
Stava ancora vagando per i corridoi quando incrociò Louis.
«Blair! Dov’eri?» le chiese subito.
«Be’, mi hai detto che tua madre stava così poco bene e sono andata a farle visita di persona; sai, mi sono resa conto che, malgrado le buone intenzioni, mandare te a fare gli auguri di pronta guarigione anche da parte mia potesse essere vagamente… ipocrita, e così… eccomi qui!»
«Mi fa molto piacere» le cinse la vita con un braccio «vorrei proprio che tu e mia madre poteste legare».
«Oh, lo spero tanto anch’io!» cinguettò lei in risposta.
Detto questo lo baciò con passione, sperando che lui credesse a tutto quello che gli diceva. Ah, con Chuck era tutto molto più semplice, se non voleva dirgli qualcosa non lo faceva e poi condividevano quasi sempre le stesse preoccupazioni per lo stesso tipo di cose.
Cosa diavolo andava a pensare? Anzi, chi diavolo andava a pensare? Doveva assolutamente eliminare Chuck da tutti i suoi pensieri.
 

B!, ma come sei dolce! Quanto miele c’era nel vassoio della colazione?, tutto quello che consumano gli abitanti del principato in un decennio?
Ad ogni modo speriamo di diventare tutti amici, ma certo che lo speriamo!

 
«Vogliamo andare verso i giardini che ti vorrei mostrare la serra e il roseto?»
«Avete anche un roseto?» esclamò deliziata Blair.
 
 
«Sono due settimane che siamo qui» sbuffò Chuck cercando un accendino «conosco questo posto quasi meglio dell’Upper East Side, non ci sono nemmeno le donne europee… sai, penso che la nostra estate, oltre a dover essere un’estate di perdizione, dovrebbe essere anche un po’ vagabonda, con i giusti mezzi, però».
«Già» rise Nate «ti ricordi il vagabondaggio di Carter Baizen…?»
«Quell’idiota…» accendendo la canna che si era rollato pochi minuti prima «domani, in mattinata, faccio preparare il jet; come la vedi?»
«Alla grande» ci fu un attimo di silenzio, come se volesse continuare ma non sapesse cosa dire e soprattutto il modo in cui dirlo «ti dispiace se con me c’è un più uno
«Un più uno?» rise Chuck «Archibald, questo sembra l’epilogo della tua estate di depravazione, e non siamo neppure a luglio».
«La dovresti conoscere, magari te la presento».
«O magari no, mi basta sapere chi è e dove l’hai conosciuta» tagliò corto.
«Si chiama Kylie e…»
«Non dirmi che è la ficcanaso…!» sibilò inorridito Chuck, se c’era un tipo di persona che non sopportava erano quelle sfacciate che non sapevano farsi i fatti loro.
Insomma essere a conoscenza di tutti i segreti e gli scandali degli altri era un conto, ma andare a chiedere perché questo e come mai quello al diretto interessato era tutt’altro.
«Lasciamo stare, prendi un mappamondo e facciamo in fretta» cambiò infine discorso.
Nate sparì nell’altra stanza mentre Chuck, seduto comodamente sul divano, con gli occhi chiusi aspirava il fumo dalla canna. Totale relax, era quello che ci voleva, ma questo lo sapeva già. Aveva bisogno di trovarsi un nuovo passatempo, ma il problema, che gli frullava in testa da giorni, era semplice e disarmante al tempo stesso. Quale? Buttarsi nel lavoro per dimenticarla? C’era appunto un progetto che aveva adocchiato lì, a Los Angeles, ma ormai aveva deciso di partire. Dopotutto era in vacanza, a settembre si sarebbe preoccupato…
«Come immaginavo» Nate ricomparve nel salotto della suite «in una stanza d’albergo non si può trovare un mappamondo… quindi ho una cartina».
«Be’, anche ad occhi chiusi risulta facile indicare un luogo se si sa più o meno dov’è…»
«Proprio per questo motivo non è una cartina Americana quella che ho comprato, quindi cominciamo dicendo che il nostro continente non si trova nel mezzo del foglio» spiegò orgoglioso della sua idea «adesso tu chiudi gli occhi con una penna in mano e cominci a tracciare linee sulla cartina che io provvederò a spostare senza fare caso al verso…»
«Che carino» sbuffò sarcastico l’altro «così sembrerà o un’opera di arte moderna o gli scarabocchi dei bambini della scuola materna».
Nate alzò gli occhi al cielo.
«Dove si incroceranno tre linee, sarà lì che andremo».
«In mancanza di qualcosa di meglio…» sospirò Chuck.
Chiusi gli occhi, cominciò a tracciare linee a caso fino a quando non sentì la voce dell’amico.
«Vediamo se ce l’abbiamo fatta…»
Chuck aprì gli occhi e si mise a studiare la cartina con in mezzo l’Europa. Dopotutto Nate non aveva avuto una cattiva idea, non fosse che… le tre linee di penna si incontravano in un solo punto.
«Quasi avrei preferito rimanere dov’ero» commentò con una smorfia mentre Nate ridacchiava.
«Te la sei cercata».
 
 
«Ho conosciuto Blair la scorsa estate» stava spiegando Louis ad un uomo sulla cinquantina «A Paris».
Il suo interlocutore continuava ad annuire come se il giovane gli stesse parlando della cosa più interessante al mondo. Blair, che era andata a prendere un crostino con una crema rosata, lo raggiunse.
«Ecco Blair» la presentò all’uomo che gli stava di fronte «Blair, ti presento il visconte François Von Cattel, cugino di terzo grado di Alberto II» fece una pausa per rivolgersi al visconte «François, la mia fidanzata, Blair Waldorf».
La ragazza gli rifilò un sorriso di cortesia che non avrebbe raggiunto gli occhi neppure con uno sforzo, mentre lo squadrava dalla testa ai piedi. Capelli neri, doppio mento seminascosto da una barba piuttosto folta e l’aria tracagnotta. Molto affascinante, davvero, fortunatamente Louis non aveva certo preso da quel ramo della famiglia.
Gli porse la mano e lui gliela strinse con la sua sudaticcia.
«François, sempre un piacere discorrere con te, ma vorrei presentare delle persone a Blair» mise un braccio attorno alla vita della fidanzata «con permesso».
Il visconte fece un cenno della mano e loro si allontanarono.
«Blair, mia cara, ti volevo presentare una persona che ti potrebbe davvero essere simpatica, avete lo stesso buongusto nel vestire… e dov’è…? Eccola lì» Indico una ragazza castana, che dava loro le spalle.
Dopotutto Louis non aveva torto, la ragazza indossava un vestito al ginocchio di colore bianco con una stampa fiorata di colore azzurro. A cui si abbinavano perfettamente le scarpe scelte.
«Clarisse!» la ragazza si girò e venne loro incontro sorridendo «ti ho parlato tanto di Blair… e alla fine riesco a presentartela: Clarisse, Blair, la mia fidanzata e… Blair, lei è Clarisse, mia sorella».
«Clarisse» ripeté Blair, sorridendo calorosamente ma, vedendo che su di lei si era posato uno sguardo più freddo del ghiaccio, veloce tramutò il sorriso in un sorrisetto «Louis non mi aveva mai detto che aveva una sorella».
«Davvero non l’ho fatto?» intervenne Louis dubbioso.
Certo che l’aveva fatto, le aveva anche detto diverse cose, come per esempio che era un’appassionata di psicologia infantile e della corrente pessimista che andava dalla seconda metà dell’ottocento all’inizio del novecento…
«No, non l’hai fatto» Blair continuò a sorridere «dev’essere senz’altro un lapsus freudiano!»
In parole più semplici stava insinuando che Louis non le avesse parlato della sorella o perché non la riteneva parte della famiglia o, comunque, per altri non esattamente fantastici motivi. Fortunatamente si ricordava una delle sue chiacchierate con Brandeis che, pur essendo una call girl, aveva tanto buon gusto e una discreta cultura.
Gli occhi azzurri di Clarisse si strinsero a fessura: uno a zero per Blair.
«Louis, hai visto che mamma è stata male» cambiò discorso la sorella.
«Sì, sono andato a trovarla questa mattina»
«Blair non è venuta con te?» chiese Clarisse sorpresa.
Cos’era una specie di campo minato? E se fosse sopravvissuta le avrebbero regalato una borsa Marc Jacobs piena di esplosivo, un cocktail super alcolico e un fiammifero acceso?
«Sono andata a trovarla dopo Louis, visto che quando lui stava andando non ero ancora pronta».
Il sorriso di Clarisse s’incrino leggermente, mentre quello di Blair si allargò ulteriormente, quasi fino a farle venire male alla mandibola. Non si poteva dire un due a zero, ma l’aveva messa a tacere almeno per un po’.
Esaltata dalla momentanea vittoria, - anche se sapeva che ride bene chi ride ultimo – Blair si rilassò impercettibilmente, pur rimanendo pronta per un nuovo imminente scambio di battute.
«Madre!»
I tre si voltarono e videro la principessa Sophie entrare nel grande patio. A quel richiamo si girò verso di loro e li raggiunse. Indossava un abito scialbo, di un colore altrettanto insignificante. Il viso tirato e le labbra perennemente strette, come in un’espressione di disapprovazione.
Blair si preparò un sorrisone da sfoggiare per mostrare a quella simpaticona della sorella di Louis quanto sua madre e lei fossero amicone. Sì, si era riproposta di trovare altre simpatie nella famiglia del suo fidanzato, ma l’orgoglio le impediva di elemosinare la gentilezza altrui, soprattutto con gente così pregiudicata. Preferiva farsi la scalata dalle stalle alle stelle da sola, piuttosto che abbassarsi a quei livelli e dimenticare la sua dignità nella pochette più brutta che aveva messo in valigia per sbaglio.
«Sophie, mi fa piacere che la salute ti abbia consentito di darci il piacere della tua compagnia» dichiarò Blair con voce squillante, non appena la donna si fu avvicinata abbastanza da sentirla.
«Sono una donna forte, alla fine» fece un mezzo sospiro la principessa «non ho mai mancato un banchetto a corte».
«Madre» s’intromette Clarisse «stavo per parlare con Louis e Blair per quando stanno pianificando il matrimonio, così, per cominciare a organizzarci…»
«Io pensavo verso fine ottobre, al massimo inizi di novembre» rispose pronta Blair «sapete, comincia a fare freddo ma non tanto da non poter approfittare di questi bellissimi giardini. E anche se facesse freddo ho sentito che le pellicce, rigorosamente ecologiche, torneranno di moda questo autunno-inverno».
Ci fu un silenzio per alcuni istanti come se stessero riflettendo sulla possibilità di organizzare il matrimonio per l’autunno.
«E se invece lo celebrassimo nella settimana di Santa Devota?» propose Clarisse «a fine gennaio».
Cosa? Ma a fine gennaio sarebbe stata una botte, pensò Blair disperatamente.
«Sì, sarebbe davvero bello vedere come una coppia giovane sia così attenta alle tradizioni del proprio paese» aggiunse convinta la principessa Sophie.
Oh, merda, era proprio il caso di dirlo. Doveva dire qualcosa, doveva dire qualcosa d’intelligente…
«Ci penseremo senz’altro, accettiamo proposte e le valuteremo tutte» sorrise forzatamente Blair.
In quel momento arrivò un cameriere con degli antipasti a base di salmone affumicato, che Blair non si prese neppure il disturbo di vedere cosa fossero. Il salmone era veramente la goccia che faceva traboccare il vaso già pieno. Fece segno che doveva andare in bagno.
Fortunatamente ce n’era uno non appena si rientrava nella dimora.
E due, costatò amaramente, cercando di non sporcarsi l’abito color vinaccia, né i capelli.
Una volta uscita dal bagno si controllò a uno specchio del corridoio dalla cornice lavorata.
«Tu devi essere Blair…»
Chi altro…? Lei si girò, ritrovandosi davanti un… prete?
«Già. E…?»
«Monsignore Jean-Baptiste» dovette leggere dubbi che affioravano sul volto della giovane perché aggiunse «Suppongo di potermi definire il cugino squattrinato che ha deciso di prendere i voti e, se mi vorrete, potrei celebrare il vostro matrimonio».
«Oh, davvero? Voi… tu… lei…»
«Mi puoi dare del tu, Blair, siamo quasi parenti» esclamò con una mezza risata.
Dopotutto non tutti in quella famiglia erano mele marce piene di vermi e pregiudizi.
 

Difficile, la scalata si sta rivelando difficile, eh B? La salita è ripida ma non devi demordere.
Solo, chi ti sta guardando dall’alto sa perfettamente che basta un dito per buttarti giù.

 
 
Era da poco passata l’alba e il sole si faceva piano spazio nel cielo, tingendolo di che andavano dal rosato al pallido arancione. Meglio il tramonto, decretò Chuck, molti lo trovavano romantico ma in realtà, con le sue tinte, era molto più passionale che romantico. Il romanticismo, lui, lo lasciava alle femminucce.
Stava aspettando Nate con i loro bagagli vicino al jet che li avrebbe portati nella loro prossima destinazione. Quella notte non era passato dall’hotel perché aveva avuto una compagnia migliore di quella di Nate che, comunque, molto probabilmente si era visto con quell’impicciona… Kimberly…? Katelyn? Sì, be’ lei.
Una macchina scura si fermò accanto a lui. Ne scese il suo amico. Da solo.
«Il tuo più uno?» chiese Chuck più con un tono curioso che beffardo.
«Sembra che anche lei abbia da lavorare…»
«Che lavoro fa?»
«L’hanno presa nel ruolo principale per un film drammatico» gli spiegò Nate.
Il ragazzo annuì mentre, con la coda nell’occhio, supervisionava il caricamento dei bagagli sul velivolo. Assicuratosi che nessun bagaglio o borsa fosse stata lasciata a terra, salirono le scale che li portarono all’interno del velivolo.
«Hai dormito questa notte?» chiese Nate un po’ ironico.
«Mi chiamo Archibald, secondo te?» sorrise, quasi gongolante «ho dormito quanto era necessario».
Una cameriera portò loro una bottiglia di spumante e due flûte, quindi li riempì.
«A proposito della tua ragazza, Kendra…»
«Si chiama Kylie» lo corresse secco Nate.
«Sì, be’ non sono molto bravo con i nomi delle ragazze, sai… dicevo, al party dove l’hai incontrata, ho visto che hai incontrato Trip…»
«Non è successo niente di particolare» rispose subito «ci siamo solo salutati; penso che non lo perdonerò mai per quella che ha fatto a Serena, solo per pararsi il culo…»
Chuck fece un cenno d’assenso e chiuse gli occhi, gustando lo spumante. Era una piacevole sensazione quella delle bollicine che scendevano lungo la gola.
«Non ho affatto sonno» sbuffò.
«Io, invece, sono stanco» annunciò Nate «quindi, con permesso, mi farei un sonnellino»
«Come preferisci, Nathaniel, ma prima dammi un parere: come ti sembra la hostess che ci ha fornito da bere? Aveva un davanzale abbastanza fornito?»
Per tutta risposta quello alzò gli occhi al cielo, tanto bastò.
«Dai, sai che le donne in uniforme hanno un certo fascino…»
Sorrise con sguardo malizioso Chuck mentre si alzava dal suo sedile in pelle.
 

Che chi arriva a chi parte, ma io resto sempre qua a seguirvi e a tenervi d’occhio.
Continuate a guardarvi in giro, voglio sapere tutto!
Amatemi e informatemi. XOXO, Gossip Girl.









Puntualissima! Vi sto lasciando con un capitolo un po' più lungo dell'altro per farmi perdonare per la mia assenza che si prolungherà fino al 24 di luglio (il 25 spero vivamente di riuscire ad aggiornare).
Ok, ammetto di aver letto lo spoiler del prete e mi sono detta "replica del 1x08?" XD E poi il nostro prete sarà un personaggio con più intrallazzi di molti abitanti dell'UES, quindi penso proprio che ne vedremo delle belle. Per tutto il resto sto scrivendo e valutando. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Credo di aver risposto a tutti, mi fa molto piacere che non ci fossero dubbi o domande perché non si capiva qualcosa.
Vado a nanna. Bisous, Claudia.

   
 
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