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Autore: Morgana126    10/07/2011    0 recensioni
La cucina fu la sua unica fermata prima della destinazione. Un bicchiere di latte fresco e via, alla volta del cielo stellato.
Prese le chiavi dalla cassa davanti all’ingresso e aprì il portoncino che l’avrebbe portata fuori.
La luna faceva abbastanza luce per non permetterle di cadere con un sacco di patate, ma c’era a darle man forte anche un piccolo lampione all’angolo del suo pezzo di paradiso.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le Stelle ed una Tazza di Latte

 

Sentiva un leggero venticello solleticarle le gambe scoperte.
Provò a coprirsi col leggero lenzuolo, ma continuava a sentire freddo, così decide di alzarsi per chiudere la finestra.
Assonnata, si stropicciò gli occhi, portò le gambe ai piedi del letto per scendere e avviarsi verso la finestra.
I piedi nudi sfiorarono la superficie fredda del pavimento; sentiva distintamente tutta la pianta del piede che veniva carezzata dalla superficie, come in un piccolo massaggio involontario, fresco e rilassante.
Si diresse verso la finestra per chiuderla, quando si fermò un attimo a guardare il cielo stellato.
Viveva nella periferia della città, perciò vi era poca illuminazione, con la conseguenza che le stelle erano le sue amiche più strette, che la cullavano la notte prima di andare a letto, con la loro timida luce.
La fresca brezza primaverile le fece passare il sonno, così decide di scendere in giardino a farsi una chiacchierata con le sue migliori amiche. Magari Morfeo sarebbe venuto a prenderla per portarla con lui nel mondo dei sogni: mondo molto interessante, se si escludevano certe creature grottesche.
Si infilò un paio di pantaloncini e una giacca di cotone, il minimo indispensabile per non sentire troppo freddo, ma neanche per avere troppo caldo.
Fece di corsa le scale, non vedendo l’ora di sfiorare col le dita l’erbetta fresca.
La cucina fu la sua unica fermata prima della destinazione. Un bicchiere di latte fresco e via, alla volta del cielo stellato.
Prese le chiavi dalla cassa davanti all’ingresso e aprì il portoncino che l’avrebbe portata fuori.
La luna faceva abbastanza luce per non permetterle di cadere con un sacco di patate, ma c’era a darle man forte anche un piccolo lampione all’angolo del suo pezzo di paradiso.
Le era sempre piaciuto il suo giardino. Era una delle poche cose a cui era affezionata e di cui si prendeva cura, dato che ormai tutto il suo amore per ogni cosa era stato rubato da un ladro professionista.
Ricordava ancora il primo giorno che l’aveva visto.
Si ergeva in tutta la sua altezza in mezzo a tutti i suoi compagni di classe.
Era solo un anno più grande di lei, ma non si sarebbe mai detto, data la stazza.
Andavano nello stesso Liceo e fu per un fortuito caso che si conobbero.
Mai conoscenza le fu più gradita.
Solo dopo pochi mesi cominciò a sentire un vuoto in mezzo al petto, come se le fosse stato asportato il muscolo cardiaco.
Fu per questo che non riuscì ad innamorarsi più di nessun’altro ragazzo.
Non bastò neanche l’esperienza universitaria per farle dimenticare il ricordo di quel ragazzo.
Quello stesso ragazzo che tanto decantava come amico ideale: gentile, simpatico, intelligente e abbastanza atletico da poterla prendere con un braccio e buttarla in acqua.
Talmente tanto intelligente e prestante fisicamente, da riuscire ad entrare nell’esercito.
Furono gli anni più brutti della sua vita.
Gli esami in confronto erano un giro in giostra.
Ma l’eterna paura che potesse perdere un ragazzo del genere nel giro di un giorno o poche ore, era nulla in confronto.
In quegli anni si parlarono molto.
Cercarono di parlare ogni giorno, per quanto lui potesse usare il cellulare, ma non era quello l’ostacolo maggiore.
Il problema era la sua eterna fidanzata.
Non molto ben vista dalla sua famiglia, ma a cui lui era tanto legato, perché fedele ed arrendevole.
La ragazza giusta per un soldato: paziente e una buona matrona di casa.
Quello che sarebbe diventata fra pochi mesi. Per l’esattezza tre mesi e … una settimana.
Perché nonostante i loro continui discorsi e le speranze vane di lei, non servirono ad evitare una simile tragedia.
Quando venne a sapere del fidanzamento, chiuse definitivamente tutti i ponti.
Parlava giusto pochi volte con la sorella, con cui condivideva una bellissima amicizia; ma evitava sempre di incrociarlo anche per sbaglio: il dolore sarebbe stato insopportabile.
Fu con quel tristi pensieri che si poggiò al tronco del suo amato arancio con in mano il tazzone ricolto di latte freddo.
Fu sempre con quei pensieri che guardava le stelle e pregava in un miracolo. Anche piccino, ma che l’avrebbe salvata dalla deriva.
Era ormai diventata una donna affermata.
Aveva coltivato un piccola passione nata dopo tante e tante canzoni ascoltate durante gli anni.
Si era accorta che la strada giusta non era medicina o qualsiasi cosa riguardasse la scienza.
La sua strada era la musica, quella che l’accompagnava in ogni luogo, in ogni lacrima e in ogni sorriso.
Fu con questi pensieri che si avviò nel mondo che aveva sempre segretamente sognato, diventando una discografica d’altri tempi.
La più giovane, a detto di Rolling Stone, che un anno prima le aveva dedicato un lungo articolo.
Inutile dire che la copertina finì incorniciata e appesa al muro della sua camera.
Ma realizzare i suoi sogni, non le aveva permesso di avere ciò che più voleva al mondo: Lui!
Una vita con lui!
Era l’unica cosa che l’avrebbe resa completa.
Bevve un sorso dalla tazza del suo gruppo preferito, i Beatles, e tornò a guardare il cielo.
I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore di un motore di una macchina proveniente dall’angolo della sua strada.
Non volendo correre rischi, si alzò velocemente e ritornò in casa, guardando fuori dallo spioncino del portone.
In quella zona c’era solo la sua casa. Aveva preferito un luogo tranquillo e pacifico, dopo aver sfondato nel mondo della musica, dato che i giornalisti non le davano pace, perciò presumeva che, chiunque dovesse essere o era di passaggio o era lì apposta per lei.
Vide una Fiat fermarsi davanti al suo vialetto.
Il respiro le si fermò in gola quando vide che era Lui che scendeva dalla macchina.
L’ultima persona al mondo che voleva vedere al momento.
Aveva i capelli scompigliati e la camicia mezza aperta: un disastro.
Ma un disastro maledettamente bello.
Distolse lo sguardo scivolando verso il pavimento, percorrendo con la schiena tutta la porta.
Non ci poteva credere.
Non era Lui che doveva presentarsi in quel momento. Non poteva semplicemente essere.
Era un incubo!
Dopotutto quello che aveva passato, e che ancora passava, non voleva saperne di vederlo.
Una lacrima testarda e capricciosa stava per uscirle dalla gabbia delle ciglia, quando sentì che suonava il campanello.
Non voleva aprire. Fece forza alle gambe perché rimanessero inchiodate al pavimento, ma senza che se ne rendesse conto, si trovò in piedi e con il dito che premeva sul pulsante di apertura.
Aveva davvero pieno controllo delle sue azioni, questo era evidente.
Si asciugò frettolosamente quella lacrima traditrice e aprì la porta, prima che lui potesse arrivarci.
Si fermo a tre passi dalla porta a guardarla.
-Cosa ci fai qui?-
Rimase in silenzio continuando a guardarla con gli occhi leggermente sgranati.
-L’ho fatto!-
Lei fece finta di non capire.
-Cosa hai fatto, di grazia?-
-Lo sai perfettamente. L’ho lasciata!-
A tre mesi e una settimana dal matrimonio, lascia la fidanzata.
Certamente.
-Non ti credo.-
Come se si fosse ridestato, ricoprì la distanza che li separava con poche falcate e le fu di fronte in tutta la sua altezza.
Le portò davanti agli occhi un pugno e, aprendolo, rivelò due fedine.
-L’ho fatto.-
Si accorse solo nel momento in cui lui alzò l’altra mano a sfiorarle la guancia, che era rigata di lacrime.
Non sapeva esattamente quando il suo corpo aveva smesso di rispettare i suoi ordini e le lacrime erano uscite prepotenti dagli occhi.
Ma non gli importò.
Più lo guardava e più tutto le sembrava irreale.
Non poteva essere vero.
Il cuore le scoppiava in petto, come se in quel preciso istante avesse deciso di ritornare al suo posto dopo ben sei anni.
Lui fece cadere le fedine sui gradini del portico e si avvicinò ulteriormente per eliminare la distanza bruciante che li separava.
Poggiò una mano sul bacino minuto e l’altra la immerse nei morbidi ricci.
Avvicinò il viso al suo per suggellare una promessa mai fatta, ma pensata intensamente.
Una dolce promessa che aleggiava sulla sue labbra morbide. Una promessa che in quel momento si divise perfettamente fra le loro labbra.
Nel momento esatto in cui sfiorò quei petali rosa, capì che le sofferenze erano cessate, che c’era ancora una speranza per poter vivere felice.
Lui si separò leggermente dal suo viso per guardarla negli occhi e dare voce a quella promessa:
-Sei mia!-
 
********
Si svegliò di soprassalto sentendo le labbra bagnate e il latte freddo che si era versato sui pantaloncini.
Accorgendosi solo in quel momento che Morfeo le aveva fatto un piccolo regalo.
Una cosa che non sarebbe mai successa nella realtà.
Le aveva donato uno sprazzo di felicità, per poi negarglielo subito dopo.
La felicità non era contemplata nella sua vita.
Doveva continuare a condurre la sua vita, come ogni giorno, senza darsi troppe pene.
Si asciugò le maledette lacrime dal viso, prese saldamente la tazza e le chiavi e rientrò in casa.
Mentre  poggiava la tazza sporca nel lavandino, diede un occhiata all’orologio.
Erano le 5 del mattino.
Aveva ancora a disposizione due ore per cercare di dormire, dopodiché la aspettava un viaggio per Milano, dove avrebbe cominciato ad incidere il nuovo album del gruppo che aveva lanciato sul mercato da circa un anno.
Era la sua vita: la musica.
L’unica cosa che l’avrebbe tenuta attaccata alla vita. La sua unica speranza.
Con il fantasma di un sorriso sinceramente felice, si tolse i pantaloncini macchiati di latte e la giacca e ritornò a letto.
Un nuovo giorno stava per affacciarsi davanti ai suoi occhi,
Un nuovo giorno senza di Lui.
Un nuovo giorno anche per la sua fidanzata, con Lui.
Tre mesi e 6 giorni mancavano per una nuova vita, definitivamente senza di Lui.
Per sempre.

 
 
 
   
 
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