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Autore: Selene Black    10/07/2011    1 recensioni
Ginevra, una ragazza italiana, nei dintorni di Londra. Uno scontro particolare, reale, che cambia lentamente la sua vita.
"- Ah … - diede un ultima controllata in giro e, soddisfatta, ebbe finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi. –vuoi qualcosa? Un tè?-
- Veramente preferirei un caffè – stava osservando quel trilocale con aria interessata e si accorse solo dopo un po’ che lei lo stava fissando in cagnesco, come dire: se sei venuto per essere servito, fai prima a portare il tuo bel culo reale fuori di qui.
"Ma sono davvero un idiota allora" Diventò ancora più rosso del solito quando disse: -Scusa, cioè.. quello che vuoi, non volevo…ehm… un bicchiere d’acqua va benissimo.- “Com’è che riesce sempre a sconvolgere i miei piani?”." (Tratto dal capitolo 5)
[Harry del Galles + nuovo personaggio]
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Preferiamo tenerla qui ancora un giorno. È molto debole e spossata. Inoltre non sappiamo con certezza come reagirà il suo corpo, perché varia da donna a donna.-
Harry alzò gli occhi, ancora intorpidito. Will era sveglio, in piedi accanto al letto, e le parole di un dottore fermo sulla porta erano rivolte a lui.
-Certo. Grazie.- rispose infatti il suo fratellone, in condizioni visibilmente migliori rispetto a ieri. “Il poco sonno che ti sei concesso ti ha fatto bene eh.” A lui invece sembrava aver fatto l’effetto contrario. Si sentiva schiacciato, le ossa e i muscoli doloranti, le palpebre pesanti. Okay, aveva appreso che le scomode seggiole di plastica degli ospedali non sono il massimo per dormire. Non si sforzò nemmeno di cercare una faccia da intelligente quando guardando il fratello biascicò un “Buongiorno”. William gli girò e gli sorrise, nonostante dalla sua espressione trapelasse ancora la stanchezza.
-Ehi, ci siamo svegliati finalmente eh?- gli disse squadrandolo un po’, e cominciando a ridacchiare.
“Ho qualcosa fuori posto?” pensò stiracchiandosi e sbadigliando sonoramente e guardando distrattamente il letto. Le lenzuola erano stropicciate e la sua sorellona stava dormendo pacata, facendo alzare il tessuto bianco a ritmo del suo respiro. Tutto tranquillo. Richiuse un attimo gli occhi, per cercare la forza per alzarsi e fare qualcosa, e soprattutto allontanarsi da quella stupida sedia che lo aveva reso un mucchietto di ossa e muscoli doloranti.
“Aspetta” come se gli fosse suonata una sirena d’allarme nella mente silenziosa aprì gli occhi. Aveva passato ogni istante in cui non era riuscito a prendere sonno a guardarla. La pelle pallida alla luce fioca delle lampade sempre accese nella stanza dell’ospedale. Il suo respiro l’aveva tranquillizzato, come una ninna nanna. “Dove cavolo è Gin?”
William stava ridendo da un pezzo quando qualcuno alle spalle del principino non riuscì più a trattenersi e unì le sue risate cristalline alle altre, facendo sobbalzare e fermare il cuore a Harry.
Prendendo lentamente coscienza del fatto che Ginevra aveva assistito a tutte le sue performance da prima mattina, si girò e la vide in piedi appoggiata allo stesso muro su cui stava la sua sedia, ma che era stato completamente fuori dalla sua attenzione e dalla sua visuale. Stava ridendo anche lei, teneva una mano sulla pancia e una sulla bocca, probabilmente nel tentativo invano di trattenersi, e lo guardava allegra.
-Buongiorno  principe Henry.- gli sorrise ancora ridacchiando. Almeno aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti.
“Merda. Sarò conciato da sbattere via” pensò, per poi sorprendersene, anche se ormai si aspettava di tutto, dopo aver accertato il fatto di essersi innamorato della ragazza che gli stava di fronte. Si passò una mano tra i capelli e notò che sulla testa aveva una massa indistinta di ciuffi rossastri che sfidavano la forza di gravità e sparavano in tutte le direzioni, provocando le risate di quei due idioti che si ritrovava davanti. “Di bene in meglio”. Il sangue gli salì ancor più del normale sulle guance. Gettò di nuovo un altro sguardo a Gin, che stava commentando il tutto con suo fratello, ma non riuscì più a coglierne le parole. La voce della ragazza gli giungeva come una melodia senza più un senso  compiuto, le sue risate erano squilli allegri.
Non riusciva a muoversi, non aveva più il controllo sul proprio corpo, sul proprio sguardo che indugiava sul viso splendido di lei, lasciando perdere tutto ciò che c’era intorno.
I capelli erano scompigliati e i riccioli tutti intricati, li aveva raccolti in una coda mezza sfatta. Sotto gli occhi erano accennate ombre più scure, le occhiaie per la nottata passata. Aveva i suoi difetti, splendidi lo stesso.
“Non dovrei…” ma non riusciva a smettere di ammirarla, nemmeno quando lei si girò e i due sguardi si fusero. Si ritrovò ancorato agli occhi di Gin, due pozzi verde-marroni in cui stava precipitando in caduta libera. Deglutì a vuoto. La risata che lei aveva tra le labbra si spense lentamente, mutandosi in un timido sorriso, che illuminò la stanza. Harry sentì il proprio corpo essere invaso dal calore, un dolce tepore e una calma improvvisa, mentre dal suo cuore si espandevano le fiamme.
“Ti amo.” Era nudo davanti a quello sguardo, a quegli occhi. Nessuna maschera avrebbe retto mai, non poteva resisterle. E così miseramente era crollato quel secondo Harry che aveva faticato tanto a costruire imponendosi freddezza e indifferenza. Perché continuare a lottare? Perché non mostrarsi per quello che era.
 Poi un lampo di incertezza passò sul viso della ragazza e spezzò l’atmosfera. Come se d’un tratto avesse ripreso controllo del suo corpo e contemporaneamente gli avessero dato la scossa, Harry distolse lo sguardo dalla ragazza e scattò verso la porta, chiedendosi cosa fosse successo di preciso. Si era lasciato in cantare e non aveva pensato a quella marea di motivi che lo avevano spinto a tentare di fermare i suoi sentimenti. Era stato tutto sbagliato.
“Quest’amore è sbagliato.”
Eppure, quell’attimo era stato così piacevole…
Uscì chiudendosi dietro la porta e cominciò a girare per l’ospedale riordinando i pensieri.
 
 
“Cosa diavolo è successo?”
Gin guardò completamente imbarazzata verso William, che le rivolse come un occhiata di rimprovero e poi tornò a guardare la moglie, serio e pensieroso. Si sentì avvampare completamente per la vergogna. Ma cos’era saltato in mente al suo principino?
“E cos’è saltato in mente a me?”
Era successo così tutto all’improvviso, un attimo prima stava ridendo con William perché si era trovata davanti un Harry appena svegliato, con gli occhi gonfi e i capelli carota arruffati che lo avevano fatto sembrare un tenero bambino, se non fosse stato per la barba che non veniva tagliata già da un paio di giorni.  Neanche una manciata di secondi dopo si era sentita sondata dallo sguardo del principino, e quando si era girata non era più riuscita a muoversi. La stava guardando, ma non come al solito. Sembrava il primo Harry che aveva conosciuto, quello che le aveva fatto perdere la testa, che le sorrideva e che si sentiva un po’ in colpa per averla quasi uccisa, che l’aveva portata a un ballo e che si era preoccupato per lei. E ora gli stessi occhi azzurri, non più di ghiaccio, si stavano perdendo nei suoi. E si sentiva immensamente felice, perché ogni scudo che si erano interposti a vicenda era scomparso, e il rossore che vedeva sulle guance di lui sembrava essere reale. Sorrise. Perché non buttarsi, perché non tentare una pazza impresa? Se si fosse sentita così tutto il tempo, se fosse successo di più che uno sguardo pazzesco, che sensazioni avrebbe sentito? Altro che paradiso.  In fondo al suo cuore una piccola speranza si accese, e per la prima volta ammise tra sé quello che negava da tempo. Era innamorata. Niente cotte adolescenziali o cose del genere. Lo amava. Poi le mancò il coraggio. Poteva davvero essere così masochista? Il dolore la aspettava dietro l’angolo, ne era sicura, figurarsi poi quanti impedimenti c’erano all’amore tra lei e il principino. Forse le si era letta in faccia l’incertezza, perché proprio in quel momento la magia finì e in pochi secondi Harry si era alzato ed era uscito.
E lei era rimasta lì come un’idiota, immobile, a fissare il vuoto dove prima c’era il rosso.  Poi si era accorta dello sguardo di rimprovero di William e aveva abbassato la testa, sconfitta. Si era illusa?
Decise di cercare di ficcare in un angolino nascosto della sua mente tutto ciò che era successo e cercare di non pensarci per non rovinarsi il resto della giornata. Si staccò dal muro e si avvicinò al letto. Non riuscì a scusarsi con William, probabilmente prima lo avevano messo proprio a disagio.
-Quando pensi che potrà tornare a casa?- chiese invece.
Lo scambio di sguardi era bello che sepolto, la giornata doveva ricominciare in modo migliore.
 
Erano le nove di sera, e Gin era sulla porta della stanza d’ospedale, indossava la giacca e si dondolava sulle punte, irrequieta.
“Come hanno fatto a convincermi?” lanciò un occhiataccia alla coppia che si trovava davanti. Kate era stesa a letto, ancora pallida e debole, aveva passato gran parte della giornata a dormire, ma avevano anche scambiato qualche parola. Will era stato sempre al suo capezzale, riempiendola di attenzioni, se non per pochi minuti di telefonate. E ora la fissavano con strani sorrisetti. Lei rispose con uno sbuffo esasperato.
-E dai Ginny, si tratta solo di una sera, domani torneremo a casa anche noi.- ammiccò Kate.
-Guarda che non è questo che mi preoccupa!-disse offesa, cercando di mascherare tutto il suo imbarazzo. E che mi sento agitata a lasciarti qui da sola. Cioè c’è sempre Will ma..- si rese conto di essere arrossita violentemente. Discutere con loro non aveva senso.
-Possiamo andare?- la voce profonda di Harry la fece sobbalzare. Era serio, e aveva evitato il suo sguardo tutto il giorno.
“Diamine, come ho fatto a cacciarmi in una situazione simile?”
-Sì- rispose senza voltarsi e gettando un ultimo sguardo supplichevole ai due. Loro ripresero a ghignare.
-Buona notte, allora.- disse con acidità. Loro se ne sarebbero stati lì tranquilli e lei avrebbe dovuto sorbirsi tutto il viaggio di ritorno e un’intera nottata allo chalet da sola con Harry. Maledetti sposini.
 Il piano era quello di barricarsi in camera sua appena arrivati, quindi quello che la preoccupava era il viaggio in macchina.
Will e Kate li salutarono sorridendo e augurando una buona notte e lei si voltò, a seguire Harry, che le mostrava le spalle larghe. Cominciava la tortura. Non che fino a quel momento l’avesse trattata male, ma anzi, la considerava appena, facendole pensare di essere o imbarazzato o, cosa molto più probabile, arrabbiato. Forse quella mattina aveva esagerato.
Arrivarono al parcheggio dell’ospedale, Harry si era fatto preparare una macchina, nera e tirata a lucido. Salirono e subito lui mise in moto. Non si scambiarono neanche una parola. Gin passò la maggior parte del tempo a guardare fuori dal finestrino le luci della strada e dei paesi che brillavano nel buio. Il cielo era scuro e nuvoloso, non si vedevano né stelle né la luna, ma in lontananza si vedevano le schiarite di alcuni fulmini. Harry guidava silenzioso, ma a un certo punto allungò il braccio e accese la radio e la musica invase l’abitacolo. Dopo aver vagato su strade sconosciute per un po’ Gin riconobbe il vialetto che portava allo chalet.
-Forse dovremmo fermarci da Blame e fargli sapere un po’ come stanno le cose. Sembrava preoccupato ieri, al telefono.- ruppe per prima il silenzio, la voce bassa. Avrebbe voluto sembrare forte e sicura, ma la verità era che si sentiva stanca per la giornata dura, per il dolore, stanca di resistere, di tutto. E anche il capo delle guardie del corpo dei due sposi se ne era accorto quel pomeriggio, quando era stata lei a rispondere alla sua chiamata. Blame aveva inviato due dei suoi all’ospedale, ma non gli era stato permesso di andare di persona, e questo lo aveva reso inquieto e aveva aumentato la sua preoccupazione, ma lei era riuscita a rassicurarlo un po’.
-Si, hai ragione.- le rispose il principino, con un tono stanco a sua volta. Voltò nella strada sterrata della dependance e vi si fermò davanti. Blame probabilmente gli aveva già visti arrivare, perché uscì quando loro non erano neanche scesi dalla macchina e si avvicinò facendo segno di non scomodarsi per poi picchiettare sul finestrino. Era teso e preoccupato, e così serio con la sua mole immensa fece quasi paura a Gin.
Il principino abbassò il finestrino.
-Ehi orsacchiotto- Gin sorrise allo stesso soprannome che usava Kate e che Harry aveva adottato. –Sembri preoccupato- ridacchiò il rosso.
-Scherzi? Come sta?- rispose l’altro scuro in volto.
-Bene, si sta riprendendo. E comunque non credo che ci vogliano rinunciare-
A queste parole Blame espose nuovamente il suo splendente sorriso, e si rilassò rincuorato.
-Bene. – disse soddisfatto, poi si sporse per vedere Ginevra, seduta sull’altro sedile.-‘Sera signorina, sono riusciti a convincerti a tornare con la “furia rossa” eh? Almeno voi riposerete tranquilli qui a casa.-
-Ciao Blame.- disse lei e finse di spararsi alludendo alla serata col principino che le dava le spalle.
Il grande uomo nero scoppiò a ridere e diede una pacca sul cofano della macchina:
-Via, via. Porta la signorina al sicuro Harry.- e ritornò verso la dependance continuando a ridere come un pazzo.
Grosse gocce cominciarono a segnare i vetri dell’auto.
 
Era riuscito a non saltarle addosso per tutta la durata del viaggio, e si sentiva orgoglioso di sé.
Per Harry era stato difficilissimo sopportare quell’ora passata con lei in uno spazio così ristretto dopo quello che era successo quella mattina. Si sentiva attratto da lei ancora più di prima nonostante avesse cercato di ricomporsi e di tornare ad indossare la “maschera”, ma nessun tentativo gli era riuscito. Ora finalmente stavano uscendo dalla macchina, dove gli era sembrato di impazzire tanto gli pareva che il profumo di vaniglia della pelle di Ginevra fosse forte, e altrettanto invitante. Fecero una corsa verso la porta, cercando di evitare il più possibile le enormi gocce di pioggia che cadevano pesantemente a terra. Quando entrarono però entrambi erano bagnati, non completamente inzuppati ma ci erano andati vicini. Lei gli sorrise imbarazzata e si strizzò i capelli bagnati, che gocciolarono allargando le pozze che si stavano fermando ai loro piedi.
-Ehm… forse è meglio che ci cambiamo e..- abbassava in continuazione gli occhi, lui non riusciva mai a cogliere un suo sguardo, né si impegnava a farlo. -..e andiamo a dormire eh? Sono spossata..-
Harry non riuscì a fare molto, mentre sperava che si allontanasse più velocemente possibile da lui, e mugugnò qualcosa in risposta, per poi restare a guardarla che, un po’ alterata da quella sua maniera di rispondere, saliva le scale. Deglutì mentre se ne stava impalato a fissare la schiena coperta dal maglione blu chiazzato, e quei fianchi fasciati dai jeans che ondeggiavano.
“Devi starle lontano.” Si ripeté di nuovo per cercare di controllarsi, e si avviò anche lui su verso la sua stanza per vedere scomparire Gin in bagno.
Quella ragazza gli stava rendendo la vita veramente difficile. Prima il senso di colpa per averlo quasi uccisa, quel senso di inquietudine quando si era sentito attratto da lei, la fatica di cercare di allontanarla da sé con quei toni freddi, la tristezza e ora il dolore quasi fisico per la sua lontananza, nonostante fosse nel bagno che si trovava proprio tra le loro due stanze. Sospirò mentre si buttava sul letto, era distrutto e cercò di riposare un attimo, pur non avendo sonno. Quando sentì la porta del bagno aprirsi e poi quella della stanza di Gin chiudersi, si ricordò di essere zuppo, e prendendo una maglietta e un paio di pantaloni della tuta andò in bagno anche lui. Si liberò dei vestiti bagnati e esitò un attimo prima di buttarli nella cesta. Vedeva i vestiti della ragazza, quelli che lei aveva appena tolto. Con un moto di stizza gettò i suoi abiti e sbatté il coperchio della cesta. Sì appoggiò al lavandino, stringendo rabbioso e impotente le mani sul bordo di marmo.
“Stai anche diventando paranoico.”
Dopo essersi sciacquato più volte il viso con l’acqua gelida sembrò aver ripreso il controllo di sé e ,indossati i vestiti asciutti uscì dal bagno camminando lentamente e scuotendo con una mano i capelli ancora umidi.
Quando però senti schioccare la porta della stanza di Gin si immobilizzò di colpo girandosi leggermente in quella direzione. Lei stava uscendo, sporgendosi timidamente. La osservò, era a piedi nudi e le gambe erano scoperte fino ai corti pantaloncini che portava, allo stesso modo la canottiera non copriva le spalle, dove si poggiavano morbidi i boccoli un po’ bagnati. Dire che era arrossita è poco, le guancie erano color pomodoro maturo e sembrava accaldata. Si avvicinò a lui a piccoli passi, attenta a non alzare mai lo sguardo.
Harry si accorse di essere teso come una corda di violino, abbassò il braccio e poi non mosse più un muscolo, trattenendo addirittura il respiro.
-‘Notte.- sussurrò lei prima di alzarsi sulle punte e schioccargli un bacio sulla guancia, per poi ritirarsi veloce come i lampi che illuminavano a tratti la casa mentre il temporale imperversava.
Ma si bloccò, rimbalzando indietro di colpo, sbattendo quasi violentemente sul suo petto.
L’aveva tirata a sé, l’aveva fermata stringendole un braccio, agendo d’istinto, fulmineo e scattante, senza nemmeno avere il tempo di riflettere, e lei era stata trascinata come un esile giunco scosso dal vento. La sentiva, calda contro il suo corpo. Non pensava più, la mente era completamente svuotata, aveva ceduto a quell’istinto che aveva da tempo. Abbassò il capo, alzandole delicatamente il mento con la mano libera e si fiondò vorace sulle sue labbra, chiudendole nelle proprie. Erano così morbide, così calde e accoglienti, il profumo di vaniglia lo inebriava, e finalmente i suoi occhi trovarono quelli di lei. Vi lessero paura e cercarono di trasmettere tutta la rassicurazione e il desiderio che aveva. La strinse ancora più a sé scendendo con la mano sulla schiena, mentre si appoggiava con le spalle al muro. Portò l’altra mano dietro lì orecchio di lei, la sfiorò come se fosse un delicato fiore, da proteggere. Poi vide gli occhi verde-marroni chiudersi, sentì le dita di lei che risalivano lentamente  sulla sua nuca, i polpastrelli leggeri e poi possessivi che lo fecero percorrere da brividi di piacere. Gli strinse i capelli avvicinandosi ancora di più, sentì il
corpo bollente della ragazza spingere verso il proprio mentre le sue labbra si schiudevano. Gin stava rispondendo con una passione inaspettata al bacio. Era nel più bello e caldo e sensuale e meraviglioso e indescrivibile paradiso.


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Appena tornata dalla Croazia, finalmente trovo interneeeet e posso pubblicare quello che ho scritto viaggiando per le bellissime isole croate.
Spero che vi sia piacuito,(fatemelo sapere nelle recensioni, le aspetto w.w) perchè ogni volta che lo rileggo mi viene voglia di modificare qui, ritoccare là e...combino pasticci, bah. Alla prossima, grazie a tutte *_*

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