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Autore: SunshineEmily    10/07/2011    7 recensioni
Brevi componimenti riguardanti Blair ed il suo disturbo alimentare.
“A una relazione deludente con la vita e con chi le sta vicino, fa eco un rapporto altrettanto, per così dire, fallimentare con l’alimentazione: chi è affetto da bulimia si arrende all’istinto quasi meccanico di autodistruzione, che lo porta a ingerire quantità notevoli di cibo, fino a farsi invadere da quest’ultimo.”
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Silence is a girl's loudest cry
Autore: SunshineEmily
Personaggi: Blair Waldorf
Summary: Brevi componimenti riguardanti Blair ed il suo disturbo alimentare.

Note dell'autore: Ecco il quarto capitolo, perdonate l'attesa, spero possa essere di vostro gradimento. Sarò come sempre lieta di rispondere a vostre eventuali perplessità, commenti e critiche costruttive sono ben accetti. Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite e continuo ad esortare tutti i lettori silenziosi a farmi sapere il loro parere, nel bene e nel male. Un grazie speciale ovviamente a tutte le ragazze che mi seguono e che ogni volta con le loro recensioni mi riempiono di gioia^^
Nota1: è una frase detta da Blair nella puntata 1x08 Seventeen Candles.

Silence is a girl’s loudest cry


“La bulimia è un grido estremo, una modalità compulsiva di comportamento messa in gioco al fine di rivendicare un bisogno propriamente umano di comprensione, ascolto, amore.”

 

4) Sometimes I need you… And you are not there.





“Orsacchiotta, devo andare. Lo capisci, vero?”

No, non riesci a capirlo. Non riesci a comprendere le motivazioni che lo stanno spingendo ad andarsene via, lontano da te.

La figura esile di tua madre si frappone fra i vostri corpi ma è solo un frammento di secondo, poi scompare come una furia su per la scalinata di marmo.

Corre dai suoi antidepressivi, sfugge dallo sguardo di tuo padre, si smaterializza dalla tua vita.

“Sì, lo capisco.”

Ma è così doloroso accettarlo.


 “Ti scriverò, telefonerò ogni giorno, mi farai vedere i tuoi nuovi acquisti tramite la webcam..”

“Ti ha insegnato Roman ad usarla?”


Cogli il disagio nel suo sguardo; era ovvio che fosse opera di quello sfascia famiglie, tuo padre non sarebbe stato in grado nemmeno di accenderlo un computer, prima.

Prima quando ancora era tuo padre e non il fidanzato di un modello francese di trentuno anni.

“Mi dispiace, Blair.”

“Ti prego non andartene, non ce la faccio senza di te.”


Un rigagnolo salato scende ad inumidirti la rosea guancia, il tuo corpo viene investito dal calore quasi ustionante trasmesso dall’abbraccio saldo e rassicurante di tuo padre.

“Sarò sempre qui per te, orsacchiotta. Sempre.”

Un bacio fugace poggiato sulla tua nivea fronte e un Ti voglio bene sussurrato con un filo di voce; Harold non c’è più.

Un singhiozzo sfugge dalle tue labbra, il dolore è troppo lacerante questa volta perché tu riesca a comprimerlo dentro di te.

Con passo deciso ti avvii verso la sfarzosa camera dei tuoi genitori, quella che prima era la stanza dei tuoi genitori, Blair; ora è solo una camera troppo grande e troppo vuota per quello scricciolo autoritario che è tua madre.

La trovi sdraiata sul letto, intenta ad osservare con occhi assenti e spenti il soffitto bianco.

“Stai bene?”

Nessuna risposta.

“Mamma.”

La vedi sospirare sommessamente, alzarsi e, strascicando i piedi nudi sul freddo pavimento, posizionarsi ad un palmo dal tuo viso; un po’ ti intimorisce.

Non dice nulla, ti scruta solamente.

Inizia ad accarezzarti lentamente i capelli, le braccia … Ferma la sua mano sul tuo ventre, chiude in una piccola morsa un po’ della tua carne e un sorrisetto sbieco si impossessa delle sue labbra sottili.

“Hai preso due porzioni di dolce, eh?”

Ti vede boccheggiare, incapace di realizzare una frase che possa giustificare il tuo comportamento, ti vede vulnerabile, ti vede sbagliata.

“Si nota da morire.”

Un sibilo a denti stretti, il sibilo di una vipera, poi i suoi occhi crudeli scompaiono lasciando il posto allo scuro marrone del legno della porta.

Il rumore ti fa sobbalzare, poggi una mano sul tuo cuore e conti almeno dodici battiti in più di quelli che dovrebbero esserci al secondo.

Mentre le lacrime ormai scivolano sulle tue gote, cadendo inesorabilmente sulla camicetta di chiffon e macchiandola rovinosamente di mascara da quaranta dollari, pensi che la odi: la odi con tutta te stessa.

E’ colpa sua se Lui se n’è andato perché tuo padre era un uomo troppo innamorato dell’amore per restare incastrato tutta la vita in un matrimonio dove l’assenza del sentimento era più che avvertibile.

E’ colpa sua perché Eleanor non ha la più pallida idea di cosa significhi amare qualcuno.

E’ solamente colpa sua se ora, dopo sei mesi, sei di nuovo chiusa a chiave tra le pareti rosa del bagno della tua stanza, l’acqua del rubinetto che scorre e il ghiaccio nel cuore.
 

 
“Questa è la segreteria telefonica di Harold e Roman, non siamo in casa ma se uscite per negozi ci troverete sicuramente da Harry Winston. Lasciate un messaggio e sarete richiamati!”

Interrompi la chiamata e sbatti con rabbia il telefono sulle mattonelle del bagno.

Sono passati otto mesi dall’ultima volta che l’hai visto, una settimana dall’ultima volta che hai ascoltato la sua voce.

Possibile che si sia scordato di te?

Lui non lo farebbe1.

“Perché non vuoi accettare la realtà: ci ha lasciate, se n’è andato.”

Ricordi le parole di tua madre.

Realizzi a malincuore che forse ha ragione.

E’ andato via, vi ha lasciate, ti ha lasciata.


 
“Papà, papà!”

“Blair, tesoro, cos’è successo?”

“Ho fatto un incubo terribile, sembrava vero!”

Harold ti guarda con un sorriso bonario stampato in volto e con la grande mano ti scompiglia delicatamente i piccoli boccoli castani.

“Cos’accadeva nel tuo incubo?”

“Ero andata a dormire e tu come ogni notte mi avevi rimboccato le coperte e letto un paragrafo del libro sulla vita di Audrey Hepburn.”

“Fin qui sembra un bel sogno, amore.”

“Poi la mattina mi svegliavo, sentivo la mamma piangere, correvo a cercarti perché mi aiutassi ma tu non c’eri.”

Con la manina gli fai capire che deve avvicinarsi per poi bisbigliargli nell’orecchio: “Eri scappato via da noi e avevi lasciato un biglietto che diceva che non saresti mai più tornato e che non mi avresti mai rivelato l’ingrediente segreto della ricetta della tua torta di zucca!”

A quel punto tuo padre scoppia in una fragorosa risata che fa sorridere anche te, ti tiene stretta in un abbraccio carico d’amore.

“Io non ti lascerò mai, orsacchiotta. Mai.”

Occhi che brillano di tante speranze.

“Promesso?”

Sorriso carico di miele.

“Promesso,”, giura pizzicandoti il nasino all’insù.



 
Ora, con la testa poggiata alla tazza del bagno, le lacrime agli occhi, i boccoli scesi e l’anima ridotta in brandelli, non puoi non ripensare a quel giorno e a quella promessa.

Questa volta non puoi non colpevolizzarlo almeno un pochino, Blair.

Un debole sussurro coperto da un successivo straziante singhiozzo.

“Avevi detto che non te ne saresti mai andato.”

Mai.
 
 Da quando mai ha un tempo di scadenza? 
 

  
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