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Autore: Sacu    10/07/2011    2 recensioni
"...chiuse solo gli occhi per qualche istante per ricordarsi perché era lì. Molti la consideravano una creatura reietta, figlia di un Elfo e di una Loreley, una strega dell'acqua; dicevano che i suoi capelli verdi erano simbolo di sfortuna e dannazione. Volevano deriderla, umiliarla, qualcuno addirittura ucciderla! Per questo era lì, per dimostrare loro di essere fiera di ciò che era e di non avere paura... col solo scopo di di farla elevare agli occhi di tutti da creatura maledetta a eroina...
Se era lì era esclusivamente per suo padre, il quale sperava di annullare l'emarginazione degli Elfi nei loro confronti."
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il Re Naqada dava in sposa sua figlia Nepri per suggellare il tanto atteso patto di amicizia col Regno del Principe Davkas. I loro confronti sul campo commerciale erano sfociati da qualche anno in vere e proprie lotte che infestavano le Isole di Giada, con grande felicità dei pirati che sfruttavano la situazione per arricchirsi. Essendo Iriu un mondo pacifico ed essendo le suddette Isole il fulcro delle rotte commerciali, molti si erano opposti a questi atti atroci e avevano aiutato i due Regni nel trovare una soluzione pacifica; soluzione che stava per concretizzarsi nell'unire in matrimonio i due Principi.
Come ultimo tentativo di rivalsa, Naqada aveva organizzato nei minimi dettagli la più grande festa mai vista nel Continente Orientale e aveva invitato solo i più importanti esponenti delle varie famiglie reali di tutto il mondo. Dopo due anni di attese e preparativi, il Re accolse i suoi ospiti in un grande palazzo realizzato appositamente da Nani, Uomini e Jinn sotto la sorveglianza di un Mastro Costruttore Gigante. Il risultato non poté che essere una meraviglia!
L'immensa struttura ad un solo piano era completamente in sabbia: l'esterno con le sue piccole guglie, colonnine e le ampie bifore, ma anche l'interno con pareti, colonne, letti e persino i mobili! Il tutto rivestito da tappeti e tendaggi raffinati che coloravano il palazzo con mille sfumature diverse rendendo l'ambiente vivace.
La materia prima non era certo mancata: il palazzo, delimitato nella parte posteriore da uno strapiombo che dava sul fiume Naharal, si trovava a ridosso del deserto che ne rappresentava l'unica via di accesso; questo perché Naqada pensava che i suoi ospiti, provati dal lungo viaggio, una volta arrivati avrebbero apprezzato ancora di più l'ospitalità del Re che di certo non si era risparmiato nel preparare ogni genere di confortevolezza. Tutto, pur di essere ammirato.
I festeggiamenti si sarebbero protratti per tre notti. Innanzitutto trattandosi dell'Ottavo Mese la temperatura era insopportabile di giorno ed era comunque necessario aspettare il calar del sole per qualsiasi attività; inoltre in quel particolare periodo dell'anno in cielo erano visibili le stelle cadenti e proprio in quell'occasione avveniva uno spettacolo unico, ai limiti tra scienza e magia: come per replicare l'incantesimo degli astri, dalle acque del fiume Naharal si alzavano delle piccoli luci che levitavano fino al cielo come piccole stelline. Una visione troppo emozionante e troppo romantica perché la Principessa potesse rinunciarvi.

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In quell'ampio salone, Sophelia si sentiva a disagio nel vedere quanti sorrisi di circostanza erano in grado di sfoderare i rappresentanti dei vari casati reali; così tanta falsità insieme era decisamente imbarazzante e la cosa peggiore era che si pretendeva lo stesso da lei.
“Padre, vi prego, ripetetemi ancora una volta perché siamo qui!”
Ma l'Elfo non la sentì, era impegnato a conversare con un Principe del Continente Settentrionale. La serata era appena iniziata e lei era di pessimo umore.
Frustrata dalla mancanza di attenzione si diresse verso lo strapiombo per osservare il fiume e cercare di calmarsi; l'acqua aveva sempre quell'effetto su di lei e poi il fiume Naharal durante l'estate era in piena e straripava allagando le sue coste rendendole pronte per la semina. Nonostante la luce delle due lune, Sophelia non vedeva la fine di quella distesa d'acqua e le sembrava di essere in cima a una scogliera su un mare calmo. Rimase a contemplare l'immagine delle stelle riflesse fin quando non percepì una presenza alle sue spalle.
“Allora è vero quello che avevo sentito dire! Hanno avuto il coraggio di invitare una lurida creatura come te!”


Sophelia non si mosse, chiuse solo gli occhi per qualche istante per ricordarsi perché era lì. Molti la consideravano una creatura reietta, figlia di un Elfo e di una Loreley, una strega dell'acqua; dicevano che i suoi capelli verdi erano simbolo di sfortuna e dannazione. Volevano deriderla, umiliarla, qualcuno addirittura ucciderla! Per questo era lì, per dimostrare loro di essere fiera di ciò che era e di non avere paura. Suo padre l'aveva addestrata nell'arte del combattimento e nell'utilizzo di incantesimi naturali fin da quando era bambina col solo scopo di di farla elevare agli occhi di tutti da creatura maledetta a eroina. E con grande impegno da parte di entrambi ci stava riuscendo.
Per questo avevano partecipato a quel matrimonio. Lei non ne sentiva la necessità, sapeva chi fosse e quanto valesse, come d'altra parte era assolutamente schifata dalla maggior parte delle persone presenti, falsi e ipocriti che non avevano mai neanche acceso un semplice fuoco da soli in tutta la loro vita. Se era lì era esclusivamente per suo padre, il quale sperava di annullare l'emarginazione degli Elfi nei loro confronti. Avevano discusso a lungo prima di trovare un accordo: si sarebbe sì vestita con un abito femminile ma di colore azzurro intenso in modo che le risaltasse il colore dei capelli (non voleva che pensassero che se ne vergognasse) e non avrebbe ballato (d'altronde nessuno le aveva mai insegnato); inoltre la sua spada, Fée Verte, dato che non era concesso di portare armi nel salone, la notte sarebbe stata custodita dalla sua fenice, Sahura; e infine questa durante il giorno avrebbe potuto volare libera come e dove più le aggradava. La sua compagna in quanto creatura nata dal fuoco amava il clima caldo e per niente al mondo lei le avrebbe sciupato la possibilità di goderselo appieno. Almeno una delle due sarebbe stata bene. Già, perché essendo figlia di una Loreley non sopportava l'estate.
Era nel deserto, in piena estate e circondata da nobili solo per amore di suo padre.


Si voltò trovandosi di fronte un Drow venti centimetri più basso di lei con un vestito viola rifinito in oro. In mano aveva un bicchiere con dentro uno strano miscuglio tipico del luogo: ai succhi di frutta o al liquore venivano aggiunti dei cubetti di ghiaccio per rinfrescare la bevanda. Ottima pensata dato il caldo asfissiante.
Sophelia lo squadrò con tutta calma da capo a piedi, non fu difficile capire che era già ubriaco, e cercando di non far trapelare l'ira che aveva dentro gli rispose.
“Sono dispiaciuta che i vostri genitori abbiano sprecato soldi nel tentativo di insegnarvi le buone maniere.”
Il Drow, che aveva fatto male i calcoli pensando di avere di fronte una persona timorosa del suo titolo, si arrabbiò e tirando il petto in fuori per farsi più alto parlò.
“Ma come osi, tu, sudicia Mezzaloreley, parlare a me in questo modo? Forse non sai chi sono io!”
“In effetti no e questo vi dovrebbe far riflettere sul vostro valore dato che io non conosco voi ma voi conoscete me.
Inoltre se pensate che portare rispetto a chi vi sta di fronte sia troppo umiliante, abbiate almeno la decenza di tacere e portare i vostri commenti altrove.”
“Tu, maledetta! Certo che so chi sei, chi non ti conosce in questo posto? Non ti sei neanche degnata di coprire quei tuoi capelli indecenti! Tutti qui sanno la verità su di te!”
Senza scomporsi, Sophelia fece qualche passo deciso in avanti come se volesse andarsene, ma arrivatagli di lato si fermò; mantenendo lo sguardo sul salone gli parlò a voce bassa.
“Se sapete la verità su di me dovreste sapere quali siano i miei poteri e che difetto di pazienza. Ricordatevi che non si gioca con l'acqua*. Con permesso.”
E come se niente fosse successo si immerse di nuovo nel salone, sentendo dietro di sé delle signore che prendeva in giro un ignaro Drow per una macchia in una zona poco opportuna dei pantaloni. Di certo non sarebbe stata lei ad avvertire che gli aveva versato dell'acqua addosso senza che lui se ne accorgesse.

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Il salone era stato progettato senza la parete che dava sul fiume e senza il tetto, in modo da poter apprezzare al meglio le stelle cadenti e le stelle del fiume. In cielo già si vedevano i primi astri cominciare la propria magia e mancava poco anche all'altro spettacolo.
Eppure Sophelia aveva una strana sensazione. C'era uno strano via vai di persone che seppur discreto non poteva sfuggire ad un occhio attento e non riusciva proprio a togliersi dalla mente l'idea che ci fosse qualcosa di storto. La sua intuizione fu confermata quando vide il Re avvicinare la Principessa Nepri e lei che lasciava la festa. Con tutti quegli invitati, musica e alcol, nessuno parve accorgersene.
In un'altra occasione non si sarebbe interessata alla cosa, non voleva certo aiutare una qualche mocciosa viziata. Ma la faccia triste della Principessa le aveva sciolto il cuore, ricordandole che prima di essere una nobile era una ragazza.
Con tutta la nonchalance possibile, Sophelia uscì dal salone per andare a cercarla e la trovò in una piccola stanza con al centro una statua di sabbia che richiamava una fontana. Nepri era seduta sul bordo, singhiozzante, con il viso tra le mani.
Sophelia rimase a guardarla per una decina di secondi senza sapere cosa fare. Bene, l'aveva seguita, ma adesso? Non si erano mai viste prima di quella notte e non sapeva che tipo di reazione avrebbe potuto avere la ragazza vedendola lì. Infine si fece coraggio e le si avvicinò.
“Mia Signora.”
La ragazza sussultò sorpresa e alzò lo sguardo verso di lei, così la Mezzaloreley riprese.
“C'è qualcosa che posso fare per alleviare il vostro dolore?”


Dopo i primi istanti di incertezza, Nepri si sfogò con lei. Era favorevole a quel matrimonio, aveva avuto occasione di conoscere Davkas, lo stimava e chissà, forse un giorno si sarebbe innamorata di lui. Ma presto sarebbe dovuta partire per raggiungere il regno del consorte e non avrebbe più rivisto la sua amata terra. Per questo voleva vedere almeno per l'ultima volta le stelle del fiume.
Nepri le confessò l'origine di quelle luci particolari: ogni anno Iteru, la Naiade del fiume Naharal, per commemorare la morte del suo amato si tagliava i capelli dorati e li gettava nell'acqua. Questi fili magici venivano attratti dalle stelle cadenti come una calamita e si sollevavano in aria rilucendo con quel caratteristico colore giallo. Un connubio tra scienza e magia.
Ma c'era un problema: alcuni pirati, non approvando l'unione delle due famiglie e il conseguente patto di alleanza che avrebbe interferito con il loro arricchimento, aveano rapito Iteru e chiedevano come riscatto l'annullamento del matrimonio.


Iteru era tenuta in ostaggio sul lago di Elephas, a soli due giorni di distanza, ma i pirati avevano minacciato che se avessero visto movimenti sospetti tra le truppe di Naqada la avrebbero uccisa e Nepri questo non poteva permetterlo: la Naiade era sempre stata sua amica e provava per lei un affetto profondo.
Sophelia si commosse nel capire che la Principessa era divisa tra il rispettare il patto con Davkas, mandando a morire la sua amica, e il salvarla facendo però ricominciare la guerra tra i due regni.
Non avendo ancora mai parlato si inchinò di fronte la Principessa, le prese le mani e guardandola dritto negli occhi disse solo: “Fidatevi di me.”

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Era allo stremo delle forze e la vicinanza del fiume non bastava a farla stare meglio, anzi l'idea di non potervisi immergere le martellava il cervello portandola ai limiti della pazzia. La sera precedente aveva recuperato Fée Verte e Sahura senza avvisare nessuno e si era messa in marcia seguendo le sponde lungo il lato occidentale, rialzate rispetto a quello orientale e quindi non allagate.
Non si era mai fermata e ora stava per calare la notte. Aveva finito la sua scorta d'acqua ma non aveva ancora osato raggiungere il fiume, avrebbero potuto avvistarla. Durante il giorno aveva sfruttato quella sponda rocciosa per nascondersi, ma dopo tutto quel sole stava esaurendo le energie e la sua determinazione. Quel clima torrido non faceva bene alla sua salute.
Quando anche l'ultimo briciolo di sole fu tramontato, non resistette più: affidò la spada a Sahura e si calò lungo le rocce dello strapiombo, rischiando più volte di scivolare per la fretta.
Mai bagno fu più gradito e rigenerante! Sotto la luce della prima luna sentì le forze ritornare come piccole scariche elettriche, finalmente si stava ricaricando. Poteva passare una settimana senza cibo, ma non più di sei ore senza acqua in un clima temperato: stavolta aveva seriamente rischiato di morire come una novizia alla sua prima missione per una sciocchezza del genere.
Rimase lì immersa nel fiume a riposare solo per qualche minuto; se fosse rimasta di più la sua forza di volontà avrebbe vacillato e non sarebbe più riuscita a ripartire, perdendosi tra le correnti benefiche e rilassanti del Naharal.


Doveva mancare poco ormai e decise di mandare Sahura in avanscoperta mentre lei percorreva il tragitto a nuoto. Dopo un'oretta e mezzo la fenice le si avvicinò facendole capire che erano arrivate al lago Elephas e non fu difficile distinguere una piccola imbarcazione e i fuochi del piccolo accampamento.
Non era la prima volta che sola con la sua compagna faceva un attacco improvviso, ma stavolta era diverso: gli avversari erano molti e avevano un ostaggio.
Senza lasciarsi prendere dal panico e concentrandosi sul suo asso nella manica, fece cenno a Sahura di alzarsi in volo mentre lei si avvicinava nuotando per capire meglio la situazione.
Nell'accampamento a terra c'erano sette Uomini che dormivano in dei giacigli improvvisati, mentre altri tre erano intorno al fuoco a giocare a carte, evidentemente i prescelti per il primo turno di guardia. Non era sicura di quanti pirati ci fossero sulla barca, ma ne aveva contati cinque. Quindici contro due. Ottimo...!
Nei pressi del fuoco, distante per essere illuminata bene ma non abbastanza lontana per rimanere nascosta, c'era una gabbia di legno con una figura femminile svenuta all'interno: Iteru.
Sophelia rimase qualche attimo a pensare, nascosta sotto il pelo dell'acqua. Era in netto svantaggio ma dopotutto aveva fatto tutta quella strada quasi rimettendoci la pelle proprio per quello: doveva intervenire.
Rimpiangendo di non aver portato con sé arco e frecce, fece un bel respiro, uscì dall'acqua senza farsi notare e si avvicinò al fuoco prendendo gli Uomini alle spalle. Alzò la mano destra in avanti e mise il palmo sinistro sul suo dorso; i suoi capelli si ondularono come scossi dal vento e sprigionarono una chiara luce verde mentre sussurrava delle parole incomprensibili: dalla sua mano uscì un potente getto di acqua gelida che avvolse i pirati come un vortice trascinandoli verso l'alto e poi li scaraventò contro il terreno, spegnendo il fuoco.
Era cominciata.
Mentre Sahura lasciava cadere Fée Verte nelle mani di Sophelia, i pirati si svegliarono e lesti recuperarono le loro armi; stavano per avventarsi sulla ragazza, quando una voce autoritaria li fermò.
“Sophelia!”
La ragazza si voltò verso la barca dando le spalle ai sette Uomini sicura che in caso di pericolo ci avrebbe pensato la sua fenice. In cima alla passerella si ergeva un Uomo alto 1.90m dalla pelle abbronzata e con al fianco una scimitarra. Doveva essere il Capitano.
“Incredibile quanta gente mi conosca! Dovrei farmi pagare dai bardi per quanto lavoro gli procuro.” Disse sicura guardando verso di lui mentre le sue mani decise legavano il fodero della spada alla cintura.
L'Uomo rise soddisfatto. “Piacere, sono il Capitano Jhon. Non mi aspettavo che avessero il fegato di mandare qualcuno, tanto meno te, ma ti confesso che non disdegno l'idea di affrontarti. Sono curioso di scoprire in qual misura i bardi abbelliscano le storie.”
“Ne sei sicuro? Potresti rimanere sorpreso nel scoprire quanto invece tacciano.”
Il Capitano scese a terra con un'aria tronfia facendo scricchiolare la passerella col suo peso e le si mise davanti a neanche cinque metri di distanza.
“Tu ed io. Nessun altro. Niente subordinati, niente fenice, niente incantesimi. Tu con la tua arma, io con la mia. Se vinci lascerò andare la Naiade. Ci stai?”
Sophelia lo fissò dritto negli occhi. Non era sicura di cavarsela senza incantesimi, ma almeno avrebbe avuto uno scontro uno contro uno.
“Se perdo?”
“Se perdi diventerai mia schiava. Oh, non per me” si affrettò ad aggiungere “so che non puoi mischiarti con gli Uomini, ma conosco diversi Drow che darebbero qualsiasi cosa pur di averti. Allora?”
Inutile chiedere garanzie, avrebbe dovuto fidarsi. E se non avessero rispettato i patti, avrebbe usato le maniere forti. Poi aveva il suo asso nella manica; ancora instabile, ma con un po' di fortuna se la sarebbe cavata.
“D'accordo, acce....”
Non fece in tempo a finire che subito il Capitano eliminò la distanza tra di loro ed estrasse l'arma pronta a colpirla. Presa alla sprovvista Sophelia inciampò per schivare il colpo e rotolò a terra. Finse di perdere tempo mentre si rialzava e appena l'Uomo le si avvicinò convinto che fosse una vittoria facile, mise una gamba dietro il suo ginocchio e l'altra davanti alla sua caviglia e lo fece cadere a terra a pancia in giù mentre la sciabola finiva distante da lui. Subito gli fu sopra e gli mise in blocco la gamba. Un movimento avventato e gli avrebbe spezzato il ginocchio.
“Ti ho battuto! Rispetta il patto!”
Sorpreso da quella tecnica mai vista e con la voce spezzata per il dolore, il Capitano ordinò ai suoi uomini di aprire la gabbia.
“Ho rispettato i patti, è libera di andarsene. Adesso lasciami!”
“Sta dormendo! Svegliatela!”
“Non possiamo, è svenuta. E' rimasta troppo tempo lontana dall'acqua.
Io ho rispettato il patto e l'ho lasciata libera, ma se vuoi farla uscire dovrai pensarci da sola. Adesso lasciami!”
Dunque era questo il trabocchetto: avrebbe comunque dovuto battere tutti i pirati. Senza pensarci due volte terminò la leva spezzando il ginocchio dell'Uomo, poi si allontanò ed estrasse la spada, finendolo.
“Vi consiglio di non intromettervi o non garantisco per la vostra incolumità!”
Parole gettate al vento.
I pirati le furono subito addosso e lei scappò sulla passerella ritrovandosi apparentemente senza via di fuga. Davanti aveva quattro uomini, mentre dietro di sé ne aveva sette.
“Sei in trappola!” urlarono quelli alle sue spalle per spaventarla.
Lei non si voltò neanche e aspettò che si facesse avanti il primo dei pirati che erano sulla barca.
“Guarda che il tuo avversario sono io!” ma l'Uomo non fece in tempo ad attaccarla alle spalle perché Sahura discese sui di lui lanciandogli una sfera di fuoco.
Il pirata cadde all'indietro bruciando un altro suo compagno ed entrambi finirono nel lago. Non erano morti, ma le ustioni avrebbero impedito loro qualsiasi mossa nociva.
Nel frattempo, Sophelia aveva schivato i colpi del suo avversario, gli aveva inflitto diversi danni alla mano facendogli cadere la spada e poi con un calcio lo aveva buttato in acqua.
Ora si stava occupando del secondo. Questo aveva due pugnali belli lunghi e sapeva come usarli; Sophelia tentò un affondo, ma lui lesto a schivare richiamò le braccia per sferrare un colpo incrociato; quando le lame stavano per raggiungerla lei rapida si abbassò e gli tirò una testata nel basso ventre. Senza bisogno di altro, il suo avversario si accartocciò su se stesso e cadde dalla passerella.
Mentre Sahura usava becco e artigli per impedire il passaggio ai pirati dietro di lei (ne aveva già accecato uno), Sophelia si ritrovò davanti il terzo. Questo aveva una spada ma era a torso nudo: bersaglio troppo facile. Tentò un colpo laterale diretto al collo, ma lui era già pronto per parare così dovette sospendere la tecnica e richiamare la spada per non spezzare la punta*; così facendo scoprì il fianco e l'Uomo la colpì. Una ferita profonda.
Soddisfatto del colpo inflitto abbassò la guardia, ma quel suo sorrisetto scomparve presto: Sophelia, accecata dalla rabbia, lo colpì dritto alla giugulare e lo fece cadere in acqua.
Ne restava uno solo.
Sahura cominciava ad essere in difficoltà, non avrebbe resistito a molto solo usando gli artigli. Poteva lanciare ancora una sfera di fuoco, ma la teneva di riserva per un attacco combinato con la sua padrona, una tecnica ormai collaudata da tempo.
Sentendo i suoi versi, Sophelia cercò di affrettarsi e salì sulla barca dove c'era l'ultimo pirata con una frusta in mano. Fece una finta per capire quanto era veloce, ma come spostò il piede per avvicinarsi l'Uomo fece schioccare la frusta. Era bravo.
Si permise di lanciare uno sguardo alla fenice. Capì di non avere scelta. Rinfoderò la spada e si mosse rapida nella sua direzione. Una prima frustata la prese in pieno petto facendola gridare, ma questo non la fermò. Gli era quasi addosso quando la seconda le si serrò sul braccio. Il pirata tirò la frusta per sbilanciarla ma lei sfruttando quel movimento gli scivolò tra le gambe e si rialzò dietro di lui. Prese la frusta che aveva ancora attaccata al braccio e come se fosse una garrota gli serrò il collo.
Mentre Sophelia faceva perdere i sensi all'Uomo, Sahura fu afferrata per le zampe dal pirata accecato e dovette lanciare la sua ultima sfera di fuoco per liberarsi.
Adesso mancavano ancora i quattro pirati a terra e non potevano lanciare l'attacco coordinato. Avrebbe dovuto ripiegare sul suo asso nella manica. La ferita al fianco era molto profonda, non sarebbe riuscita a batterli da sola e quella tecnica ancora instabile era la sua ultima soluzione.
Si portò in cima alla passerella e ordinò alla fenice di allontanarsi. Gli Uomini si precipitarono a salire senza rendersi conto che così facendo si erano incolonnati e nel mentre Sophelia estrasse Fée Verte.
La Mezzaloreley chiuse gli occhi. Portò la spada al fianco. Sussurrò delle parole incomprensibili; i suoi capelli si ondularono come scossi dal vento, sprigionando una chiara luce verde, e infine colpì davanti a sé con un affondo. Una luce verde scaturì anche dalla sua mano e attraversò la lama di Fée Verte fino alla punta fuoriuscendo sotto forma di ghiaccio. Fu talmente veloce che gli Uomini non si resero conto delle centinaia di lame ghiacciate che li attraversarono da parte a parte e morirono prima di toccare terra.
Sophelia cadde stremata. Aveva perso molto sangue e le ultime forze se ne erano andate con quell'attacco, ma per fortuna non aveva perso conoscenza. Grazie alla sua forza di volontà riuscì a scendere dalla barca e andò alla gabbia. Se fosse stata nel pieno delle energie avrebbe sollevato e trasportato la Naiade con gentilezza, ma in quelle condizioni riuscì a stento a prenderle le braccia e a trascinarla fino all'acqua.
Appena immerse la Naiade nel lago perse i sensi.

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Il rumore di una porta la fece svegliare. Si alzò di scatto, ma le gambe cedettero e si appoggiò al letto.
“Ti sei svegliata finalmente!”
Sophelia alzò gli occhi e si accorse della presenza di quella figura seduta su una poltrona di sabbia.
“...padre? Dove siamo...? Che è...”
“Siamo al palazzo di sabbia del Re Naqada. Pensa ha rimandato la sua demolizione di un giorno apposta per te.”
Sophelia ancora non capiva e cercò di ricordare. Mentre il padre si sedeva sul letto accanto a lei le tornarono in mente le scene del combattimento, la sua ferita e la Naiade ancora svenuta e gli rivolse uno sguardo preoccupato.
“Iteru?”
“Io ti racconto tutto, ma tu sdraiati. E' ancora giorno, fa caldo e non voglio che perdi le poche energie che ti sono tornate.”
Controvoglia la ragazza obbedì.
“Ah, e un'altra cosa: la prossima volta vedi di non sparire senza avvisare, sono stato chiaro?”


Dopo essersi sorbita una bella ramanzina, finalmente l'Elfo le raccontò tutto.
Grazie al contatto con l'acqua, Iteru si era ripresa e avendo visto le drastiche condizioni della Mezzaloreley fece il possibile per salvarla; solo che era ancora debole e il suo incantesimo di guarigione non riuscì a curarla del tutto. Allora la Naiade la portò sulla barca, la fasciò con delle bende trovate lì sopra e seguendo la corrente navigò fino al palazzo, seguita da Sahura. Lì nel pomeriggio furono trovate dalle guardie del Re.
Erano passati due giorni da allora. Il palazzo in sabbia doveva essere demolito per concludere la festa nuziale, ma Naqada aveva dato ordire di attendere il risveglio dell'eroina.


“Eroina?”
“Sì figlia mia. Il Re ha scambiato la tua incoscienza per coraggio e per mostrarti la sua gratitudine ha deciso di nominarti Lady questa sera.”
Sophelia lo guardò schifata. “Scherzi spero! Neanche morta!”
“Ti ricordo che siamo venuti qui apposta per farti conoscere e far cambiare l'opinione su di te.”
“Far parte di quel giro di imbecilli non sarà di certo sufficiente!”
“Lo so, ma pensa: grazie al tuo titolo nobiliare non saremo più emarginati e tu potrai finalmente conoscere i tuoi nonni! Non puoi sprecare quest'occasione, ti prego, voglio rivedere i miei genitori.”
L'Elfo sentì la figlia borbottare qualcosa di non ben definito, infine ottenne il suo assenso. Dopo qualche secondo però lei si voltò di scatto ricordando qualcosa.
“Ma le stelle del fiume? Nepri è riuscita a vederle?”
Lui sorrise. “Sì. Di solito Iteru si taglia i capelli tre volte, una al giorno, accorciandoli fino a portarli corti. Ma stavolta li ha tagliati tutti in una sola volta e ti posso assicurare che è stato uno spettacolo meraviglioso! Il più bello di sempre a quanto dicono.”
“Peccato essermelo perso. Almeno la Principessa sarà felice.”
“Oh, lo è eccome! Guarda cosa ti ha regalato per stasera!”

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Se avesse saputo come sarebbe andata a finire Sophelia non si sarebbe mai scomodata a salvare la Naiade. Innanzitutto stava per essere nominata Lady e sarebbe entrata a far parte della cerchia di persone che lei più odiava al mondo. Secondo, la Principessa aveva ben pensato di regalarle un bellissimo vestito di stoffe costosissime con varie sfumature dal blu al verde, lungo fino ai piedi e con le maniche larghe. Come se non bastasse il tutto era accompagnato da un paio di scarpette scomodissime con un tacco! Forse Nepri pensa che io sia bassa e necessiti di un rialzo?
Lungo il salone avevano steso un tappeto rosso che portava fino al trono solo simbolico perché il Re l'aspettava in piedi, per rispetto agli altri sovrani che stavano ai lati del tappeto formando una specie di corridoio. Cos'è, si sono messi tutti d'accordo per bloccarmi le vie di fuga?
Camminò decisa a testa alta fino a trovarsi d'innanzi al re e si inginocchiò abbassando la testa. Nessuno si accorse che stringeva i pugni.
“Sophelia, per aver salvato la Naiade del fiume Naharal Iteru a rischio della tua stessa vita, per aver sventato il pericolo di guerra tra questo regno e quello del Principe Davkas, per avergli permesso il matrimonio con la Principessa Nepri, per il tuo coraggio, per la tua lealtà e infine per aver reso felice mia figlia, con questa io Re Naqada ti conferisco il titolo nobiliare.”
Il Re le mise al collo una meravigliosa collana di smeraldi. Certo, agli uomini si regala la spada, a me la collana. Che me ne faccio di una collana? Gli costava troppo darmi almeno un pugnale?
“Alzati, Lady Sophelia!”
Facendo un bel sospiro e sperando che quella messa in scena finisse alla svelta, si alzò sotto l'applauso di tutti i presenti. L'unica cosa piacevole e autentica fu l'abbraccio della Principessa.
“Grazie.” Le sussurrò all'orecchio.
“Ho solo fatto il mio dovere, mia Signora.”

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Gli ospiti furono congedati prima che sorgesse il sole. Appena i servi ebbero finito di togliere tappeti e tendaggi, una marea di bambini invase il palazzo. Erano stati chiamati tutti i piccoli del regno col preciso ordine di giocare fino alla distruzione totale e di quel passo ci avrebbero messo ben poche ore.
Il Re salutò la Principessa che partì col marito verso la sua nuova casa e Iteru tornò al lago Elephas per riprendere le sue attività di Naiade.
L'Elfo era orgoglioso di sua figlia e stanchi ma felici si incamminarono per la loro strada insieme a Sahura.
“Finalmente è tutto finito! Non sarei riuscita a reggere un minuto di più!” disse Sophelia.
“Già, immagino che sia stato difficile combattere da sola contro tutti quei Uomini.” rispose comprensivo l'Elfo.
“Cosa avete capito, padre! Io intendevo la cerimonia per l'investitura! La prossima volta vi prego di non portarmi con voi, così non rischio di trovarmi incastrata in queste farse!”
“...veramente il Re ci ha invitati a trascorrere un periodo di vacanza presso il suo palazzo la prossima estate.”
“Gentile da parte sua, ma tanto voi avete rifiutato. ...perché voi avete rifiutato, vero?”
“Stavo pensando che non hai avuto occasione di vedere le stelle del fiume...”
“Padre! Non ditemi che avete accettato!”
“...”
“Padre!”

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* Le Loreley sono state create dall'acqua, per questo hanno il pieno controllo su di essa. Possono manipolarla a loro piacimento per attaccare, difendersi e curare. Soffrono se ne sono lontane e dopo qualche ora arrivano a morire.
Sophelia, in quanto Mezzaloreley, ha ereditato questa caratteristica dalla madre.


* La spada in questione è una spada cinese. La lama può essere teoricamente divisa in tre porzioni: quella più vicina all'elsa, più spessa, che serve per parare e contrastare; quella centrale che serve per parare e schivare; e quella più lontana, sottile e flessibile. Questa è anche l'unica parte affilata e serve per colpire con precisione certe zone deboli del corpo, ma è anche relativamente facile che si spezzi.
Quando immaginate Fée Verte potete pensare a Destino Verde del film La Tigre e il Dragone.

   
 
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