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Autore: Niagara_R    10/07/2011    8 recensioni
Tu lo ami e lui no.
E' così difficile da capire?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Mikey Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quello che sono'
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Yeeeeee, ed eccomi qui con questa shot piccina piccina picciò!:D
Ok, so che non è niente di speciale, ma abbiate pazienza...
La nuova long sta per arrivare, pazientate e la avrete pronta su questi schermi tra pochi giorni!;)
Intanto accontentatevi di questa shottina angst (strano vero?), per il prompt bisogno di questa tabella (lo so che a forza di queste tabelle del cacchio vi state confondendo, ma non ci fate caso!XD), lo so che è una schifezza.
Ma spero vi piacerà comunque.


Need
you

 


Vedo una tua lacrima scenderti lungo il viso, disegna una scia lucida, che si riflette alla luce pallidissima del neon, fulgida come azoto liquido, come se bruciasse, ti bruciasse da dentro.
Non riesco a guardarti così, non di nuovo, sto male, sento la tua sofferenza condensarsi e bagnarti la faccia, sento i tuoi respiri ravvicinati, i singhiozzi che tenti di mascherare, non perché sei uno stoico, no, figuriamoci.
Sei solo stupido.
Uno stupido, dannatissimo, maledettissimo pazzo che continua a morire d’amore per una persona che non ti ricambierà mai.
Eppure, quante volte ti ho messo in guardia? Quante volte te l’ho detto, te lo ripetuto, quante volte sono dovuto correre da te a consolarti cercando di spiegarti che prima l’avresti dimenticati e meglio saresti stato?
Non hai mai capito. Cazzo Frank, tu non hai mai voluto capire, e adesso guardati.
Piangi, l’ennesimo pianto che fai nascosto in un angolo semibuio del tour-bus, rannicchiato nelle tenebre perché hai paura che qualcuno ti veda, ti scopra, o anche solo semplicemente perché hai il terrore che la sofferenza strisciante assuma una forma alla luce del sole, e venga a schiaffeggiarti tutte le volte che meriteresti.
Perché non vuoi capire? Perché ti ostini dietro a lui, dietro a una persona che per te non prova nemmeno il dieci percento di quello che provi tu, perché continui a piangere in quel modo che mi trafigge il cuore, perché non ti accorgi che a lui non importa nulla, perché non la smetti e reagisci, perché non ti accorgi che ci sono io accanto a te, a consolarti, come ogni fottuta volta?
Perché non ti rendi conto che soltanto voltando lo sguardo scopriresti che io sono disposto a fare tutti i sacrifici che tu saresti disposto a fare per lui?
Certe volte ti odio, Frank Iero, ti odio profondamente.
Ma forse no, non è propriamente odio, è solamente un riverbero. E’ il riflesso di quello che sento per te, è una visione distorta dei miei sentimenti che vengono continuamente ignorati, maltrattati, violentati dalla tua indifferenza, dalla tua stessa disperazione, e non vuoi capire che il male che provi tu è lo stesso che provo io.
Allungo la mano e ti accarezzo i capelli, sono morbidi, soffici come il pelo di un cucciolo, li percorro per tutta la loro lunghezza fino ad arrivarti alle spalle, ripeto questo gesto una, tre, sette volte, accontentandomi di sentire il tuo profumo, quel buon odore della tua pelle, quell’odore che a volte mi scopro a ricercare tra le mie dita quando sono da solo.
Me ne vergogno da matti, ma non riesco a farne a meno.
<< Su, passerà... >> ti sussurro piano.
Tutte balle, non passerà, non è mai passato e mai lo farà, e lo sappiamo entrambi. Mento per farti stare meglio, momentaneamente, perché tu dopo questa notte tornerai sorridente come sempre, uscirai di questo autobus e tornerai da lui a reclamare delle attenzioni che non ti darà, e allora tutto ricomincerà ancora, altre lacrime, altre carezze, altri angoli bui in cui non trovi mai qualcosa che lenisca il tuo dolore.
Non so nemmeno se questo tipo di dolore possa guarire. Dicono che il tempo aggiusti ogni cosa, ma io ho smesso di crederci.
Ho smesso di credere in un sacco di cose, da quando tu e Gee vi siete incontrati per la prima volta.
Ti passo un braccio intorno alle spalle per farti sentire un po’ di calore umano, so che ne hai bisogno, so che in questo momento non desideri altro che un abbraccio che ti porti via da questo schifo di realtà e ti trascini dove non c’è niente che possa ferirti in questo modo.
Ti appoggi piano a me, sento il cuore battere più forte. Che schifo. Mi faccio schifo.
Provo disgusto per il me stesso che si sente felice quando ti rifugi tra le mie braccia per chiedere un po’ di tregua al mondo.
Il tuo corpo è scosso da singhiozzi irregolari, sei caldo, sento il tuo respiro sul collo, mi viene la pelle d’oca quando mi stringi leggermente i fianchi per aggrapparti a qualcuno che non ti faccia del male, sono io, sono l’ultimo porto sicuro che hai, sono l’unico che non ti guarda in faccia e ti dica di piantarla di piangerti addosso, sono l’unico che non si è stufato di questa situazione e ancora non ti ha tirato uno schiaffo, sono l’unico a non dirti che stai avendo quello che ti meriti.
Oh sì, lo penso, penso che questa lacrime sono meritate, una per una, quelle che sono scese, quelle che scenderanno, tutte, ti meriti tutte le lacrime che sei in grado di piangere.
Ma non ti dirò mai una cosa del genere, mai.
Perché sono le medesime cose che ripeto a me stesso quando sono davanti lo specchio. E non è una bella sensazione.
Appoggi la fronte sulla mia spalla, ti poso le mani sulla schiena, appena sopra le anche, sento la tua pelle sotto la maglietta leggera, la linea delle tue costole, è una bella sensazione sentirti così vicino, sentirti addosso a me, siamo stretti in un angolo così nascosto, così piccolo e angusto che dobbiamo per forza intrecciarci per stare comodi, incollato a te sento una strana, viscerale sensazione che mi striscia dentro dallo stomaco, e sale, sale fino in gola, fino alla testa, fino al petto, cerco di contrastarla, cerco di non farci caso, cerco di ignorarla, come sempre.
Perché lo so.
So che sei perdutamente innamorato di mio fratello, e non riesci a uscirne in nessun modo.
Me ne sono accorto durante questi anni, durante tutto questo tempo, dio, come avrei fatto a non accorgermene?
Hai bisogno di mio fratello, hai bisogno di sentire la sua voce almeno un paio di volte al giorno, hai bisogno di vederlo per poter sorridere in quel modo dannatamente perfetto, hai bisogno della sua presenza per essere luminoso, per essere divertente, vivace, allegro, hai bisogno di lui per vivere, Frank, come sei riuscito a farti questo?
Eppure lo sapevi, l’avresti dovuto sapere che questa vostra relazione è a senso unico, lui non vuole te, non come tu vorresti.
Tu lo ami, lui no.
E’ così difficile da capire?
Ti accoccoli piano contro di me, ti sei un po’ calmato, non singhiozzi più, adesso sento le tue lacrime cadermi sulla spalla, fin dentro la maglietta, sono calde, sono così piacevolmente calde...
Sono ingiusto, lo so.
Lo so che io sono l’ultimo che possa permettersi di dirti tutto questo.
Proprio io, che sempre, sempre me ne sto qui al tuo fianco a consolarti quando invece sono io ad aver bisogno che qualcuno mi stringa e mi dica che va tutto bene.
Ti amo, testa di cazzo, ti amo dal primo momento in cui ci siamo conosciuti in quella schifosissima stanzetta che puzzava d’umidità e sudore, ti amo dal primo sorriso che mi hai fatto, ti amo dall’esatto istante in cui le nostre mani si sono toccate per stringerci la mano, ti amo dalla prima nota che ti ho sentito suonare.
L’ho sempre saputo, di non essere alla tua altezza.
Tu eri stupendo. Eri di una dolcezza irresistibile, eri un bel ragazzo, eri un chitarrista bravissimo, eri un eroe, eri qualcuno da ammirare, eri l’esatto opposto di me, solare, positivo, estroverso, socievole, sempre al centro dell’attenzione, eri qualcosa che non avevo mai incontrato prima, eri la persona che avrei sempre voluto essere.
Mi vergogno, non riesco nemmeno a quantificare le volte in cui prima di addormentarmi ho pensato a te, quante volte ti ho pensato al mattino, a lezione, io in quelle caldissime aule in facoltà e tu ancora al liceo sotto lo sguardo inquisitore di preti cattolici che cercavano di inculcarti chissà quali dogmi che non ti sei mai dato la pena d’imparare.
Sapevo che non avrei mai avuto speranze con te, lo sapevo, sul serio, non mi sono mai illuso che tra noi potesse esserci qualcosa, mi sono posto dei paletti da subito, da sempre.
Sapevo che eri fidanzato, da anni, avevi una fidanzata storica che era un amore quasi quanto te, il tuo stesso carattere, il tuo stesso modo di fare, di parlare, dopo che me l’hai presentata mi hai detto che siete praticamente cresciuti insieme, e non ho fatto fatica a crederci.
Anche allora, come adesso, eravate complementari. Sembravate esservi forgiati l’uno per l’altro, tu iniziavi una frase e lei la terminava, tu sorridevi e lei rideva leggendoti nel pensiero, tu conoscevi tutto di lei, e lei tutto di te.
Ero geloso, lo ammetto, ma in un senso buono, per quanto possa esistere.
Tu e Jamia eravate una bellissima coppia, eravate l’uno il completamento dell’altra, e non mi sono mai sognato di mettermi in mezzo, un po’ perché non sarebbe stato giusto nei vostri confronti, un po’ perché sapevo che non avrei avuto nessuna speranza.
Poi.
Poi è arrivato Gee.
Ti passo le dita tra i capelli, non riesco a capire se ti sia addormentato sulla mia spalla o ti stia semplicemente disperando nel più completo silenzio. Ti accarezzo con calma, cingendoti un poco di più, aspirando il tuo buon profumo.
Cazzo, quando è arrivato Gee il mio mondo è crollato.
E come il mio, così anche il tuo, credo.
Non me l’hai mai detto apertamente, ma so, so che anche il tuo terreno sotto ai piedi si è ritirato nel tempo di un respiro, so che tu hai cercato di opporti a quello che iniziavi a provare, so che hai lottato con tutte le tue forze per resistere.
Ma non ce l’hai fatta.
L’ho capito quando io e Gee siamo venuti al vostro concerto al MadMass Pub, l’ho capito quando tutto era finito, quando il caos era esploso e la birra correva a fiumi, l’ho capito quando sei saltato giù dal palco e Jamia ti è corsa incontro abbracciandoti con fervore.
L’ho capito quando anche tu l’hai abbracciata, ma non guardavi lei.
Guardavi lui.
Lo guardavi in un modo che toglieva il fiato, che strappava il respiro, l’hai guardato come se da un momento all’altro avessi dovuto andargli incontro e afferrarlo per il bavero della camicia, l’hai guardato come se avessi dovuto trascinarlo di peso fin nei bagni, l’hai guardato come se avessi dovuto scopartelo lì, davanti a tutti, l’hai guardato come se Gerard ormai ti fosse entrato dentro come una droga, come se avesse canalizzato i tuoi centri nervosi per deviarli in un’unica direzione.
Io, in quel momento, avrei voluto uccidervi entrambi.
Tu. Perché io ero innamorato pazzo di te, e non te ne sei mai accorto nonostante io arrossissi dannatamente spesso, non ti sei mai accorto delle parole che buttavo a caso ogni tanto senza rendermene conto e di cui mi pentivo due secondi dopo, non ti sei mai accorto delle lacrime che non volevo far scendere quando mi parlavi dei tuoi progetti con Jamia, con tanto entusiasmo da farmi sentire tremendamente inadeguato per la tua felicità. Non ti sei mai accorto che ti amavo.
Lui. Gerard, che è stato in grado di distruggere non so quante vite in un sol colpo.
La mia, la tua, quella di Jamia, e forse quella di qualcun altro, non lo so, non sono stato a tenere il conto.
E la cosa che mi ha fatto più incazzare, era che non se n’è mai reso conto appieno.
Lui è così. Lui arriva, porta con sé il suo carisma, il suo fascino, il suo sguardo di vetro, le sue parole affilate, e succede.
Succede che trascina nel baratro, che intrappola nella sua ragnatela, e non si riesce a fare nulla perché è magnetico, è qualcosa di divino, di sovrannaturale, per quanto una persona possa odiare Gee, non riuscirà mai a fare a meno di ammirarlo con la stessa intensità.
A senso unico, come sempre.
Non so se Jamia sia al corrente di quanto soffri per lui, ma probabilmente soffre per te, perché in tanti momenti non sei con lei ma con lo spettro di Gee che è intrappolato nella tua testa.
E io?
Io non lo so.
Io sono qui ad elemosinare un tuo abbraccio, mi accontento delle briciole del tuo affetto, bevo le lacrime che fai scivolare sulla mia pelle, lacrime che non sono per me, che bruciano per qualcun altro. Io sono qui, e ci sarò sempre, senza mai avere il coraggio di dirti che ti amo, senza avere il coraggio di confessarti che non esiterei un attimo a lasciare mia moglie, la mia casa, anche il mio basso, se solo tu me lo chiedessi.
Siamo due stupidi, Frank, veramente due idioti.
Siamo pronti ad annientarci per un altro che invece è completamente sordo ai nostri sentimenti, che non ci guarda, che non ci ascolta, che non ci ama.
Tu non mi ami.
Eppure rimango qui avvinghiato a te mentre sprechi tutte le tue lacrime per un fantasma.
Rimango qui, docile, quando invece vorrei sfiorati il viso, farti alzare gli occhi e guardarli, scrutare quelle due gemme castane, languide, così maledettamente zuccherose, e...
Baciarti.
Non so cosa darei per avere un tuo bacio.
Ti muovi, torno mentalmente sulla Terra, lascio cadere le mani dalla tua schiena come se fossero il simbolo della mia colpevolezza, penso a te sempre, penso a te anche adesso, e non so nemmeno se vorrei che tu lo scoprissi.
Ti asciughi il viso con le mani, tiri su col naso, un ragazzino. Sei lo stesso ragazzino di più di dieci anni fa.
E non riesco a smettere di amarti con tutto me stesso.
<< Scusami... >>  Mi guardo la maglietta, c’è una alone scuro sulla stoffa, acqua salata frutto di tanto tempo passato col cuore devastato.
<< Non fa niente. >>
Cerchi di parlare, cerchi di sorridere. E’ questo che mi è sempre piaciuto di te, sorridi sempre, con chiunque, per qualunque cosa. Con quel sorriso mascheri così tante cose da potercisi perdere.
<< Non imparerò mai... >> mormori con un fievole tono di autocommiserazione.
No, non impareremo mai, né io né te.
<< Andrà meglio. >> ti rassicuro.
Mi vorrei prendere a schiaffi per le menzogne che ti sto dicendo.
Sorridi e annuisci lentamente, neanche tu ci credi.
Perché tu, come me, lo sai.
Sai che smettere di amare una persona fantastica è impossibile.
<< Ok... >> Prendi un bel respiro, poi un altro, fai defluire il rosso dalla tua faccia facendoti aria, fa davvero caldo, e hai gli occhi lucidi, scurissimi, belli quanto tristi << Ok... E’ ora di tornare nel mondo reale... >>
Mi viene da ridere. Più mondo reale di questo non so cosa possa esistere.
<< Arrivo subito. >> ti dico distendendo finalmente le gambe indolenzite per la scomodissima posizione. Mi sorridi e strisci lungo il pavimento del bus, rimango lì finché non sento i suoi passi scendere gli scalini, finché non sento più il tuo profumo aleggiare nell’aria.
So che quando scenderò anch’io e tornerò in albergo, ti vedrò inevitabilmente incollato a mio fratello, sarete l’uno accanto all’altro a ridere, a dire qualche cazzata qualsiasi, e so che tu lo starai guardando in quella maniera inconfondibile, completamente assuefatto a lui, a quello che sta dicendo, a come lo sta dicendo.
So che quando io arriverò, tu lo starai fissando con quello sguardo innamorato che cancella ogni altra cosa ci sia intorno.
Mi passo le dita sul viso, cancellando una lacrima dispettosa.
Anch’io sento il bisogno di guardarti da innamorato, a volte.
Ma ancora non mi sono abituato alla tua indifferenza.

   
 
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